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  • Venerdì, 11 Gennaio 2013

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  • Resoconto teleriunione  8 gennaio 2013

Crisi del movimento rivendicativo e miseria crescente

Segna un nuovo record storico il tasso della disoccupazione in Grecia. A ottobre la percentuale dei senza lavoro è salita all'incredibile 26,8% rispetto al 26,2% del mese precedente e dal 19,8% dell'ottobre del 2011, un anno prima. Lo dichiara l'Istituto di statistica ellenico che, scorporando i dati, rende noto che sotto i 24 anni la disoccupazione tocca quota 56,6% e tra le donne il record del 30,4%. Secondo gli analisti il numero di senza lavoro in Grecia crescerà ancora, almeno nel 2013, anche a causa dei massicci licenziamenti nel settore pubblico previsti dal governo Samaras e imposti dall'Unione Europea. La disastrosa situazione greca trova oramai sempre meno spazio sulle pagine dei giornali. Paese con meno di dodici milioni di abitanti e con poche aeree urbane, la Grecia si trova per ora isolata rispetto agli altri paesi europei e, nonostante i numerosi scioperi generali e i quotidiani focolai di lotta, potrà uscire dallo stallo solo se nasce un'organizzazione a livello continentale. I governi dei PIIGS, dal canto loro, utilizzano una forte pressione psicologica sulle rispettive popolazioni accusando i lavoratori di aver vissuto sopra le proprie possibilità: la crescita del debito pubblico ne sarebbe la dimostrazione.

Le borghesie nazionali non sanno più che altro dire per rendere in qualche modo plausibili i tagli "lacrime e sangue" dettati dalle politiche di austerity, arrivando persino a promuovere, attraverso le proprie propaggini di sinistra, insulse campagne contro il debito.

In questa situazione molto fluida, a Roma ma anche in altre città, assistiamo alla ribellione dei lavoratori delle cooperative della logistica, per la maggior parte immigrati poco inclini a seguire le vie riformistiche e a favore, invece, di scioperi selvaggi che rivendicano, senza tante storie, quello che c'è da rivendicare (salario e migliori condizioni lavorative). Alcuni compagni presenti alle assemblee di questi lavoratori riferiscono di una atmosfera frizzante.

Chicago86, sito per "il coordinamento dei lavoratori in lotta", presta attenzione a queste lotte tenendosi pronto a captare tutto quello che può accadere di qui in avanti nell'ambito dello scontro capitale/lavoro: "Continuando a lottare ognuno nel proprio posto di lavoro non andremo da nessuna parte. Dobbiamo cominciare a mettere in campo la nostra forza, l'unico linguaggio che i nostri avversari capiscono."

Per adesso i lavoratori della Sda/Poste hanno ottenuto quello che chiedevano ma si aspettano ritorsioni da parte padronale. In questa situazione di ricatto continuo potrebbe prendere piede un'organizzazione territoriale per mettere in collegamento i lavoratori di Roma, quelli dell'Ikea e quelli dei grandi centri distributori (Dhl, Brt, Tnt, aeroporti, ecc.). All'Ikea di Piacenza si segnala una prima vittoria; picchetti, scontri con la polizia ed una campagna di solidarietà ben organizzata hanno dato i lorofrutti. La lotta dei lavoratori delle cooperative si è diffusa a/in rete, anche tramite immigrati che si tengono in contatto di città in città.

Il Si Cobas è molto presente in queste lotte. Nato da una scissione dello Slai Cobas proprio sulla questione della centralità o meno delle lotte nelle cooperative, questo sindacato di base si è trovato a fare da hub. Potrebbe capitare a chiunque sia attivo in quel settore fungere da catalizzatore: come visto nella vertenze alla Sda/Poste di Roma, chi arriva per primo, è bene organizzato e ha qualcosa da dire, prende in mano la situazione e lascia la sua impronta.

Altre notizie che arrivano dal mondo "sindacale" riguardano la Sardegna, dove i figli degli operai delle miniere in dismissione si sono accampati sotto la Regione, dando vita ad una manifestazione in stile Occupy. Anche a Taranto vediamo modalità organizzative che ricordano OWS, il comitato "lavoratori e cittadini" si muove su base territoriale e rivendica un salario per vivere.

A proposito di salario garantito, il presidente uscente dell'Eurogruppo Jean Claude Juncker, ha lanciato un appello affinché si ritrovi "la dimensione sociale dell'unione economica e monetaria, con misure come il salario minimo in tutti i Paesi della zona euro, altrimenti perderemmo credibilità e approvazione della classe operaia, per dirla con Marx".

Sono decine e decine lungo lo Stivale le fabbriche occupate dagli operai, in tante i lavoratori si arrampicano sui tetti o si barricano all'interno ma, come diciamo da tempo, l'autolesionismo è una pratica che non paga e prima o poi bisognerà scendere in massa nelle piazze. Il fronte unico proletario propugnato dal PCd'I negli anni Venti è ancora un valido indirizzo d'azione.

Su Rassegna.it l'economista Stiglitz ipotizza che "l'Europa vivrà un futuro di violenza", e viene fatto un paragone con la Primavera araba. "La Croce Rossa prevede da due a quattro anni particolarmente difficili in Europa", ha aggiunto il direttore dell'agenzia umanitaria internazionale, Yves Daccord, in un'intervista al quotidiano danese "Politikern". "Osserviamo che nella maggior parte del mondo le persone sono sempre più sotto pressione, anche in Europa", ha aggiunto. "La nostra stima è che i prossimi 2-4 anni saranno drammatici per i paesi della zona euro, davvero molto difficili". In Europa l'arrivo di un'ondata di protesta delle dimensioni della Primavera araba provocherebbe ben altri scenari che non la semplice caduta di qualche presidente, anche perché nei paesi europei c'è una tradizione politica assente altrove. Interessante notare che a due passi dall'Italia, nella piccola Slovenia, si sta sviluppando un forte movimento di lotta, molto simile a quello degli indignados spagnoli e a quello degli occupiers americani.

Vengono sempre più fortemente percepiti un malessere diffuso, una mancanza di prospettive per il futuro, una rabbia crescente verso la vita senza senso. Lo scoppio di una rivolta di massa in Europa si tirerebbe dietro il mondo perché al giorno d'oggi tutto è interconnesso. Un articolo interessante apparso su La Stampa ci dice che l'Fbi ha sabotato Occupy Wall Street. La borghesia americana, ma anche quella degli altri paesi, è preoccupata dall'andamento della crisi e teme il radicalizzarsi dei movimenti anticapitalisti. Quando si presenterà un movimento anonimo e tremendo su scala globale tutta l'energia sociale che si è accumulata in questi decenni farà saltare i paradigmi del passato, come una valanga che, mentre avanza, si ingrossa e travolge tutto.

Ritornando alla situazione locale, le prossime elezioni italiane vedranno probabilmente, non essendoci una maggioranza certa, il riproporsi di un governo tecnico. Dal punto di vista parlamentare dovranno cambiare molti paradigmi ma non c'è più tempo a disposizione per la ri-forma, il sistema arranca e tende al suicidio. In un editoriale di Repubblica, Scalfari consigliava a Monti di virare a sinistra ma il professore ha preferito mantenere la barra al centro. Non è da escludere una degenerazione del sistema, alla greca: se non emerge un indirizzo politico unitario su cui poter confidare, la gente cercherà di cavarsela come può, tuttavia quando si arriva al 37% digiovani disoccupati o di stagisti schiavi, il già indebolito tessuto sociale non può che risentirne.

Di fronte a questa situazione si stanno mettendo in moto spontanee reti di mutuo soccorso che si richiamano, qui e ora, ad un altro modo di vivere: "Co-housing ovvero vivere insieme, co-working ovvero lavorare uniti. E ancora gruppi di acquisto solidale che raggruppano fino a sette milioni di persone, mercatini del baratto e una miriade di orti collettivi nella grandi città. Così sta crescendo un movimento silenzioso che fa fronte alle difficoltà di questi anni."

Aumentare la compressione verso il basso dei redditi, stringere cioè la cinghia ancora di più, significa alimentare tutte quelle spinte sociali che invece la borghesia avrebbe tutto l'interesse a contenere. Anche perché oramai si sta sguazzando in una palude senza più vulcani. Nei paesi industriali, con l'eccezione degli Stati Uniti, siamo ad un figlio per donna; la popolazione europea si mantiene stabile solo grazie agli immigrati, ma tra un pò tenderà a diminuire. Quando una società non fa più cuccioli è pronta per morire. E come abbiamo scritto nell'articolo "Una vita senza senso", oggi la famiglia, la parrocchia, la fabbrica, i partiti, i sindacati, cioè i ghetti di ordine superiore che contenevano razionalmente le spinte sociali, secondo i Servizi segreti italiani hanno esaurito la loro funzione:

"L'evolversi della società postindustriale ha profondamente modificato alcuni di questi 'pilastri sociali'. Il progressivo incremento del numero di persone escluse dal mondo del lavoro (soprattutto nel comparto industriale e nel settore giovanile) ha, infatti, ridimensionato la classe dei lavoratori e spinto all'espansione un nuovo gruppo sociale identificabile negli esclusi."

Cosa può proporre un sindacato oggi agli "esclusi"? Anche le briciole corruttrici sono finite, un intero paradigma sta morendo e l'involucro non corrisponde più al contenuto. La famiglia è un elemento (storico) di riproduzione della specie per cui ci vogliono almeno due figli per donna, se si scende al di sotto la famiglia decade. Il figlio unico è un'anomalia del nostro tempo. Il fascismo incentivava la nascita dei figli come pure la stessa Francia di De Gaulle (a tal proposito la Cina si troverà nei guai quando crescerà la generazione dei figli unici).

Sempre nell'ambito dello sgretolamento dei rapporti sociali in atto e delle convulsioni che genera, un articolo recuperato in rete mette in luce come il disagio giovanile stia alimentando fortemente l'espansione di gang violente in America. In sintesi, vi sono 1 milione e 400mila appartenenti a queste gang; dal 2009 a oggi il numero di appartenenti è aumentato con un balzo del 40%. La forte disoccupazione giovanile, la disgregazione familiare e l'emigrazione clandestina impossibilitata a sostentarsi col lavoro sono i fattori scatenanti di questa impennata.

Al giovane senza riserve non viene fatta un'ingiustizia particolare e non gli sono negati particolari diritti; su di lui ricade l'ingiustizia universale e non può far altro che "spezzare le catene", cioè liberare la forma nuova dai legami che non la lasciano sorgere.

Ecco dunque un fatto nuovo: la "politica" del futuro, di cui abbiamo avuto qualche saggio significativo benché per ora non influente, non mette più al centro la "rivendicazione", qualunque essa sia. Il movimento rivendicativo è in via di estinzione, come dimostrano le manifestazioni di massa, che per i partecipanti valgono più per sé stesse che per le motivazioni accampate dagli organizzatori.

Il progetto di dar vita a un sito internet che renda pubblici i resoconti delle teleconferenze ed i semilavorati presenti nella Wiki, potrebbe aprire un'altra finestra per comunicare con il mondo. Anche le corrispondenze, in alcuni casi, sarebbero da rendere pubbliche. Questo sito sarebbe collegato a quello principale di "n+1" e fungerebbe da palestra per allenarsi a dialogare con l'esterno. La difficoltà sta nell'evitare di scadere in sterili dibattiti e chiacchiere da bar.

In margine alla discussione, s'è fatto cenno di una relazione da farsi a breve su Galileo, che continua e integra gli argomenti trattati dalle relazioni su Einstein e Popper.

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