57° incontro redazionale - Resoconto

Il 57° incontro redazionale, a cui hanno partecipato 30 compagni + 6 collegati via Skype, si è aperto, come di consuetudine, con una panoramica sulla situazione economica e sociale.

Rispetto a quanto detto durante lo scorso incontro, notiamo alcune novità non dal punto di vista del sistema capitalistico, che non introduce variazioni di rilievo nel suo modo di funzionare, ma da quello delle relazioni internazionali per quanto riguarda i rapporti interimperialistici. Si accentua, politicamente, una deterrenza imperialistica degli Stati Uniti alla quale non fa riscontro il sorgere di uguale potenza da parte di un'altra nazione. Si interrompe la famosa serie, che va dalle Repubbliche marinare agli Usa, del comando capitalistico nell'epoca imperialistica. La Cina, paese da molti indicato come il prossimo rappresentante nella catena, è entrata in simbiosi, invece di sostituirlo, con il vecchio imperialismo americano, assorbendone il debito e incamerandone il reddito da capitale fittizio.

La crescita reale dell'economia globale si attesta intorno al 4%: per un mondo che produce così poco, esiste un grosso problema di sopravvivenza. Il capitalismo sta esaurendo le sue possibilità e i maggiori paesi tendono, da trent'anni a questa parte, a produrre plusvalore attraverso i servizi. Dal punto di vista della sola produzione industriale il Capitale non è solo asfittico, è morto.

Il blocco dell'economia corrisponde in modo del tutto automatico a quello che abbiamo chiamato "marasma sociale", e si traduce in un impoverimento assoluto delle popolazioni dei paesi più ricchi. Tutto converge nel mondo verso la necessità di una soluzione drastica, che per il capitalismo dovrebbe voler dire guerra generalizzata, come è stato fino ad adesso, ma che esso non può più sfruttare come occasione di rigenerazione del ciclo economico.

La prima relazione di sabato ha affrontato la "questione militare" da un punto di vista storico generale. Affinché sia possibile una completa teoria sulla guerra occorre essere arrivati nell'epoca in cui le sue determinazioni, le sue modalità, le sue conseguenze, abbiano raggiunto il massimo livello (al solito: partiamo da n+1 per analizzare n). Sono migliaia i trattati sulle dottrine militari o sull'arte della guerra, ma quasi nessuno affronta l'argomento dal punto di vista teorico.

La guerra oggi è diventata difesa politica dell'esistente, cioè svolge una funzione di polizia interna. E mentre assistiamo al collasso statale ovunque, la guerra si tramuta nel suo contrario: invece di servire a fini di conservazione, essa mina il sistema capitalistico. Non è la pace che diventa conflitto o viceversa, ma è il processo di maturazione della forza produttiva sociale che avanza, con un insieme di pace e di guerra (sempre più indistinguibili), verso un cambiamento qualitativo e cioè l'avvento di un nuovo modo di produzione. Il comunismo, in quanto movimento reale che abolisce lo stato di cose presente, non è tanto la società nuova quanto il modo per arrivarci.

Il comunismo sviluppato non conoscerà la "differenza", il pianeta si unificherà (internazionalismo) e la conservazione della società sarà necessariamente transitoria (dittatura del proletariato). La guerra scomparirà, non perchè regnerà la pace come programma di governo (volontarismo!) ma poichè il conflitto militare perderà la sua ragione di essere in quanto difesa dalla differenza portatrice di cambiamento. Il rovesciamento completo della prassi introdurrà l'applicazione della volontà progettuale, che è altra cosa rispetto alle teorie volontaristiche.

Il partito della rivoluzione cambierà di natura (o svilupperà la sua natura) e diventerà organo "di guerra" in quanto rappresentante del metabolismo sociale e naturale, compreso il buon funzionamento del sistema immunitario contro i rigurgiti e poi i residui delle società precedenti. La nostra specie tornerà a ragionare in termini evolutivi, a cicli di millenni, non con l'istinto ma con il progetto. A parte il periodo di transizione, nessuna delle diverse determinazioni presentatesi nella storia potrà avere senso e produrre scontri armati fra uomini.

La relazione sulla salute dell'uomo (Dal rapporto originario con la natura alla progettazione di una condizione ottimale di esistenza) ha messo in evidenza il cambiamento dell'approccio alla medicina intercorso negli ultimi anni. Dopo secoli di "riduzionismo" si comincia a studiare, e a curare l'individuo, ponendolo in stretta relazione con il contesto economico e sociale in cui è inserito. Alcuni studi recenti hanno dimostrato che le cause che determinano lo sviluppo di patologie sono legate per il 10% alle cure mediche, per il 20% a fattori genetici, per il 20% a fattori ambientali e per il 50% a quelli comportamentali.

Cambia anche il concetto di stile di vita: se prima esso, quale causa dell'insorgenza delle malattie, veniva attribuito colpevolmente all'individuo considerandolo come responsabilità individuale, oggi lo si inscrive e lo si deriva dal contesto in cui il malato vive. Lo sviluppo di questo approccio nell'ambito della medicina ufficiale è dovuto anche al lievitare delle spese sanitarie cui i sistemi nazionali sanitari non riescono più a far fronte. Le cure delle malattie croniche rappresentano infatti il 75% del totale, contro il 10% di quelle acute e il 15% dei traumi.

Così come la medicina tende a sviluppare un approccio "olistico" che tenga conto delle dinamiche generali in cui l'organismo umano si trova a vivere, allo stesso modo le istituzioni sanitarie mondiali sono costrette a darsi un'organizzazione internazionale e a elaborare piani d'azione globali, anche a discapito dei profitti. Lo si è visto recentemente con la diffusione del virus Ebola, e prima con l'epidemia della SARS. Anche nel campo della salute e della medicina il capitalismo per salvaguardarsi è costretto a negare se stesso.

La relazione di domenica mattina, intitolata Produzione, linguaggio, estetica e arte, è stata un riepilogo di una serie di relazioni tenute recentemente in sede a Torino sul libro di André Leroi-Gourhan Il gesto e la parola.

Una relazione sulla teoria dell'estetica non può prendere le mosse dalle trattazioni filosofiche sulla materia poiché tutte hanno lo stesso vizio d'origine: prendere come principio e punto di partenza la facoltà dell'uomo di creare arte per spiegare che cos'è l'estetica secondo la classica visione rovesciata della realtà tipica di ogni idealismo. In realtà l'arte è il punto di arrivo di una lunga evoluzione umana giunta fino a rappresentare simbolicamente tutta una serie di fatti estetici preesistenti. Preliminare ad ogni approccio è dunque l'indagine del processo che ha condotto a questa possibilità di rappresentazione. Per Leroi-Gourhan e per noi, il comportamento estetico e la nascita dell'arte sono il risultato dell'evoluzione del linguaggio e della tecnica ovvero delle forze produttive. E la facoltà estetica, come ogni linguaggio, è dunque profondamente connessa all'impalcatura biologica su cui si regge la nostra specie. Il processo di "esteriorizzazione" o proiezione esterna delle possibilità intrinseche alla sensibilità umana è proceduto quindi in parallelo all'esteriorizzazione della tecnica, la capacità di costruire strumenti in sostituzione della mano, e del linguaggio, la capacità di rappresentare e comunicare in simboli astratti la pratica che si fa.

Si deve quindi partire da un punto di vista paleontologico/materialista per capire come la nostra specie sia arrivata a produrre "affreschi" come quelli di Altamira o di Lascaux. Essa si è evoluta sulla base di piccoli raggruppamenti umani (evoluzione etnica) che, nel corso della loro storia, hanno sviluppato delle differenze. Se la tecnica non le mostra perché è per sua natura uniforme (la forma segue la funzione), l'estetica ha come fine quello di evidenziare i diversi stili di vita delle comunità umane. Nel modo di produzione capitalistico, la globalizzazione prepara l'integrazione delle differenze, che non saranno più motivo di guerra tra comunità ma "scambio" di energia, conoscenza e sapere per cui l'evoluzione di gruppi separati diverrà del tutto naturalmente evoluzione di un'unica specie. Il tratto caratteristico della nostra epoca è la socializzazione massima del lavoro e, dal punto di vista dell'estetica e dell'arte, la compenetrazione spazio-temporale delle differenze.


Il resto della mattina è stato dedicato alle domande e agli approfondimenti sulle relazioni svolte durante l'incontro redazionale.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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