Stampa questa pagina
  • Venerdì, 14 Aprile 2023

Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  11 aprile 2023

Tendenza generale alla guerra

La teleconferenza di martedì, presenti 16 compagni, è iniziata riprendendo il tema affrontato la scorsa settimana, ovvero il confronto tra Cina e Stati Uniti. Come abbiamo scritto nell'articolo "Accumulazione e serie storica", la Cina è allo stesso tempo rivale e partner fondamentale degli USA. Si fa dunque sempre più evidente un modello globale assolutamente schizofrenico.

La proiezione di potenza cinese vede nel Pacifico il suo sbocco naturale. Hanno suscitato parecchio rumore sui media i tre giorni di esercitazioni compiuti da mezzi navali ed aerei cinesi intorno a Taiwan. Dopo la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, il Kuomintang si rifugiò sull'isola trasformandola in uno stato indipendente, mai riconosciuto dalla Cina (e anche dai quattro membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU), che continua tuttora a considerare il territorio taiwanese come una propria estensione.

Alle esercitazioni cinesi, meno intense rispetto a quelle dell'anno scorso quando la Speaker della Camera degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, si recò in visita a Taiwan, sono seguite le manovre americane: mobilitazioni congiunte con le forze armate filippine che hanno visto lo schieramento di migliaia di uomini e di un cacciatorpediniere che, secondo la Cina, "è entrato illegalmente nelle acque vicino alla barriera corallina cinese di Meiji nelle Nansha (isole contese note anche come Spratly). Queste isole sono disputate da Vietnam, Filippine, Cina, Malaysia, Taiwan e Brunei. Sono un gruppo di atolli naturali e artificiali, alcuni dei quali costruiti da Pechino per piazzare basi militari in mezzo al Mare Cinese Meridionale.

Le visite di rappresentanti europei in Cina, come l'incontro tra Emmanuel Macron e Xi Jinping, rientrano in un quadro che vede le borghesie nazionali del Vecchio Continente cercare di ricavarsi il proprio spazio di manovra. Il presidente francese ha ribadito la necessità di una strategia economica europea autonoma rispetto a Cina e USA, rivendicando una sorta di "terzo polo" geopolitico. In realtà, l'Europa, nata disunita, non esprime interessi unitari e si trova schiacciata dal rullo compressore americano.

Potrebbe scoppiare una guerra tra USA e Cina? Di che natura? Combattuta con quali armi? Una prima risposta la troviamo nel volantino "La Quarta Guerra Mondiale": questa forma sociale ha una tendenza generale alla guerra. Per non venire risucchiati dal vortice della propaganda di guerra e per trovare risposte più articolate, bisogna senz'altro ricorrere alla teoria dei giochi, al wargame. L'Indo-Pacifico è il mare della Cina, e Taiwan, oltre ad essere importante dal punto di vista economico (è tra i maggiori produttori al mondo di chip), è vista come parte dello spazio vitale cinese. Il Pacifico è diventato un'autostrada per le merci in partenza dalla Cina verso gli Stati Uniti, e i porti della West Coast americani i suoi hub strategici. Lo aveva compreso Occupy Wall Street, che li ha bloccati con gli scioperi del 2012.

Abbiamo visionato diverse cartine geopolitiche, alcune pubblicate dalla rivista Limes, in cui si vede chiaramente la strategia di contenimento della Cina operata dagli USA, che hanno tutto l'interesse a mantenere il paese asiatico dentro il suo Mare, soffocandolo attraverso la pressione esercitata da paesi come Giappone, Filippine, Vietnam, Malesia, Australia. Pechino, a sua volta, tenta di uscire da questo cul-de-sac, con il progetto della Nuova Via della Seta (che arriverebbe fino a Lisbona), e con la strategia del "filo di perle", mirata a consolidare la sua presenza nell'Oceano Indiano fino a Gibuti, dove ha un sua base navale. Inoltre, cerca di internazionalizzare la sua moneta, il renminbi, e negli ultimi anni ha stabilito accordi separati con paesi come Argentina, Australia, Brasile, Gran Bretagna, Indonesia, Russia, Singapore, Corea del Sud, Svizzera ed Emirati Arabi Uniti.

La difficolta degli USA nel mantenere la propria egemonia sul resto del Pianeta è una delle spiegazioni sia del conflitto russo-ucraino, sia della crescente tensione nei Mari Cinesi. Tuttavia, questa perdita di energia è il riflesso dello stato in cui si trova il capitalismo come modo di produzione. Nella rivista numero 11, "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana", avevamo cercato di fare il punto su quanto stava succedendo nel mondo con le guerre in Iraq e Afghanistan, e analizzato la guerra moderna che diventava, per bocca degli stessi teorici neocons americani, infinita, totale, senza limiti.

Così come Taiwan è un importante snodo geopolitico su cui si concentrano una serie di tensioni internazionali, anche l'Ucraina è diventata il luogo dove si svolge un braccio di ferro tra le grandi potenze imperialistiche.

Il paese dell'est Europa non è certo all'avanguardia per quanto riguarda gli armamenti (che ha infatti ereditato dall'Unione Sovietica) e non ha grandi possibilità. I carri armati Leopard 2 inviati dall'Occidente hanno, ovviamente, dei corrispettivi nei carrarmati russi, anch'essi dotati di alta tecnologia. L'Ucraina potrà dunque fare ben poco, anche se aumenterà il numero dei mezzi intelligenti in dotazione; basti ricordare che la Russia conta circa 12.000 carri armati e 30.000 mezzi corazzati (fonte: Global firepower): in termini di potenza di fuoco, l'esercito russo è il secondo al mondo, dopo quello statunitense. Dai documenti segreti americani diffusi on line si evince che la NATO sta finendo le munizioni da inviare agli Ucraini, i quali hanno subito perdite molto più ampie rispetto ai Russi. Sembra, inoltre, che il sistema di difesa aerea di Kiev possa crollare a breve.

Negli ultimi mesi i rapporti interimperialistici si sono ulteriormente inaspriti, e ciò è dovuto ad un'instabilità generale del sistema. La crescita economica e produttiva della Cina non è accompagnata da una relativa proiezione militare e politica; il colosso cinese avrebbe bisogno di espandersi verso Africa, America latina, Medioriente e soprattutto Europa, più di quanto abbia fatto fino ad ora. Ciò è dovuto al bisogno di materie prime, di cibo, ma anche alla necessità di sbocchi per le proprie merci. Il dollaro è una delle armi più importanti in mano gli Americani per mantenere il potere sul resto del mondo ed il loro vero nemico non è la Russia (basti fare un confronto tra i due PIL). Gli ultimi accordi cinesi sull'uso delle valute negli scambi internazionali dimostrano che è in corso il tentativo di svincolarsi dal dominio del dollaro. Ma sappiamo che un passaggio di consegne alla guida del mondo capitalistico non è possibile, mentre appaiono sempre più mature le condizioni per un crollo generale.

In realtà, il sorpasso della Cina sugli USA c'è già stato, almeno dal punto di vista del PIL misurato in potere d'acquisto. Pechino ha una popolazione lavorativa superiore rispetto a quella americana e se non ci sarà un intervento militare diretto, allora il superamento riguarderà anche il PIL nominale (secondo alcune proiezioni entro il 2030-35), accompagnato dalla crescente riduzione del divario tecnico militare.

I problemi con cui gli USA hanno a che fare riguardano anche altre aree del pianeta, ad esempio nello Stato d'Israele, loro avamposto nel Medioriente. "Israele contro Israele" è il titolo del prossimo numero di Limes, dedicato alla violenta crisi politica e sociale che ha investito il paese.

Un'altra sfida a cui devono far fronte gli USA riguarda l'intelligenza artificiale, vedi la rincorsa della Cina allo sviluppo di proprie chatbot analoghe al più conosciuto ChatGPT. Questo tipo di tecnologie sono utilizzate anche nella ricerca di tipo militare, abbiamo visto per esempio l'importanza dei satelliti per i conflitti che verranno. L'appello firmato da Elon Musk e altri mille accademici per chiedere una moratoria di sei mesi allo sviluppo dell'IA generative fa venire in mente il passo del Manifesto del Partito Comunista, in cui si dice che la società borghese rassomiglia allo stregone divenuto impotente nel dominare le potenze sotterranee da lui stesso evocate. La sostituzione massiccia di lavoro vivo con quello morto va a minare il funzionamento che sta alla base del capitalismo, e ormai sono sempre più numerosi i borghesi che scrivono libri e articoli sulla fine del lavoro e sulla disoccupazione tecnologica.

Nell'articolo "Un modello dinamico di crisi", riprendendo il modello standard "Mondo3" del MIT-Club di Roma, avevamo indicato il 2030 come data in cui si incroceranno diverse curve dell'andamento capitalistico. L'ultimo libro dell'economista Nouriel Roubini si intitola La grande catastrofe: dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere. Sembra che gli stessi capitalisti non possano più ignorare l'accumularsi all'orizzonte di grosse nuvole nere.

Il capitalismo ha importanti problemi di funzionamento, che si ripercuotono sulla stabilità degli Stati. In Francia, nelle ultime settimane, c'è stata una grande mobilitazione contro l'aumento dell'età pensionabile, che ha prodotto una "polarizzazione sociale". Gli scioperi continuano e la collera resta alta. Negli striscioni e negli slogan vergati sui muri o scanditi nei cortei, è significativo il riferimento all'importanza del tempo libero, al furto di vita perpetrato dai padroni, al rifiuto del lavoro. Con la pandemia di COVID-19 è emerso il fenomeno delle Grandi Dimissioni, partito dagli USA e presto approdato in Europa. In quel periodo ha avuto successo il canale Reddit Antiwork. Un atteggiamento di questo tipo contro il lavoro non si vedeva da decenni, adesso è arrivato il turno della Francia, che vede in piazza oltre ai salariati anche molti giovani delle scuole.

Articoli correlati (da tag)

  • Capitale destinato ad essere cancellato

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con un focus sulla situazione economico-finanziaria mondiale.

    Abbiamo già avuto modo di scrivere delle conseguenze di una massa enorme di capitale finanziario (il valore nozionale dei derivati è di 2,2 milioni di miliardi di dollari) completamente slegata dal Prodotto Interno Lordo mondiale (circa 80 mila miliardi annui). Quando Lenin scrisse L'Imperialismo, fase suprema del capitalismo, il capitale finanziario serviva a concentrare investimenti per l'industria, che a sua volta pompava plusvalore. Oggigiorno, questo capitale non ha la possibilità di valorizzarsi nella sfera della produzione, perciò è destinato a rimanere capitale fittizio e quindi, dice Marx, ad essere cancellato.

    Nell'articolo "Accumulazione e serie storica" abbiamo sottileneato che è in corso un processo storico irreversibile, e che non si tornerà più al capitale finanziario del tempo di Lenin e Hilferding. In "Non è una crisi congiunturale", abbiamo ribadito come il rapido incremento del capitale finanziario è una conseguenza del livello raggiunto dalle forze produttive. La capacità del capitale di riprodursi bypassando la produzione materiale è un'illusione, e il ritorno alla realtà è rappresentato dallo scoppio delle bolle speculative. Ogni strumento finanziario è necessariamente un espediente per esorcizzare la crisi di valorizzazione, nella speranza di poter trasformare il trasferimento di valore in creazione del medesimo.

  • L'attenzione verso il linguaggio

    La teleconferenza di martedì sera è iniziata riprendendo gli argomenti trattati durante la riunione pubblica tenuta a Milano lo scorso 20 aprile.

    La conferenza, incentrata sul tema "Guerra e nuove tecnologie", si è tenuta presso il circolo anarchico Bruzzi-Malatesta. Al termine della riunione sono state poste alcune domande riguardo la socializzazione del capitale e le strutture fisiche alla base della guerra cibernetica, che ci hanno dato l'occasione di ribattere alcuni chiodi teorici. L'impressione che abbiamo avuto è stata positiva sia per la presenza di giovani che per l'attenzione del "pubblico" durante lo svolgimento di tutta la relazione.

    L'acutizzarsi della guerra e lo sviluppo di nuove armi fanno parte di un processo unico, di una dinamica di crisi strutturale del capitalismo. I fatti hanno la testa dura, dice Lenin, e la realtà si incarica di fare piazza pulita delle vecchie "questioni" che in passato sono state motivo di interminabili dibattiti (partito, sindacato, ecc.). Nell'introduzione alla relazione di Milano è stato ribadito che il capitalismo non può funzionare senza l'estrazione di plusvalore, e che la guerra, fenomeno invariante, si è trasformata nel tempo essendo soggetta al modo di produzione che la esprime. Engels nota che l'innescarsi della dialettica cannone/corazza porta all'intensificazione del conflitto, motivo per cui, ad esempio, ben presto le barricate risultano obsolete rispetto all'impiego dell'artiglieria.

  • La guerra e il suo contesto

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi del recente attacco dell'Iran ad Israele.

    Secondo un portavoce dell'esercito israeliano, nell'azione compiuta nella notte tra il 13 e il 14 aprile l'Iran ha impiegato 170 droni, 30 missili da crociera e 120 missili balistici, che sono stati quasi tutti abbattuti. L'attacco è stato simbolico, le nazioni arabe erano state avvertite e probabilmente anche gli Americani; dopo il bombardamento di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco il primo aprile scorso, Teheran non poteva non rispondere. Gli USA hanno chiesto ad Israele di evitare una reazione a caldo e di pazientare, onde evitare un'escalation; gli Iraniani hanno dichiarato che se Israele lancerà un nuovo attacco essi colpiranno più duro: "Con questa operazione è stata stabilita una nuova equazione: se il regime sionista attacca, sarà contrattaccato dall'Iran."

    Teheran è all'avanguardia nella produzione di droni, ha sviluppato un'industria bellica specializzata e vende queste tecnologie alla Russia ma anche ad Algeria, Bolivia, Tagikistan, Venezuela ed Etiopia.

    Ciò che sta accadendo in Medioriente conferma l'importanza del lavoro sul wargame, a cui abbiamo dedicato due numeri della rivista (nn. 50 - 51). I giochi di guerra servono a delineare scenari futuri, e le macchine amplificano le capacità dell'uomo aiutandolo a immaginare come potrebbero svilupparsi i conflitti in corso. Gli eserciti e gli analisti militari che lavorano con i wargame sono in grado di accumulare grandi quantità di informazioni, ma sono però costretti a vagliarne solo una parte. È un dato oggettivo: i big data vanno ordinati e l'ordine risente dell'influenza di chi applica il setaccio.