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  • Resoconto teleriunione  29 settembre 2015

Struttura e sovrastruttura

La teleconferenza di martedì sera, presenti 18 compagni, è iniziata con un breve report sulle lotte nel comparto della logistica.

All'interporto di Bologna, dove lo sciopero prosegue da giorni, hanno portato solidarietà ai lavoratori in lotta anche facchini di altre città. Le mediazioni con l'azienda sono saltate e lo sciopero si è trasformato velocemente in una battaglia a tutto campo con l'intervento di forze di polizia, crumiri e confederali. Quest'ultimi hanno denunciato apertamente i picchetti schierandosi di fatto dalla parte del padronato. La lotta alla Yoox di Bologna è da seguire perché potrebbe segnare il passo mettendo a dura prova il sindacatino che gestisce la vertenza.

Si è poi passati a commentare le news sulla guerra in Siria. La Russia ha disposto l'invio di alcune centinaia di uomini e di aerei da guerra nelle basi di Latakia e Tartus. I francesi hanno iniziato a bombardare le postazioni dell'IS, mentre gli italiani, al solito, sono più cauti. Nel teatro siriano gli interessi regionali in ballo sono molteplici: a quelli di Iran, Arabia Saudita, Qatar e Turchia si sommano quelli di Russia, Cina e Usa. Lo stesso groviglio di interessi si può osservare nel conflitto in corso in Yemen, dove l'Arabia Saudita, supportata da altri Paesi arabi, è in guerra contro gli Houthi sciiti sostenuti dall'Iran. Paese schierato con Cina e Russia nel supportare il governo di Assad e a cui gli Usa fanno grosse concessioni (altro che nemico!).

Come scritto in Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio, l'epoca dei grandi schieramenti imperialisti è finita e lascia il posto ad alleanze piuttosto ballerine e incerte. Il portale Difesa Online rivela che "una nave da guerra cinese sarebbe in rotta verso la Siria: attualmente si troverebbe nel Mediterraneo". Pechino si sta inserendo nel vuoto di potenza lasciato dagli Usa ma non è in grado di riunire finanza, industria e supremazia politico-militare in un unico centro di controllo. Mentre i sub-imperialisti Cina, Russia, India e Turchia diventano molto attivi, gli Usa mostrano sempre più difficoltà nel controllare il marasma sociale globale. Sta morendo l'imperialismo delle portaerei, ma senza essere sostituito da un altro. Si va quindi verso un sistema-mondo assolutamente schizofrenico in cui vige una planetaria divisione del lavoro, sociale e tecnica, fra paesi che sono simultaneamente antagonisti e complementari, nazionali e globalizzati.

Già con la "rivoluzione arancione" del 2004 in Ucraina si era notato che le proteste di piazza potevano deflagrare in qualcosa di molto più grande. Prima c'era stata la protesta sostenuta dagli americani che aveva visto trionfare la Tymošenko; poi a prevalere sono stati i filorussi, in seguito rovesciati dalla rivolta di Piazza Maidan da cui infine è scaturita l'attuale guerra civile. Mentre si svolgeva questo braccio di ferro all'interno dell'Ucrania, gli Usa riempivano di armi la Polonia e altre zone limitrofe: un tipico esempio di applicazione di dottrine militari ormai fuori tempo. Pensavano di costruire una sorta di Linea Maginot fatta di postazioni missilistiche, ma la guerra stava diventando permanente, infinita, come peraltro già loro stessi avevano teorizzato prima di colpire l'Afghanistan nel 2001. Negli anni della cosiddetta guerra fredda il condominio Usa-Urss garantiva un certo equilibrio; oggi quell'equilibrio non c'è più e non potrà tornare: l'economia è in coma, gli stati si stanno sfaldando e la guerra per la conservazione del Sistema si fa endemica coinvolgendo tutta la società.

Nessuno è al riparo e il marasma sociale si espande trascinando nel caos anche situazioni politiche apparentemente più stabili. Lucio Caracciolo nell'articolo Elezioni in Catalogna, terremoto per l'Europa, descrive le possibili conseguenze del voto spagnolo e dice che "se davvero Barcellona diventerà indipendente dalla Spagna, potremmo assistere a una rivoluzione geopolitica con effetti su tutto il Vecchio Continente", con secessioni a catena nelle Fiandre, in Scozia, ecc. La Catalogna è la regione più ricca della Spagna ed è difficile che Madrid ne consenta il distacco, ma potrebbero comunque mettersi in moto spinte centrifughe che nessuno è più in grado di controllare. I movimenti populisti anti-Euro rappresentano un ulteriore fattore di instabilità andando ad acuire i processi disgregativi in corso in Europa. E non se la passano bene nemmeno i BRICS, le cinque maggiori economie emergenti: l'India ha tagliato i tassi dal 7,25 al 6,75% per stimolare l'economia, il rallentamento cinese ha fatto crollare i prezzi delle materie prime, Brasile e Russia fanno i conti con la recessione.

Quanto può durare una situazione del genere? La dottrina dei modi di produzione ci dice che quando una forma sociale non è più in sintonia con lo sviluppo delle forze produttive è destinata a saltare. Significativa a tal proposito la copertina dell'ultimo numero di Internazionale: La fine del capitalismo è cominciata (dal libro del giornalista Paul Mason sull'era del post-capitalismo). Le crisi del passato servivano a riattivare i cicli di accumulazione, mentre oggi l'inesorabile caduta tendenziale del saggio di profitto porta la crisi a cronicizzarsi. Alcuni centri studi prevedono una singolarità intorno al 2028-2030: non può esserci sviluppo infinito in un pianeta finito. In questo momento ci vogliono l'equivalente di 1.5 Terre in risorse per mantenere lo "sviluppo" economico. Dal 2050 si consumeranno l'equivalente di circa tre Terre. Ma, naturalmente, abbiamo solo un pianeta a disposizione.

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  • Il capitalismo è praticamente morto

    La teleriunione di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata commentando un articolo di Maurizio Novelli, "Perché il sistema capitalistico è praticamente morto", pubblicato sul quotidiano economico Milano Finanza. Si tratta di un'analisi di ormai quattro anni fa, ma i problemi che l'autore solleva sono ancora presenti, anche se nascosti accuratamente sotto il tappeto.

    Nel pezzo si parla della necessità capitalistica di fare sempre più debito per sostenere l'economia (il debito ha superato il 330% del PIL globale), del problema della valorizzazione del capitale, e in generale del dominio del capitale azionario su quello industriale:

    "Il sistema capitalistico, degenerato a causa di questo modo di operare, è praticamente morto e la finanza, così come funziona oggi, lo ha ucciso. Gli Stati Uniti, dal 2001 in poi, hanno messo l'economia reale a sostegno della finanza, ribaltando la funzione che la finanza era a sostegno dell'economia reale. Oggi il settore finanziario 'fa leva' 4/5 volte sull'economia reale per ottenere rendimenti che l'economia reale non riesce più a produrre, così come le banche nel 2008 facevano leva 40 volte sul capitale per ottenere rendimenti che l'attività caratteristica non poteva dare."

    La finanziarizzazione del capitale, riflesso della sua autonomizzazione, è la parte conclusiva della parabola storica del plusvalore. Il fenomeno è descritto nel nostro articolo "L'autonomizzazione del capitale e le sue conseguenze pratiche", che si basa sul Frammento del testo originario di "Per la critica dell'economia politica" del 1858. Oggi tale processo è ben visibile, basti pensare alla recente impennata del Bitcoin che vale più di Visa e MasterCard messe insieme. I crolli di borsa, le crisi finanziarie del 1987, del 1997, delle Dot-com e del 2008 testimoniano la difficoltà del sistema a riprodursi in quanto tale. La finanziarizzazione dell'economia non è altro che una risposta alla crisi di valorizzazione, dovuta all'aumentata produttività del lavoro. Non c'è mai pletora di capitali senza pletora di merci: per questo motivo "rilanciare la produzione" o "ritornare all'economia reale" sono slogan privi di senso.

  • O passa la guerra, o passa la rivoluzione

    La teleriunione di martedì sera, connessi 16 compagni, è iniziata con il commento di alcuni articoli inerenti il nuovo modo di condurre la guerra.

    Da segnalare l'importanza acquisita dai droni nel teatro bellico ucraino, ma non solo. Nell'articolo "Legioni di 'droni intelligenti' all'orizzonte", pubblicato sul sito di Analisi Difesa, si afferma: "Non è utopico immaginare un futuro in cui legioni di droni, guidati da un unico comandante, si confrontino sul campo di battaglia. Droni da ricognizione, d'attacco, kamikaze e da supporto impiegati contemporaneamente per svolgere compiti diversi, come del resto sta già accadendo sui campi di battaglia in Ucraina."

    Recentemente, l'intelligence americana ha fatto circolare la notizia, pubblicata dalla CNN e ripresa da La Stampa, di una nuova arma russa (electro magnetic pulse, impulso elettromagnetico nucleare) "in grado di distruggere i satelliti creando un'enorme ondata di energia paralizzando potenzialmente una vasta fascia di satelliti commerciali e governativi.". Il dispositivo rappresenterebbe un'importante minaccia per la sicurezza del paese.

    Si sta dunque configurando un nuovo modo di fare guerra. Gli USA sono riusciti a vincere la Seconda guerra mondiale perché hanno esternalizzato a livello globale la loro catena di montaggio industrial-militare ("Guerra di macchine. La battaglia delle Midway"); la guerra moderna è, invece, un conflitto tra sistemi cibernetici, incentrato sull'elettronica e su reti di sensori. Il progetto Replicator del Pentagono, ad esempio, dà l'idea di uno scontro tra sciami di veicoli autonomi guidati dall'intelligenza artificiale. Il sistema israeliano Gospel, sempre attraverso l'utilizzo dell'IA, riesce a orientare il fuoco verso le postazioni di lancio di Hamas. Il gruppo italiano Leonardo sta sviluppando un progetto che "intende definire un'architettura spaziale in grado di fornire agli enti governativi e alle Forze Armate nazionali una capacità di calcolo e memorizzazione ad alte prestazioni direttamente nello spazio" ("Leonardo: al via il progetto per il primo sistema di Space Cloud per la difesa").

  • Un nuovo tipo di guerra

    La teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 21 compagni, è iniziata con il commento del testo "Danza di fantocci: dalla coscienza alla cultura" (1953).

    Con l'analisi di quest'ultimo articolo si chiude la trilogia dei fili del tempo centrati sulla critica al gruppo "Socialisme ou Barbarie", di cui si può trovare traccia negli ultimi resoconti. Ancora oggi è utile ribadire che cos'è la classe per la teoria marxista. Essa non è un ordine e il proletariato non è un quarto stato, caposaldo su cui invece si basano le varie forme di operaismo:

    "La parola classe che il marxismo ha fatto propria è la stessa in tutte le lingue moderne: latine, tedesche, slave. Come entità sociale-storica è il marxismo che la ha originalmente introdotta, sebbene fosse adoperata anche prima. La parola è latina in origine, ma è da rilevare che classis era per i Romani la flotta, la squadra navale da guerra: il concetto è dunque di un insieme di unità che agiscono insieme, vanno nella stessa direzione, affrontano lo stesso nemico. Essenza del concetto è dunque il movimento e il combattimento, non (come in una assonanza del tutto... burocratica) la classificazione, che ha nel seguito assunto un senso statico."

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

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Newsletter 245, 19 gennaio 2022

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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