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Rivista n. 54, dicembre 2023

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Appuntamenti

16/17

Mar

93° incontro redazionale
Temi: Corpo biologico e corpo sociale - L'intelligenza al tempo dei Big Data - Sui recenti colpi di Stato in Africa >>>

16/17

Dic

92° incontro redazionale
Temi: Determinismo e cibernetica - Conflitto israelo-palestinese - Controrivoluzione in Germania, parte II >>>

23/24

Set

91° incontro redazionale
Temi: Rovesciamento della prassi e concezione unitaria dell'universo - Le cause e le forme del tracollo >>>

17/18

Giu

90° incontro redazionale
Temi: Sulla spontaneità operaia oggi - Verso un mondo senza lavoro e senza Stato - Prospettiva di lavoro >>>

Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  25 giugno 2013

Rivolte globali e potenziali anticipati

La teleriunione, a cui hanno partecipato 13 compagni, è cominciata prendendo spunto dagli articoli di alcuni quotidiani riguardo la possibilità dell'esplosione di una bolla immobiliare in Cina. Nonostante il Pil cinese cresca del 7%, è comunque da considerarsi un dato negativo perché si è di fronte ad un'enorme sovrappopolazione, e cioè 800 milioni di senza riserve da inserire nel ciclo produttivo. L'economia cinese è in forte espansione ma allo stesso tempo presenta un alto livello di finanziarizzazione, al pari dei paesi a capitalismo senile; un suo arresto o una forte flessione avrebbe ripercussioni gravose non solo in Cina ma in tutto il globo.

L'ipotesi che la FED, come scrive il Sole24ore, voglia far rientrare o comunque limitare la liquidità immessa in questi anni sul mercato ha fatto traballare le borse: il presidente Bernanke, il cui mandato scadrà a gennaio del prossimo anno, ha lasciato intendere che la banca centrale statunitense conta di avviare a breve, entro l'anno, il processo di rallentamento degli acquisti di bond presenti sul mercato ("tapering") per eventualmente cessare del tutto il programma entro la metà del 2014.Gli americani non possono continuare ad iniettare nel sistema droga monetaria, ad un ritmo di 85 miliardi al mese. Se fino a qualche anno fa erano la locomotiva del mondo e potevano permettersi di stampare moneta che il resto del mondo acquistava finanziando l'alto tenore dell'American way of life, ora questo non basta più. E il fatto che il paese più ricco e più potente del mondo assorba una larga parte delle risorse mondiali rappresenta la più grande e catastrofica distorsione del mercato mondiale. Se l'America smetterà di inondare i mercati di liquidità dovrà conseguentemente lasciar fallire banche e aziende, permettendo così al capitale fittizio di auto-cancellarsi.

Dal canto suo la Cina, paese produttore con il 60% degli investimenti provenienti dall'estero e consumi interni bassi (al contrario degli Usa), continua ad accumulare capitale. Mentre le banche faticano a tenere il passo di questa sovracapacità produttiva, i prezzi del mattone crescono a dismisura e un taglio dei tassi potrebbe far scoppiare proprio quella bolla immobiliare che la banca centrale cinese vede crescere con preoccupazione.In Cina come negli Usa, il capitale mondiale ha bisogno di cancellare il capitale fittizio in eccesso. I governi invece hanno perseverato nell'accumularne, stampando masse enormi di moneta virtuale. Il gap tra finanza ed economia reale è gigantesco, in realtà la prima è parte della seconda e gli effetti sono visibili: ovunque il settore finanziario cresce a dismisura, si scolla dalla società e sottomette tutti. Anche nei paesi in espansione economica.

Allo scenario catastrofico in cui versa l'economia mondiale, si affianca l'accavallamento di due situazioni finora mai viste contemporaneamente. Fino a qualche tempo fa crisi economiche acute sfociavano in sommosse sociali dovute al malessere della popolazione, ad esempio in Egitto, Marocco e Tunisia negli anni '70. Oppure nei contesti di crescita economica, la mancata distribuzione del valore nella società dava luogo alla formazione di grandi movimenti di lotta, come nell'autunno del 1969 in Italia. Oggi alle rivolte a suon di slogan "99% contro l'1%" nei paesi dominanti ma impoveriti, si assommano, sincronizzandosi e compenetrandosi, le rivolte nei paesi emergenti - come Turchia, Brasile, Cina e Sudafrica - anch'esse legate al rallentamento della crescita e allo svanire, di colpo, delle aspettative di benessere della popolazione.

In Brasile, oltre ai movimenti di massa che occupano strade e piazze, sono avvenuti scontri a fuoco nelle favelas tra reparti speciali della polizia e narcotrafficanti. Sembra che, utilizzando il pretesto della lotta alla droga, il governo brasiliano voglia militarizzare il territorio in funzione preventiva. Sarà interessante vedere come reagiranno gli abitanti delle favelas, vere e proprie mine pronte ad esplodere. Secondo le Nazioni Unite più di un miliardo di persone sopravvive in baraccopoli sorte nelle estreme periferie delle città del Sud del mondo; dagli slum di Lima alle colline fatte di spazzatura di Manila, i processi di urbanizzazione ormai non sono stati svincolati solo dai processi di industrializzazione, ma addirittura dalla stessa crescita economica (Mike Davis, Il pianeta degli slum).

Sempre in Brasile è previsto per il prossimo 11 luglio uno sciopero generale indetto dai sindacati sotto la spinta delle manifestazioni in corso. Tutti ci ricordiamo di quanto successo negli Stati Uniti con OWS: lo sciopero cittadino di Oakland e quello dei porti lungo tutta la West Coast. Scioperi generali ci sono stati nei periodi di maggiore tensione anche in Tunisia, Egitto, Spagna, Grecia e, per ultimo, in Turchia. I lavoratori sono presenti in queste rivolte e fanno sentire la propria forza obbligando i sindacati corporativi a indire scioperi generali ed a porsi sul terreno dei rapporti di forza tra le classi.

Anche in Egitto la situazione si fa bollente, il 30 giugno sono previste manifestazioni di massa contro il governo islamico dei Fratelli Musulmani:

"Secondo gli analisti, il sentimento anti-islamista è cresciuto rapidamente dal gennaio 2013 a causa della crescente islamizzazione della politica, che ha portato i membri dei Fratelli Musulmani a controllare ormai ogni angolo delle istituzioni non elettive, dalla magistratura ai funzionari delle amministrazioni locali. A ciò si aggiunge la pesante recessione economica e la disoccupazione giovanile, ancora lontane dall'essere risolte nonostante i proclami dell'establishment islamista." (dal sito Asianews)

Nel versante medio orientale, il governo turco ha deciso di chiudere il ponte logistico che consente agli Usa di armare i ribelli siriani, lanciando così un chiaro segnale di allontanamento. In tutta risposta, gli americani hanno inviato in Giordania altri 700 militari che con i 400 già presenti in Sinai e le ambasciate chiuse in Egitto, danno proprio l'idea del livello di surriscaldamento dei rapporti imperialistici nell’area.Inoltre continuano gli scontri con la polizia, barricate e cortei spontanei nelle maggiori città turche. A tutto ciò si aggiungono le dichiarazioni del premier turco Erdogan riguardo le rivolte nel paese, in cui denuncia l'esistenza di misteriosi centri di potere che agiscono nell'ombra per fomentare le sommosse e destabilizzare Turchia e Brasile:

"Lo stesso gioco è ora giocato in Brasile. I simboli sono gli stessi, i manifesti sono gli stessi, Twitter, Facebook sono gli stessi, i media internazionali sono gli stessi. Loro (le proteste) sono guidate dallo stesso centro. Stanno facendo del loro meglio per raggiungere in Brasile quello che non potevano raggiungere in Turchia. E' lo stesso gioco, la stessa trappola, lo stesso obiettivo."

Si segnalano movimenti di lotta anche in Indonesia, dove ci sono state proteste contro l'aumento del carburante; in Thailandia, Bulgaria e Bosnia, contro la corruzione del governo; in Costa Rica, Cile e Colombia.

La situazione sta andando velocemente fuori controllo, dimostrando ancora una volta che la borghesia è una classe storicamente inadeguata per gestire l'economica globale. Ci vorrebbe un governo unico mondiale per neutralizzare le forze centrifughe delle innumerevoli borghesie nazionali, irrimediabilmente concorrenti, e invece ognuno va per la sua strada concentrato su problemi locali.

Conferme arrivano anche dall'Italia, dove il governo Letta è oramai in fibrillazione permanente. Lo registra lo stesso Napolitano: "Vigilerò perché non si scivoli di nuovo verso opposte forzature e rigidità e verso l'inconcludenza, né per quel che riguarda scelte urgenti e vitali di politica economica e sociale, né per quel che riguarda la legge elettorale e riforme istituzionali più che mai necessarie", ha dichiarato in occasione del 2 giugno.Nella penisola lo stallo politico è totale: non più reddito di cittadinanza, taglio degli enti inutili, rilancio sistemico del paese, ma l'inutile ritornello sull'occupazione giovanile. Il tutto condito dai dati rilasciati dall'Istat in questi giorni riguardo il consumo di alimenti: ad aprile le vendite sono calate del 2,9% rispetto allo stesso mese del 2012, gli alimentari hanno fatto segnare un tonfo del 4,5%, male anche i supermercati, si salvano solo i discount. La situazione appare disperata ma per ora non abbiamo assistito a grandi movimenti di protesta come altrove, si percepisce però una tensione sociale montante a cui sindacati, imprenditori e Stato rispondono blindando la società.

I grillini hanno cavalcato abilmente la rabbia e il disagio generale, spesso collanti di rivolte globali, verso corruzione, aumento dei prezzi e disoccupazione. Non a caso il blog di Beppe Grillo è il terzo più frequentato al mondo e quando il movimento si è presentato alle elezioni ha preso il 25% dei voti. Ma alla prova del parlamento il M5S si è spaccato: non avendo un programma parlamentare è entrato in contraddizione. Resta comunque il fatto che milioni di votanti, pur non innalzando barricate come avvenuto altrove, hanno creduto in questo movimento e nel suo programma di "lotta".

La pratica leaderless, inaugurata da OWS e poi estesa a tutto il pianeta, è servita ad autonomizzare i movimenti dai mortiferi apparati statali; sembra si stia perdendo l'abitudine (riformista) di affidarsi ai partiti tradizionali per risolvere i problemi. Il passo successivo sarà la centralizzazione sotto una direzione unica, come è avvenuto in Turchia con la piattaforma Solidarity Taksim.

Insieme al marasma sociale generale crescono e si diffondono comunità che sperimentano forme di vita comunistiche. Ad esempio quella di Damanhur (è di questi giorni la notizia della morte del suo fondatore), di Gen, il Global Ecovillages Network, e Rive, la Rete Italiana Villaggi Ecologici. Così come negli States con le Intentional Communities, anche in Italia sta prendendo piede un movimento in controtendenza di giovani o meno che, unendosi, si trasferiscono in borghiabbandonati, li sistemano e li gestiscono collettivamente. Ci ricorda le iniziative di Occupy the Farm, movimento nato sull'onda lunga di Occupy Wall Street: unarelazione tra chi occupa la terra per lavorarla e trarne di che vivere e chi occupa il suolo pubblico delle città.

Dal fronte sindacale italiano, arrivano notizie riguardo i picchetti e le cariche della polizia avvenute il 25 giugno a Bologna. Dalle prime ore del mattino alcune centinaia di operai hanno bloccato le 5 entrate del magazzino della Granarolo, in risposta ai 41 licenziamenti effettuati come rappresaglia dall'azienda. I lavoratori rifiutano di sottoscrivere la cassa integrazione proposta dal tavolo convocato dal Prefetto a cui erano presenti sindacati confederali, cooperative, Lega delle cooperative e Granarolo. Per il 29 giugno è stata indetta una giornata di boicottaggio contro la Granarolo, mentre sul Web monta la campagna di solidarietà ai facchini. L'attenzione intorno a questa vertenza cresce e potrebbe coinvolgere nella lotta altre categorie di sfruttati.

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    Esprimo il mio compiacimento per l’uscita di "n+1" e prendo l’occasione per alcune osservazioni. A pag. 15 leggo: "se tutto…
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