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La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 13 compagni, è iniziata commentando le ultime notizie provenienti dalla Francia.

Il paese è al tredicesimo giorno consecutivo di proteste e scioperi. Secondo la CGT, oggi [martedì 17] sono scesi in strada 1,8 milioni di persone; nell'area intorno a Parigi si sono formati trecento chilometri di code a causa del blocco del trasporto metropolitano, mentre nella zona di Lione e nella regione della Gironda circa 90.000 case sono rimaste a tratti senza luce per le azioni volontarie commesse da esponenti del sindacato CGT nella rete elettrica. Le cinque maggiori sigle sindacali si sono presentate unite alle mobilitazioni, ma il governo sembra non aver alcuna intenzione di fare marcia indietro sulla riforma pensionistica. Uno sciopero ad oltranza che va avanti da 13 giorni è già di per sé notevole, e se il braccio di ferro dovesse continuare, con i blocchi dei trasporti, molto presto potrebbero esserci problemi con gli approvvigionamenti nella capitale. In quel caso potrebbe anche scattare il panico, con tanto di assalti ai supermercati, come visto recentemente in altri paesi.

Non è da escludere che la situazione francese evolva nella direzione di uno scontro aperto tra le classi, andando oltre la stessa questione delle pensioni. Il proletariato si caratterizza per non avere riserve, e cioè nulla da perdere in questa società; la miseria crescente scava profondi solchi nella società separando irreversibilmente il simbolico 99% dall'1%. Dal punto di vista politico, Italia, Francia e Germania sono paesi molto diversi e può essere utile fare dei paragoni. In Italia la situazione corporativa di vecchia data vede sindacati, imprenditori e governi mettersi d'accordo senza bisogno di trattative, perché ognuno degli elementi sa benissimo cosa fare. In Germania, gli scioperi preventivi vengono iniziati dai metalmeccanici e tutte le altre categorie seguono a ruota. La Francia non è nuova agli scioperi ad oltranza e ciò denota una immaturità del sindacato rispetto a quello italiano, che affonda le proprie radici nel modello corporativo di matrice demo-fascista.

La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 12 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sui fatti francesi di cui si è accennato anche durante l'ultimo incontro redazionale.

Sabato 16 marzo i gilet jaunes sono scesi nelle strade per l'#ActeXVIII, scontrandosi violentemente con la polizia. A Parigi le manifestazioni sono sfociate nel saccheggio di diversi negozi di lusso lungo gli Champs-Élysées.

Rispetto ai movimenti di piazza, esistono differenze significative tra Francia e Italia: mentre la prima ha un'infrastruttura statale piuttosto rigida e perciò fatica a controllare il dissenso, nella penisola i gilet gialli siedono in parlamento dato che la borghesia locale, per condizioni geostoriche del tutto particolari, è riuscita a "parlamentarizzare" la protesta nata dal basso. Niente di cui stupirsi, è nato in Italia e non altrove l'opportunismo trasformista. Il M5S, una volta andato al governo, non è riuscito a fare granché, finendo per omologarsi a quel sistema che voleva stravolgere. Il vuoto lasciato nelle piazze sarà riempito da altre forze, solo che la carta parlamentare ormai è stata giocata.

Pubblicato in Teleriunioni marzo 2019

La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata commentando le ultime manifestazioni dei gilet gialli in Francia.

Sabato 5 gennaio si è svolto l'atto ottavo (#ActeVIII) della protesta, durante il quale migliaia di persone hanno riempito le strade di Parigi, Bordeaux, Lione, Tolosa, e di altre città minori. Pare che ci sia stata una flessione nel numero di manifestanti, ma al tempo stesso si è verificata una recrudescenza degli scontri con diversi feriti, auto date alle fiamme e blocchi davanti a porti, hub logistici e raffinerie. Questa forma di lotta ha perso ormai i connotati originari legati all'aumento del prezzo del carburante e si è trasformata in protesta contro lo status quo, anche se alcuni settori dei gilet jaunes stanno cercando uno sbocco parlamentare. La caratteristica dei movimenti nell'epoca del capitalismo senescente è di essere tendenzialmente antisistema, nonostante il vecchio mondo tenti di recuperarli proponendo la via referendaria o quella elettorale.

La teleriunione di martedì sera, presenti 10 compagni, è iniziata con il commento di alcune notizie provenienti dalla Francia sul "movimento" dei gilet jaunes.

In un intervento durante una trasmissione televisiva, il giornalista Giovanni Minoli ha affermato che i grillini rappresenterebbero la manifestazione italiana del più noto movimento francese. Gli ha fatto eco Beppe Grillo, che in un'intervista su Rainews ha dichiarato che i gilet jaunes hanno lo stesso programma del Movimento 5 Stelle. Entrambi dimenticano che quest'ultimo, una volta entrato in Parlamento, è stato macinato dallo stesso meccanismo che diceva di voler cambiare.

L'articolo di Repubblica "Insieme ma diversi contro l'Europa: la Grande Alleanza dei gilet gialli" (Andrea Bonnani, 10.12.18) è focalizzato invece sull'emergere di manifestazioni anti-sistema: "Dilagano in Francia, sconfinano in Belgio, spuntano in Olanda, si manifestano in Italia e ora sfilano pure per le vie di Londra. La protesta dei gilet jaunes si sta rapidamente estendendo a mezza Europa dando vita ad un fenomeno senza precedenti in cui la forma, cioè la divisa dei giubbetti catarifrangenti pescati nelle dotazioni automobilistiche di sicurezza, accomuna istanze assai diverse."

La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata prendendo spunto dall'articolo "Le rivolte anti elité nate dalla rabbia più che dai conti", pubblicato sul Corriere della Sera (4.12.18) a firma di Pierluigi Battista. Secondo il giornalista in vari paesi, tra i quali Francia, Usa, Italia, Germania e Inghilterra, il ceto medio sta facendo i conti con il peggioramento dei livelli di vita:

"Sono i condannati all'esclusione culturale, alla marginalità, all'irrilevanza sociale che si sentono più poveri anche se possono mantenere un Suv. Ed è la paura dell'impoverimento più dell'impoverimento in quanto tale che agita e scuote un ceto medio declassato, assediato dai nuovi dannati della terra che marciano rumorosi a distruggere un'identità sempre più incapace di difendersi: il ceto medio, non solo i diseredati orfani delle protezioni fornite da un robusto Welfare State in declino."

Sulla stessa linea Stefano Folli che sulle pagine di Repubblica, nell'articolo "Roma, Parigi e l'Europa delle debolezze", osserva che "se l'incendio francese continuasse a divampare, Macron avrebbe bisogno della solidarietà europea per placare il malessere dei ceti impoveriti. In quel caso non sarebbe possibile negare all'Italia ciò che viene concesso alla Francia." Il fenomeno francese dei gilet jaune è dunque un prodotto e al tempo stesso un fattore di instabilità politica e sociale. A seguito delle rivolte, il capo dell'Eliseo ha fatto un passo indietro sulla tassa del carburante, anche perché, secondo Le Monde, si rischiava di arrivare ad una situazione pre-insurrezionale. Ma la sua mossa potrebbe convincere le piazze a non fermarsi e ad alzare la posta in gioco, mettendo sul tavolo una nuova serie di richieste.

La teleconferenza di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata dalle notizie di stampa sulle manifestazioni dei "gilet gialli" in Francia.

Il "movimento" è nato sui social network (#GiletsJaunes) e ha indetto le prime manifestazioni lo scorso 17 novembre quando si è dato appuntamento nelle piazze di circa 600 città francesi. I servizi segreti dicono di aver identificato i promotori: 5 uomini e 3 donne, abitanti della regione Ile de France, tra i 27 e i 35 anni. La motivazione ufficiale del flash mob sembra sia stata il rincaro del prezzo dei carburanti ma, generalizzandosi la lotta, sono state messe in discussione le troppe tasse, la diminuzione dei servizi sociali, il disinteresse verso le città medie e piccole da parte di Parigi. I partiti di opposizione stanno cercando di cavalcare la protesta, anche se con magri risultati, almeno per adesso. Sulla loro pagina Facebook i "gilet gialli" dicono di essere persone "come me e te... un pensionato, un artigiano, uno studente, un disoccupato, un uomo d'affari... soprattutto una persona che è preoccupata di non arrivare alla fine del mese." Finora sono scese in strada circa 250 mila persone, ci sono stati 500 arresti, centinaia di feriti e due morti in incidenti stradali dovuti al caos provocato dai blocchi. Durante le mobilitazioni sono state bloccate importanti vie di comunicazione, raffinerie e hub logistici. Per Christophe Castaner, ministro dell'Interno francese, "siamo di fronte a una disorganizzazione totale, hanno tentato di entrare nelle prefetture, ci sono state azioni di grande violenza". Per il prossimo 24 novembre i "gilets jaunes" hanno annunciato una nuova manifestazione nazionale con l'obiettivo di "dare un colpo di grazia e convergere tutti su Parigi con tutti i mezzi possibili... perché è lì che si trova il governo."

La teleconferenza di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata riprendendo la questione spaziale. Nel corso degli anni '50 e '60 la nostra corrente è stata netta nei confronti del tripudio per l'inizio della "conquista dello spazio":

"La meravigliosa macchina che sparò l'uomo sulla Luna fu il risultato della vera legge dell'economia politica: il caso, cui si cerca di ovviare inventando ingegnosi rattoppi, ovvero prendendo provvedimenti a posteriori e fissandoli poi arbitrariamente nella forma di leggi. Prima agiscono poi pensano, diceva Bordiga; come fanno tutti gli uomini in quanto molecole sociali, senza avere coscienza che nelle pieghe della società esiste già, nella produzione organizzata secondo un piano, un'intelligenza collettiva in grado di rovesciare la prassi." (Scienza e rivoluzione, Quaderni di n+1).

Pubblicato in Teleriunioni maggio 2017

La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è iniziata con alcuni aggiornamenti sulle lotte in corso in Francia.

Il governo Valls ha vietato il corteo del 23 giugno organizzato dai sindacati, autorizzando solo una manifestazione statica. Niente di cui stupirsi: dopo gli scontri del 14 giugno, François Hollande aveva annunciato che le organizzazioni sindacali non avrebbero più beneficiato dell'autorizzazione a manifestare qualora "la tutela dei beni e delle persone non fosse garantita."

Il movimento francese è iniziato nel segno del vecchio paradigma sindacale, la lotta per il ritiro della legge sul lavoro El Khomri, ed è continuato nel tentativo di raggiungere un nuovo paradigma, quello di Occupy Wall Street. Per adesso Nuit Debout non ci è riuscito: nel Vecchio Continente non si è ancora visto qualcosa che metta in discussione veramente i vecchi modelli politici.

Comunque, dalla Primavera araba in poi, non ha più importanza l'etichetta "politica" affibbiata ad un movimento. Quello che conta è constatare che il marasma sociale e la guerra si estendono a tutto il mondo di pari passo con l'aggravarsi della crisi di accumulazione del Capitale.

Pubblicato in Teleriunioni giugno 2016

La teleconferenza di martedì, presenti 16 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo la manifestazione del 14 giugno contro la Loi Travail.

Secondo gli organizzatori, a Parigi sono scesi in strada circa 1 milione di persone; nettamente inferiori i numeri diffusi dalle forze dell'ordine che hanno contato tra i 75.000 e gli 80.000 partecipanti. Violenti scontri si sono verificati fin dall'inizio, con la polizia che a più riprese ha cercato di dividere il lungo corteo. Decine i feriti, anche tra le fila dei tutori dell'ordine.

I sindacati francesi stanno cavalcando il malcontento dei lavoratori ma hanno tutto l'interesse a spegnere la lotta e perciò spingono in tale direzione. Potrebbe darsi che l'uccisione dei due poliziotti, a cui si aggiungono gli scontri con gli hooligans arrivati in occasione degli Europei di calcio, favorisca il tentativo di riportare il tutto sul piano della responsabilità nazionale.

Pubblicato in Teleriunioni

La teleconferenza di martedì sera, connessi 16 compagni, ha preso spunto dai risultati del referendum sul reddito di cittadinanza tenutosi in Svizzera lo scorso 5 giugno.

I cittadini elvetici hanno ufficialmente bocciato "il reddito di base incondizionato": la proposta prevedeva la corresponsione mensile, per tutti e per sempre, di un importo di 2500 franchi (625 per i minori), cifra poco più alta della soglia di povertà (29mila franchi annui) e molto più bassa, meno della metà, del salario medio.

Secondo il settimanale britannico The Economist "le cose dovranno molto peggiorare per generare il sostegno politico per i cambiamenti radicali ai bilanci e ai sistemi fiscali che un reddito di base universale richiede". Per la maggior parte dei paesi europei si tratterebbe semplicemente di espandere il sistema di protezione contro la disoccupazione già esistente. Evidentemente l'incertezza in materia è ancora molta, per ora le politiche di austerità continuano e ogni paese agisce per conto proprio.

Negli Stati Uniti, l'avanzata di Donald Trump nella campagna per le elezioni presidenziali del prossimo autunno comincia a preoccupare seriamente i membri del partito democratico, ma non solo. Sono in molti a ritenere che la vittoria del miliardario sarebbe un danno per il Paese e c'è chi lo definisce una minaccia per l'economia globale. Se il candidato repubblicano vincesse le elezioni e realizzasse davvero il programma sostenuto durante comizi e interviste, la situazione potrebbe farsi interessante.

Pubblicato in Teleriunioni giugno 2016

La teleconferenza di martedì sera, collegati 17 compagni, è iniziata con alcuni considerazioni sulla tattica adottata dalle forze dell'ordine francesi nelle recenti manifestazioni contro la Loi Travail.

In un filmato diffuso da Taranis News, si possono osservare le tecniche di alleggerimento utilizzate dalla polizia per contenere i manifestanti. I poliziotti, quando rischiano di essere accerchiati, arretrano e si dividono in piccole schiere composte da una decina di elementi; nel momento in cui sembrano essere sopraffatti dalla folla, agenti in borghese intervengono, la formazione si ricompatta e contrattacca.

Le forze dell'ordine si adattano al comportamento dei casseur che si muovono in piccoli gruppi, colpiscono e si dileguano. Tutti sono costretti ad alzare il livello dello scontro e ciò significa escalation sociale.

Pubblicato in Teleriunioni maggio 2016

La teleconferenza di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata commentando alcuni articoli di Limes.

La rivista, come il quotidiano la Repubblica, fa parte del Gruppo Editoriale l'Espresso ma si rivolge ad un pubblico diverso: significativi i fondi di Lucio Caracciolo, sempre molto netti, spesso crudi nel descrivere la gravità degli scenari sociali ed economici globali con cui dobbiamo fare i conti.

L'ultimo numero è dedicato alle periferie e in particolare alla differenza tra quelle di Parigi, Londra, Bruxelles, e le italiane che per ragioni geostoriche vedono una presenza minore di immigrati. Indicativa la condizione della capitale belga, un ginepraio di sedi istituzionali letteralmente assediato da senza riserve: "In particolare a Molenbeek-Saint-Jean, Schaerbeek e Forest, tre comuni che quasi minacciosamente circondano quello di Bruxelles. Non banlieues nel senso parigino del termine, ma quartieri collocati a un passo dal centro storico. Un tempo sede dell'industria pesante, oggi incapaci di convertirsi al terziario e alla nuova economia. Qui il tasso di disoccupazione fra i figli di immigrati raggiunge in media il 40% e spesso la disperazione si tramuta in nichilismo, con i giovani preda dell'ideologia salafita e fondamentalista."

Pubblicato in Teleriunioni maggio 2016

La teleconferenza di martedì sera, presenti 14 compagni, è iniziata discutendo della situazione della Francia nel contesto generale della cosiddetta crisi del capitalismo.

Durante l'ultima giornata di sciopero indetto dai sindacati (#manif17mai), ci sono stati ancora scontri con la polizia a Parigi e in altre città francesi. Hollande ha dichiarato che andrà avanti nell'approvazione della Loi Travail senza se e senza ma. Siccome si è più sensibili alle "conquiste" che vengono tolte, i lavoratori francesi si muovono perchè sentono che certe garanzie stanno sparendo: la nuova legge sul lavoro, fra l'altro, rimette in discussione il modello delle 35 ore di lavoro settimanali.

Analizzando la situazione da un punto di vista sistemico, la Francia, pur non essendo economicamente disastrata come Grecia, Portogallo e Italia, e registrando tassi di crescita del Pil bassi ma non preoccupanti come altrove, ha un sistema rigido in cui lo Stato ha ancora molta voce in capitolo nell'economia. In una situazione globale altamente caotica, con flussi di capitale estremamente complessi da gestire, questa mancanza di elasticità potrebbe tramutarsi in un'insuperabile contraddizione. Se il sistema "rigido" non si adatta ai profondi cambiamenti interni e mondiali potrebbe saltare prima di altri e portarsi dietro l'Europa.

Pubblicato in Teleriunioni maggio 2016

Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 12 compagni, abbiamo commentato quanto sta accadendo nelle piazze francesi nelle ultime settimane.

Il governo Valls ha accelerato le pratiche per l'approvazione della Loi Travail: nel corso di un consiglio dei ministri convocato d'urgenza all'Eliseo, l'esecutivo ha dato il via libera all'uso dell'articolo 49.3 della Costituzione che permette l'entrata in vigore della legge senza il voto del Parlamento. Una decisione dettata dall'assenza di una maggioranza e dal fallimento delle trattative con i principali sindacati, sette dei quali hanno lanciato per giovedì 12 maggio un nuovo sciopero, il quinto in due mesi. In risposta al passaggio per decreto, Nuit Debout ha chiamato a raccolta il "movimento" davanti all'Assemblea Nazionale di Parigi, dove successivamente si sono verificati momenti di tensione con la polizia.

I manifestanti francesi protestano contro la democrazia violata e da alcuni giorni, in Rete, circola una petizione per la dichiarazione d'insurrezione. Gli estensori del documento si appellano all'art. 35 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1793): "Quando il governo viola i diritti del popolo, l'insurrezione è per il popolo e per ciascuna parte del popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri."

Pubblicato in Teleriunioni maggio 2016

Rivista n°54, dicembre 2023

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