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L'auto-soppressione è un tratto caratteristico di tutte le forme sociali reazionarie

Cari compagni,

ho ripreso il lavoro sulla fine delle forme comunistiche tribali primitive. Ciò che balza all’occhio è che il comunismo primitivo, sottraendosi alla rivoluzione che spinge verso forme sociali di produzione superiori, può porre rimedio alle contraddizioni ingenerate dallo sviluppo delle forze produttive solo lavorando per quella stessa rivoluzione che cerca di eludere.

L’auto-soppressione è un tratto caratteristico di tutte le forme sociali reazionarie.

Il feudalesimo, a partire dall’apparizione del capitale industriale sulla scena storica (XV secolo), sviluppa gli stati nazionali che rappresentano la base di quell’industria e di quel mercato interno essenziali alla nascita del capitalismo.

"La borghesia", dice Engels nell’Antidühring, "non poteva trasformare i primi limitati mezzi di produzione in poderose forze produttive senza trasformarli da mezzi di produzione dell'individuo in mezzi di produzione sociale e atti ad essere usati da una comunità di uomini [...] La proprietà da parte dello Stato delle forze produttive non è la soluzione del conflitto, ma essa racchiude il mezzo formale, il manubrio della soluzione. Questa soluzione può consistere soltanto in ciò: che la natura sociale delle forze produttive viene effettivamente riconosciuta, e quindi il modo di produzione e di distribuzione è messo all'unisono col carattere sociale del mezzo di produzione [...] Le leggi economiche agiscono come quelle naturali. Una volta conosciute e comprese, diverranno da indemoniate dominatrici nostre, serve volenterose".

Allo stesso modo il comunismo primitivo si vede costretto a sviluppare quell’"amministrazione centrale" su vasti territori tipica delle successive forme sociali. Quest’amministrazione centrale si configura spesso come il dominio da parte di una o poche tribù su molte altre tribù. Niente a che vedere con il successivo Stato (come niente ha a che vedere lo stato assolutistico feudale con quello borghese, o la socializzazione dei mezzi di produzione tramite lo stato borghese con il comunismo), così come il comandante militare di questa lega di tribù conquistatrici non si deve confondere con i monarchi successivi. Dice Engels in Origine della famiglia: "Allo stesso modo del basiléus greco, il comandante militare azteco è stato presentano come un moderno principe. […]. [Morgan] dimostra che i messicani si trovano nello stadio intermedio della barbarie, ad un livello tuttavia più alto che non gli indiani pueblos del Nuovo Messico, e che la loro costituzione […] corrispondeva ad una lega di tre tribù, che ne avevano rese soggette un gran numero di altre". Strette, dunque, le analogie con lo sviluppo dell’"impero" degli Incas o con quello dei faraoni.

Ma un’altra cosa colpisce: quanto più dura il comunismo primitivo, tanto più completa si presenta la vittoria delle forme successive. Nel continente americano lo stadio del comunismo primitivo non verrà mai autonomamente superato. L’Egitto dovremmo studiarlo più a fondo: è ambiguamente al limite tra comunismo primitivo estremamente sviluppato e modo di produzione asiatico. Ma per quanto riguarda la Mesopotamia non ci sono dubbi. Anche qui assistiamo ad un’estrema espansione del comunismo primitivo per l’arco di tutto il quarto millennio. E nel terzo millennio ci si mostra una forma sociale ormai non più comunistica ma che grazie alla lunga sopravvivenza del comunismo si presenta estremamente matura, con un’amministrazione centrale assai minuziosa. Gli antichi comandanti di leghe tribali si trasformano in despoti capaci di regolare l’attività produttiva su vasta scala, anche grazie all’aiuto di una burocrazia e di un esercito forti: è nato lo Stato. Possiamo parlare di modo di produzione asiatico. In Grecia e in Italia, invece, il comunismo primitivo muore presto e mai si affermerà un’amministrazione centrale così attenta e presente come negli ostili deserti asiatici. In una delle prime lettere che vi ho scritto chiedevo il perché delle invasioni barbariche in Occidente piuttosto che in Oriente. Una delle ragioni si potrebbe trovare proprio nella tradizionale abitudine ad organizzarsi contro terre e genti ostili da parte degli abitatori dei deserti, abitudine assente nella temperata Europa.

Si noti che ciò vale anche per gli altri passaggi rivoluzionari.

I paesi in cui il capitalismo ha vinto prima sulle vecchie forme sono anche i paesi in cui la sua vittoria è incompleta. L’Italia è l’esempio tipico. Il capitalismo vi esiste dall’età delle repubbliche marinare e dei comuni. Ma la vittoria economico-sociale fu incompleta e quella politico-militare anche tarda (‘800). Si ricordi ciò che scriveva Engels a Turati (anche se il testo fu opportunisticamente manipolato dagli stalinisti). In Francia, invece, la monarchia assoluta preparò il terreno per una nazione borghese economicamente e politicamente forte.

Non diceva forse anche Lenin che in Russia era facile prendere il potere ma difficile mantenerlo mentre in Occidente era il contrario? La rivoluzione russa, senza l’aiuto occidentale, rimase incompiuta, proprio perché precoce (come il capitalismo italico). In Europa, invece, dove il capitalismo aveva ormai vinto definitivamente, anzi era diventato reazionario (checché ne diranno gli stalinisti), la rivoluzione proletaria sarebbe stata completa, proprio perché ritardataria.

La differenza fra i diversi paesi per quanto riguarda lo svolgersi al loro interno del processo rivoluzionario è quindi importante ad un livello del nostro studio sulla fine del comunismo primitivo in cui abbiamo ormai raggiunto un sufficiente livello di astrazione, individuando invarianti che sono tipici di tutte le rivoluzioni: possiamo ridiscendere al concreto.

Caratteri diversi per quanto riguarda la forma successiva, dunque, a seconda della sopravvivenza più o meno lunga della precedente. E una questione importante è quella del modo di produzione schiavistico. Esso è tipico della civiltà greco-romana. Ho detto prima di come in Europa si compì la rivoluzione che segna la fine del comunismo primitivo ad un livello di sviluppo delle forze produttive più arcaico che non in Mesopotamia, ad esempio. E che dunque in Mesopotamia si instaurò una forma sociale basata su una attenta amministrazione centrale da parte di un despota aiutato da burocrazie ed eserciti rigidamente strutturati, che Marx nei Grundrisse chiama modo di produzione asiatico. È proprio questa forma sociale di produzione che impedisce l’emergere della schiavitù come base del processo produttivo. In Dottrina dei modi di produzione si legge: "Sorsero anche da queste forme la libera proprietà contadina, ma non così fortemente tutelata dal potere centrale come nelle forme europee classiche; la schiavitù e il servaggio. Ma gli schiavi furono schiavi più dello Stato, rappresentato nella sua anche utile funzione dal Despota (che nasce dalla grande leggendaria figura del Patriarca; da cui la definizione di forma asiatica patriarcale), che de ricchi privati, e quando una nobiltà locale volle premere sui servi della gleba, il potere monarchico e amministrativo lottò contro di essa". Si dice poi che la definizione di "Re capo della classe che lavora" si trova in Trotzky: mi sapreste indicare dove esattamente?

Ciò che mi lascia perplesso è che nel quaderno si dice che la Cina è passata dal comunismo primitivo direttamente al feudalesimo: "La civiltà cinese sorge più tardi che le civiltà mediterranee, ma perviene prima di esse ad una fase storica -il feudalesimo- per arrivare alla quale l’Occidente dovrà consumare decine di secoli. L’anticipo segnato dalla Cina è reso possibile dall’assenza della fase schiavistica nel suo sviluppo storico". Ma questa assenza va spiegata piuttosto con la prolungata sopravvivenza del comunismo primitivo anche a livelli avanzati di sviluppo delle forze produttive che permette un compiuto svolgimento della forma successiva (modo di produzione asiatico). Certo, la frattura tra questo modo di produzione e quello feudale è più lieve qui che non in Occidente, proprio per la maggiore completezza dell’asiatismo rispetto allo schiavismo greco-romano.

Ma anche in Occidente il salto non è così visibile. Marc Bloch, in uno scritto che si trova in Lavoro e tecnica nel Medioevo (Laterza, 1981) e che tratta della fine della schiavitù nel mondo antico, afferma: "Due modi si presentavano al padrone desideroso di trar partito dalla forza viva che la legge metteva a sua intera discrezione. Il più semplice consisteva nel mantenere l’uomo alla stessa maniera di un animale domestico e, così come si fa con l’animale, nell’usare del tutto arbitrariamente del suo lavoro. Lo schiavo poteva però esser stabilito per suo conto: in tal caso il padrone, mentre gli lasciava l’onere di mantenersi, prelevava, sotto forme diverse, una parte del suo tempo e dei prodotti della sua attività. E fu appunto questo secondo metodo che, già a partire dagli ultimi secoli dell’Impero, si diffuse sempre più". Quindi il passaggio dallo schiavismo al feudalesimo non rappresentò la sconfitta di una classe incarnante un certo tipo di proprietà da parte di un'altra classe rappresentante un altro tipo di proprietà, ma un cambiamento all’interno di una stessa classe nel tipo di gestione della proprietà. È una rivoluzione, perché, come dice Engels, "tutte le rivoluzioni compiute finora sono state condotte per difendere un tipo di proprietà da un altro tipo di essa". Ma non è una rivoluzione fisicamente visibile, perché la lotta fra tipi di proprietà non si configura come lotta di individui appartenenti a classi contrapposte.

Tanti saluti e a presto.