Stampa questa pagina

Appunti per una geopolitica del petrolio

Riunione del 24-11-02 Torino

(Attenzione: i dati sono stati citati a memoria)

- Materie prime: tecnologie sostitutive solo in alcuni casi.
- Rame, petrolio, uranio, no.
- Ma il petrolio più "speciale" di altri (massa e irriciciclabilità).
- Geologia del petrolio - Perché - 85 carbonio, 12 idrogeno, 3 altro
- Decomposizione di materia organica (associazione con fossili)
- Distillazione di scisti bituminosi (attività vulcanica)
- Altre ipotesi (formazione della Terra? Comete?)
- Conseguenze sulle stime delle riserve e sulla dislocazione.
- Petrolio e teoria della rendita - da 2 dollari a 34 (1974-78).
- "Avere" il petrolio o controllare i flussi di valore?
- Ovvero: è sbagliato parlare di "guerra del petrolio".
- Geografia del petrolio e geopolitica.
- Graduatoria produzione: 1) Ex URSS, 2) USA, 3) Arabia, 4) Kuwait, Iraq, Iran.
- Cifre consumo in mld barili: USA 7,3; Japan 2,3; UE 5,2; World 28.
- Cina: 4,4% della produzione, 6,4% del consumo (in progressione geometrica).
- Cina e India a metà consumo italiano pro capite = 13,8 mld barili.
- 84% delle riserve = primi 10 produttori (7 islamici).
- Russia, Cina e India verso l'Asia Centrale (emergenza degli stati ex URSS)
- Priorità degli interessi USA: Vitali, strategici, importanti.
- Geopolitica e schieramenti: chi deve conquistare territorio e chi no (USA)
- Contrapposizioni a coppie o triplette di stati.
- Utilizzo delle contrapposizioni da parte degli USA
- Ergo: balcanizzazione continua
- Esempio Afghanistan: consegna delle regioni ai signori della guerra

Rapporto sintetico

In vari articoli della rivista abbiamo fatto molto velocemente delle osservazioni sul tema del petrolio ma non abbiamo mai scritto un articolo specifico su questo argomento. Abbiamo sfiorato l'argomento del petrolio non come materia prima ma come veicolo di valore. In effetti troviamo spesso sulla stampa un luogo comune che vuol far credere che in Medio oriente, in Afghanistan e nelle aree dove ci sono i giacimenti in tutto il mondo ci sarebbero tensioni per una non ben definita guerra del petrolio. Siamo nuovamente al tipo di proposizione che era molto comune negli anni 1974-75 durante la prima crisi petrolifera o ancora nel 1978 ( secondo shock petrolifero), guerra del Golfo e via discorrendo. Noi abbiamo negato che si possa dire – a parte quando parliamo tra compagni o facciamo propaganda, o sintetizziamo nelle assemblee ecc. – che la guerra per il petrolio sia una guerra per una materia prima. Si tratta di qualcosa di completamente diverso. Per capire esattamente tutto quello che abbiamo detto fino ad oggi bisognerebbe innanzitutto raccogliere tutti i riferimenti sparsi che abbiamo inserito negli articoli, se riusciamo a partire dai fondamenti della questione si capisce che parlare di guerra del petrolio è perlomeno improprio.

Il petrolio come tutte le materie prime come l'energia, l'elettricità e semilavorati do ogni genere entra come capitale costante nel ciclo della produzione capitalistica ovvero entra a far parte del valore del prodotto. Abbiamo visto con Marx che tutto quello che è capitale fisso è tale perché passa poco per volta nella merce finale. In realtà, se noi vediamo il processo nel tempo notiamo un flusso continuo di materiali ( dalla natura alla merce) per cui chiamarlo capitale fisso risulta improprio se non specifichiamo cosa vogliamo dire; chiamiamo capitale fisso nella misura in cui non è ancora consumato ma è capitale circolante dal momento che fluisce nel prodotto finale. Questo non succede al petrolio, perché il petrolio dovrebbe essere una merce particolare? Ci sono delle ragioni ovvie, nel senso che viene estratto dalla terra e scambiato in masse così grandi che non ci ha equivalenti rispetto ad altre materie prime. Il carbone nell'economia attuale è relativamente più importante di quanto lo fosse nell'epoca della rivoluzione industriale, questo perché mentre cresceva la necessità di carbone durante la rivoluzione industriale vi era ancora la possibilità di utilizzare, e si utilizzava di fatto, altri tipi di energia come quella idrica o addirittura animale. La prima osservazione che dobbiamo fare è che il petrolio comincia a diventare una materia prima un po' particolare per la sua natura di prodotto della terra che viene scambiato in masse enormi, anche alla luce del fatto che nel mondo vengono consumati 28 miliardi di barili all'anno, una cifra enorme.

Il problema nasce dal fatto che il petrolio – come tutte le materie prime – è distribuito geograficamente in maniera non uniforme, è chiaro che in una società che poggia sulla proprietà accade che qualcuno impedisca l'accesso al giacimento di petrolio, cosa che del resto succede per tutte le materie prime. C'è però una differenza: mentre le altre materie prime ( ad esempio i metalli, il rame ecc.) sono riciclabili il petrolio non lo è. Questo significa che in situazioni di emergenza – come furono gli embarghi del 1974-75 o del '78 – si può utilizzare la riserva dei metalli esistente mentre allo stesso tempo si procede a riciclare quello già prodotto, il petrolio invece è una materia prima che viene bruciata per produrre energia e per costruire plastica, viene estratta e immediatamente consumata. Quando Mussolini ha avuto bisogno di costruire carri armati, siccome c'era il blocco economico, ha demolito tutte le cancellate e il ferro inutilizzato in giro per l'Italia e lo ha fuso per costruire carri. Quest'operazione non si può fare con il petrolio, tant'è vero che in Germani avevano sintetizzato la benzina per far funzionare gli automezzi dal carbone e da altri elementi.

Evidenziamo due proprietà della materia prima: 1) grande massa in circolazione, largo utilizzo e scambio, localizzazione geografica non uniforme. 2) Il petrolio non si può riciclare.

Il petrolio ha una caratteristica particolare: quasi dappertutto nel mondo – a parte piccole oscillazioni che valgono molto per quanto riguarda i prezzi di mercato ma che dal punto di vista fisico contano abbastanza poco – è fatto di 85 parti di carbonio, 12 di idrogeno, 3 di altro ( zolfo e impurità varie). Il petrolio presenta una composizione chimica molto particolare che ha portato i ricercatori a pensare, quando non sia avevano ancora molte conoscenze su questo tipo di materiale, che fosse un prodotto della distillazione di rocce particolari ( bituminose ecc. ecc.) per cui se ne sarebbero trovate nella terra grandissime quantità, sebbene difficili da trovare. Una prima teoria sosteneva che si trattasse di un prodotto minerale dovuto alla formazione della geologia della terra. Questa teoria è stata abbandonata molto presto quando il petrolio è incominciato ad essere consumato in grandissime quantità e molto empiricamente avevano notato che nelle aree dove si trovava petrolio si riscontravano presenze di fossili, di residui di vita organica ecc. ecc. Queste nozioni di base servono per capire la discussione in corso a proposito della ricerca e della valutazione delle riserve. Per quanto riguarda la zona del Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan ecc. ecc. si sa valutare con sufficiente precisione la quantità di gas presente come riserve, con una precisione dall'1 al 3. Questo significa che potrebbero esserci tra i dieci miliardi di metri cubi e i trenta miliardi di metri cubi, questa è una valutazione, tutto sommato, precisa. Per quanto riguarda il petrolio le valutazioni vanno da 1 a 10, quindi da dieci miliardi a cento miliardi di metri cubi ( non abbiamo per il momento dati precisi), esiste un grosso scarto sulle previsioni di utilizzo di questo materiale. Rispetto alle due ipotesi di origine del petrolio ( inorganica o organica) era diventato quasi automatico basare la ricerca del petrolio sul fatto che il ritrovamento della materia era abbinato a certi tipi di rocce e depositi organici ecc., per cui attraverso metodi che presupponevano la conoscenza della geologia del luogo, trivellazioni e microsismi provocati artificialmente, si riusciva a trovare del petrolio. Con quel sistema si era riusciti a fare una mappatura delle riserve mondiali fino al 2001 che dava certe cifre. La crisi petrolifera ha seguito la comparsa di certe pubblicazioni, certi modelli come quello del M.I.T sui Limiti dello sviluppo dove si diceva che le riserve petrolifere, conosciute attraverso gli strumenti dell'epoca, sarebbero durate per dieci o vent'anni ( da 1 a 2). Una previsione, anche questa, abbastanza precisa. Oggi sappiamo che non è vero, è stato trovato moltissimo petrolio e le riserve nel frattempo si sono dilatate nonostante il consumo di petrolio da parte dei paesi capitalisticamente sviluppati sia cresciuto in misura esponenziale rispetto al recente passato. Negli ultimi anni è stata rivalutata la teoria dell'origine fossile del petrolio ( non organica) perché il fatto che le previsioni basate sulla teoria organica siano state smentite derivava probabilmente dalla correttezza dell'impostazione secondo cui il petrolio ha un origine geologica, cioè non organica. Vi sono anche altre teorie minori come quella secondo cui la materia prima ha avuto origine, nell'epoca della formazione della terra, dalla dinamica di impatto tra un corpo celeste e la terra; la teoria sarebbe avvalorata dalla medesima composizione fisico chimica che hanno le comete e il petrolio ( carbonio- idrogeno- altro). Abbiamo degli esempi come Giove che è composto di ammoniaca, idrocarburi ecc. ecc. che di per sé non ha bisogno di comete per giustificare la presenza di petrolio nel sottosuolo che esiste abbondantemente sotto altra forma. Questo significa che se fosse vera questa teoria ( non organica) non ci sarebbe bisogno di nessuna guerra del petrolio perché di petrolio ce ne sarebbe in abbondanza; l'importante sarebbe riuscire a trovarlo ( tenendo presente che i costi di produzione per l'estrazione della materia prima non sono gli stessi in tutti i giacimenti dato che il petrolio si trova a profondità diverse nei differenti punti della mappatura) . Il tempo ha dimostrato che si è trovato petrolio in luoghi dove non ci si aspettava assolutamente che fosse, questo darebbe fiato alla teoria di tipo geologico o cosmico ecc. ecc. Il punto è importante, perché se le riserve del petrolio fossero effettivamente sufficienti solo per dieci anni si avvicinerebbe inesorabilmente il punto di catastrofe del modo di produzione capitalistico. Vale la pena di ricordare che nel 1974-75 dopo la guerra del Kippur, il blocco delle esportazioni e l'aumento da 2 dollari al barile al massimo toccato nel 1978 di 34 dollari al barile è stata aumentata di diciassette volte, nel giro di pochissimi anni, la ripartizione del plusvalore mondiale fissata nella materia prima petrolio che la rendita distribuiva all'epoca alle banche americane e inglesi.

La teoria geologica dell'origine del petrolio ha influito moltissimo sulla strategia degli Stati Uniti d'America, è evidente. Gli USA sono il secondo produttore mondiale di petrolio, sebbene il petrolio made in USA non sia tanto pregiato dal punto di vista della qualità, hanno pozzi profondi di cui la maggior parte è in via di esaurimento, in particolare la zona Texas e Golfo del Messico. Per quanto riguarda i pozzi in Alaska sono difficilmente raggiungibili e poi bisognerebbe portare il petrolio attraverso il Canada con ulteriori difficoltà. Gli Stati Uniti, sebbene dopo la Russia sia il maggior produttore di petrolio si trova in grosse difficoltà, la sua leadership è minacciata da vicino da altri stati, resterà secondo produttore ancora per poco tempo, anche questo fatto concorre nella determinazione della strategia generale americana rispetto al resto del mondo. Dunque la Russia1 è il primo produttore mondiale, secondi sono gli USA, terzo produttore mondiale è l'Arabia Saudita, al quarto posto troviamoli blocco mediorientale formato da Kuwait, Iraq e Iran. I primi dieci produttori di petrolio del mondo hanno l'84% delle riserve mondiali, di questi dieci paesi produttori ben sette sono paesi islamici. Se il petrolio fosse di origine organica – dato che la biomassa del periodo geologico in cui si è formato il petrolio non poteva essere che una quantità determinata che si conosce con estrema precisione – allora sarebbe effettivamente finito fra poco tempo. Quindi gli Stati Uniti avrebbero assolutamente la necessità di fare qualcosa prima che le loro riserve siano finite. È importante sottolineare che nella strategia americana la questione delle riserve di energia non è mai posta ad esaurimento. Gli americani stanno cercando di risparmiare al massimo la loro estrazione di petrolio perché, nonostante dispongano anche di petrolio messicano2 non possono assolutamente basarsi esclusivamente sul petrolio prodotto in casa propria, pena il rapido esaurimento delle riserve. Gli Stati Uniti devono consumare prima di tutto il petrolio prodotto dagli altri paesi perché non possono permettersi di rimanere senza riserve. Sono obbligati a conservarsi alcuni miliardi di barili di petrolio in caso di guerra.

È vero che gli USA hanno una potenza sufficiente per andare direttamente a agguantare il petrolio dovunque si trovi, ma nel frattempo resterebbero senza e quindi verrebbe meno anche la possibilità di andarselo a prendere.

Un altro fatto importante va ad influire nella strategia planetaria degli USA è che gli Stati Uniti non potrebbero estrarre il petrolio di cui abbisognano – a meno di non trattare la questione petrolifera come si sta trattando l'agricoltura cioè farla diventare esclusivamente una faccenda di Stato – se il petrolio non andasse al di sotto di un certo prezzo al barile. Abbiamo visto, con tabelle e dati passati, che il petrolio americano viene estratto tra i 9 e i 12 dollari il barile ( prezzo di produzione), il petrolio dell'Arabia Saudita dicono i sauditi si aggira intorno ai 6 dollari anche se sembra che questo dato non corrisponda la vero. Secondo Luttwack i sauditi barano perché il prezzo reale dell'Arabain Light sarebbe di tre dollari al barile. È chiaro che gli americani, dopo la svalutazione del dollaro che è seguita alla crisi del 1971, avevano tutto l'interesse affinché il prezzo del petrolio salisse questo perché loro stavano estraendo ancora molto petrolio in casa e l'aumento del prezzo della rendita permetteva ai loro pozzi di rimanere aperti2. Un riscontro importante che rappresenta un'altra capitolazione importante della borghesia nei confronti del marxismo è stato quando l'aumento del prezzo del petrolio ha reso conveniente sfruttare i giacimenti del Mare del Nord che sono ancora peggio di quelli dell'Alaska. Non sappiamo esattamente a quanto ammonti il costo tecnico di produzione per l'estrazione del petrolio nel Mare del Nord sta di fatto che, immediatamente, all'epoca della crisi petrolifera ( '74-'78) il prezzo del petrolio di riferimento non era più l'Arabian Light e il libico senza zolfo ma è diventato il Brent del Mare del Nord. È chiaro che il mondo oramai si è stabilizzato e poi sono state trovate altre riserve. Il dato che ne ricaviamo è questo: se gli Stati Uniti mantengono il loro controllo – tolta l'URSS – sul produttore che viene immediatamente dopo vuol dire che hanno risolto il problema. Dunque è vero che possiamo dire che c'è una guerra del petrolio ma questa va intesa dal punto di vista della strategia globale degli Stati Uniti, non si tratta certo di una guerra per la conquista di un territorio in particolare come succedeva nel vecchio colonialismo. Ma questo non basta, c'è molto di più dietro a questo fatto. Abbiamo visto che sui primi dieci produttori di petrolio che hanno l'84% delle riserve mondiali, ben sette sono paesi islamici3. Interessante notare che la dinamica della storia ha determinato la presenza dei paesi islamici proprio nei territori ricchi di giacimenti petroliferi. Se questo fatto può ben dirsi accidentale certamente non è un caso che in questo momento ci siano conflitti nel mondo su questa determinazione storica e geologica. La domanda che ci dobbiamo porre per uscire dal dilemma guerra per il petrolio o meno è questa: perché gli Stati Uniti non possono fare degli accordi con gli altri paesi – come hanno fatto con l'Arabia Saudita – prendersi il loro petrolio, pagarlo standosene tranquilli dato che nessuno glielo nega?

Questa sarebbe anche una "decisione di tipo marxista" visto che i pastori dell'Arabia, dell'Iran o dell'Iraq non avrebbero potuto storicamente far bere il petrolio alle pecore, né lo Scia di Persia avrebbe potuto di punto in bianco mettere in piedi le distillerie, le fabbriche chimiche ecc. ecc.

È evidente che i paesi medio orientali erano costretti a vendere il petrolio a chi lo consumava. Come scritto in due nostri Fili del Tempo4 il prodotto del sottosuolo – in particolare il petrolio – è di chi lo consuma e non certo di chi ci fa pascolare le pecore sopra. La materia prima va messa in rapporto al suo utilizzo e non al suo proprietario, perché è vero che la proprietà dipende dal fatto che esistono stati nazionali, la proprietà privata ecc. ma se nessuno consumasse petrolio il titolare del sottosuolo non potrebbe sedersi al banchetto dove si attua la ripartizione del plusvalore mondiale. Fino al 1974 il petrolio veniva portato via quasi gratis da queste regioni; questo non poteva continuare perché nel frattempo sono nate delle borghesie nazionali e anche un industria nazionale in quei luoghi. La politica petrolifera dei paesi sviluppati, in special modo quella degli Stati Uniti, avrebbe potuto continuare anche così, ovvero pagando il petrolio che, tutto sommato, non incide gran che sul prodotto mondiale lordo5. Gli Stati Uniti arriveranno nel giro di pochi anni dopo gli ultimi provvedimenti ad avere 450 miliardi di dollari di spesa militare, attualmente non arrivano a 300 miliardi. Questo meccanismo, incominciato nel 1975 con l'esplosione della crisi petrolifera dura oramai da ventisette anni. Questa piccola cifra del P.M.L. che si accumulava tutti gli anni, si orientava nei primi tempi verso le banche americane ed inglesi; i paesi islamici hanno investito i loro petrodollari in Occidente e quindi la rendita è stata effettivamente il tramite ( come scritto nel nostro quaderno sull'accumulazione) per rivitalizzare addirittura il sistema.

È successo che capitali (plusvalore) che sono stati portati via brutalmente dall'occidente sono tornati nello stesso occidente attraverso investimenti dei paesi arabi, che intascavano solamente la loro quota di plusvalore come rendita fondiaria. Negli anni questo meccanismo è cambiato. L'accumulo di petrodollari andato avanti nel tempo aveva portato ad una situazione di prassi consolidata per cui nel 1989 nasce un organismo che si chiama Islamic Banking, ovvero il sistema bancario islamico. Le maggiori banche dei maggiori paesi islamici che erano i manipolatori di questi capitali hanno cominciato a consorziarsi6 . Al mondo non esiste più paese islamico la cui banca non sia legata a questa specie di consorzio. Abbiamo visto che l'accumulo secco di questi capitali ammonta a circa 2000 miliardi di dollari: mentre 900 miliardi di dollari non è gran che sul movimento mondiale di capitali, 2000 miliardi di dollari sono invece una cifra considerevole. È per questo che il petrolio diventa qualcosa di più importante di una semplice materia prima, questo abbiamo cercato di spiegare anche in rapporto all'esigenza militare degli Stati Uniti. Attraverso il lavoro morto accumulato i paesi islamici incominciano ad aver la potenzialità di mettere in moto lavoro vivo per 2000 miliardi di dollari, cifra che corrisponde ad un quinto del prodotto interno lordo americano.

Con la radicalizzazione della situazione attuale la questione non può che peggiorare, anche perché incominciano ad esserci paesi islamici che si aggiungono alla lista; mentre noi parliamo di Arabia Saudita, Kuwait,Iran,Iraq e Indonesia6 tutta la fascia che va dal Caucaso ai confini orientali fino all'Afghanistan è ricca di riserve petrolifere.

Dunque, se la prospezione delle riserve è fatta sulla base dell'origine organica del petrolio abbiamo 10, se la prospezione è fatta sulla base dell'origine geologica del petrolio allora abbiamo ben altre cifre. Se si stabilisce la validità della seconda ipotesi allora l'Asia centrale diventa effettivamente il cuore del mondo, l'area di cui parla Amadeo nel filo del tempo Il pianeta è piccolo7 dove in una nota c'è una rivalutazione di tipo materialistico che dice " vedete che anche i borghesi arrivano sul nostro terreno, questi "geopolitici" sono costretti ad ammettere che il mondo è fatto in un certo modo e sono le determinazioni materiali e non la politica a muovere governi, uomini, eserciti ecc. ecc."

Quindi la geopolitica viene fatta rientrare – anche se imbastardita dal contatto con l'ideologia borghese – nel nostro più completo concetto di aree geostoriche. Infatti, sempre nel filo del tempo citato si dice molto chiaramente che il prossimo futuro si giocherà sul controllo del cuore del mondo, si ricorda che Mackinder aveva anticipato l'importanza di questo nucleo. Mackinder scriveva dopo Kipling e all'epoca del dominio inglese in quell'area l'Afghanistan era diventato il perno attorno al quale giravano gli interessi di Inghilterra che controllava l'India e la Russia con la quale erano arrivati allo scontro. Engels componendo una voce per un enciclopedia scrive degli articoli proprio sulle campagne militari di quell'epoca e come Marx teneva d'occhio i movimenti militari in quell'area.

L'ipotesi che la zona dell'Afghanistan diventi il perno della politica mondiale dei prossimi anni è effettivamente realizzata, non tanto attraverso il petrolio in sé quanto per quei 2000 miliardi di dollari e soprattutto per le potenzialità che possono emergere dal Caucaso e dall'Asia Centrale. Questo fatto sballa qualsiasi calcolo della fattibilità di una politica imperialistica dal punto di vista della percezione che ne hanno gli Stati Uniti. Si capisce che al di là del fatto che Bush dica questo o quell'altro, al di là che ci sia un governo di destra o di sinistra, al di là dei killer estemporanei o dei grattacieli che saltano, ci sono delle ragioni materiali che fanno muovere gli uomini attorno ad un ipotesi particolare. Questa ipotesi non è tanto quella di andarsi a prendere con la forza il petrolio perchè dal punto di vista imperialistico se lo prenderebbero comunque: non è fare una guerra che costa caro, la balcanizzazione di quell'area costerebbe niente, in vero ci sono dei problemi più gravi.

Il perno non esisterebbe se ci fosse Bin Laden da far fuori oppure se esistessero gli Uzbeki con cui trattare. Durante la guerra dell'Afghanistan nel giro di pochissime settimane l'Uzbekistan ( che si trova a nord ovest dell'Afghanistan) ha stipulato degli accordi politici con gli Stati Uniti che riguardano aiuti, interscambio ecc. ecc. senza dimenticarci che l'Uzbekistan è oramai sede stabile di basi americane, da cui sono partiti i b-52 per bombardare l'Afghanistan.

La strategia americana per la difesa dei suoi interessi – come scritto recentemente in un documento ufficiale – è divisa in tre blocchi: 1) Interessi vitali 2) Interessi strategici 3) Interessi importanti. Tutta l'America latina, dai tempi della dottrina Monroe rientra tra gli interessi vitali, tutto il centro Asia è strategica, tutto il mondo è importante. In questo documento c'è scritto che l'Uzbekistan è l'unico paese, in questo momento, che potrebbe destabilizzare ( proprio perché è alleato degli Stati Uniti e fa affidamento su questa sicurezza) gli altri paesi e avere mire espansionistiche e quindi territoriali. Il documento mette in guardia il governo degli Stati Uniti dicendo che questa è una tendenza potenziale che va frenata, non bisogna lasciare l'Uzbekistan a se stesso bisogna guidarlo, ovvero controllarlo. Conosciamo la situazione dell'Afghanistan: gli Stati Uniti non hanno interesse ad occupare il territorio perché questo comporterebbe una guerra senza sosta ecc. preferiscono utilizzare le partigianerie locali con qualche killer sparso a far servizi sporadici. L'Afghanistan in questo momento è diviso tra cinque tribù dei cosiddetti "signori della guerra"; l'etnia Pasthun controlla l'est del paese, i Tagiki sono al nord, al sud troviamo i ???, le tribù degli sciiti sono stanziati all'est ai confini con l'Iran mentre il famigerato generale ex russo che controlla Kandahar.

Gli USA hanno diviso l'Afghanistan tra cinque signori della guerra che sono indipendenti dal governo centrale mentre allo stesso tempo sono tributari degli Stati Uniti proprio attraverso il governo centrale, nel senso che la loro esistenza è condizionata dal volere degli americani. Gli Stati Uniti non hanno avuto nessun intenzione, già dall'inizio, di mantenere unito l'Afghanistan: hanno mosso la guerra ai Taleban che dopo la guerra con l'URSS avevano unificato il paese per la prima volta, riportando il sistema alle condizioni precedenti.

Altro punto importante: La Cina che attualmente non compare né tra i primi produttori di petrolio, né tra i primi consumatori è sicuro che tra qualche anno diventerà il primo consumatore mondiale di petrolio con il suo miliardo e trecento milioni di abitanti, a seguire ci sarà l'India. Se i cinesi e gli indiani dovessero consumare petrolio in una quantità pari alla metà rispetto a quanto si consuma in Italia – e questo potrebbe avvenire nel giro di dieci o quindici anni – i 2000 miliardi di dollari aumenteranno in misura esorbitante. Il sistema della banca islamica incomincia a pompare plusvalore dal mondo in maniera enormemente superiore alla possibilità di un reale utilizzo, questo diventa una massa destabilizzante che sicuramente provocherà qualche catastrofe. Il cuore del mondo che fa da perno attorno agli interessi dei paesi che gravitano nell'area coinvolge gli Stati Uniti, la Russia, l'Europa, la Cina e forse un giorno l'India senza dimenticarci del Giappone.

Nella geopolitica quando si parla dello spazio vitale degli USA, dell'Africa ecc. ecc. si dicono delle cose anche banali. Quando si arriva a parlare della massa asiatica incominciano i problemi come quelli che si verificano nel gioco del Risiko dove le determinazioni materiali pesano come macigni. Chiunque conosca il gioco sa che conquistare l'Asia è difficilissimo ma una volta conquistata è sicura la vittoria.

La geopolitica della zona è già praticamente stabilita dagli esisti della seconda guerra mondiale, la Russia non può avere due fronti di guerra: se nella seconda guerra mondiale i giapponesi, anziché andare a sud, fossero scesi in URSS è evidente che i russi non avrebbero potuto marciare su Berlino, avrebbero dovuto dividere l'esercito in due parti – e questo è forse l' "errore" più grave dal punto di vista strategico commesso dall'Asse. Questo per sottolineare che la Russia non può combattere nemici ad est e ad ovest del suo territorio, stesso discorso possiamo fare per la Cina: non può essere nemica della Russia e anche del Giappone, questo è evidente.

Gli Stati Uniti giocheranno su queste triplette di Stati ( che significa che ogni Stato non può essere circondato). Naturalmente per gli Usa è facile buttare l'India contro il Pakistan oppure contro la Cina, la Corea contro il Giappone ecc. ecc. solo nella misura in cui non si lascia passare il tempo sufficiente a che la Cina diventi una potenza. È in questo contesto che si inserisce il documento ufficiale pubblicato dalla Casa Bianca sulla guerra preventiva.

Questo che abbiamo detto vale a sottolineare che la guerra del petrolio non è solo una conseguenza della necessità degli americani di mettere la benzina nelle proprie automobili, è qualcosa di una portata enormemente maggiore, c'è allora la possibilità che la guerra preventiva diventi effettuale. Ma allora qualcuno potrebbe pensare che gli USA partiranno in guerra alla cieca bombardando con le atomiche indiscriminatamente Iraq, Iran, Cina ecc. ecc. per assicurarsi di essere l'ultimo e unico sopravvissuto ecc. ecc. Questo non potrà succedere, funzionerà tutti in un altro modo: se l'Europa disturba troppo sarà inevitabile una balcanizzazione che dai Balcani passi per l'Italia, nodo strategico della politica interna americana in funzione anti europea. Se la Cina dovesse alzare troppo la cresta sarà facile scatenare i mussulmani cinesi contro il regime di turno. Stesso discorso per l'India che potrebbe vedersi 150 milioni di pakistani scagliarsi contro in nome di una guerra santa qualsiasi per la questione del Kashmir ad esempio. Il mondo si sta movendo irreversibilmente verso un instabilità totale e probabilmente è una situazione tipo Afghanistan all'ennesima potenza. Il piano per l'Iraq era, già nel 1991, la costituzione di un Kurdistan indipendente e smembrare l'Iraq in tre zone: 1) Kurdistan 2) Iraq propriamente detto 3) parte sciita da mettere eventualmente con l'Iran che sarebbe a sua volta stato smembrato tra una parte araba e una persiana. Stranamente il mondo sembra fatto apposta per questo tipo di politica perché la geografia è fatta così e le popolazioni sono insediate così, il colonialismo ha contribuito a preparare Stati completamente artificiali. Facciamo degli esempi: quando la Giordania ha appoggiato l'Iraq nella guerra del Golfo immediatamente c'è stat una sollevazione islamica e Re Hussein è stato costretto a prendere 34 Fratelli Mussulmani sugli 80 parlamentari a disposizione. Il governo di Hussein era un governo laico mentre i Fratelli Mussulmani arrivano dalla moschea d'Egitto che ha partorito la Jiahd.

Domanda: I petrodollari che si accumulano nella Islamic Bank come vengono utilizzati?

Risposta: Non sappiamo ancora con precisione come vengono utilizzati questi soldi ma una cosa è certa: un conto è mettere i soldi nelle banche occidentali dove, giusta Marx, i possessori di capitali in cambio di un interesse danno il capitale al sistema creditizio e pertanto smettono di essere padroni di quel capitale ( il capitale è di chi lo utilizza, all'investitore corrisponde un interesse). I petrodollari venivano quindi utilizzati dagli inglesi e dagli americani soprattutto per stimolare l'economia nel sistema creditizio occidentale. Adesso questi capitali vengono utilizzati nel sistema creditizio locale che però è praticamente finito, nel senso che l'Arabia Saudita ha costruito città nuove per tutti suoi abitanti, gli Emirati hanno fatto lo stesso. Gli unici paesi che hanno grande popolazione ed ampie possibilità di sviluppo sono l'Iraq e l'Iran ( 30-40 milioni di abitanti cadauno) che però sono sotto stretta sorveglianza e sono bloccati nel loro sviluppo, non si trovano nelle condizioni più favorevoli per poter utilizzare i capitali. Probabilmente questi denari in questo momento sono utilizzati in giro per il mondo investiti nel sistema di credito soprattutto occidentale. In questo caso il proprietario del capitale non è più la banca americana, come lo era prima della nascita dell'Islamic banking, ma bensì la banca islamica che si muove liberamente negli Stati Uniti. Quando lo Scià di Persia comperava i grattacieli a New York non si preoccupava nessuno, allo stesso modo di quando i giapponesi compravano il Rockfeller Center; quello che preoccupa è il fatto che la massa di capitali investiti non è controllabile dall'Occidente ma risponde alle prerogative dei centri di potere islamici.

Probabilmente l'obiettivo degli americani non è l'Iraq, è l'Arabia Saudita come abbiamo detto in diversi lavori. Gigantesche basi americane sono insediate in tutto il Medio Oriente a dimostrazione che gli USA sentono sempre più la necessità di insediarsi stabilmente nell'area. Come abbiamo scritto nel nostro quaderno sulla Guerra del Golfo i 500 mila uomini mandati per la guerra all'Iraq servivano in realtà per impiantare basi stabili in Arabia Saudita, tant'è vero che il Manifesto di guerra di Bin Laden inneggiava contro l'introduzione degli infedeli in Arabia Saudita. Se avremmo modo e tempo di studiare il movimento della Jihad vedremo che c'è una continuità incredibile tra le azioni degli Stati Uniti e quello che la Jihad fa succedere. Ad esempio: nel 1975 quando in Indonesia cade Sukarno e c'è il contro colpo di stato di Suarto vengono massacrati in una notte 500 mila cosiddetti comunisti, il servizio è stato svolto da un commando islamico ( che si occupato dell'organizzazione logistica ed ha agito in collaborazione con l'esercito) legato alla comunità internazionale islamica dei Fratelli Mussulmani. È noto che la faccenda è stata pilotata dagli americani.

Altre considerazioni:

Se il petrolio è di sintesi geologica ovvero se è venuto fuori per distillazione per calore di rocce bituminose ce ne sarebbe molto di più rispetto all' origine biologica della trasformazione della bio- massa nelle passate estinzioni di massa.

La smentita delle previsioni degli anni settanta è dovuta al fatto che sono state inventate nuove tecniche di introspezione e soprattutto di trivellazione, la guerra del Golfo era nata perché il Kuwait trivellava su tutta la linea di frontiera con l'Iraq per mezzo di tecniche ( importate dagli americani) che perforavano in diagonale, pilotando la testa della trivella andavano a succhiare petrolio all'Iraq. Tra l'altro la prassi di prelevare il petrolio del vicino è oramai consolidata anche in Texas dove ogni proprietario perfora al confine.

Domande e osservazioni in margine alla riunione

Nella riunione si sottolinea che il problema legato alla guerra del petrolio non ha niente a che vedere, come vuol dare ad intendere la maggior parte della stampa borghese, con discorsi che riguardano una scarsità assoluta della materia prima. L'importanza che nella nostra analisi riveste il petrolio non è tanto legata alla materia prima in sé, quanto ciò che ci interessa maggiormente è il petrolio come tramite di valore di un flusso di capitali che si sposta irreversibilmente dal sistema finanziario occidentale a quello dei paesi islamici attraverso l'Islamic Banking. Questo fatto importantissimo è carico di conseguenze dal punto di vista degli equilibri dell'imperialismo. Per quanto riguarda il ruolo del petrolio in quanto materia prima ci sarebbero alcune cose da chiarire:

Negli anni Cinquanta e Sessanta era presente un grande afflusso di petrolio a basso costo proveniente dal Medio Oriente, tant'è vero che nel1959 le compagnie petrolifere tagliarono per ben due volte il prezzo del greggio in Venezuela ed in Medio Oriente senza consultare governi di questi paesi. La reazione è stata la nascita dell'OPEC che ha riunito i maggiori paesi produttori. Successivamente alla guerra arabo-israeliana del Kippur nel 1973 i paesi arabi grazie a una forte influenza nell'OPEC riducono drasticamente la produzione di greggio tanto che il prezzo al barile aumenta di quattro volte. Sappiamo che gli Stati Uniti hanno assorbito benissimo l'aumento dei prezzi perché questo fatto ha consentito di rivalorizzare gli obsoleti giacimenti domestici. Se è vero che gli Stati Uniti non hanno accusato il colpo dell'embargo petrolifero dei paesi arabi non possiamo dire la stessa cosa per quanto riguarda Europa e Giappone, entrambi fortemente dipendenti dalle importazioni di energia (maggiormente il Giappone). Lo shock petrolifero ( negli anni intorno al 1975) ha innescato una profonda crisi economica che naturalmente ha avuto delle ripercussioni sulla classe operaia.

Aumento della produzione significa in fondo maggiore consumo delle materie prime energetiche da parte di tutti paesi capitalisti ed una conseguente dipendenza dall'approvvigionamento estero e dal mercato mondiale; tale dipendenza è accentuata nei paesi che non hanno riserve proprie di energia. Siccome il petrolio, quale fonte primaria di consumo energetico, entra a far parte del prezzo finale di una merce come costo di produzione e più in generale come capitale costante influisce nella formulazione del saggio di profitto dell'economia di un paese, allora le domande sono queste:

1) L'insediamento del perno americano nel "cuore del mondo" può essere vista anche in funzione di un controllo indiretto dell'autonomia europea nell'approvvigionamento degli idrocarburi influenzando la capacità concorrenziale delle imprese capitalistiche europee, o ancora come un impedimento per il riemergere del monopolio russo sulle vie del gas naturale e del petrolio nella prospettiva di un integrazione sempre più stretta Russia-Europa? La guerra cecena contro la Russia è un prolungamento effettivo di quella nei Balcani per ostacolare questa integrazione economica? I fratelli mussulmani sono forse parenti dello zio Sam?

2) Quanto è importante sottolineare la concorrenza tra USA, Europa e Giappone nel controllo planetario delle materie prime a basso costo di produzione? Può essere che da questo punto di vista il sistema sia stabile, dal momento che è terminata la fase del quantitativismo produttivo?

3) Quali vantaggi ha l'industria di un paese x a rivolgersi alla finanza islamica piuttosto che a quella occidentale?

4) A parte gli Stati arabi più o meno canaglia potrebbero esserci anche in Occidente forze economiche ostili agli Stati Uniti che si rivolgono all'Islamic Banking?

5) Se una parte sempre maggiore di plusvalore prodotto nei paesi occidentali non ritorna più a casa questo significa che per far sopravvivere il capitalismo occorrerebbe un maggiore sfruttamento del proletariato occidentale, cosa che non sembra quasi più possibile visto che già ora si produce pochissimo plusvalore e quello che c'è si centralizza, con conseguente espulsione di forza lavoro che diventa sovrappopolazione relativa.