Il numero 54 di n+1 è online

Invitiamo tutti ad abbonarsi alla copia cartacea per aiutarci a mantenere questo tipo di diffusione, ad esempio presso le biblioteche.

Rivista n. 54, dicembre 2023

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Appuntamenti

20

Apr

"La guerra che viene" - conferenza pubblica a Milano
Sabato 20 aprile 2024, ore 17, presso Circolo anarchico Bruzzi-Malatesta via Torricelli 19 Milano (MM2 Romolo) >>>

16/17

Mar

93° incontro redazionale
Temi: Corpo biologico e corpo sociale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Sui recenti colpi di Stato in Africa >>>

16/17

Dic

92° incontro redazionale
Temi: Determinismo e cibernetica - Conflitto israelo-palestinese - Controrivoluzione in Germania, parte II >>>

23/24

Set

91° incontro redazionale
Temi: Rovesciamento della prassi e concezione unitaria dell'universo - Le cause e le forme del tracollo >>>

Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  11 aprile 2017

Passaggi di stato

La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 12 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sulle guerre in corso.

Per affrontare il tema è necessario considerare non solo i conflitti in essere fra le nazioni, ma anche tutte quelle situazioni di scontro armato interne agli stati, che coinvolgono i civili, prevedono operazioni di polizia con mezzi da guerra e spesso mostrano strutture di sicurezza fuori controllo. Aggiungendo tutti i pezzi, il quadro che si compone è quello di una guerra civile diffusa con un impiego intensivo delle partigianerie (vedi Ucraina, Siria, Libia, Yemen). Non a caso la Chiesa, che alle spalle ha una lunga tradizione, ha più volte definito questo momento storico come una guerra mondiale combattuta a pezzi.

Lo scorso 7 aprile due cacciatorpediniere della marina americana hanno lanciato contro la base aeronautica siriana di Shayrat 59 Tomahawk; l'azione è stata ufficialmente giustificata quale rappresaglia degli Stati Uniti per l'utilizzo di armi chimiche contro la popolazione civile da parte del regime di Assad. I Tomahawk sono missili da crociera che possono contenere grandi quantità di esplosivo, ma guardando i video che circolano in rete sembra che l'attacco non abbia causato grandi danni: gli americani si sono limitati a mandare un messaggio a siriani, russi e iraniani. Anche se gli Usa vorrebbero continuare a far vedere i sorci verdi al resto del mondo come nella loro miglior tradizione, oggi non lo possono più fare: i problemi (interni) con cui si scontrano glielo impediscono. Risulta perciò difficile immaginare la riproposizione di scenari tipo l'invasione dell'Iraq (2003), che secondo Stiglitz è costata circa 3 mila miliardi di dollari, o quella dell'Afghanistan (tutt'ora in corso), che ne è costata 2 mila. Inoltre l'armamento che hanno a disposizione, tra cui portaerei dotate di missili nucleari ed F35, risulta inefficace per combattere, ad esempio, i miliziani di Daesh nascosti nel deserto. Negli anni della cosiddetta guerra fredda, che ha prodotto circa 250 milioni di morti, il condominio Usa-Urss garantiva un certo equilibrio; oggi quell'equilibrio non c'è più e non potrà ritornare.

A suo tempo Marx accusava l'Inghilterra di vigliaccheria perché non andava fino in fondo nella guerra contro il bastione reazionario russo. Parimenti oggi gli Stati Uniti non sono più in grado di far corrispondere la loro azione politico-militare alle dottrine che la ispirano, per cui ogni loro iniziativa rimane fine a sé stessa.

Se da un punto di vista economico l'attuale modo di produzione è come un malato in coma tenuto in vita artificialmente, così dal punto di vista militare gli stati hanno sempre meno spinta propulsiva. Il mondo capitalistico perde energia e vede aumentare il disordine. In uno degli articoli del numero 41 della rivista (in uscita a maggio), dedicato allo sciupio, prendiamo a prestito dal testo Entropia di J. Rifkin l'elenco dei passaggi necessari alla produzione di una brioche per spiegare lo sperpero capitalistico di energia: per ottenere 130 kilocalorie contenute nel dolce ne vengono sprecate decine di migliaia. Un modus operandi che è esteso a tutte le branche della produzione e che dimostra che la dissipazione è connaturata al capitalismo.

Anche l'ammontare del debito a stelle e strisce è indice di un sistema che sta raggiungendo il suo limite massimo. Ne La crisi del sistema bancario americano (1991) scrivevamo:

"Se nell'epoca del declino capitalistico l'aumento del credito non è conseguente ad un aumento delle attività produttive, ciò si traduce in un facile accesso ai prestiti senza che vi corrisponda una altrettanto facile creazione di profitto. Il debito diventa quindi fine a sé stesso, si autoalimenta ed ha il solo scopo di distruggere capitale addizionale fornito dall'esuberanza delle forze produttive di cui questa società non sa utilizzare il potenziale di liberazione delle forze umane".

Il debito complessivo americano, che riguarda i vari stati, l'industria e i privati, ammonta a circa 68,5 mila miliardi di dollari (pari al PIL mondiale!), mentre il prodotto interno lordo raggiunge i 18 mila miliardi. La situazione è insostenibile: le forze produttive bloccate dalle catene del valore possono essere liberate solamente da una rivoluzione.

Frattanto lo sviluppo dell'automazione provoca dibattiti a non finire su come impiegare la forza lavoro in esubero. In Traiettoria e catastrofe, un testo degli anni '50, la nostra corrente dice che la "dottrina dell'automatismo nella produzione si riduce a tutta la nostra deduzione della necessità del comunismo, fondata sui fenomeni del capitalismo."

Tra le fila borghesi, il sociologo Domenico de Masi, recentemente intervenuto alla convention del M5S a Ivrea, teorizza il bisogno dell'ozio. Paul Mason, nel suo Postcapitalism, afferma che il capitalismo è finito (anche se alla fine del saggio lo risuscita in versione 3.0). Ci sono poi gli attivisti del Venus Project, che immaginano una società basata sulle risorse fisiche e non sul valore, e che funzioni grazie a potenzialità già esistenti.

Il "movimento reale" spazza via le ultime illusioni sulla natura progressiva dell'attuale modo di produzione, e siamo sicuri che raggiunta una certa soglia si formeranno delle strutture sociali in antitesi al capitalismo. Saggi di organizzazione futura li abbiamo già visti con il movimento Occupy Wall Street (2011).

Dal Sud America arrivano notizie di fermento: in Paraguay è stato dato alle fiamme il parlamento, in Argentina un grosso sciopero generale è stato organizzato dai sindacati, in Brasile e Venezuela si sono avuti scontri violenti in seguito al veloce peggioramento delle condizioni di vita. Non riuscendo più a vivere alla vecchia maniera, sono milioni gli uomini che cominciano a fibrillare, così come si agitano le molecole in un passaggio di stato.

Articoli correlati (da tag)

  • Guerra "intelligente" e rovesciamento della prassi

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni riguardo i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati da Israele nella Striscia di Gaza. L'argomento si inserisce nel nostro lavoro in corso sulla guerra e sulle nuove armi in via di sperimentazione in Medioriente e Ucraina.

    Prendendo spunto da fonti israeliane (i due siti di informazione +972 e Local Call), il manifesto ha pubblicato un lungo articolo ("20 secondi per uccidere: lo decide la macchina") in cui sono riportate le interviste ad ufficiali dell'intelligence israeliana che spiegano il funzionamento del sistema IA Lavender e il ruolo che esso ha giocato nei bombardamenti sulla Striscia. Lavender opera in sinergia con il sistema Gospel, che si occupa nello specifico di contrassegnare gli edifici e le strutture da cui Hamas lancia i razzi; e ha il compito di individuare i nemici assegnando un punteggio da 1 a 100 ad ogni individuo: per un alto responsabile di Hamas, se identificato in una palazzina molto abitata, è possibile accettare una certa quantità di "danni collaterali", per un militante minore se ne accetta una inferiore. Il sistema di intelligenza artificiale riesce a costruire dei profili e a definire una "kill list" secondo un processo statistico che ha perciò un margine di errore (intorno al 10%); i tempi impiegati dalla macchina per individuare e colpire un obiettivo sono di circa 20 secondi, l'operatore umano non può quindi tenerne il passo e tantomeno eseguire un'analisi approfondita della lista dei bersagli.

    Non si tratta di indignarsi perché l'IA uccide gli uomini, anche i cannoni e le mitragliatrici lo fanno; si tratta invece di comprendere le novità che emergono dall'utilizzo di questa tecnologia. Siamo nel bel mezzo di una transizione di fase, tra un vecchio tipo di conflitto ed uno nascente: la guerra inizia sempre con gli armamenti, le dottrine, le tecniche del passato, ma in corso d'opera evolve diventando altra cosa. Oggigiorno si combatte ancora nelle trincee, come in Ucraina dove però allo stesso tempo si utilizzano i robot; si adoperano i fucili e le granate, ma anche i missili ipersonici. Nell'articolo dell'Economist "How Ukraine is using AI to fight Russia" si informa il lettore che sin dall'estate del 2022 sono stati utilizzati software per ridurre gli attacchi-disturbo dei Russi. Tante start-up ucraine operanti nel settore hi-tech hanno virato verso le necessità belliche, e sono state utilizzate tecniche di profilazione e monitoraggio, consulenze e indagini statistiche per raccogliere dati e scovare la posizione delle truppe e dei sistemi d'arma nemici. Semantic force è una start-up che si è specializzata nel trattamento dei dati riguardanti il morale della popolazione: ora il suo scopo è comprendere lo stato d'animo dei soldati russi (attraverso i social network e non solo).

  • Rottura di equilibri

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi della guerra in corso.

    Il bombardamento ad opera di Israele di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco ha provocato una decina di morti, tra cui un importante generale iraniano e altri sei membri dei pasdaran, le Guardie rivoluzionarie dell'Iran. Colpire un'ambasciata equivale ad un attacco diretto al paese che essa rappresenta. Per adesso le potenze imperialiste non si combattono direttamente, ma per procura. Nel caso del conflitto israelo-palestinese, l'Iran utilizza Hamas e il Jihad islamico palestinese, ma anche Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen. L'attacco di Israele a Damasco ha alzato la tensione, accrescendo la possibilità del passaggio da una proxy war allo scontro diretto. L'Iran ha annunciato che risponderà nei tempi e nei modi che riterrà opportuni per vendicare l'uccisione dei propri militari.

    In Medioriente, la situazione sta evolvendo in una direzione opposta a quella dell'ordine. Israele deve gestire anche il fronte interno: oltre 100mila persone sono scese per le strade del paese dando luogo a quelle che sono state definite le più grandi manifestazioni antigovernative dal 7 ottobre. Le mobilitazioni più partecipate sono state a Tel Aviv, Haifa, e a Gerusalemme davanti alla sede del parlamento israeliano.

  • La guerra e le sue conseguenze

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando le ultime news sulla guerra.

    A Mosca un gruppo di miliziani, presumibilmente appartenenti a ISIS Khorasan (c'è una rivendicazione), ha preso d'assalto il teatro Crocus City Hall, causando oltre centotrenta vittime e centinaia di feriti. Quattro persone di nazionalità tagika sono state arrestate dai servizi di sicurezza russi mentre si dirigevano verso il confine ucraino.

    Con le informazioni a disposizione è difficile capire quali forze ci siano dietro all'attacco. I Russi affermano che è opera di "islamisti radicali", ma hanno denunciato anche il coinvolgimento di Ucraini, Americani e Inglesi. Negli ultimi anni la Russia ha visto sul suo territorio diversi attentati di matrice islamica (vedi teatro Dubrovka o scuola Beslan); quest'ultimo, però, si inserisce in un contesto particolare e cioè quello della guerra in corso in Ucraina, dove da una parte si sta consumando un conflitto classico combattuto tra eserciti nazionali, e dall'altra c'è l'impiego da ambo i fronti di partigianerie, mercenari e miliziani. I servizi segreti occidentali avevano avvertito per tempo della possibilità di un attentato in Russia e l'attacco al Crocus può essere considerato come un episodio della guerra mondiale a pezzi, simile alla strage del Bataclan di Parigi avvenuta nel 2015 e compiuta da gruppi legati a Daesh, che causò centrotrenta vittime. Qualche mese fa l'ISIS K ha rivendicato l'attentato a Kerman, in Iran, vicino alla tomba del generale Qassem Soleimani; l'attacco ha provocato oltre ottanta morti e centinaia di feriti.

Materiale ricevuto

Lavori in corso

Doppia direzione

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email