I bolscevichi e la guerra

« Nell’autunno del quattordici, quando i quattro quinti dei socialisti di tutta Europa si erano pronunciati per la difesa della patria e il restante quinto mugghiava pavidamente "pace", Lenin, solo fra tutti i socialisti del mondo aveva trovato e rivelato a tutti cosa si dovesse fare: la guerra -ma un’altra- e subito!!»
A. Zolzenicyn, Lenin a Zurigo

Nell’Estate del 1914, prima dello scoppio della guerra, il partito bolscevico si trova in difficoltà.

Due le questioni sul tappeto che creano a Lenin parecchi grattacapi: l’affare Malinovsky e la Conferenza di Bruxelles.

Nel maggio del 1914 Malinovsky si dimette da deputato alla Duma "per ragioni di salute", abbandona il suo posto e la Russia senza avvertire il comitato centrale bolscevico e i suoi compagni alla Duma. Il suo gesto suscita enorme scalpore e Lenin deve far fronte alle accuse di un suo tradimento, accuse che già serpeggiavano da tempo ma che ora rilanciate soprattutto dai menscevichi (ma anche da Bucharin), riprendono vigore. Lenin difende vigorosamente Malinovsky ed un tribunale bolscevico (formato da Lenin, Zinoviev e Hanecki) lo assolve convinto della sua onestà politica mentre lo espelle dal partito per indisciplina e abbandono del suo posto di combattimento.

Nel luglio del 1914 (16-17 luglio) ha luogo a Bruxelles la conferenza dell’Internazionale socialista sull’ "unità russa".

Nel dicembre 1913 Il Bureau socialista internazionele decide di occuparsi infine delle dispute tra i socialdemocratici russi e Kautsky si fa portavoce nel chiedere una riunione di tutte le frazioni socialdemocratiche dell’impero russo. Lenin, che si era opposto alla convocazione della riunione, rifiutò di andarci; lo stesso fece Zinoviev e ... Malinovsky er ormai fuori causa. Lenin mandò allora, al suo posto, una militante abbastanza oscura e poco conosciuta Inessa Armand che si presentò sotto lo pseudonimo di "Petrova". La riunione era presieduta da Vandervelde, Huysman, Kautsky e dal socialista rivoluzionario Rubanovich; tra i membri delle varie organizzazioni, gruppi o frazioni della socialdemocrazia dell’impero russo si contavano: Martov, Trotskij, Axel’rod, Plechanov, Alexinskii (per il gruppo Vpered) e Rosa Luxemburg. In totale ventidue delegati che rappresentavano undici diverse organizzazioni.

Inessa Armand lesse la dichiarazione che Lenin le aveva preparato e si limitò a questo. Tutti gli oppositori delle posizioni bolsceviche venivano accusati « di non essere socialisti, di rifiutare di accettare la disciplina, di voler liquidare l’organizzazione clandestina, di voler formare un "partito operaio borghese", di desiderare blocchi con la borghesia, di voler distruggere il programma del partito (...) Culminava con una serie di ultimatum che possono ben riassumersi nelle parole "Che quelli che si vogliono unire a noi accettino incondizionatamente le decisioni del Congresso di Praga e si sottomettano incondizionatamente agli organismi da esso creati."» .

Plechanov commentò: « Lenin desidera l’unità come si desidera l’unità con un pezzo di pane: l’inghiottisce» .

Al termine dei lavori non si giunse a nessuna conclusione ma tutto fu demandato al vicino congresso dell’Internazionale socialista che si sarebbe dovuto tenere in agosto a Vienna. Molto verosimilmente a questo congresso i bolscevichi sarebbero stati espulsi dall’Internazionale socialista.

Ma venne la guerra che, se evitò a Lenin e ai bolscevichi l’ignominia della cacciata dall’Internazionale, pose la divisione dei socialisti su ben altro terreno.

Allo scoppio della guerra un’ondata di patriottismo pervade tutta l’Europa. Anche Pietrogrado è preda dello stesso delirio patriottico che pervade le vie di Berlino, Parigi, Londra e Vienna.

« Il giorno seguente la dichiarazione di guerra, l’intera situazione politica appariva improvvisamente trasformata. Le strade, che ancora ieri erano piene di masse di scioperanti che le percorrevano avanti e indietro a ondate erano ora dominio dei "patrioti". Le manifestazioni sfilavano una dopo l’altra verso il palazzo d’Inverno e qui giunti i manifestanti cadevano in ginocchio di fronte allo zar che stava al balcone. (...) Neppure delle masse operaie si può dire che non fossero toccate dal baccanale patriottico: non pochi di coloro che ieri scioperavano, oggi passavano nelle schiere dei manifestanti patriottici. Ma anche tra le fila stesse dei socialdemocratici regnava la confusione.»

Il movimento operaio internazionale, nelle sue rapprentanze, crollò di fronte alla guerra. In gran misura la socialdemocrazia europea votò i crediti di guerra nei parlamenti dei propri paesi ; si opposero solo i due rappresentanti del paretito socialista serbo e, come vedremo, i menscevichi e i bolscevichi russi, che abbandonarono l’aula prima del voto. L’Italia neutrale, poneva, al momento i socialisti fuori dalla decisione.

Le divisioni che dilaniavano i socialisti europei e russi vennero ora ad avere una nuova linea di demarcazione, questa volta senza mediazioni di sorta, tra i difensori del proprio paese che appoggiavano quindi la guerra (i "difensisti") e gli internazionalisti.

Riferendoci al movimento rivoluzionario russo tutti i partiti furono coinvolti, anche i bolscevichi.

Vedremo prima chi si oppose alla guerra e chi la appoggiò ed esamineremo in seguito le divisioni che si manifestarono nel campo internazionalista (e tra gli stessi bolscevichi).

Una prima divisione deve essere fatta tra il comportamentto dei rivoluzionari in patria (cioè in Russia) e gli esuli. In Russia, in linea di massima, predominarono gli internazionalisti e gli oppositori alla guerra. All’estero, dove praticamente risiedevano in forzato esilio, i "capi" dei vari movimenti avvenne il contrario e più forti furono le posizioni difensiste.

Tra gli anarchici Kropotkin appoggiò l’Intesa,

Tra i socialisti rivoluzionari, gli eredi dei populisti, due figure ai margini ormai dal movimento organizzato, ma di fama si dichiararono sin da subito difensisti: Savinkov e Burtsev, lo Sherlock Holmes del movimento rivoluzionario russo, che nella sua foga patriottica ritornò, pur sconsigliato, in patria dove,nonostante le sue buone intenzioni, venne subito arrestato.

Il gruppo parigino dei socialisti rivoluzionari si frantumò tra i difensori della Russia (o della Francia) e chi manteneva la vecchia posizione internazionalista. Ad una riunione del partito S.R. tenuta a Beaugy-sur-Clerens (piccola cittadina vicino a Ginevra) il 22 agosto le divisioni si ufficializzarono. La maggioranza con Argunov, Sletov, Avksentiev ed altri prese una posizione difensista , rimasero sul terreno internazionalista Chernov e Natanson.

Lo stesso disorientamento e la stessa frattura avviene anche tra i bolscevichi. A Parigi, dove aveva la sua sede il Comitato di Organizzazione all’estero (KZO) , Sapozhkov (Kuznetsov) il leader dei bolscevichi, dopo giorni di indecisione, impossibilitato ad aver indicazioni dalla Russia o da Lenin, si decise per l’intervento. Antonov-Ovseenko, segretario del club operaio di Avenue des Gobelins, iniziò l’arruolamento dei volontari. In pochi giorni venne costituito il primo reggimento repubblicano russo (così chiamato per evidenziare che si voleva combattere per la Russia e non per l’autocrazia e difendere in Francia l’idea della rivoluzione francese e della repubblica). Radkey cita, tra i componenti del distaccamento repubblicano 35 socialdemocratici, senza distinzione tra bolscevichi e menscevichi, 17 socialisti rivoluzionari e 9 anarchici. I bolscevichi fornirono non solo con Antonov-Ovseenko chi reclutò i volontari e la sede dove questo avveniva ma anche il Manifesto (datato 21 agosto e fiemato da un comitato di due bolscevichi, due menscevichi e un S.R) con cui spiegavano la loro adesione alla guerra.

Un altro vecchio bolscevico Alexinskij, portavoce di lenin alla seconda Duma, e membro poi del gruppo Vpered, divenne un accesissimo interventista e con Vladimir Burtsev uno dei più implacabili accusatori di lenin come agente tedesco (la cosa continuò durante tutta la guerra, tra il febbraio e il novembre del 1917 e anche dopo da parigi). Alexinsky divenne presto l’editore del giornale interventista Rossia i Svoboda (Russia e libertà) che ospitò gli autorevoli interventi di Plechanov; in settembre il gruppo attorno a questo giornale (ex-bolscevichi e menscevichi) si unì ai socialisti rivoluzionari che professavano le stesse opinioni, dando vita ad un organo comune di tutti i socialisti difensisti: Prizyv.

Come abbiamo visto, Plechanov che nel lontano 1883 aveva dato vita alla formazione organizzata con Deich, Vera Zasulich eAxelrod della socialdemocrazia russa rompendo con il populismo, ora in nome della patria si riuniva ai populisti. E’ da dire che se Deich e e Vera Zasulich si dichiararono per l’Intesa solo Axelrod si mantenne su una posizione internazionalista.

Un disastro totale, come si può leggere, che non salvò nemmeno i bolscevichi. dopo aver brevemente preso in esame il comportamento del gruppo bolscevico alla Duma, passremo a lenin.... e vedremo come la sua posizione inizialmente condivisa da un gruppo strettissimo acuì le differenze anche nel campo internazionalista e tra gli stessi bolscevichi.

posizione dei bolscevichi alla Duma

La quarta Duma contava tredici deputati socialdemocratici sette menscevichi e sei bolscevichi che costituivano un solo gruppo parlamentare. Suo presidente era il menscevico Chkheidze e vicepresidente Malinovsky.

Quando la Russia entrò in guerra la Duma era chiusa per le vacanze estive e Badaev era l’unico deputato bolscevico nella capitale. In quel periodo i deputati bolscevichi erano demoralizzati per la perdita del loro capo Malinovsky che voci di corridoio davano fuggito per essere un agente della polizia.

Dopo la vittoria della rivoluzione la ricostruzione di quell’avvenimento varia a seconda dei periodi ed anche la dichiarazione del gruppo socialdemocratico nella seduta del’’otto agosto subisce dei cambiamenti.

Ci sembra corretto riportare la prima versione data che corrisponde a quanto riportarono i menscevichi e quanto scritto da Bertram Wolfe da cui noi traiamo ampi spunti.

Secondo Boris Nikolaevsky, che potè seguire da vicino gli avvenimenti, la dichiarazione fu redatta dal leader menscevico Garvvy (che non era deputato alla Duma ma uno dei socialisti più validi e in libertà in quel periodoa Pietrogrado). Una volta completato il testo della dichiarazione il deputato menscevico Khaustov fu avvicinato dai bolscevichi con la proposta di fare una dichiarazione comune; da parte loro i bolscevichi non avevano preparato nessuna bozza, lessero il documento di Garvy e lo sottoscrissero.

La dichiarazione che Khaustov lesse a nome della Frazione socialdemocratica alla seduta dell’8 agosto della Duma è in ogni caso menscevica nel tono e nella sostanza. Come la dichiarazione di Kerenski essa inizia con un appello contro gli orrori della guerra e ne addossa la responsabilità alle classi dirigenti di tutti i paesi belligeranti, ma mentre Kertenski parla della della democrazia russa pronta « ... a difendere la terra natale e la cultura create nel sudore e nel sangue di generazioni» , l’oratore socialdemocratico, ripudiando ogni ipocrità unità con il governo, dice: « Il proletariato, costante difensore della libertà e degli interessi del popolo, difenderà sempre contro ogni attentato, da qualunque parte provenga, il tesoro di civilità accumulato dal popolo.» . Alla fine la dichiarazione socialdemocratica, rispetto a quella di Kerenski, ha un accenno maggiore di pacifismo e di internazionalismo: « Siamo profondamente convinti che nella solidarietà internazionale del proletariato di tutto il mondo, l’umanità troverà i mezzi per por termine al più presto alla guerra. E possano i termini di pace essere dettati non dai diplomatici e dal potere dei predoni, ma dal popolo stesso che prende il suo destino nelle proprie mani. (...) Noi esprimiamo la profonda convinzione che questa guerra aprirà finalmente gli occhi delle masse popolari dell’Europa...» .

Al momento della votazione i cinque bolscevichi, i sette menscevichi e Kerenski (che parlava a nome dei trudoviki) abbandonrono l’aula. La loro mancata partecipazione al voto permise ai giornali russi di scrivere che la Duma aveva votato unanime per la difesa della patria.

Lenin da Poronin in Svizzera

Sue prime posizioni in Svizzera

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email