Appunti su "Lezioni di futuro" di Nòva24 (seconda parte)

Blockchain: un sistema decentrato e disintermediato per lo scambio tra pari

L'opuscolo della serie Lezioni di futuro dedicato alla moneta virtuale si apre con un'interessante premessa: le ricerche etnografiche lasciano presumere che la scrittura potrebbe essere nata 5000 anni fa in Mesopotamia per tenere traccia degli scambi delle merci e cioè per rispondere alla necessità di registrare e verificare i primi rapporti economici tra esseri umani.

Nel n°27 della rivista, sulla prima grande transizione dalle società comunistiche originarie alle società di classe, abbiamo descritto le prime attestazioni di "gestione amministrativa" centralizzata che compaiono nella cosiddetta Mezzaluna fertile nel settimo-sesto Millennio a.C.: in quel periodo nascono un po' ovunque nell'area sistemi di controllo attraverso cui i magazzini centrali registrano le derrate in entrata, le suddividono secondo criteri dati, contrassegnano i lotti così ottenuti e infine distribuiscono i beni secondo liste convenute. Tutti i movimenti materiali di quantità perfettamente conosciute sono contabilizzati secondo un sistema di cretule (impasti di argilla fresca su cui veniva impresso un segno di riconoscimento). In qualche modo la società comunistica ha bisogno di conoscere sé stessa ed escogita il metodo adatto realizzando lo strumento che le è utile per risolvere un problema contingente, inventando come risultato finale la scrittura, la matematica e l'economia.

Questa premessa è importante perché ci dà la chiave per comprendere la portata dirompente non tanto dei bitcoin o più in generale delle monete peer-to-peer ma della tecnologia che ne sta alla base: la blockchain.

La moneta virtuale

I bitcoin sono la prima moneta digitale mai implementata. Vengono creati nel 2009 da Satoshi Nakamoto – uno pseudonimo dietro cui si cela un singolo o un gruppo di persone - che sviluppa un programma per la creazione di un sistema di pagamento elettronico basato su prova crittografica invece che sulla fiducia, che consente a due controparti qualsiasi di negoziare direttamente tra loro senza la necessità di una terza parte di fiducia e in cui il problema della doppia-contabilità è risolto attraverso l'utilizzo di un network peer-to-peer.

Quando vengono effettuati pagamenti online con le monete tradizionali è necessario passare per un istituto finanziario, solitamente una banca, che faccia da garante allo scambio, mentre il sistema monetario viene gestito da una banca centrale di stato. Il sistema Bitcoin salta a piè pari la fase di intermediazione che viene invece "distribuita" nella rete.

Una rete peer-to-peer è una rete paritaria e decentralizzata in cui tutti i nodi, e cioè tutti i terminali connessi, sono equivalenti e possono funzionare sia come server, cioè distribuire risorse, sia come client, e cioè inviare richieste agli altri nodi. Con i bitcoin la certificazione degli scambi economici viene affidata ai nodi che compongono la rete Bitcoin, i quali attraverso un software compiono operazioni matematiche che confermano e registrano le transazioni riconosciute valide, ricevendo in premio nuova moneta. Il cuore di questo sistema si chiama blockchain, una tecnologia che permette un registro delle transazioni unico, pubblico, decentralizzato e disintermediato.

Proviamo a scendere nel dettaglio.

Scambiare bitcoins

Chi voglia utilizzare i bitcoin, scarica gratuitamente dal web il software Bitcoin Core o una delle sue derivazioni (essendo il programma open source, nel tempo sono state sviluppate molte applicazioni alternative con interfacce più intuitive, una maggiore disponibilità di opzioni di gestione o finalizzate per diversi dispositivi) e lo installa sul pc; successivamente crea un proprio portafoglio digitale (wallet), cioè un file accessibile tramite password ove raggruppa le proprie identità digitali.

L'identità digitale è una sorta di Iban, è formata da una sequenza casuale di caratteri e cifre, può essere creata tutte le volte che serve - solitamente una per ogni transazione - e, soprattutto, è riconoscibile matematicamente, non è falsificabile ed è riconducibile alla sola persona che l'ha creata. Questo avviene tramite la crittografia: l'identità digitale contiene una chiave pubblica ed una privata matematicamente vincolate tra loro, sostanzialmente una sequenza di bit generata in base ad un algoritmo: mentre la chiave privata serve per firmare un contratto (immaginiamola come una penna digitale), quella pubblica è la firma che ne garantisce l'autenticità e funge da punto d'invio o ricezione per tutti i pagamenti (indirizzo).

Ricapitolando, per usare i bitcoin servono un portafoglio, dove sono conservati i bitcoin contrassegnati con la nostra firma, che contenga un numero arbitrario di identità digitali, formate da una coppia di chiavi, una pubblica per creare un indirizzo dove inviare o ricevere denaro virtuale, e una privata per convalidare la transazione.

Facciamo un esempio. Quando un utente A trasferisce della moneta all'utente B, rinuncia alla proprietà inscritta sui bitcoin presenti nel suo wallet aggiungendovi la chiave pubblica di B e firmandoli con la propria chiave privata. La transazione è poi trasmessa in un apposito messaggio attraverso la rete peer-to-peer. Il resto dei nodi si occuperà di completare la procedura validando le firme crittografiche e l'ammontare delle cifre coinvolte prima di accettare la transazione e inserirla nel registro.

Come dicevamo prima, tutte le transazioni sono pubbliche e memorizzate in un database distribuito che viene utilizzato per confermarle e impedire la possibilità di spendere due volte la stessa moneta. Questo registro si chiama blockchain ed è il cuore del sistema Bitcoin, la vera parte interessante di tutta la storia.

Blockchain, miners e rete peer-to-peer.

La catena di blocchi custodisce lo storico di tutte le transazioni confermate ed è condiviso e quindi accessibile a tutti i nodi della rete. Per impedire che la stessa moneta venga usata più volte, problema di fondo di ogni sistema di pagamento con valuta virtuale, la rete implementa quella che Satoshi Nakamoto descrive come un server di marcatura temporale distribuito su base peer-to-peer. Di cosa si tratta?

Prima di tutto va spiegato che alcuni dei nodi che compongono la rete svolgono la funzione di generatori di bitcoin. Tali nodi, chiamati anche miners (minatori), mettono a disposizione la potenza di calcolo dei propri processori per validare le transazioni e scriverle per sempre sulla blockchain, sul libro contabile condiviso. Ogni nodo "generatore", che solitamente è costituito da centinaia di processori, raccoglie tutte le transazioni non confermate raggruppate in un blocco "candidato" ad entrare nella catena, il quale tra le altre cose contiene anche un identificatore dell'ultimo blocco valido della catena. Prova poi a generare un identificatore del blocco candidato, compatibile con quello del blocco precedente, eseguendo una serie di prove matematiche. Questo tipo di procedura è definito proof to work e serve per scongiurare attacchi di vario tipo al sistema (spam, attacchi DoS, …); il miner che per primo risolverà il blocco trovando il codice corretto affinché il nuovo blocco si leghi alla catena, riceverà in premio 25 nuovi bitcoin. Quando un nodo trova tale soluzione, la annuncia al resto della rete che ne controllerà la validità: se la maggior parte dei nodi lo riterrà congruo, esso verrà accettato e aggiunto alla catena e le transazioni in esso contenute non potranno essere revocate, annullate o modificate.

La blockchain è quindi una catena di blocchi vincolati fra loro matematicamente, basata su un sistema di tipo proof of work e una rete peer-to-peer, i cui nodi, o per lo meno la maggioranza di essi, collaborano per garantirne l'esistenza.

Double-spending e sicurezza del sistema

Ogni volta che viene effettuata una transazione, essa parte nello stato di "non confermata"; diventerà "confermata" solo quando sarà verificata attraverso dalla blockchain. Quando viene ammessa per la prima volta in un blocco, riceve una conferma. Ogni volta che al di sopra di quel blocco vengono creati altri blocchi figli ad esso collegato, riceve un'altra conferma. Quando il blocco contenente la transazione raggiunge sei conferme, ovvero vengono creati sei blocchi collegati ad esso, il client Bitcoin cambia stato alla transazione portandola da "non confermata" a "confermata".

La motivazione dietro a questa procedura è che ad ogni conferma della transazione, ovvero a ogni nuovo blocco che viene creato al di sopra del blocco con la transazione stessa, risulta via via più difficile e costoso annullare la transazione. Un ipotetico attaccante, per annullare una transazione con un certo numero di conferme, dovrebbe generare una catena parallela senza la transazione che desidera annullare e composta da un numero di blocchi pari o superiore alle conferme ricevute dalla transazione. Ne consegue che la catena dei blocchi contiene lo storico di tutti i movimenti di tutti i bitcoin generati a partire dall'indirizzo del loro creatore fino all'attuale proprietario. Quindi, se un utente prova a riutilizzare una moneta che ha già speso, la rete rifiuterà la transazione in quanto la somma risulterà già essere spesa (Wikipedia).

Ma blockchain non è solo una soluzione al double-spending. Un attacco alla blockchain, per averne il monopolio e cambiarne il contenuto, richiederebbe uno sforzo in termini di potenza di calcolo e quindi di cpu, computer, energia elettrica, ecc., enorme, e non avrebbe come risultato il guadagno di migliaia di bitcoin, ma piuttosto la loro "estinzione" dato che crollerebbe l'intero sistema. A "quasi" nessuno converrebbe investire così tanti soldi per comprare una quantità di nodi sufficiente a controllare la maggior parte della rete, primo perché non è possibile sapere quale nodo validerà il nuovo blocco e secondo perché, una volta scoperto, la catena si bloccherebbe e il valore di Bitcoin diventerebbe nullo.

La moneta Bitcoin ammonta ad una quantità finita di 21 milioni di unità, ognuna divisibile fino ad 8 decimali. L'applicazione di un tetto massimo alla quantità di moneta che può entrare in circolazione è prassi normale per tutte le criptovalute, al fine di imitare la scarsità (e il valore) dei metalli preziosi e anche per evitare l'iperinflazione.

Nuovi bitcoin vengono emessi sulla base di tempistiche stabilite. Il sistema è infatti strutturato in maniera che venga generato un nuovo blocco ogni dieci minuti circa; ciò significa che se la potenza di calcolo impiegata nella rete aumenta, maggiore sarà anche la complessità degli algoritmi da risolvere. Il meccanismo di emissione di nuova moneta è quindi in grado di autoregolamentarsi. Come dicevamo prima, chi risolve un nuovo blocco incassa 25 nuovi bitcoin, mentre il resto dei nodi della rete che supervisionano e approvano le transazioni incassano una piccola percentuale del totale delle transazioni stesse.

Bitcoin è quindi nato come sistema inflazionario, visto che la quantità di moneta virtuale è in costante aumento, ma è di fatto deflazionario poiché la domanda ha superato l'offerta. La debolezza sta piuttosto nella stabilità del valore del bitcoin: essendo la sua offerta deterministicamente fissata, il suo valore si modifica al variare della domanda.

Pagamenti tra pari

I bitcoin ed in particolare la blockchain hanno origine da un fenomeno più grande, da quello spirito che da sempre pervade la rete che spinge nel senso della disintermediazione in favore di rapporti tra pari.

Il Sole24Ore definisce il protocollo blockchain come la madre di tutte le disintermediazioni, in quanto sistema dal carattere aperto, distribuito, algoritmico, garante di "pseudonimato", preciso, sicuro e soprattutto capace di autogovernarsi, che minaccia di spiazzare gli intermediari tradizionali, in particolare le imprese commerciali e le banche. Tali istituzioni si trovano infatti a dover affrontare la concorrenza di una tecnologia che offre gli stessi servizi di intermediazione ma in maniera automatizzata, e quindi più affidabile, più tempestiva, più sicura e meno costosa: come inviare una e-mail, in tempo reale, senza costi (indipendentemente dalla quantità spostata) e senza dover passare da un intermediario sottraendoci perciò all'identificazione e al controllo.

La reazione del mondo dell'innovazione in campo finanziario non si è fatta attendere, in primis quella delle grandi banche che nei primi 6 mesi del 2015 hanno investito 462 miliardi di dollari in startup attive nel comparto. In particolare, a fine 2015 un gruppo di 25 istituzioni finanziarie, tra cui Goldman Sachs e JpMorgan, ha investito in R3 Cev, una startup venture che vuole creare il primo registro blockchain privato e legato agli attori industriali tradizionali. Un altro esempio viene dal Nasdaq, che ha attivato un servizio pilota che tramite blockchain permette la stipula di contratti senza il ricorso a studi legali (Nasdaq private Market, un'area di scambio tra privati per i titoli azionari non ancora quotati). Secondo uno studio della spagnola Santander, grazie all'implementazione delle transazioni tramite blockchain, ovviamente trasportata in circoli chiusi e controllati, entro il 2022 le banche potranno risparmiare dai 15 ai 20 miliardi di dollari l'anno.

Le applicazioni basate su blockchain per i pagamenti sviluppate negli ultimi mesi/anni sono ovviamente moltissime, ma in realtà tale protocollo è destinato ad uscire dall'ambito finanziario e ad invadere tutti i campi dell'azione umana.

Prospettive di futuro

Come dicevamo all'inizio, sulla tecnologia blockchain è possibile costruire una pluralità di applicazioni. Oltre a quelle che si occupano dello sviluppo di registri decentralizzati per la tutela della proprietà intellettuale, delle opere d'arte o dei catasti nazionali (Honduras e Grecia), o quelle che mirano a rendere scambiabile su blockchain ogni tipo di asset, le più interessanti sono le piattaforme che offrono la possibilità di definire smart contract. I contratti intelligenti, teorizzati per la prima volta Nick Szabo, sono piccoli programmi informatici che fanno accadere qualcosa in concomitanza di un evento, cioè si concludono automaticamente al verificarsi delle condizioni prestabilite: una volta definiti i termini del contratto, il sistema in automatico si prende cura di eseguirlo quando si verificano le condizioni pattuite. Se prima si trattava di un concetto solo teorico, ora con il protocollo blockchain gli smart contract diventano realtà.

L'esempio più significativo è quello di Ethereum, una piattaforma decentralizzata basata su blockchain la cui rete sta crescendo a livelli esponenziali, che offre la possibilità di creare (attraverso un potente linguaggio di programmazione) e pubblicare contratti intelligenti. Ethereum può gestire più dati di quanto possa Bitcoin. Si tratta di un linguaggio di programmazione vero e proprio che permette agli utenti di scrivere sofisticati smart contract, creando ad esempio fatture che si pagano quando una spedizione arriva o certificati azionari che inviano automaticamente ai loro proprietari dividendi se i profitti raggiungono un certo livello. Per esempio il suo software potrebbe essere sfruttato per creare una versione decentralizzata di servizi come Uber, cioè senza bisogno che ci sia un'azienda che faccia da raccordo centrale gestendo applicazioni e pagamenti. È quello che sta facendo la startup israeliana La'Zooz, che sta sviluppando una blockchain per il car sharing decentralizzato, cioè gestito dagli stessi aderenti al servizio che con i loro smartphone e i loro computer alimentano la rete peer-to-peer su cui gira il programma. Possiamo facilmente immaginare che lo stesso può avvenire per servizi simili, come AirBnB, e in generale per tutto ciò che riguarda la condivisione. Il fatto che oggi ogni tipo di servizio possa essere attivato su internet grazie agli smart contract senza che dietro vi sia un'entità legale, preoccupa non poco chi si occupa di far ricadere ogni cosa nelle leggi attuali.

Tale intelligenza permetterà, secondo le speranze del fondatore della piattaforma Ethereum, la formazione delle Dao, "organizzazioni autonome decentrate": fondamentalmente insiemi di regole in esecuzione sul blockchain per cui le policy di tali organizzazioni saranno in tutto o in parte gestite senza interventi umani e sotto il controllo di una serie di regole informatiche incorruttibili. Queste regole saranno tipicamente implementate in un software open-source, pubblicamente verificabile, distribuito attraverso i computer delle parti interessate.

Un'altra riconversione molto interessante del sistema su cui è fondato Bitcoin è lo sviluppo di applicazioni per l'internet delle cose. Ibm e Samsung stanno sviluppando un concetto noto come Adept che utilizza una tecnologia tipo blockchain per formare la spina dorsale di una rete decentralizzata di dispositivi per l'IoT. Con Adept non si avrebbe più bisogno di un hub centrale per mediare la comunicazione fra le decine di apparecchiature elettriche in casa. Senza un sistema di controllo centrale, i dispositivi saranno in grado di comunicare tra loro in modo autonomo per gestire gli aggiornamenti del software, l'ordine dei materiali consumabili o la gestione dell'energia. Allargando il concetto, Filament costruisce una rete decentralizzata utilizzando fra le varie tecnologie anche la blockchain per gestire la comunicazione tra i sensori dislocati per esempio in un'area metropolitana.

Blockchains: cretule del futuro

In un articolo del 31 ottobre 2015 l'Economist definisce la blockchain come una macchina perfetta, un algoritmo inattaccabile che genera e garantisce fiducia tra le persone in una comunità; una macchina che ha applicazioni ben al di là di denaro e di valuta perché offre la possibilità di fare e di preservare le verità. "La tecnologia blockchain" scrive l'Economist "può trasformare il funzionamento dell'economia". Nell'epoca in cui ci troviamo una tale affermazione suona come un campanello d'allarme per i capitalisti, soprattutto se ad esser messi al margine sono le grandi istituzioni bancarie e tutti gli organi di controllo preposti all'intermediazione che perdono la loro funzione diventando praticamente inutili. L'Economist registra la contraddizione, e aggiunge che quello che potrebbe sembrare la realizzazione dell'ideale libertario, che da sempre anima gli attivisti della Rete, di una pura moneta digitale che vada al di là di ogni banca centrale, in realtà fra qualche tempo potrebbe dare frutti insperati e propizi per il capitalismo, come ad esempio il ritrovare la fiducia dei cittadini verso banche e governi, seriamente compromessa dalle gravi vicende degli ultimi anni. Anche il Sole24Ore è di questo avviso, tanto da far diventare l'argomento una lezione di futuro e audacemente ne paragona la portata rivoluzionaria a quella della nascita della scrittura 5000 anni fa.

Ora non sappiamo se davvero la blockchain sarà in grado di trasformare l'economia, di cambiare il modo di cooperare tra le persone, come dice l'Economist, e nemmeno se avrà lo stesso impatto avuto dall'invenzione della scrittura. Ma se pensiamo alle possibilità di sviluppo lasciate presagire dalla sua applicazione, in qualsiasi ambito, innanzitutto attestiamo l'obsolescenza di un'altra importante branca del capitalismo; in secondo luogo registriamo che la necessità della società attuale di conoscere sé stessa spinge per trovare gli strumenti idonei a farlo. In quest'ottica la blockchain è uno strumento capace non solo di trasmettere informazione immediata alla comunità, ma di accumularne e gestirne automaticamente l'interazione, attraverso un sistema autoregolamentato che memorizza in un registro unico, condiviso, decentralizzato e disintermediato tutti dati raccolti nella società.

Nel semilavorato presente sulla nostra wiki Cretule e digitale: anticipazioni del futuro e permanenze di comunismo nell'evoluzione dei mezzi di produzione abbiamo scritto che la nascita e lo sviluppo del sistema di contabilità attraverso cretule di argilla dà il via ad un processo di discretizzazione all'interno del quale avviene il passaggio da una conoscenza in forma analogica, continua ma passibile di interruzioni, a una forma digitale, capace di esprimere un tipo di conoscenza discreta, data appunto dalla digitalizzazione del segnale e dell'informazione con capacità di misurabilità, di ripetibilità, e di tracciabilità. Se con il sistema di cretule assistiamo a una prima forma di digitalizzazione della società che era espressione di quel livello di forze produttive, oggi tale processo è arrivato alle massime conseguenze e produce elementi che si collocano in maniera sempre più evidente nelle terre di confine tra vecchio e nuovo modo di produzione. Possiamo considerare le società basate su sistema delle cretule della Mesopotamia del settimo-sesto millennio a.C. e la società attuale come due sistemi speculari, ma rovesciati: mentre le prime conservavano ancora elementi di comunismo originario ma erano avviate verso le società divise in classi, oggi gli elementi della società futura, del comunismo sviluppato, premono per rompere l'involucro obsoleto e decadente dell'ultima società di classe.

 

(Traccia svolta durante il 61° incontro redazionale)

 

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