Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  15 maggio 2018

Esorcismi borghesi

La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 12 compagni, è iniziata con alcuni commenti sulle notizie riguardo la formazione del governo in Italia.

La strana unione formata da Lega e Movimento 5 Stelle ha allontanato, almeno per il momento, la proposta di un "governo neutrale", formulata dal presidente Mattarella, e ha lanciato il "governo del cambiamento", attuabile tramite la stipula di un contratto. In Rete circola una bozza di tale accordo che prevede, tra le altre cose, la "cancellazione" di 250 miliardi di euro di titoli di Stato detenuti dalla Banca centrale europea, una pesante revisione dei trattati europei sull'immigrazione e la messa in discussione del patto di stabilità.

Il Financial Times, nell'articolo "Rome opens its gates to the modern barbarians" (Roma apre le sue porte ai moderni barbari), si è espresso con preoccupazione in merito alla formazione di un governo giallo-verde , affermando che "l'Italia è sul punto di insediare il governo più insolito e inesperto che abbia mai guidato una democrazia dell'Europa occidentale dalla firma dei Trattati di Roma del 1957". Secondo il principale giornale economico del Regno Unito, "l'opinione comune nelle altre capitali Ue e nei mercati finanziari era che un governo Cinque Stelle-Lega sarebbe stato il risultato più inquietante. Ora i barbari non si stanno solamente ammassando alle porte di Roma. Sono entrati dentro le mura della città". Anche la Commissione Ue si è fatta sentire, consigliando al Bel Paese di ridurre debito e deficit e rimarcando che tale approccio sarà mantenuto "indipendentemente dal Governo che ci sarà", in particolare sul tema dei migranti. Confindustria, che fino ad ora aveva tenuto un basso profilo, durante l'audizione sul DEF (il Documento di Economia e Finanza per il 2018) ha manifestato forti perplessità sui fondi necessari ad attuare il reddito di cittadinanza e la flat tax.

Insomma, un coro nazionale ed internazionale chiede all'Italia un governo in grado di rassicurare gli investitori, anche perché il paese è il più indebitato d'Europa.

Alla necessità di un partito unico della borghesia, di un esecutivo snello e forte, fa da contraltare l'incapacità storica di realizzarlo, non certo dovuta ai singoli politici o ai partiti, ma ad una classe dominante nel suo insieme, provvista di sempre meno energia. Nell'articolo "Il secondo principio" (n+1 n. 41) abbiamo cercato di analizzare le manifestazioni di entropia che colpiscono le sovrastrutture politiche della classe nemica. Già nel Manifesto del 1848 si afferma che la borghesia è costretta a rivoluzionare continuamente il proprio modo di produrre e quindi tutti i rapporti sociali. Ecco spiegato l'avvento del fascismo nei primi anni '20, realizzatore dialettico delle istanze riformiste del socialismo. Con un'enorme controrivoluzione – che dura ancora oggi – la borghesia riesce a salvare sé stessa ma, sviluppate al massimo le forze produttive, ha visto ridursi gli spazi di manovra politica: il Capitale si è autonomizzato e lo Stato è divenuto uno strumento in mano a questo mostro anonimo.

L'attuale stallo politico italiano non può che attirare le attenzioni degli organismi internazionali, ma è la situazione economica mondiale a produrre questa ingovernabilità, che a sua volta è prodotto e fattore dell'affermazione di partiti populisti e "antisistema". Il tutto è dovuto ad una freccia del tempo che possiamo identificare con la parabola del plusvalore oppure, per restare in ambito termodinamico, con la perdita di energia del modo di produzione capitalistico. Il sistema dei partiti nato nel dopoguerra è riuscito a riprodursi perché esisteva valore in abbondanza da distribuire nella società; oggi ci sono problemi di accumulazione e i precedenti equilibri tendono a saltare. L'Italia, seconda potenza industriale in Europa dopo la Germania e con una importanza geostorica notevole, non può fare la fine dalla Grecia senza che succeda nulla. La Sinistra Comunista "italiana" lo ha detto più di una volta: la penisola si trova a fungere da laboratorio politico per il resto del mondo. Sarà quindi molto interessante vedere come le istituzioni sbroglieranno la matassa e come evolverà il panorama politico italiano nei prossimi mesi.

La realizzazione di uno dei punti programmatici del M5S, quello più sentito dai suoi elettori ovvero il reddito di cittadinanza, porterebbe alla crescita dei consumi e, di conseguenza, spingerebbe i capitalisti ad attivare gli investimenti per aumentare la produttività. Per produttività correntemente si intende "unità di prodotto per lavoratore", oppure "differenza fra l'input e l'output nel processo produttivo" (in quantità o in valore); dal nostro punto di vista essa è la suddivisione della giornata lavorativa in lavoro necessario e pluslavoro o saggio di sfruttamento. In ultima analisi, la misura caldeggiata dai 5 Stelle porterebbe ad un'ulteriore immissione di macchine e tecnologia nei processi produttivi, peggiorando le cose, dato che da pochi operai, pur se sfruttati al massimo, non si può estrarre la stessa quantità di plusvalore ottenuta da molti sfruttati meno. L'aspettativa verso il reddito di cittadinanza è dovuta al fatto che la situazione sociale è disastrosa: i senza lavoro aumentano, dilagano i tirocini, gli stage, e la gig economy sta diventando sistema. Anche il numero dei morti da lavoro, a cui i sindacati rispondono con qualche ora di sciopero a livello territoriale, è in costante aumento (263 dall'inizio dell'anno, fonte Flc Cgil).

Si è poi passati a commentare quanto accade nella Striscia di Gaza, un lager a cielo aperto dove abitano 2 milioni di persone senza alcuna via d'uscita. In un contesto del genere l'unica valvola di sfogo possibile, specie per Hamas, è scaricare la rabbia della popolazione verso un nemico esterno ben identificabile come Israele. Nelle immagini e nei video di questi giorni si vedono folle di giovani palestinesi (circa 30 mila secondo i servizi israeliani) armati di fionde e pietre che vengono falcidiati lungo il confine da cecchini e droni armati di granate. Sembra che la scintilla delle ultime proteste sia stata la decisione di Trump di spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, mossa che serve a rinsaldare i rapporti con Israele e con l'Arabia Saudita in funzione anti-Iran.

Anche a livello interno lo stato israeliano si trova ad affrontare diversi problemi, in primis quello che riguarda la composizione della popolazione della città di Gerusalemme: "Dopo la Guerra dei Sei Giorni, la popolazione complessiva della città era di 267800, di cui 196800 ebrei, e 71000 arabi. Alla fine del 2016, Gerusalemme aveva una popolazione di 882700 abitanti, di cui 550100 ebrei e 332600 arabi. [...] In complesso, dalla sua unificazione, gli abitanti di Gerusalemme sono aumentati del 230%, ma la parte ebraica è aumentata del 180%, contro il 368% nella parte araba. [...] La questione è dunque dove va Gerusalemme da un punto di vista demografico. È una domanda dagli evidenti risvolti politici che non può essere evitata da chi voglia seriamente guardare al futuro, e magari anche influenzarlo." ("Gerusalemme, i numeri del suo futuro", moked/מוקד il portale dell'ebraismo italiano, 05/11/2017)

Anche in Iran la situazione è esplosiva: nell'articolo del Sole 24 Ore "Iran e nucleare, regime più debole per scioperi e caro vita", si elencano gli scioperi in corso di insegnanti, metalmeccanici, ferrovieri (a Tabriz, importante snodo ferroviario), personale ospedaliero e conducenti di bus. Il grande terrore della borghesia locale è che le proteste si estendano anche al settore energetico ed estrattivo bloccando il paese. Durante la rivolta scoppiata lo scorso dicembre a Mashhad, indicativa perché non si sono visti leader e i proletari infuriati si sono scagliati sia contro i moderati che contro i conservatori, uno degli slogan dei manifestanti riguardava proprio l'accusa al governo di sperperare soldi nelle guerre in Siria e Iraq e nel sostegno ad Hezbollah. Il rial iraniano è crollato nel cambio col dollaro, il settore bancario è a rischio e la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi con le nuove sanzioni firmate da Trump. Gli ayatollah non possono fermarsi, devono difendere il ruolo di media potenza dell'Iran nell'area e, così facendo, non possono che acutizzare gli scontri sociali interni. Il proletariato iraniano, numeroso e combattivo, ha una tradizione di lotta di tutto rispetto. L'antiforma potrebbe dunque riaffacciarsi a Mashhad come a Teheran e con questa parola definiamo "i movimenti che proclamano ed attuano l'assalto alle vecchie forme, ed anche prima di saper teorizzare i caratteri del nuovo ordine, tendono a spezzare l'antico, provocando il nascere irresistibile di forme nuove." (Tracciato d'impostazione, 1946)

In chiusura di teleconferenza, abbiamo accennato brevemente a quanto accade in Argentina, paese sull'orlo del collasso. La richiesta di intervento al Fondo Monetario Internazionale cozza con le manifestazioni a Buenos Aires: tutti sanno che in cambio di aiuti in dollari il FMI chiede misure "lacrime e sangue". Lo stato argentino è ricco di risorse, naturali e industriali, ed è stato per un certo periodo attrattore di capitali dall'estero che, venute meno le allettanti condizioni di valorizzazione, se ne sono andati velocemente così com'erano venuti.

Sullo sfondo delle contraddizioni che il capitalismo sta accumulando a livello globale, la teoria marxista sta tornando alla ribalta. Data la ricorrenza del bicentenario della nascita di Karl Marx, sono apparsi su varie testate giornalistiche articoli dedicati al "Red Terror Doctor", come quello sul New York Times intitolato "Happy Birthday, Karl Marx. You Were Right!" oppure quello sull'Economist, "Rulers of the world: read Karl Marx!". Qualcuno ha inoltre notato che il 5 maggio, giorno della sua nascita, Marx appariva praticamente sulla prima pagina di tutti i giornali tedeschi. Tutto questo parlare del rivoluzionario di Treviri non è forse un esorcismo della borghesia contro un ritorno dell'ostinato spettro del comunismo? O, addirittura, non può darsi che non si tratti affatto di uno spettro ma di un qualcosa di più materiale che non si aggira soltanto per l'Europa ma per il mondo intero?

Articoli correlati (da tag)

  • Rivolte, marasma sociale e guerra

    La teleriunione di martedì sera, presenti 17 compagni, è iniziata con una breve presentazione del saggio Riot. Sciopero. Riot. Una nuova epoca di rivolte, scritto nel 2019 da Joshua Clover.

    Secondo lo scrittore e professore di inglese e letteratura comparata all'Università della California "Davis", a partire dal Medioevo si può ravvisare una dinamica storica che vede prima la rivolta, poi lo sciopero ed infine di nuovo la rivolta, ma in forma diversa rispetto alla fase iniziale.

    Nel testo si descrive come, fino al XIX secolo, lo scontro avviene principalmente nell'ambito della circolazione, dato che lì si trovano i beni necessari alla riproduzione. Successivamente, soprattutto con l'entrata in scena del proletariato, si rafforzano le forme di lotta più organizzate, le rivolte combaciano con gli scioperi, e il conflitto si manifesta per la maggior parte con l'interruzione organizzata del lavoro. A partire dalla fine degli anni 60' del secolo scorso, le forme di scontro si fanno sempre più incontrollabili (vedi riot negli USA): finita l'epoca di crescita industriale del capitalismo, l'accumulazione avverrebbe nella sfera della finanza, almeno nei paesi a capitalismo avanzato, dando così inizio ad una fase di espulsione della forza lavoro dalla produzione. Con lo scoppio della crisi industriale, gli afroamericani sono i primi a trovarsi alle prese con seri problemi di sopravvivenza e le rivolte, che assumono apparentemente una connotazione razziale, riguardano in realtà le condizioni di milioni di proletari. La seconda fase della rivolta, o rivolta prime, come la chiama Clover, si pone quindi direttamente in conflitto con lo Stato, poiché esso dispone di strumenti di repressione e controllo che le società precedenti non avevano, raggiungendo livelli di sofisticazione mai visti prima. Gli scioperi moderni toccano la circolazione di uomini e soprattutto di merci, dal trasporto aereo ai treni, dalla logistica ai petroliferi. I gilet jaunes, ad esempio, a partire dal 2018 hanno occupato le principali vie di comunicazione bloccando autostrade e rotatorie. La logistica connette il tessuto produttivo ed è fondamentale nell'epoca del just in time e della produzione senza magazzino.

  • I civili obiettivo principale della guerra moderna

    Durante la teleriunione di martedì sera, presenti 17 compagni, abbiamo fatto il punto sulla guerra israelo-palestinese e, più generale, sui problemi che attanagliano il presente modo di produzione.

    Il 1° dicembre scorso sono ricominciate le azioni militari dell'esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Dopo il cessate il fuoco, che ha reso possibile lo scambio di prigionieri, il conflitto è ripreso: se nella prima fase l'offensiva di terra si era concentrata sulla parte nord della Striscia, adesso le operazioni si stanno spostando verso sud, anticipate da intensi bombardamenti. Centinaia di migliaia di civili palestinesi, sfollati dal nord, sono in trappola: non possono tornare nelle loro case e i valichi verso Egitto e Israele sono chiusi. Ed ora i raid dell'aviazione israeliana sono diretti proprio nelle zone precedentemente indicate come sicure.

    Un carro armato Merkava pesa all'incirca 60 tonnellate e fatica a muoversi in un contesto urbano; per questo motivo, le IDF hanno raso al suolo interi quartieri e praticato lo sgombero forzato di parte della popolazione della Striscia. Le truppe israeliane entrano in un territorio senza civili, vuoto, perlustrando isolato per isolato, zona per zona, per stanare i "terroristi".

  • Un sistema che non conosce sé stesso

    La teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 17 compagni, è iniziata con il commento delle notizie riguardanti OpenAI, uno dei più avanzati laboratori di ricerca nel campo dell'Intelligenza Artificiale (IA).

    La startup che ha elaborato ChatGPT ("Chat Generative Pre-trained Transformer"), un sistema linguistico LLM ("Large Language Model") basato sull'apprendimento automatico profondo, recentemente è salita all'onore delle cronache per il licenziamento di uno dei suoi fondatori e CEO, Sam Altman. Da quanto si può leggere sui giornali, sembra che l'allontanamento di Altman ad opera del consiglio di amministrazione rientri nello scontro in atto tra i sostenitori di due diversi approcci nello sviluppo dell'intelligenza artificiale, ed in particolare riguardo allo sviluppo di un nuovo progetto denominato Q*. ChatGPT produce risultati in base ad un calcolo probabilistico, legato alla statistica del linguaggio; Q*, invece, sarebbe un sistema autonomo in grado di "superare gli esseri umani nei compiti con il maggiore impatto a livello economico" (Wired).

    Secondo la Reuters, lo scontro verterebbe sulle precauzioni da adottare verso lo sviluppo del progetto: mentre la maggioranza del consiglio di amministrazione richiedeva una maggiore cautela, sembra che Altman spingesse per la sua commercializzazione. Nei giorni successivi al licenziamento, Microsoft, il maggior finanziatore della società, si è fatta avanti per assumere Altman, e più di 700 dipendenti hanno minacciato di andarsene per seguire il loro ex-capo. OpenAI nasce nel 2015 come organizzazione di ricerca senza scopo di lucro; qualche anno più tardi, nel 2019, viene affiancata da un braccio commerciale che si occupa di attrarre gli investimenti e gestire i profitti. All'interno della startup è presente la corrente dell'altruismo efficace, un movimento filosofico che si propone di applicare la ricerca scientifica e la tecnologia per migliorare il mondo, e di mettere in pratica la massimizzazione dei profitti per incentivare le donazioni economiche a favore dei problemi sociali.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email