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  • Resoconto teleriunione  22 marzo 2016

Un sistema che perde energia

Durante la teleconferenza di martedì, a cui hanno partecipato 15 compagni, abbiamo ripreso alcuni temi affrontati nella relazione La rivoluzione militare: il contrattacco dell'Armata Rossa in Polonia tenuta durante il recente incontro redazionale di n+1.

L'incredibile avanzata dell'Esercito Rivoluzionario in direzione di Varsavia rappresentava l'estremo tentativo di coronare in senso del tutto positivo la rivoluzione doppia del 1917: contro l'arretratezza di società non ancora emancipate dal passato e contro la decrepitezza di società che avevano rinunciato al futuro. L'Armata Rossa era consapevole che superare l'ostacolo polacco significava raggiungere la classe operaia tedesca e che tutto il blocco europeo poteva crollare.

Si è poi passati a commentare i recenti attentati in Belgio mettendoli in relazione al fenomeno del collasso degli stati. Basta guardare anche solo all'Europa: la Grecia è un paese commissariato, la Spagna sta scivolando su una china greca, l'Italia le va dietro. E il piccolo Belgio, rimasto un anno e mezzo senza governo, ora precipita in una situazione di grande instabilità; Bruxelles si scopre crocevia di scontri e tensioni molteplici e le divisioni tra fiamminghi e valloni non aiutano a tenere in piedi una struttura statale in disfacimento. Secondo l'Huffington Post, "Il Belgio si è confermato oggi, come del resto molti ripetono sottovoce da mesi, uno stato fallito. Proprio così viene detto nei giri diplomatici e di intelligence: fallito esattamente come si dice per la Siria o l'Iraq. Spiacevole dirlo, ma vero".

Tutti gli stati fanno fatica a controllare i loro territori, ma il Belgio si trova nel cuore d'Europa e a Bruxelles hanno sede le più importanti istituzioni europee. Dal Sole 24 ORE: "Solo a Bruxelles ci sono 19 distretti, ognuno con il suo sindaco. E sei autorità di polizia, le quali comunicano tra di loro con una certa riluttanza. Ecco perché la sicurezza, in mano a tanti e diversi attori, diventa caotica, difficile da gestire e coordinare."

Guerra endemica, marasma sociale, emergere di forze anti-sistema: tutto si lega.

Il piccolo, debole e frammentato Belgio è per Daesh un obiettivo perfetto, sicuramente più alla portata rispetto a Francia e Italia. L'Occidente lascia fare: la Russia s'è ritirata, gli Usa non sono mai intervenuti e gli stati europei tentennano. Intanto il cosiddetto terrorismo dilaga ed è qualcosa di ben diverso da quello dell'11 settembre 2001. Nel giro di pochi anni si è passati dal terrorismo romantico e religioso di Al Qaeda ad una struttura plurinazionale che va da Raqqa fino al nigeriano Boko Haram e alle scuole coraniche somale, dalla ex rete di Al Qaeda alle decine di bande siriane e libiche affiliate.

Le azioni del 2001, seppur complesse, non mettevano in campo il coordinamento di diverse decine di uomini sparsi in un'area geografica immensa, modalità che lascia presumere un'organizzazione centrale. Gli apparati di sicurezza occidentali saranno costretti a prendere seriamente in considerazione l'idea di un'operazione militare congiunta. Per ora il bombardamento di Raqqa o dei pick-up che scorrazzano nel deserto libico si è rivelato inefficace. Attaccare un'entità che non ha un esercito classico ma è una rete diffusa è difficile, bisogna per forza di cose far scendere sul terreno milioni di uomini. Opzione poco probabile, date le condizioni economiche in cui versano i maggiori paesi capitalistici.

Un'ipotesi non trascurabile è quella che prevede l'allargamento e il consolidamento del Califfato come estremo tentativo del Capitale di salvare sé stesso. Tutto sommato lo Stato Islamico potrebbe rappresentare una soluzione alla corruzione dilagante in Occidente: schiavizza le donne, fa lavorare gli uomini senza possibilità di ribellarsi, moralizza forzatamente la società. Ma lo scontro tra modi di produzione non può essere fermato, e questa dinamica fisica spingerà l'umanità oltre il capitalismo.

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    La teleriunione di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata commentando un articolo di Maurizio Novelli, "Perché il sistema capitalistico è praticamente morto", pubblicato sul quotidiano economico Milano Finanza. Si tratta di un'analisi di ormai quattro anni fa, ma i problemi che l'autore solleva sono ancora presenti, anche se nascosti accuratamente sotto il tappeto.

    Nel pezzo si parla della necessità capitalistica di fare sempre più debito per sostenere l'economia (il debito ha superato il 330% del PIL globale), del problema della valorizzazione del capitale, e in generale del dominio del capitale azionario su quello industriale:

    "Il sistema capitalistico, degenerato a causa di questo modo di operare, è praticamente morto e la finanza, così come funziona oggi, lo ha ucciso. Gli Stati Uniti, dal 2001 in poi, hanno messo l'economia reale a sostegno della finanza, ribaltando la funzione che la finanza era a sostegno dell'economia reale. Oggi il settore finanziario 'fa leva' 4/5 volte sull'economia reale per ottenere rendimenti che l'economia reale non riesce più a produrre, così come le banche nel 2008 facevano leva 40 volte sul capitale per ottenere rendimenti che l'attività caratteristica non poteva dare."

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Rivista n°54, dicembre 2023

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Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

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