I comunisti nella controrivoluzione

Roma per un eventuale opuscolo (aprile 1997)

La Sinistra ha affrontato tutta una serie di questioni (il Partito, la tattica, rapporto partito/classe) tre volte. La prima: all'interno del PSI senza un apparato dimostrativo ma come espressione di una serie di spinte rivolte a superare l'esistente che si veniva affermando; la seconda: nella battaglia che la Sinistra conduce in seno all'Internazionale negli anni '20 e che ha il significato di una battaglia politica, critica militante che si forma e si sostiene nello scontro materiale e nella tattica conseguente che si deve esprimere; la terza: nel secondo dopoguerra, dove si tratta di ricostruire tutto l'impianto teorico distrutto dall'opportunismo e nello stesso tempo di fare un bilancio della degenerazione della rivoluzione proletaria e della terza internazionale. Tre momenti che esprimono, al contempo, l'aderenza al movimento reale, continuità politica, formazione e sviluppo che si accorda con le necessità imposte dalla lotta di classe, nella sua dinamica storica.

L'origine degli errori e delle deviazioni del movimento operaio non è mai di tipo soggettivo; la storia ha dimostrato che ogni volta che c'è stato uno scontro tra concezioni diverse, questo ha significato uno scontro tra gruppi, tra individui, tra organizzazioni, come riflesso di un movimento materiale. La dialettica dei fatti storici è innanzi tutto una dialettica di forze materiali, di percorsi sociali obbligati e mai dialettica di pensiero e di fortuite iniziative. Pensiero, volontà, coscienza, ecc.. non solo non sono cause, forze motrici del procedere storico ma, in linea generale, non sono neppure effetti primari; sono effetti secondari, cioè derivati da altri elementi quali la prassi materiale, l'azione sociale.

Questa concezione deterministica non deve portarci però a escludere gli uomini dalla storia per affidare alle cose il compito di farla camminare. Insomma, l'iniziativa soggettiva non è mai libera, non è mai padrona assoluta dello svolgimento sociale e politico. Osserva Bordiga nel testo: "Struttura economica e sociale della Russia": "Il marxismo ha a che fare con la prassi (l'azione umana, comportamento della specie)...è una dottrina o scienza delle cause e delle leggi della prassi (sociale). La spiegazione che ne dà non consiste nel porre tale cambiamento alla base ma alla sommità della ricerca, il che non vuol dire che questo effetto di cause relative alla materiale vita della specie non si riverberi in cause del procedere storico: lo fa ed è tutto qui il misterioso "capovolgersi" della prassi, quando lo si scopre non nel pensiero e nella volontà del singolo uomo, anche di eccezione, ma nell'intervento in tempo maturo delle classi sociali in senso largo e del partito di classe in senso stretto...".

Dire che l'origine degli errori si trova nelle condizioni oggettive (livello della rivoluzione e della controrivoluzione, stato del proletariato) è la base di partenza per sviluppare altre considerazioni. Sviluppando una critica alle posizioni soggettiviste, dobbiamo dire che gli errori non hanno padri, che non si risolvono i problemi dando la colpa a qualcuno. Tutta la storia della Sinistra insegna che gli stessi personaggi che "hanno sbagliato", Trotskij per esempio, a un certo punto viene trascinato nella rivoluzione. Anche Lenin lo indica come il miglior battilocchio per proseguire il suo lavoro. Non potremmo capire un percorso storico basandoci sulle posizioni soggettive degli individui. (Se vogliamo, riportiamo citazione ripresa da: Il battilocchio nella storia da pag. 53, 4° capoverso:"....Non ci distingue..." fino a pag. 54, fine del paragrafo "...individualità e nome....")

La storia è fatta da uomini, questi sono il suo strumento. Qui introduciamo un altro elemento fondamentale che è la questione del rovesciamento della prassi. Quest'ultimo, però, non riguarda gli uomini bensì una organizzazione, il partito, che è espressione di una parte dell'umanità.

Ecco il "capovolgimento" che il marxismo ha operato nel campo delle interpretazioni degli avvenimenti sociali. Il pensiero diventa strumento, fattore, forza, quando si costituisce in teoria, quando si struttura in programma rivoluzionario, visione del decorso storico del passato, del presente e del futuro.

Tutte le questioni che riguardano l'impostazione generale, si riflettono inevitabilmente nella prassi quotidiana. Se analizziamo tutto il percorso della Sinistra, da quando è organizzata in frazione, all'interno del PSI, (periodo che va dal 1911 al 1918/19) vediamo che c'è una convergenza chiara con le posizioni che prese il Partito bolscevico. La Sinistra arriva a queste conclusioni in modo "spontaneo", prima ancora che come razionalizzazione e sistematizzazione dell'impianto teorico-politico. L'uso del termine "spontaneo" non è da intendersi, ovviamente, come mancanza di un sistema di riferimento che è il marxismo; si intende dire che ancora non c'è un apparato dimostrativo a supporto delle posizioni che assume, non nasce sull'onda di una analisi soggettiva della situazione ma è espressione determinata della rivoluzione in Europa, di quel movimento materiale che rompe i vincoli e si afferma come superamento dell'esistente e come rappresentanza del futuro.

Nella battaglia che svolge all'interno del PSI, di fronte a una composizione variegata e a un ventaglio di posizioni (frange di anarco-sindacalismo, massoni, gruppi liberali e via dicendo), la Sinistra esprime una convergenza con la battaglia che Lenin andava conducendo contro il menscevismo e le altre tendenze opportuniste.

Quando la rivoluzione vince in Russia, quando si fonda la 3a Internazionale, quella convergenza "spontanea", naturale, diventa saldatura politica, lotta comune contro le revisioni del marxismo e contro l'opportunismo. Da quel momento in poi, la Sinistra adopera l'argomento dell'armonia totale delle posizioni marxiste avanzate all'interno della rivoluzione, della lotta comune contro l'opportunismo. Vediamo che, anche se apparentemente abbiamo una separazione delle posizioni, con la rivoluzione che avanza, le posizioni diventano comuni. Mano a mano che la rivoluzione avanzava in Russia, la saldatura tra le posizioni si amplificava, il blocco rivoluzionario si ingrandiva. Trotskij, che era un mediatore tra il bolscevismo e il menscevismo (Lenin lo chiamava "capo della frazione dei conciliatori", esprimendo delle posizioni molto dure nei suoi confronti), diventa il portavoce di una posizione unica, monolitica.

L'opportunismo è un fenomeno storico sociale, ha radici materiali che non si possono esorcizzare. Così come è invariante il marxismo, è invariante pure l'opportunismo,entrambi nascono come espressioni di rapporti materiali. Quando, nel 1921, si costituisce il PCdI, proprio l'avanzata della rivoluzione, le condizioni oggettive, fa sì che l'opportunismo non ha la possibilità di essere influente più delle altre forze che ci sono in campo. Per tre anni, l'opportunismo non ha modo di incidere sul lavoro, sulla struttura dell'organizzazione formale. Solo quando la controrivoluzione ha agito, alcuni gruppi, già presenti nel partito ma senza nessuna forza e peso, presero il sopravvento.

Nel "Che fare?" di Lenin c'è scritto molto chiaramente: se il partito ha una sua coerenza, sono le masse che riconoscono nel partito la propria guida. Nell'Internazionale, a partire da un certo momento, si farà invece esattamente l'inverso. ( sviluppare differenza tra la concezione del fronte unico di Lenin e quella che sarà la concezione del fronte unico applicata dall'Internazionale, nella trascrizione della relazione questo pezzo è poco chiaro.) La tattica del Fronte Unico, il partito che deve andare verso le masse, è una saturazione, in senso opportunista, della concezione del partito e del legame dialettico che questo esprime con la classe che dirige.

L'ordinovismo, il produnismo, lo stalinismo, il consiliarismo, l'anarchismo, sono tutte forme che mettono al di sopra dell'organizzazione partito la volontà degli individui e il modello da raggiungere .Noi non parliamo (anzi, li cancelliamo dal nostro lessico) di costruzione del partito, di costruzione della società futura ; noi siamo parte integrante di un cambiamento in corso e non di qualcosa che vogliamo costruire in quanto modello pensato precedentemente, costruito a priori. Quando la S. afferma che la rivoluzione non è questione di forme di organizzazione, intende dire esattamente questo. Noi sappiamo, in base al lavoro che è stato fatto precedentemente, sintetizzato ed espresso da Marx, che la possibilità di un altro sistema sociale è data scientificamente, dal superamento di una forma di produzione ..... Il patrimonio teorico che abbiamo è sintesi dei risultati raggiunti dall'umanità e strumento per la comprensione e l'individuazione del percorso, se con questo vogliamo essere aderenti. Un cambiamento in corso non si può esprimere con una ricetta già confezionata.

L'obiettivo che ci proponiamo è quello di giungere a capire quello che può effettivamente rappresentare un gruppo di marxisti in una situazione controrivoluzionaria, come è quella di oggi. Così come agli inizi del secolo, la rivoluzione aveva prodotto la maturazione, la crescita di organizzazioni, raggruppamenti, strumenti della rivoluzione stessa che operavano, così oggi dobbiamo considerare che, anche se non è visibile, la rivoluzione marcia lo stesso prendendo tutti gli strumenti di cui ha bisogno. Se a livello complessivo, il movimento comunista esprime una profonda inadeguatezza, è altrettanto certo che il movimento reale che spinge per rompere i limiti ad esso imposti dal sistema di produzione vigente, non si arresta per questo.

Noi dobbiamo "semplicemente" individuare un processo ed essere aderenti a questo, spiegare le svolte di questo processo.

Per il marxista che si trova allineato con il movimento reale che distrugge lo stato di cose presenti, il risultato effettivo è quello di essere coerente con questo movimento, non è quello di ottenere più organizzazione, più omogeneità a tavolino, secondo uno studio, secondo l'applicazione di determinati espedienti. La forza di un gruppo, di un raggruppamento è la sua coerenza, la sua compatibilità con il cambiamento che è in corso. Non si tratta di esibire ascendenti eroici e puri, galloni da maresciallo o stupide perfezioni di comprensione libresca dei "sacri testi" ma di contribuire al "massimo rendimento nel processo reale per cui attraverso il sistematico lavoro si effettua lo spostamento dell'azione dei proletari (dal livello immediato a quello comunista). Solo quando una simile continuità esiste è possibile incanalare e inquadrare efficacemente le nuove energie acquisite nel pensiero come nell'azione comune" (Tesi di Roma). Contribuire al massimo rendimento del processo è un atto volontaristico e velleitario; contribuire al massimo rendimento nel processo è lavoro materialista.

Nel processo rivoluzionario, il risultato immediato è slegato dal movimento delle molecole di cui è composta la specie che deve raggiungere una forma più alta. Quello che rappresenta il cemento degli individui, delle molecole che fanno parte di un movimento, grande o piccolo che sia, non è quello che ogni singola molecola pensa ma è l'aderenza dell'insieme al movimento. C'è, ripetiamo, una differenza fondamentale tra il movimento reale che porta al cambiamento e lo schema mentale, il modello a cui la società dovrebbe adeguarsi, che non è nient'altro che l'utopismo. Un passo di "Proprietà e Capitale" dice: "....La nuova dottrina non può legarsi a un sistema di tavole o testi, premessi a tutta la battaglia; come non può affidarsi al successo di un Capo o di un'avanguardia combattente ricca di volontà e di forza. Profetizzare un futuro, o volere realizzare un futuro, sono posizioni entrambe inadeguate per i comunisti...". (specificare che cosa vuol dire: profetizzare un futuro, la previsione scientifica è cosa alquanto diversa dalla profezia, è analisi, lettura della situazione secondo un metodo. A questo proposito, un piccolo pezzo della lettera di Engels a Sombart 11/3/1895 (O.C. vol.L): "...L'intera concezione di Marx non è una dottrina, bensì un metodo. Non dà nessun dogma già pronto, ma punti di appoggio per una ulteriore indagine e il metodo per questa indagine...". E ancora un'altra citazione che si potrebbe inserire; a nostro avviso, sintetizza in modo eccellente sia che cosa è il metodo sia cosa vuol dire usarlo nell'indagine passata, presente e futura: "...D'altro canto - e ciò per noi è molto più importante - il nostro metodo rivela i punti in cui si deve inserire la considerazione storica, o in cui l'economia borghese come mera forma storica del processo di produzione rinvia, al di là di se stessa, a modi storici di produzione precedenti. Per sviluppare le leggi dell'economia borghese non è quindi necessario scrivere la storia reale dei rapporti di produzione. Ma la nozione e l'analisi corretta di questi rapporti in quanto divenuti essi stessi storicamente, conduce sempre a prime equazioni - come i numeri empirici, ad esempio, nelle scienze naturali - che rinviano a un passato che sta alle spalle di questo sistema. Questi accenni, accompagnati dalla giusta comprensione del presente, offrono poi anche la chiave per la comprensione del passato - che è un lavoro a sé al quale speriamo di poterci dedicare. D'altro canto questa giusta osservazione porta all'individuazione dei punti nei quali si profila il superamento della forma attuale dei rapporti di produzione - e quindi il presagio del futuro, un movimento che diviene. Se, da una parte, le fasi preborghesi si presentano come presupposti soltanto storici, cioè superati, le condizioni attuali della produzione si presentano d'altra parte come autosopprimentesi e quindi come condizioni che pongono i presupposti storici per una nuova situazione della società..".(Gundrisse II capitolo del Capitale, quaderno 4 controllare esattezza riferimento)

"Realizzare un futuro" è una posizione che, al pari dell'altra, non può essere fatta propria dai comunisti. Noi, i comunisti in genere, non costruiscono il futuro, fanno parte di un movimento, una dinamica che va verso il futuro. Naturalmente, essendo una parte di questo movimento, noi operiamo, con tutti gli strumenti possibili, adeguati, idonei, al raggiungimento di questi obiettivi. Ma in questa differenza si sintetizza la diversità di approccio della Sinistra rispetto al resto delle aggregazioni politiche al riguardo della concezione del partito e del rapporto di questo con la classe.

Se noi concepiamo tutto questa dinamica come un percorso unitario, vediamo chiaramente che il momento contingente non rappresenta niente (al posto di non esiste), non c'è la possibilità per un marxista di avere una concezione legata a situazioni contingenti, di dire: io faccio questo o quello. Il corso della sua attività, il complesso degli strumenti che egli può adoperare per pervenire a un certo risultato sono determinati dal movimento complessivo che si produce all'interno di una dinamica storica. Ogni momento contingente non è che un punto su un tratto che è stato già percorso e su un altro tratto da percorrere. Quello che più ci deve interessare, è la sequenza.(Sviluppare per chiarire il concetto di sequenza). Il passato ci serve per avere una sicurezza nel maneggio degli strumenti, il futuro può darci degli strumenti che non abbiamo ancora. Qui ci si potrebbe chiedere: ma in questo modo non arriviamo a innovare il marxismo, non rischiamo di deviare, come è stato più volte nel passato, da un uso ortodosso della teoria per arrivare a teorizzare altro? (Spiegare)

Il passo di "Proprietà e capitale" già citato, continua: "I dati del corso ulteriore sono ugualmente fondamentali e indispensabili quanto quelli del corso passato. Del resto gli errori e gli sviamenti sono egualmente possibili nella valutazione del movimento precedente e in quella del movimento successivo e tutte le polemiche di partito stanno a provarlo...". Infatti, tutte le polemiche che hanno riguardato il movimento comunista sono collegabili a questo dato di fatto. E' difficile rendersi conto che non esiste l'attimo contingente, che non c'è il 1921 in cui si applica una determinata tattica nei confronti di un evento, contingente nella concezione unitaria della storia, che è il fascismo.(Sviluppare). Se si guarda la storia del movimento operaio dalle sue origini nell'ambito della rivoluzione francese ad oggi, si vedrà che, sempre, un errore deriva da un'interpretazione della storia, quando si crede che il momento contingente sia qualcosa di specifico slegato dal passato o dal futuro.

Il problema, nostro, del partito, di chiunque sia su questa linea, è allora quello "di conservare la linea del futuro della propria classe". Questo è quello che dobbiamo fare, la linea di demarcazione che ci separa, ed è bene che sia così, dagli altri raggruppamenti, anche quelli della cosiddetta sinistra comunista.

"E' chiaro che se il movimento non la sa studiare, indagare e conoscere, neppure sarà in grado di conservarla. Non meno chiaro è che se il movimento non sa distinguere tra la volontà delle classi costituite e nemiche e la propria , egualmente la partita è perduta, la linea smarrita. Il movimento comunista non è questione di pura dottrina; non è questione di pura volontà: tuttavia il difetto di dottrina lo paralizza, il difetto di volontà lo paralizza. E difetto vuol dire assorbimento di altrui dottrine, di altrui volontà...".(Questa è una parte fondamentale; bisognerebbe soffermarsi un po' di più su che cosa vuol dire "assorbimento di altrui dottrina, di altrui volontà").

Quando c'è un difetto di dottrina e di volontà, nel senso che la dottrina non si traduce in un'interpretazione corretta e rigorosa del rovesciamento della prassi, significa che noi passiamo inevitabilmente dall'altra parte della barricata e incominciamo a lavorare per la controrivoluzione; fuori dalle prospettive della classe proletaria c'è solo la prospettiva della sopravvivenza delle classi nemiche al proletariato.

Strettamente collegato a questo è quello che potremmo chiamare il problema della differenziazione. E' ovvio che chiunque si pone in questa linea si distingue da tutto quello che esiste in questa società. Proprio per questo motivo, la differenza non può consistere in qualcosa di formale, ad esempio: non vado alle elezioni, non applico la democrazia interna, ecc.. In questo modo siamo ancora legati alle forme. Il problema era stato già posto (e risolto) in alcuni articoli che la Sinistra scriveva, a proposito della battaglia, assolutamente necessaria, all'interno del PSI, per salvaguardare le forze della rivoluzione. Che cosa distingue il comunista e il movimento di cui fa parte? E' l'assoluta estraneità a qualsiasi categoria della società borghese (riprendere il discorso sul "settarismo" e spiegarlo meglio). Una compagine organizzata, piccola o grande che sia, trasmette al suo esterno una comunicazione, un messaggio di rottura totale e definitiva.

Nel secondo dopoguerra, tutta la storia della Sinistra si snoda su un riepilogo costante e continuo di tutta una serie di questioni. Nel 1950/51/52, escono una serie di testi fondamentali che hanno l'obiettivo di ribadire la necessità di utilizzare categorie di analisi marxiste, di fare astrazione dal momento soggettivo, .... (pag. 6, cassetta I. Riprendere tutto il passo e spiegarlo meglio, è un po' confuso.)Tutto il lavoro svolto dalla Sinistra in quel periodo, esprime al contempo l'esigenza di restaurare il marxismo in un epoca di controrivoluzione che ha "minato" dall'interno, il corpo teorico, ed è un insieme di tracce per il futuro, elementi da sviluppare.

Abbiamo già parlato della necessità di avere una visione globale di tutto il processo. Questo significa avere la forza, così come ha fatto la Sinistra in passato, di vedere quali sono gli elementi che rappresentano il movimento della rivoluzione. Marx, agli inizi del 1848, scriveva che l'unico modo di far avanzare la rivoluzione fosse quella di spazzare via i vecchi risultati raggiunti. Insomma, ogni livello raggiunto è un livello che va superato; (perché nella relazione si dice: fino a quando non ci sarà il comunismo? Evidentemente il concetto della rivoluzione che avanza criticando se stessa sarà superato a sua volta ma non certo quello della conoscenza e quindi delle possibilità di avanzamento a livelli superiori che non ha fine. Specificare meglio) va integrato, naturalmente, nel nostro bagaglio di conoscenza, ma certamente superato. E' la rivoluzione stessa che si incarica di spazzare via quello che gli uomini credono ancora elementi necessari alla rivoluzione.

La Sinistra negli anni '20, quando entra in polemica con l'Internazionale, è aspramente combattuta da questa. Questo perché - e leggendo i testi si capisce benissimo - la rivoluzione russa in quel periodo si stava trasformando in conservazione; l'unica forza che rappresentava la rivoluzione era la Sinistra italiana. (Sviluppare questa affermazione, sia pure brevemente) Tra la forza della rivoluzione e quella della controrivoluzione non decide la ragione, decidono i rapporti di forza. In quel momento erano favorevoli alla controrivoluzione. La Sinistra è stata spazzata via da rapporti di forza che vedevano da una parte la conservazione, dall'altra la rivoluzione.

In questo modo di affrontare il problema e senza voler azzardare dei paragoni storici, fuori luogo in quanto la situazione dell'oggi è molto dissimile da quella, è evidente la contraddizione che ci fu nel Partito Comunista Internazionale: questo si basava su dei testi che criticavano decisamente la visione che si instaurò nella III Internazionale ma poi iniziò a fare come l'Internazionale. Non era possibile una mediazione. O abbandonavano i testi e si mettevano a fare i terzinternazionalisti diventando uno dei tanti partitucoli o scomparivano. Gli strumenti che sono inadeguati a risolvere i problemi che la rivoluzione pone, devono scomparire.

Ogni volta che c'é degenerazione o una mancanza di elaborazione teorica, il vuoto viene riempito con un luogo comune e/o con "ricette" organizzative. Il PCdI non ha inventato strutture organizzative, non ha immaginato di affrontare la rivoluzione attraverso delle forme ma ha preso quelle che erano a disposizione. Per meglio dire: si è dato gli strumenti che erano compatibili, adeguati a quello che doveva fare. Alla Sinistra non importava niente (è documentato dai testi che sono rimasti e che rappresentano un patrimonio gigantesco) di prendersi Tasca, Graziadei, Gramsci e tutto l'ordinovismo; non gli importava di avere un partito omogeneo. La Sinistra ha fama di essere settaria, intellettuale e di chiudersi nella torre eburnea, ecc..... Ma noi rivendichiamo il patrimonio della Sinistra anche quando, nel partito c'era tutta quella merda. Graziadei poteva parlare quanto voleva; in quella situazione, con la rivoluzione che avanzava, questo diventava uno stimolo. Anzi, grazie a lui, (in risposta alla critica che Graziadei fa, a Marx, niente po' po' di meno che sulla legge del valore) Bordiga ha potuto scrivere per la prima volta un lungo, formidabile testo sulla questione del valore.

Il tipo di percorso che abbiamo fatto, che siamo stati costretti a fare (espulsione da Programma, formazione dei Quaderni Internazionalisti e via dicendo) è stato determinato dalla necessità di aderenza con i testi della Sinistra. Non tanto e non semplicemente come conservazione dei testi ma come conservazione della linea di classe del futuro.

Dall'interno di un lavoro, noi possiamo avere la consapevolezza dei nostri limiti ma non possiamo giudicare il nostro lavoro, questo devono farlo altri. Un gruppo chiuso non può andare oltre i limiti che sono connaturati al gruppo stesso, solo l'apertura può favorire questo processo.

Il tipo di lavoro che noi abbiamo già messo in piedi e che intendiamo continuare si basa sulla compatibilità che noi, organismo grande o piccolo che siamo, esprimiamo con una dinamica storica che è in atto, sull'adeguatezza della nostra prassi , del nostro essere strumenti funzionali alla rivoluzione. (Sviluppare)

Un altro punto importante è il seguente: le differenze, quando sono compatibili, sono positive, il procedere dell'umanità deriva dalle differenze, è dimostrato anche in altri campi (fare esempi. Uno che prendo dal libro di biologia che alcuni compagni stanno leggendo: "Gradini verso la vita" di Manfred Eigen. "....la vita è un fenomeno di non equilibrio. I processi prebiotici, che hanno portato all'origine dell'informazione genetica, hanno dovuto compiersi in condizioni lontane dall'equilibrio chimico delle molecole di acidi nucleici in cui è immagazzinata l'informazione;...".)

I comunisti non decidono di fare l'attività a loro più congeniale; "..Non scegliamo noi l'ambito di lavoro, non scegliamo noi il tipo di influenza che possiamo avere sulle masse, non scegliamo certamente noi il tipo di movimento e di organizzazione che le masse si daranno...". (Tesi di ?) Certamente, i comunisti devono svolgere dei compiti. Quali sono? Le Tesi dicono, molto chiaramente: tutti, nella misura in cui i reali rapporti di forza lo consentono.

Questo significa che il piccolo gruppo non è diverso dal grande e quest'ultimo non è diverso dal Partito sviluppato.

Da che cosa deriva il fatto che il Partito abbia in sé tutti i compiti e li svolge nella misura in cui i rapporti di forza lo consentono? Se le sue caratteristiche, i suoi tratti distintivi, derivassero dal momento contingente, dal suo modo di essere nella società oggi, è chiaro che non potrebbe avere presente tutti i compiti. Non potrebbe, domani, quando la situazione lo permetterà, affrontare con sicurezza la soluzione di quel problema, si metterebbe a discutere e magari a spaccarsi sulla questione del fronte unico e sul tipo di tattica da adottare.

Se il Partito ha quel tipo di caratteristiche che noi abbiamo, un po' per scherzo, definito: caratteristiche frattaliche, che vuol dire che in un organismo grande o piccolo che sia, ci sono tutti gli elementi della forma complessiva in una struttura molto particolare che si moltiplica. La risposta a questo problema non deriva, ancora una volta, dal passato o dal presente ma dal futuro.

Il testo: "Partito e azione di classe" del 1921 spiega ai proletari dell'epoca come si risolve la questione. Ricordiamo che questi testi sono stati scritti in risposta alla polemica che a quell'epoca era condotta dal PCdI nei confronti dell'Internazionale. Il partito era appena nato come sezione del partito mondiale e già, al 3° congresso, primavera 1921, questi problemi venivano fuori. "....Per dare un'idea precisa e diremo quasi tangibile della necessità tecnica del partito converrebbe, seppure l'esposizione prendesse un aspetto illogico, sottolineare prima il lavoro che deve compiere il proletariato dopo aver preso il potere...". Va sottolineato l'uso del temine (che Bordiga non usa mai a caso): necessità tecnica. Ciò vuol dire che il partito non è teorizzabile come forma a priori, non è una forma mentale ma uno strumento reale di battaglia e di lotta.

Per dare una definizione del Partito, della sua struttura e dei compiti che esso ha, bisogna avere presente cosa il proletariato sarà dopo che ha preso il potere. "...Le complicate funzioni che il proletariato dovrà assumersi dopo aver conquistato la direzione dello stato, quando dovrà non solo sostituire la borghesia nella direzione e nell'amministrazione della cosa pubblica ma costruire una macchina nuova e diversa di amministrazione di governo...enormemente più complessi di quelle che formano oggetto dell'arte di governo odierna, esigeranno un'irregimentazione di individui competenti a compiere le diverse funzioni, a studiare i vari problemi, ad applicare ai vari rami della vita collettiva con criteri derivanti dai principi generali rivoluzionari corrispondenti alla necessità che spinge la classe proletaria a spezzare i vincoli del vecchio regime per costruire nuovi rapporti sociali. Sarebbe errore fondamentale credere che una somma di specializzazioni e di preparazioni simili potesse sorgere da un semplice inquadramento professionale dei lavoratori secondo le loro tradizionali funzioni nel vecchio regime; non si tratterà infatti di eliminare, azienda per azienda, il contributo di competenza tecnica che prima era dato dal capitalista o da elementi a lui strettamente legati, utilizzando acciò la preparazione professionale dei migliori operai ma di poter provvedere ad attività di natura molto più sintetica che esigono una preparazione politica, amministrativa, militare che può sorgere con garanzia solo da un organismo che come il partito politico possieda da una parte una visione storica, generale del processo della rivoluzione e delle sue esigenze; dall'altra, una severa disciplina organizzativa che assicuri il subordinamento di tutte le funzioni particolari al fine generali di classe...":

Auto-questioni sollevate sulla lettura della trascrizione della relazione.

1) Perché il termine evoluzione bisogna prenderlo con le molle?

2) A pag. 6 del resoconto riunione 2a cassetta, riga 10, è scritto: "la rivoluzione può assumere qualsiasi forma e può essere diretta da qualsiasi forma". Si capisce cosa si vuole dire ma alcuni compagni trovano che la formulazione della frase può dare spazio a interpretazioni ambigue, che negano in sostanza l'indispensabilità del Partito. Abbiamo eliminato la frase sullo schema che vi inviamo ma sarebbe utile, in un prossimo futuro, ritornare sull'argomento per dirimere tutti i dubbi sulla questione.

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