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Chi vi dà i soldi?

Ma non avete altro da fare che scrivere di queste cazzate?! Perché non provate ad andare a lavorare? In fin dei conti, almeno da come scrivete, un posto in fonderia lo potreste sempre trovare. Viste le cazzate che scrivete, ho l'impressione, anzi, la certezza che Vi scriviate addosso nel senso che usate termini solo a pochi comprensibili (parla come mangi, Vi ricorda niente?), non per esprimere i Vostri concetti (se concetti sono) ma per far vedere quanto siete bravi. Un'ultima considerazione e poi Vi saluto definitivamente: come si sostiene la Vostra rivista ? Non certo con i soldi dei lettori. E allora penso con i soldi pubblici. E posso immaginare con quale provenienza. Dio come siamo caduti in basso!

 

Ndr: Beh, anche qui di doppia direzione non se ne trova. Però non vogliamo pubblicare solo corrispondenza di lavoro (che spesso adoperiamo per gli articoli), ogni tanto ci si può rilassare un po'. Prendiamo lo spunto da questo tipo pittoresco per comunicare ai lettori che nel nostro bilancio rientrano esclusivamente i soldi dei compagni che si quotano, dei lettori che sottoscrivono e delle vendite della stampa. Quest'ultima è in passivo netto. Però abbiamo una struttura di lavoro "snella" e le entrate sono sufficienti al fabbisogno. Le spese sono per la rivista e i libri, le spedizioni, le sedi di Roma e Torino, il provider che ospita il sito e le nostre quattro riunioni generali. Come si vede c'è poco da elucubrare sulla provenienza dei fondi. Ringraziamo tutti per il supporto al nostro lavoro.

(Doppia direzione pubblicata sulla rivista n°12 - settembre 2003.)

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    Nell'articolo "ChatGPT mania may be cooling, but a serious new industry is taking shape", The Economist afferma che dopo la prima ondata di entusiasmo per ChatGPT ora l'attenzione è un po' scesa, ma in questi ultimi mesi non sono mancate novità e avanzamenti tecnologici. I big tech (OpenAI, Google, Apple, ecc.) investono massicciamente nel settore dato che i loro modelli devono aumentare la potenza di calcolo per reggere la sfida. Cresce dunque la quantità di dati elaborata, e gli esperti stimano che le fonti presenti su Internet sono prossime all'esaurimento; perciò le grandi aziende si stanno rivolgendo ad agenzie stampa e fotografiche per trovare dati nuovi da dare in pasto ai modelli di IA. Si sta addirittura pensando allo sviluppo di dati sintetici, ovvero testi, video e foto sviluppati da altri sistemi di IA, secondo un sistema in cui le macchine addestrano le macchine.

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    Nell'articolo "Proletari, schiavi, piccolo-borghesi o... mutanti?", pubblicato sulla rivista n. 4 (2001), descrivevamo una serie di trasformazioni che all'epoca si potevano solo intravedere; allora, infatti, non c'erano i rider, non c'erano i clickworkers e di intelligenza artificiale si parlava poco:

    "La struttura mondiale del lavoro sociale, la socializzazione crescente della forza produttiva umana, non possono non avere effetti materiali sulle forme in cui si manifesta lo sfruttamento. Se la miseria e il sottosviluppo odierni sono fenomeni modernissimi dovuti alla distruzione irreversibile dei rapporti antichi, l'estendersi enorme di rapporti di lavoro atipici nelle aree metropolitane non devono essere considerati fenomeni di regresso: saranno anch'essi a tutti gli effetti il risultato di progresso, quindi, per definizione, riflessi del futuro sul presente in via di liquidazione continua."

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    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 14 compagni, è iniziata con la presentazione della riunione pubblica che si terrà il prossimo 27 maggio a Roma sul tema della guerra. Abbiamo ribadito che per capire cosa sta succedendo nel mondo bisogna proiettarsi nel futuro (n+1), e di lì guardare al presente (n). Se le guerre passate si sono caratterizzate per il fatto che la potenza vincitrice è riuscita ad imporre un nuovo ordine mondiale, quella odierna indica una situazione di ingovernabilità generale ed è il prodotto di una situazione che alla fine non avrà vincitori in ambito capitalistico.

    The Economist, uno dei settimanali che prendiamo come punto di riferimento del mondo borghese, scrive che "la potenza cinese sta per raggiungere il picco", rifacendosi alle analisi dei due politologi americani Hal Brands e Michael Beckley ("Is Chinese power about to peak?"), secondo i quali l'ascesa della Cina si sta già arrestando. Da quando il paese ha iniziato ad aprirsi e riformare l'economia, nel 1978, il suo PIL è cresciuto in media di un 9% all'anno, e ciò ha permesso un relativo miglioramento delle condizioni di vita per milioni di cinesi. Pechino ha bruciato le tappe facendo in 40 anni quello che l'Occidente ha compiuto in qualche secolo. Negli ultimi decenni la crescita economica della Cina, e in generale dell'Asia, (il paese conta un quinto della popolazione mondiale) ha rappresentato una boccata d'ossigeno per il capitalismo, che dagli anni '70 mostra segni di cedimento in Occidente. Ma ora il gigante asiatico sta avendo qualche problema perché l'attuale modo di produzione è diventato senile ad Ovest come ad Est. Se da una parte si sta arrivando alla parità economica tra USA e Cina, dall'altra sappiamo che non ci potrà essere un nuovo paese alla guida del capitalismo e la serie storica non potrà che interrompersi ("Accumulazione e serie storica"). Le motivazioni del declino cinese sono di varia natura, una di questa è la situazione demografica: le Nazioni Unite stimano che entro la metà del secolo la popolazione lavorativa potrebbe diminuire di oltre un quarto, con la crescita del numero degli anziani. L'economista Nouriel Roubini, nel saggio La grande catastrofe, analizzando quella che definisce la bomba a orologeria demografica, scrive: