Stampa questa pagina
  • Venerdì, 04 Dicembre 2015

Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  01 dicembre 2015

Inevitabile scontro tra modi di produzione

La teleconferenza di martedì, presenti 18 compagni, è iniziata dal commento di alcune notizie di carattere economico reperite sul Web.

Secondo la stampa nazionale, in Italia sarebbe in calo il numero dei disoccupati e al tempo stesso quello degli occupati. Alla confusione totale sullo stato dell'economia si aggiungono le allarmanti dichiarazioni del presidente dell'Inps Tito Boeri riguardo le pensioni della generazione nata negli anni 80': "se l'economia italiana non cresce almeno dell'1% all'anno e non c'è un processo di maggiore stabilizzazione del lavoro iniziando con prospettive di carriera più lunghe, senza tutte le interruzioni che contraddistinguono spesso i contratti temporanei o precari, ci potrebbero essere problemi molto seri in futuro". La sequela di preoccupati annunci degli stessi tecnici del Capitale testimonia un sistema pensionistico assolutamente fuori controllo; il Welfare State costruito dopo il secondo dopoguerra è oramai saltato, perchè a saltare è l'insieme dei rapporti sociali capitalistici.

Pensiamo alla necessità di gestione e conservazione dell'immane quantità di strade, edifici privati e pubblici nel Belpaese: tutto sta andando a catafascio perchè non si produce il valore necessario. La manutenzione può sembrare un fatto secondario ma è uno degli argomenti analizzati dalla nostra corrente per inquadrare i cosiddetti disastri naturali. Il Capitale autonomizzato è disinteressato alla piccola manutenzione costante e punta tutto sulle grandi opere; ne consegue che le calamità si ripetono sempre più frequentemente. Alla lunga serie si sono recentemente aggiunti la catastrofe avvenuta in Brasile, dove il cedimento delle dighe Fundao e Santarem ha devastato il bacino del fiume Rio Doce sversando 60 milioni di mq di fanghi tossici nell'Oceano Atlantico, e l'elevatissimo livello dello smog raggiunto in Cina.

La salute del pianeta è in grave pericolo e la situazione potrebbe essere irreversibile. Ne discutono a Parigi dal 30 novembre i partecipanti di Cop21, la ventunesima conferenza internazionale sul clima. In occasione del summit tra i grandi del mondo per parlare di emissioni di gas serra e surriscaldamento globale, la polizia francese ha operato numerosi fermi preventivi di attivisti e ha represso pesanti scontri di piazza con centinaia di arresti; è evidente che lo stato francese teme qualcosa di più preoccupante del jihadismo e cioè lo scatenarsi della collera sociale. Ma davvero il capitalismo può porre un freno all'inquinamento? Semplicemente no, perchè i gas inquinanti e l'aumento delle temperature sono un problema che coinvolge l'intera società, borghesi e proletari tutti. Il capitalismo per sua natura è basato sulla crescita economica infinita, l'accumulazione e il consumo forsennato, e non può certo fermarsi di fronte alle risorse limitate della Terra.

Sul fronte della guerra in Medioriente, persiste la tensione tra Ankara e Mosca. La Russia non è intenzionata a farsi indietro in Siria perchè appoggiare Assad significa tutelare le proprie basi navali nel Mediterraneo. La Turchia nella sua storia come nazione borghese è uno dei paesi che più strenuamente ha difeso il nazionalismo rivoluzionario con numerosi colpi di stato orchestrati dall'esercito in nome di Kemal Ataturk. E' perciò atipica la situazione odierna in cui l'esercito non reagisce all'islamizzazione della società; la causa va forse ricercata nelle epurazioni avvenute qualche anno fa al suo interno. La motivazione fornita dai turchi per l'abbattimento del bombardiere russo non è sufficiente. Un'ipotetica spiegazione plausibile potrebbe basarsi sul fatto che l'episodio obbliga i militari a dare priorità allo scontro con il grande nemico storico, la Russia, e a mettere in secondo piano la lotta kemalista al fondamentalismo islamista.

Un compagno ha sottolineato l'ostinato immobilismo degli Stati Uniti in Medioriente. Il declino degli Usa è inarrestabile: non hanno la forza di fare di più. E mentre nessuna potenza è in grado di farsi avanti nella successione alla guida del mondo capitalistico, la guerra civile prende piede ovunque, a Beirut come ad Aleppo (dove è in corso uno scontro sanguinosissimo tra i resti dell'esercito siriano e i militanti di Daesh). La guerra d'oggi, il conflitto endemico di tutti contro tutti per cui avvengono distruzioni immani senza che nulla venga più costruito, non rilancia il ciclo di produzione risolvendo così i problemi del capitalismo, anzi, ottiene l'effetto contrario ingigantendoli. Stiamo vivendo un'epoca di transizione e siamo in una situazione ibrida favorevole ad una società diversa.

Per comprendere cosa sta accadendo intorno a noi possiamo usare dei modelli. Partiamo da quello elaborato da Marx riguardo la legge della caduta del saggio di profitto, secondo cui in ambito produttivo aumenta tendenzialmente il capitale costante e diminuisce quello vivo, e con ciò cresce l'esercito industriale di riserva e la sovrappopolazione assoluta. Senza riconoscere la crisi di valorizzazione che ne consegue e che produce effetti quali il marasma sociale e la guerra, risulta difficile individuare le concatenazioni sociali utili a districarsi nella complessità degli eventi.

La crisi cronica del capitalismo senile porta alla formazione di comunità "contro", solitamente dislocate ai margini delle metropoli. Si prenda ad esempio Parigi, il cui centro è circondato dai milioni di senza riserve delle banlieue. Ma tale situazione non riguarda solo i centri storici delle grandi capitali: a livello frattale vediamo in atto la stessa dinamica tra l'Occidente e le sue periferie (vedi fenomeno migratorio).

Dal caos sociale emergerà qualcosa di simile a Occupy Wall Street, una prefigurazione della società futura. I comunisti non possono farsi schiacciare dall'esistente ma devono mettersi dalla parte del futuro, "n+1". Il capitalismo sta morendo e una società completamente diversa sta nascendo; dobbiamo agganciarci a quest'ultima lasciandoci alle spalle le polemiche terzinternazionaliste.

Articoli correlati (da tag)

  • La guerra e il suo contesto

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi del recente attacco dell'Iran ad Israele.

    Secondo un portavoce dell'esercito israeliano, nell'azione compiuta nella notte tra il 13 e il 14 aprile l'Iran ha impiegato 170 droni, 30 missili da crociera e 120 missili balistici, che sono stati quasi tutti abbattuti. L'attacco è stato simbolico, le nazioni arabe erano state avvertite e probabilmente anche gli Americani; dopo il bombardamento di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco il primo aprile scorso, Teheran non poteva non rispondere. Gli USA hanno chiesto ad Israele di evitare una reazione a caldo e di pazientare, onde evitare un'escalation; gli Iraniani hanno dichiarato che se Israele lancerà un nuovo attacco essi colpiranno più duro: "Con questa operazione è stata stabilita una nuova equazione: se il regime sionista attacca, sarà contrattaccato dall'Iran."

    Teheran è all'avanguardia nella produzione di droni, ha sviluppato un'industria bellica specializzata e vende queste tecnologie alla Russia ma anche ad Algeria, Bolivia, Tagikistan, Venezuela ed Etiopia.

    Ciò che sta accadendo in Medioriente conferma l'importanza del lavoro sul wargame, a cui abbiamo dedicato due numeri della rivista (nn. 50 - 51). I giochi di guerra servono a delineare scenari futuri, e le macchine amplificano le capacità dell'uomo aiutandolo a immaginare come potrebbero svilupparsi i conflitti in corso. Gli eserciti e gli analisti militari che lavorano con i wargame sono in grado di accumulare grandi quantità di informazioni, ma sono però costretti a vagliarne solo una parte. È un dato oggettivo: i big data vanno ordinati e l'ordine risente dell'influenza di chi applica il setaccio.

  • Guerra "intelligente" e rovesciamento della prassi

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni riguardo i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati da Israele nella Striscia di Gaza. L'argomento si inserisce nel nostro lavoro in corso sulla guerra e sulle nuove armi in via di sperimentazione in Medioriente e Ucraina.

    Prendendo spunto da fonti israeliane (i due siti di informazione +972 e Local Call), il manifesto ha pubblicato un lungo articolo ("20 secondi per uccidere: lo decide la macchina") in cui sono riportate le interviste ad ufficiali dell'intelligence israeliana che spiegano il funzionamento del sistema IA Lavender e il ruolo che esso ha giocato nei bombardamenti sulla Striscia. Lavender opera in sinergia con il sistema Gospel, che si occupa nello specifico di contrassegnare gli edifici e le strutture da cui Hamas lancia i razzi; e ha il compito di individuare i nemici assegnando un punteggio da 1 a 100 ad ogni individuo: per un alto responsabile di Hamas, se identificato in una palazzina molto abitata, è possibile accettare una certa quantità di "danni collaterali", per un militante minore se ne accetta una inferiore. Il sistema di intelligenza artificiale riesce a costruire dei profili e a definire una "kill list" secondo un processo statistico che ha perciò un margine di errore (intorno al 10%); i tempi impiegati dalla macchina per individuare e colpire un obiettivo sono di circa 20 secondi, l'operatore umano non può quindi tenerne il passo e tantomeno eseguire un'analisi approfondita della lista dei bersagli.

    Non si tratta di indignarsi perché l'IA uccide gli uomini, anche i cannoni e le mitragliatrici lo fanno; si tratta invece di comprendere le novità che emergono dall'utilizzo di questa tecnologia. Siamo nel bel mezzo di una transizione di fase, tra un vecchio tipo di conflitto ed uno nascente: la guerra inizia sempre con gli armamenti, le dottrine, le tecniche del passato, ma in corso d'opera evolve diventando altra cosa. Oggigiorno si combatte ancora nelle trincee, come in Ucraina dove però allo stesso tempo si utilizzano i robot; si adoperano i fucili e le granate, ma anche i missili ipersonici. Nell'articolo dell'Economist "How Ukraine is using AI to fight Russia" si informa il lettore che sin dall'estate del 2022 sono stati utilizzati software per ridurre gli attacchi-disturbo dei Russi. Tante start-up ucraine operanti nel settore hi-tech hanno virato verso le necessità belliche, e sono state utilizzate tecniche di profilazione e monitoraggio, consulenze e indagini statistiche per raccogliere dati e scovare la posizione delle truppe e dei sistemi d'arma nemici. Semantic force è una start-up che si è specializzata nel trattamento dei dati riguardanti il morale della popolazione: ora il suo scopo è comprendere lo stato d'animo dei soldati russi (attraverso i social network e non solo).

  • Rottura di equilibri

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi della guerra in corso.

    Il bombardamento ad opera di Israele di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco ha provocato una decina di morti, tra cui un importante generale iraniano e altri sei membri dei pasdaran, le Guardie rivoluzionarie dell'Iran. Colpire un'ambasciata equivale ad un attacco diretto al paese che essa rappresenta. Per adesso le potenze imperialiste non si combattono direttamente, ma per procura. Nel caso del conflitto israelo-palestinese, l'Iran utilizza Hamas e il Jihad islamico palestinese, ma anche Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen. L'attacco di Israele a Damasco ha alzato la tensione, accrescendo la possibilità del passaggio da una proxy war allo scontro diretto. L'Iran ha annunciato che risponderà nei tempi e nei modi che riterrà opportuni per vendicare l'uccisione dei propri militari.

    In Medioriente, la situazione sta evolvendo in una direzione opposta a quella dell'ordine. Israele deve gestire anche il fronte interno: oltre 100mila persone sono scese per le strade del paese dando luogo a quelle che sono state definite le più grandi manifestazioni antigovernative dal 7 ottobre. Le mobilitazioni più partecipate sono state a Tel Aviv, Haifa, e a Gerusalemme davanti alla sede del parlamento israeliano.