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Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 14 compagni, abbiamo ripreso alcuni dei temi trattati al 68° incontro redazionale, tenutosi a Torino lo scorso fine settimana, ed in particolare quello del ciclo storico della forma moneta e la sua autonomizzazione, affrontato nella relazione "Dalla società ancora senza denaro a quella senza più denaro".

Alcuni articoli di stampa usciti in questi giorni hanno fornito riscontri positivi a quanto sviluppato durante la riunione. In "Le Borse mondiali capitalizzano 100mila miliardi di dollari, ma per Goldman Sachs la corsa è finita", pubblicato sul sito Business Insider, si sostiene che l'attuale capitalizzazione delle borse è preoccupante; è dello stesso parere il Sole24Ore, che in "Borse da record: ci sono 100mila miliardi di motivi per chiamarla bolla o è tutto vero?" afferma che è "sufficiente che qualcosa vada storto" perché il meccanismo finanziario globale si inceppi.

Se oggi scoppiasse una crisi finanziaria come quella del 2008, non sarebbe possibile ricorrere ai 'salvagenti' utilizzati allora per 'fermare l'emorragia'. Date le masse di capitale in movimento, nessuno stato avrebbe la capacità di intervenire per invertire il trend; come titolava l' Economist qualche mese fa, le munizioni a disposizione sono state tutte consumate (l'iniezione di 12.000 miliardollari nel circuito bancario americano è rimasta senza effetti). Lo scenario che si configurerebbe sarebbe perciò dei peggiori, se non apocalittico: la presenza contemporanea di una bolla immobiliare, un'inflazione a due o tre cifre, e una stagnazione totale.

La teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata con un accenno alla lettera di Papa Francesco ai partecipanti alla conferenza internazionale "Dalla Populorum progressio alla Laudato si", rivolta in particolare alle forze sindacali.

Nel messaggio il Pontefice, dopo la glorificazione del lavoro (che "non può essere considerato come una merce né un mero strumento nella catena produttiva di beni e servizi, ma, essendo basilare per lo sviluppo, ha la priorità rispetto a qualunque altro fattore di produzione, compreso il capitale"), ricorda che la persona "non è solo lavoro; ci sono altre necessità umane che dobbiamo coltivare e considerare, come la famiglia, gli amici e il riposo". Le forze sociali sono quindi sollecitate a non ignorare "il resto dei poveri, emarginati ed esclusi dal sistema", sindacati e movimenti dei lavoratori devono "essere esperti in solidarietà".

Non saranno gli appelli del Santo Padre o quelli dei sindacalisti a fermare l'aumento delle diseguaglianze sociali. La legge della miseria crescente è la legge assoluta dell'accumulazione capitalistica e sarà la polarizzazione economica a spingere i proletari a spezzare gli attuali schemi corporativi - mandando a quel paese preti e sindacalisti - e a ritrovare la forza nell'organizzazione immediata territoriale.

La teleconferenza di martedì sera, presenti 10 compagni, è iniziata commentando le ultime news sui Bitcoin.

La moneta digitale nata nel 2009 torna in questi giorni a far parlare di sé. Lo scorso 29 luglio l'Economist ha pubblicato un articolo "Making Bitcoin work better" con il curioso sottotitolo, "a crypto-currency civil war". Alla base del conflitto nella community ci sarebbe la crisi di crescita del bitcoin, che ha registrato un successo superiore alle attese, passando da qualche centinaio di dollari, al suo esordio, a circa 3 mila euro. Secondo i critici la catena di certificazione decentralizzata delle transazioni e il limite della capacità dei blocchi (un megabyte per blocco) ha portato, con l'incremento delle operazioni, a tempi lunghi per la gestione delle stesse e ad un aumento delle commissioni. Difronte alla crescita del volume di affari e di transazioni si sono distinte quindi due "scuole di pensiero": gli sviluppatori tradizionali denominati "core" che si oppongono ad un aumento della capacità dei blocchi, hanno proposto una specie di compromesso, una piattaforma denominata SegWit che prevede uno spostamento parziale della gestione delle transazioni su una rete esterna alla blokchain, mentre il nucleo di "liberalizzatori" non ha accettato il compromesso e ha lanciato una nuova bit moneta chiamata bitcoin cash. Tutto il sistema è assolutamente senza controllo, alla dissipazione del modo di produzione capitalistico si aggiunge quella delle immense farmers dove centinaia di processori in parallelo lavorano per ottenere criptomonete.

Le monete virtuali ormai hanno un loro mercato che gira intorno a 120 miliardi di dollari, cifre per ora irrisorie. Quanto accade nei circuiti delle monete virtuali non è altro che il portato dell'impossibilità di valorizzazione del capitale nella sfera della produzione, effetto della paludosa situazione economica. Un compagno ha letto un passaggio tratto da "Teoria della moneta" (Il programma comunista, 1968):

Pubblicato in Teleriunioni agosto 2017

La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata commentando alcuni articoli riguardanti lo sviluppo della robotica.

A Zurigo, in occasione del Primo Maggio, centinaia di persone vestite da robot hanno marciato chiedendo l'introduzione di un reddito di base incondizionato: l'erogazione di un beneficio economico senza obbligo di accettare un lavoro. La trovata situazionista fa parte della campagna referendaria in vista del voto del prossimo 5 giugno sul reddito garantito. A parte la Svizzera, è buona parte dell'umanità a risultare eccedente rispetto alle esigenze del processo di produzione capitalistico in cui trionfano la robotica, i computer e le reti:

"Nel 2010 Istagram contava su un nucleo di 15 lavoratori che ha prodotto una app usata da 130 milioni di persone per condividere 16 miliardi di fotografie. La Kodak, fallita nel 2012, pilastro dell’industria fotografica, impiegava fino a 145 mila persone. In pratica, oggi 15 persone possono fare il lavoro di 145 mila". (Il manifesto dei robot per il reddito di base di Roberto Ciccarelli)

Pubblicato in Teleriunioni maggio 2016

Rivista n°54, dicembre 2023

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Editoriale: Reset

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Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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