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  • Resoconto teleriunione  2 settembre 2014

La guerra di tutti contro tutti è diventata sistema

La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi nove compagni, è iniziata con l'elenco di vari articoli reperiti sul Web. Alcuni sono stati commentati collettivamente, altri sono stati semplicemente segnalati:

- The Future of Robot Labor Is the Future of Capitalism pubblicato sul sito Vice. Continuano a diffondersi in ambienti lontani dal "marxismo" tentativi di descrizione di un futuro slegato dal capitalismo, siamo di fronte ad una vera e propria emergenza epistemologica.

- Limits to Growth was right. New research shows we're nearing collapse, The Guardian.

- Bad news: Wages are down for pretty much everyone, Washington Post, sulla diminuzione dei salari negli Stati Uniti.

- The Ultimate Financial Security: 18 steps You Can Take to Prepare Yourself for the Next Economic Meltdown, Wealth Daily: come prepararsi alla catastrofe economica prossima ventura.

- Usa con l'Iran e Turchia con i curdi quelle strane alleanze contro il Califfo, Federico Rampini sulle "innaturali" alleanze per limitare il marasma sociale in Medio Oriente.

- "Il concetto di ordine mondiale che ha governato sinora i rapporti internazionali è entrato in una crisi irreversibile": Henry Kissinger parla al Corriere della Sera della crisi che attraversa il modello Occidentale e non.

- Né con l'Ucraina né con la Russia! Ampliamo il nostro fronte, quella della rivoluzione sociale. L'articolo è preso e tradotto in italiano dal blog del gruppo Tridni Valka.

L'attuale situazione economico-politica globale non risponde più ai criteri cui eravamo abituati dalla caduta del Muro di Berlino. Il concetto di "locomotiva economica", ad esempio, non è più applicabile poiché oggi nessuna economia nazionale è in grado di trascinare le altre come ha fatto quella americana negli anni passati (anche la Germania comincia a fare i conti con la "decrescita"). Mentre le alleanze interimperialistiche stanno saltando, gli Usa scendono a patti con la Siria pur di contrastare l'avanzata dello Stato Islamico (IS), e quest'ultimo attacca aree di influenza turca ammazzando turcomanni. Anche se non c'è moderazione nelle azioni del Califfato, non si tratta di violenza cieca: gli islamisti conquistano pozzi di petrolio, fanno funzionare le banche e reclutano quadri delle ex forze armate di Saddam Hussein. Quello che stupisce invece è la risposta incoerente di chi viene attaccato: non si riesce a mettere insieme un fronte unito per contrastare l'IS.

Sul sito DEBKA file è stata pubblicata una mappa che descrive gli schieramenti militari nella zona intorno al Golan dove, il 27 agosto, un ufficiale israeliano è rimasto ferito dal fuoco provocato dai combattimenti tra esercito siriano e ribelli anti-Assad. L'incidente transfrontaliero, a cui si aggiunge il rapimento di 43 Caschi blu dell'ONU da parte di gruppi jihadisti operanti nella zona contesa tra Israele e Siria (le alture del Golan sono state occupate da Israele nel 1967), rappresenta un salto di qualità rispetto alla complessa situazione militare in Medio Oriente. La tensione sale anche in Arabia Saudita dove ci sono stati arresti di massa di presunti terroristi. Viene alla mente la rivolta di diversi anni fa quando alcuni fondamentalisti occuparono la Moschea della Mecca tenendo in ostaggio migliaia di fedeli; accusavano la famiglia reale di essere divenuta schiava degli americani e auspicavano il ritorno a un Islam rigido e inflessibile. Quella volta il tutto finì con una violenta repressione statale, oggi una ribellione del genere potrebbe creare notevoli problemi politici e non solo per l'Arabia Saudita.

Il sistema capitalistico sta collassando, la struttura economica non regge più al suo stesso peso e si determinano molteplici contraddizioni di ordine politico, sociale e militare. La pretesa controllabilità della guerra fa il paio con l'opportunistica pretesa di controllabilità del ciclo produttivo. Di fronte a questo scenario catastrofico i sinistri nostrani non trovano di meglio che lamentarsi per l'ennesima "offensiva padronale" contro l'articolo 18 e lo Statuto dei lavoratori, recriminando maggiori diritti all'interno di questa società. Hanno dimenticato che i proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. L'assenza di un discorso politico sensato li fa apparire come abitanti di una realtà parallela - quella dell'ideologia - totalmente ignari della tempesta sociale in arrivo.

Utile, in questo caso, paragonare la rivoluzione ad un "attrattore strano" (un attrattore viene informalmente definito come strano se la sua dinamica è caotica): tutti saremo risucchiati nel vortice rivoluzionario e l'unica cosa che ci potrà salvare dal caos sociale sarà la formazione di un ambiente ferocemente anticapitalista:

"Ecco in che cosa noi vediamo tutto un programma del movimento giovanile. Sottrarre la formazione del carattere all'esclusiva influenza della società presente, vivere tutti insieme, noi giovani operai o no, respirando un'atmosfera diversa e migliore, tagliare i ponti che ci uniscono ad ambienti non socialisti, recidere i legami per cui ci si infiltra nel sangue il veleno dell'egoismo, della concorrenza, sabotare, in una parola, questa società infame, creando oasi rivoluzionarie destinate un giorno ad invaderla tutta, scavando mine destinate a sconvolgerla nelle sue basi." (Un programma: l'ambiente. Da L'Avanguardia del 1° giugno 1913)

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    La teleriunione di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata commentando un articolo di Maurizio Novelli, "Perché il sistema capitalistico è praticamente morto", pubblicato sul quotidiano economico Milano Finanza. Si tratta di un'analisi di ormai quattro anni fa, ma i problemi che l'autore solleva sono ancora presenti, anche se nascosti accuratamente sotto il tappeto.

    Nel pezzo si parla della necessità capitalistica di fare sempre più debito per sostenere l'economia (il debito ha superato il 330% del PIL globale), del problema della valorizzazione del capitale, e in generale del dominio del capitale azionario su quello industriale:

    "Il sistema capitalistico, degenerato a causa di questo modo di operare, è praticamente morto e la finanza, così come funziona oggi, lo ha ucciso. Gli Stati Uniti, dal 2001 in poi, hanno messo l'economia reale a sostegno della finanza, ribaltando la funzione che la finanza era a sostegno dell'economia reale. Oggi il settore finanziario 'fa leva' 4/5 volte sull'economia reale per ottenere rendimenti che l'economia reale non riesce più a produrre, così come le banche nel 2008 facevano leva 40 volte sul capitale per ottenere rendimenti che l'attività caratteristica non poteva dare."

    La finanziarizzazione del capitale, riflesso della sua autonomizzazione, è la parte conclusiva della parabola storica del plusvalore. Il fenomeno è descritto nel nostro articolo "L'autonomizzazione del capitale e le sue conseguenze pratiche", che si basa sul Frammento del testo originario di "Per la critica dell'economia politica" del 1858. Oggi tale processo è ben visibile, basti pensare alla recente impennata del Bitcoin che vale più di Visa e MasterCard messe insieme. I crolli di borsa, le crisi finanziarie del 1987, del 1997, delle Dot-com e del 2008 testimoniano la difficoltà del sistema a riprodursi in quanto tale. La finanziarizzazione dell'economia non è altro che una risposta alla crisi di valorizzazione, dovuta all'aumentata produttività del lavoro. Non c'è mai pletora di capitali senza pletora di merci: per questo motivo "rilanciare la produzione" o "ritornare all'economia reale" sono slogan privi di senso.

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    Recentemente, l'intelligence americana ha fatto circolare la notizia, pubblicata dalla CNN e ripresa da La Stampa, di una nuova arma russa (electro magnetic pulse, impulso elettromagnetico nucleare) "in grado di distruggere i satelliti creando un'enorme ondata di energia paralizzando potenzialmente una vasta fascia di satelliti commerciali e governativi.". Il dispositivo rappresenterebbe un'importante minaccia per la sicurezza del paese.

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