58° incontro redazionale - Resoconto

Il 58° incontro redazionale si è tenuto come di consuetudine presso l'Hotel Sharing di Torino, nelle giornate di sabato 21 e domenica 22 febbraio 2015. I lavori si sono svolti in un clima di impegno e partecipazione, intervallati da momenti conviviali condivisi con tutti i compagni convenuti (una quarantina provenienti da diverse località italiane ed estere, e altri 6 connessi via Skype).

Come da locandina, sabato mattina la riunione si è aperta con una panoramica sulla situazione economica e politica globale. Negli accadimenti recenti troviamo ulteriore conferma a quanto già Lenin aveva messo in luce nell'Imperialismo, e cioè che il capitalismo nella sua fase suprema socializza la produzione a tal punto da realizzare importanti saggi di organizzazione comunistica. Il contenuto non corrisponde più al suo contenitore: non comprendere questo e soprattutto rimanere ciechi di fronte alla dinamica già descritta da Lenin nel 1916, significa voler eternizzare un modo di produzione che è già arrivato al capolinea storico.

Dopo una breve pausa, i lavori sono ripresi con la relazione Il programma immediato della rivoluzione proletaria e le trasformazioni nel campo dell'informazione, dello spettacolo e dello sport.

Risolta la faccenda della presa del potere, il proletariato non avrà nulla da costruire, ma solo da liberare quelle forze esistenti ancora imbrigliate nelle maglie del Capitale. E' in quest'ottica che abbiamo sempre affrontato lo sviluppo della serie di Forlì, i nove punti schematizzati nella riunione del PCInt. del 1952. Se i compagni di allora intendevano tali punti nel contesto di uno Stato che emana decreti, oggi lo sviluppo della forza produttiva sociale ci pone nella situazione per cui è il capitalismo stesso ad avviare la loro realizzazione (si veda ad esempio quanto scritto a proposito dell'agricoltura nel n°5 della rivista). Il Programma rivoluzionario immediato che abbiamo preso come nostro manifesto politico dimostra che la rivoluzione è un processo in corso: il comunismo, dunque, è una realtà che produce effetti già nel presente e non un modello fantastico da realizzare, chissà quando.

Il linguaggio si evolve di pari passo con lo sviluppo della produzione e da istinto primordiale, non consapevole, diviene trasmissione dell'informazione e raggiunge forme avanzate già dalla preistoria. Dalle società primitive a quelle comunistiche più sviluppate, il segno si fissa e diventa scrittura in quasi tutto il mondo. Man mano che il processo produttivo complica il rapporto tra lavoro sociale e bisogno di più informazione, la scrittura passa dal tipo pittografico-alfabetico a quello alfabetico; la comunicazione assume un ruolo essenziale per la perpetuazione della società stessa e si ricorre ad un massiccio uso della simbologia al fine di diffondere maggiore informazione. Nel passaggio alle società divise in classi l'informazione canonizzata in simbologia si autonomizza e diviene ideologia. Dall'Antico Egitto in poi la capacità di trasmissione dell'informazione assume la forma della propaganda massiccia, per giungere nella Roma imperiale di Augusto ad una vera e propria "ingegneria del consenso" in cui essa non è più solo accessorio fondamentale di governo ma parte integrante della società.

Il superamento di questa fase si verifica con l'avvento del cristianesimo, quando l'informazione si fa totalitaria e selettiva e tutto ciò che esisteva prima viene distrutto e riciclato nel nuovo. Nel 1455 con la Bibbia di Gutenberg ha inizio un nuovo grande cambiamento: con la diffusione della stampa la trasmissione dell'informazione diventa universale uscendo dalla relazione "uno a molti". La Chiesa saprà adeguarsi, trasformandosi in rete capillare di acquisizione di dati dalla società. Nell'età moderna abbiamo un trattamento scientifico-industriale dell'informazione: nasce lo Stato, gestore dell'informazione, il Grande Fratello che ingloba in sé lo strumento e al tempo stesso ne prepara la dissoluzione… con l'avvento di un sistema che si auto-organizza.

Dopo la pausa pranzo, la riunione è ripresa con una piccola integrazione della relazione della mattinata, con un approfondimento sullo sport e la risposta ad alcune domande poste dai compagni. Si è quindi passati al secondo tema in programma: La violenta nascita ed espansione di uno Stato Islamico sovranazionale è conseguenza diretta del clima di "guerra infinita" che Washington ha teorizzato per contrastare la perdita di controllo del sistema imperialistico su sé stesso.

La relazione ha preso in esame la forma di fondamentalismo islamico che fa riferimento all'ambito sunnita, con un dettagliato excursus storico che ne ha descritto l'evoluzione dalle quattro scuole coraniche al wahhabismo, fino alla nascita dei Fratelli Mussulmani e Al-Qaeda. Si è ricordata inoltre la nascita del pensiero panarabista.

In seguito alla crisi economica e allo scoppio della Primavera Araba,il movimento jihadista ha superato la divisione fra gruppi che lo aveva caratterizzato fino ad allora. In particolare lo Stato Islamico opera un netto salto di qualità: - organizza nelle sua fila membri dell'ex Baath iracheno mettendo in campo un gruppo dirigente con capacità di azione a tutto tondo, superando per efficacia Al-Qaeda e simili; - gestisce logistica e organizzazione di gruppi armati utilizzando mezzi moderni per la propaganda; - controlla un territorio. L'obiettivo dichiarato è quello di aggregare intorno alla legge islamica e alla pratica della Jihad non solo il Medio Oriente ma tutto il mondo islamico sunnita, arrivando anche nelle grandi metropoli europee e americane.

L'avanzata e lo sviluppo dell'IS rispondono allo sfaldamento degli stati nazionali, insieme al perdurare della guerra tra imperialismi, nell'area mediorientale e non. Tra conflittualità e disgregazione, i movimenti fondamentalisti esistenti da venticinque anni, finanziati e costruiti dai sauditi, sono diventati terreno fertile per un'aggregazione politica e militare. Ma anche l'integralismo islamico sunnita deve confrontarsi con il capitalismo modernissimo: i territori in cui si muove sono coinvolti da fenomeni globali comuni, quali la miseria crescente e forti interessi internazionali legati a materie prime e traffici illegali (droga, armi, ecc.). Insomma, se il Califfato non verrà stroncato, non potrà che obbedire ai dettami della finanza, del petrolio e dello sviluppo.

Tra il tardo pomeriggio di sabato e la domenica mattina è stato svolto l'ultimo punto in programma: Uno studio del 1924 sul movimento dannunziano per capire la funzione delle mezze-classi che, nei periodi rivoluzionari, oscillano fra conservazione e cambiamento.

La relazione è partita dal dopoguerra italiano, la crisi dell'interventismo e la nascita dei Fasci di combattimento (programma di San Sepolcro), per poi inquadrare la dimensione politica che ha portato all'impresa fiumana di Gabriele D'Annunzio. Nel 1919 futuristi, nazionalisti e arditi erano in stretto contatto e da questo ambiente maturò l'urgenza di preparare una difesa armata della "città olocausta" contro le prevedibili decisioni della Conferenza di pace. Durante i sedici mesi di occupazione, Fiume rappresentò molte cose, tanto che il fascismo vi ha voluto vedere il preludio alla marcia su Roma, i futuristi la capitale artistica d'Italia, e alcuni anarchici una sorta di repubblica dei Soviet.

L'esperienza fiumana va divisa in due periodi: il primo in cui vi è una chiara prevalenza delle forze nazionaliste legate all'esercito e a settori della borghesia italiana (Giuriati, Sinigaglia), e la seconda in cui vi è una saldatura fra sindacalisti rivoluzionari (De Ambris) e legionari. In quest'ultima fase viene elaborata la nuova carta costituzionale di Fiume, meglio conosciuta come la Carta del Carnaro. Abbiamo quindi ripreso l'articolo di Amadeo Bordiga pubblicato sui nn. 1 e 2 di "Prometeo" del gennaio e febbraio 1924. Non sono inoltre mancati riferimenti all'estetica di Fiume, per esempio al rapporto tra Marinetti e D'Annunzio e più in generale agli scrittori che hanno lasciato una testimonianza scritta (G. Comisso, L. Kochnitzky, M. Carli).

Tra velleitari tentativi di colpo di stato da compiere prima con Malatesta e Capitan Giulietti e poi con Mussolini, l'esperienza fiumana si conclude con il "Natale di sangue" del 1920. Segue la nascita della Federazione Nazionale dei Legionari e dell'Unione Spirituale Dannunziana, nonché il tentativo di dare vita a una costituente sindacale per la creazione di un nuovo organismo operaio.

Con il superamento della "crisi Matteotti", il fascismo stringe alle corde i suoi avversari politici. Anche il movimento dannunziano viene sciolto e parte di esso confluirà nell'opposizione antifascista. D'Annunzio – da buon rappresentante della piccola borghesia – si ritirerà a vita privata.

Infine sono stati ribattuti alcuni chiodi teorici:

- negli anni '20 in tutta Europa masse di uomini premevano per il cambiamento e infine hanno appoggiato chi meglio questo cambiamento rappresentava. Di fatto i fascismi non sono altro che le "dialettiche realizzazioni delle istanze riformiste";

- Fiume dannunziana è stata il massimo del sincretismo (cerca di mescolare bolscevismo, anarchismo, sindacalismo e nazionalismo). Da notare che il sincretismo sovrastrutturale è sicuramente il riflesso di un sincretismo più profondo;

- le mezze classi rovinate sono spinte sempre più verso la classe dei senza riserve. Secondo il rapporto sulle grandi disuguaglianze dell'Oxfam, l'1% della popolazione nel 2016 avrà più del restante 99%. La legge della miseria crescente (legge assoluta dell'accumulazione capitalistica) dimostra l'assunto che il capitalismo è già potenzialmente morto.

L'incontro si è concluso con il resoconto sulle varie attività generali e locali e i lavori in corso.

Rivista n°54, dicembre 2023

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Editoriale: Reset

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Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

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