Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  23 agosto 2016

Produzione infinita, pianeta finito

La teleconferenza di martedì, connessi 12 compagni, è iniziata con un breve commento sul summit tra Francia, Italia e Germania svoltosi a largo di Ventotene. Si è osservato che la sede prescelta per l'incontro, la portaerei Garibaldi, è paradigmatica della guerra in corso e dell'imperialismo capitalista (L'imperialismo delle portaerei).

E' di questi giorni la notizia del successo della sperimentazione di un istituto di ricerca americano che è riuscito a sintetizzare un nuovo tipo di pellicola dal latte. Ma quello che i giornali non riportano è che già ai tempi del fascismo, nel periodo delle sanzioni, la plastica dalla caseina è stata prodotta a livello industriale. Si tratta di procedimenti utilizzati in passato per sopperire alle carenze causate dalle guerre, un pò come facevano i paesi privi di greggio durante il secondo conflitto mondiale, i quali ricavavano benzina dal carbone. Da notare piuttosto che la ricerca americana ha utilizzato scorte di latte in sovrappiù, destinate ad essere distrutte.

Nell'articolo Perché gli agrocarburanti affameranno il mondo scrivevamo:

"[...] la lotta planetaria che si sta aprendo nel campo degli agrocarburanti non è per la produzione di nuovo plusvalore (quando c'è di mezzo la legge della rendita ciò è escluso) ma per rendere più pervasiva e totalizzante la ripartizione del plusvalore prodotto nel ciclo industriale a favore del paese imperialista più forte."

Negli Stati Uniti circa il 40% del mais prodotto viene utilizzato per produrre etanolo, mentre il crollo del prezzo del grano ci indica che è drasticamente diminuito il consumo di questo importante bene di prima necessità.

Una società in grado di progettare macchine sofisticatissime ma che al contempo non riesce a salvaguardarsi dallo sciupìo e dalla dissipazione di energia, è una società che non funziona. Il capitalismo è costretto dai propri meccanismi intrinseci alla sovrapproduzione, riempiendo il mercato di merci che non possono essere assorbite e che sono quindi destinate al macero, e allo stesso tempo affamando milioni di persone che non possono accedere economicamente a quei beni.

L'impronta ecologica offre la misura di quanto sia cresciuto il divario fra l'equilibrio termodinamico e la dissipazione di energia del sistema, cioè di risorse che, se il capitalismo non verrà a breve superato, andranno irreversibilmente perdute (ad es. foresta primaria o l'acqua di molti fiumi). Esiste un limite fisico con cui l'attuale modo di produzione deve fare i conti. Proviamo solo ad immaginare cosa significhi alimentare o portare energia a città delle dimensioni di Seul, Città del Messico, Tokio o Pechino. Le metropoli globali sono molto vicine a un punto di non ritorno che apre la via a scenari apocalittici, spesso ben rappresentati dalla macchina hollywoodiana che altro non fa, in effetti, che attingere dalla realtà. Viene in mente il film The Road, e anche il meno recente Quarto Potere, in cui l'avidità e la smania per il possesso del protagonista finiscono per isolarlo e condurlo alla disperazione.

Sui social network capita sempre più spesso di imbattersi in articoli che trattano della potenza della rivoluzione informatica, tema oramai all'ordine del giorno. Sono sempre più numerosi inoltre blog e siti che pubblicano materiale con una chiara linea di rifiuto del lavoro e della società nociva basata sullo sfruttamento salariato. Un esempio significativo è l'articolo Nei prossimi anni non troverai un lavoro decente, perché il capitalismo sta crollando.

A differenza degli albori della rivoluzione industriale inglese, non assistiamo a fenomeni di luddismo o comunque di avversione alle macchine, perché oggi è fin troppo semplice immaginare l'utilizzo razionale dei robot e delle infrastrutture informatiche per liberare gli esseri umani dal giogo del lavoro. E ad un certo punto il capitalismo risulterà di troppo.

Tali temi sono stati affrontati a fondo da Marx nel primo libro del Capitale o dalla Sinistra Comunista "italiana"; è interessante che oggi siano diffusi e trattati con un linguaggio semplice e diretto anche da chi non fa riferimento ad essi. Questo significa che inizia a porsi il paragone con una società completamente diversa da questa. Il funzionamento basilare del capitalismo e la conseguente critica vengono in superficie perché sempre meno il contenuto, la società futura, corrisponde al contenitore, il vecchio modo di produzione. Tutto ciò mentre le vecchie strutture - partiti, sindacati, ecc. - si stanno dissolvendo. Nel panorama politico italiano i 5 stelle sono stati gli unici a riconoscere o per lo meno a intuire le avvisaglie del nuovo che avanza, ma sono stati ben presto fagocitati nel cretinismo parlamentare, auto-integrandosi nel vecchio paradigma.

In chiusura si è accennato alla possibilità di un super-imperialismo. Il corso del capitalismo è una tendenza che porta alla formazione di monopoli in conflitto fra loro. A questo punto, quando i predatori fanno fuori tutte le prede, come nel modello di Volterra, non rimane più nulla da mangiare e l'unica possibilità che resta è l'estinzione della forma sociale.

Articoli correlati (da tag)

  • Un nuovo tipo di guerra

    La teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 21 compagni, è iniziata con il commento del testo "Danza di fantocci: dalla coscienza alla cultura" (1953).

    Con l'analisi di quest'ultimo articolo si chiude la trilogia dei fili del tempo centrati sulla critica al gruppo "Socialisme ou Barbarie", di cui si può trovare traccia negli ultimi resoconti. Ancora oggi è utile ribadire che cos'è la classe per la teoria marxista. Essa non è un ordine e il proletariato non è un quarto stato, caposaldo su cui invece si basano le varie forme di operaismo:

    "La parola classe che il marxismo ha fatto propria è la stessa in tutte le lingue moderne: latine, tedesche, slave. Come entità sociale-storica è il marxismo che la ha originalmente introdotta, sebbene fosse adoperata anche prima. La parola è latina in origine, ma è da rilevare che classis era per i Romani la flotta, la squadra navale da guerra: il concetto è dunque di un insieme di unità che agiscono insieme, vanno nella stessa direzione, affrontano lo stesso nemico. Essenza del concetto è dunque il movimento e il combattimento, non (come in una assonanza del tutto... burocratica) la classificazione, che ha nel seguito assunto un senso statico."

  • Chi controlla la guerra?

    Durante la teleriunione di martedì sera, connessi 19 compagni, abbiamo fatto il punto sulla guerra israelo-palestinese.

    The Economist ha pubblicato un paio di articoli sulla situazione nell'area: "Why urban warfare in Gaza will be bloodier than in Iraq", nel quale si elencano le problematiche cui dovrà far fronte Israele qualora decidesse di intraprendere una guerra urbana a Gaza; e "American power: indispensable or ineffective?", dove si fa un parallelo tra il potere di deterrenza di Israele nel Medio Oriente e quello globale degli USA. In questi giorni la Marina americana ha inviato due portaerei in supporto ad Israele per lanciare un segnale chiaro agli attori ostili (a cominciare dall'Iran); il destino dei due paesi è strettamente connesso, dato che questa guerra definirà non solo il ruolo di Israele in Medio Oriente, ma anche quello dell'America nel resto del mondo. Secondo il settimanale inglese, sono tre le minacce per gli USA: i fronti mediorientali (gli Iraniani sono presenti in Siria, Libano, Iraq e Yemen) e ucraino, che consumano risorse politiche, finanziarie e militari; il fatto che una serie di paesi comincia a muoversi autonomamente per ricavare spazi di manovra (India, Arabia Saudita, ecc.); la questione Taiwan, ovvero il controllo dell'Indo-Pacifico.

    Gli Houthi, al potere in una parte dello Yemen e sostenuti dall'Iran, hanno lanciato droni e missili contro Israele (intercettati e abbattuti dalle navi americane); l'Iran esporta petrolio in Cina e fornisce droni alla Russia che, a sua volta, ha accolto un alto rappresentante di Hamas dopo il 7 ottobre. L'apertura di un nuovo fronte di guerra per gli americani non è di certo cosa sgradita a Putin, che ha colto l'occasione per sottolineare la perdita di energia da parte del gendarme mondiale e la fine della "pax americana".

  • Crepe nell'Impero Celeste

    La teleconferenza di martedì sera, presenti 18 compagni, è iniziata commentando la situazione economico-finanziaria della Cina, a partire dal possibile scoppio della bolla immobiliare.

    Quanto successo nelle ultime settimane, tra cui le difficoltà del colosso Country Garden ma non solo, conferma quanto andiamo sostenendo da anni circa la raggiunta senilità della Cina. Ora se ne accorgono anche i borghesi, in particolar modo l'Economist che nell'edizione del 26 agosto ipotizza una "giapponificazione" (bassa crescita e deflazione) della economia cinese ("China's economy is in desperate need of rescue"). L'immobiliare è diventato un settore strategico, rappresentando il 30% del PIL cinese; l'enorme bolla speculativa è dovuta al fatto che il capitale ha cercato di valorizzarsi nella costruzione ex novo di decine di città, rimaste poi abbandonate. Secondo la banca Morgan Stanley, dal 2010 al 2020 il gigante asiatico ha costruito più di 140 milioni di unità abitative, e in soli tre anni ha prodotto una quantità di cemento che potrebbe trasformare la superficie della Gran Bretagna in un parcheggio; non pago, ha costruito città fantasma anche in Africa.

    Secondo il Wall Street Journal il boom cinese è finito da tempo. La domanda di nuove abitazioni nelle città ha raggiunto il suo picco e i problemi di natura economica si assommano a quelli derivanti dalla disoccupazione giovanile, dall'invecchiamento della popolazione e dal calo degli investimenti esteri. Al pari dei paesi a vecchio capitalismo, la Cina installa robot nelle fabbriche e investe in intelligenza artificiale, e quindi si trova di fronte alla diminuzione relativa della produzione di plusvalore. Il gigante asiatico ha bruciato rapidamente le tappe capitalistiche passando in pochi anni da una crescita impetuosa a un altrettanto veloce declino.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email