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  • Venerdì, 13 Giugno 2014

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  • Resoconto teleriunione  10 giugno 2014

Conoscenza, linguaggio, rivoluzione

A pochi giorni dal 56° incontro redazionale, abbiamo cominciato la teleconferenza (a cui si sono collegati 16 compagni) con una breve presentazione dell'integrazione prevista per la mattinata di domenica su Engels, la dialettica e il tributo a Hegel.

Lucio Colletti, allievo di Galvano della Volpe, scrive Il marxismo ed Hegel, testo in cui tenta di mettere in luce le affinità del materialismo dialettico con la filosofia hegeliana. In realtà a subire l'influenza di Hegel non fu Marx, che già negli scritti giovanili taglia i ponti col filosofo tedesco, ma Engels che, attratto da Hegel in gioventù, non riuscirà mai del tutto a liberarsi dal linguaggio e quindi dalla dialettica del maestro.

Colletti ha il merito di riconoscere questa influenza, per il resto lo scritto è un tentativo maldestro di liquidare con faciloneria la dialettica. Egli sostiene che la nozione dialettica di movimento definita nell'Antidühring di Engels è scorretta poiché fondata sulla logica hegeliana, a sua volta basata sul paradosso della freccia di Zenone, che, a dire dell'autore, è edificato su una semplice ambiguità semantica. Riprendendo l'elaborazione teorica del polacco Adam Schaff, il filosofo italiano tenta di confutare Zenone, per poi negare Hegel, e quindi Engels e il materialismo dialettico.

In Vulcano della produzione o palude del mercato? Bordiga tratta diversamente il paradosso del moto della freccia: inserendolo nella storia della conoscenza umana e considerandolo dal punto di vista degli strumenti che nella sua evoluzione la specie si è data per conoscere, esso rappresenta la conquista da parte dell'umanità della logica del continuo. Zenone dimostrò che, dato che il moto esiste, necessita concludere che sulla traiettoria – finita – i punti sono infiniti, e che la freccia percorre spazi "evanescenti" in tempi "evanescenti", ma tuttavia il rapporto di questi spazi a questi tempi dà la velocità, concetto concreto e finito.

L'integrazione di domenica mattina, approfondimento di un aspetto della relazione di apertura dell'incontro (La filosofia sta allo studio del mondo reale come l'onanismo sta all'amore sessuale completo), si collega ad un altro dei temi sviluppati durante la riunione, ed in particolare alla figura di Carlo Cattaneo e al suo scritto Invito alli amatori della filosofia (1857), in cui il fondatore de Il Politecnico sostiene che l'unico modo per la filosofia di mantenere una funzione sociale è quello di fare i conti con la scienza ("La filosofia è lo studio del pensiero: sommo sforzo del pensiero è la scienza").

La teleconferenza è quindi proseguita con la lettura di un articolo di Michel Bauwens pubblicato sull'Huffington Post e poi sul sito occupywallstreet.net. Il fondatore della P2P Foundation, seguendo le linee-guida tracciate nell'ultimo libro di Jeremy Rifkin, propone delle interessanti considerazioni rispetto al futuro prossimo del capitalismo e soprattutto della società a venire.

Secondo Bauwens la crisi del capitalismo contemporaneo, dovuta ad un costo marginale delle merci vicino allo zero (The Zero Marginal Cost Society, Rifkin), rappresenta uno dei segnali più evidenti della fase di transizione in atto, la quale può essere meglio compresa guardando alle transizioni del passato e agli elementi del sistema emergente già presenti in questa società.

Nel lungo articolo l'autore dapprima descrive le invarianze che caratterizzano il passaggio da un modo di produzione all'altro (crisi del sistema, esodo della classe produttiva, minoranza della classe dominante che getta le basi della nuova società), e successivamente individua nel mondo dei collaborative commons e delle peer-driven economies (o common economy) i caratteri emergenti del nuovo sistema che sta soppiantando un capitalismo in via d'estinzione perché incapace di generare profitto. Nell'ultima parte del testo Bauwens descrive l'esperienza in Ecuador dove sta lavorando ad un progetto governativo impostato sull'ottica della transizione in atto, e fornisce quindi dei suggerimenti per sincronizzarsi con essa.

Non dobbiamo stupirci se temi a noi familiari cominciano a trovare spazio sui media mainstream. Al di là di alcune ingenuità e di un'analisi carente dal punto di vista politico, Bauwens riesce a cogliere aspetti fondamentali del periodo storico che stiamo vivendo. Ad esempio la contraddizione capitalistica per cui vengono sviluppati dal Capitale stesso gli elementi che ne rappresentano la negazione ("[...] think Facebook, paradoxically enabling and empowering self-organization and p2p social logics on a global scale"), o la possibilità di una sorta di stigmergia nell'organizzazione della produzione immateriale quanto materiale della società.

Quello che notiamo è piuttosto un problema di linguaggio. Per quanto transfughi di classe i borghesi scrivono e parlano un linguaggio borghese, ma è altrettanto vero che molto del nostro ci è stato "rubato" dalla controrivoluzione stalinista. Finiamo nuovamente nel paradosso: se il linguaggio non cambia non può esserci una rottura rivoluzionaria, se non c'è rottura rivoluzionaria non cambia il linguaggio.

Marcati sintomi di società futura sono sicuramente quelli che emergono da quanto sta accadendo in Brasile, dove la protesta ha assunto risvolti mondiali. Non si tratta solo di un facile gioco di parole: la dinamica in atto per cui i singoli interessi trovano forma in movimenti generalizzati, assumendo una dimensione globale, mostrano una nuova soglia raggiunta dal "movimento reale" e segnano il passo verso una sincronia mondiale. Fenomeni di autorganizzazione nei quartieri, vertenze estese alla maggior parte dei settori della società, solidarietà internazionale (vedi ad esempio comunicato degli autoferrotranvieri italiani), e dall'altra parte polizia ed esercito a pattugliare le strade armati dalla testa ai piedi, descrivono una situazione di potenziale guerra di classe. Lo Stato è costretto a eliminare il suo connotato moderno essenziale, che è quello di gestire il rapporto fra gli elementi della produzione e l'ambiente in cui agiscono, cioè il mercato. Muore il welfare e lo Stato si riduce a strumento di repressione poliziesca (Crisi di valorizzazione, abisso del debito).

Anche se c'è chi ancora crede che il tutto possa essere ricondotto all'interno della solita dialettica rivendicativa, il livello potenziale di violenza espresso dal Brasile è altissimo. Dice Marx: "Ciò che le nazioni hanno fatto in quanto nazioni, lo hanno fatto per la società umana, ciascuna ha sperimentato fino in fondo per le altre più nuovi punti centrali di determinazione". Quello che sperimenta un paese, vale per il resto del mondo e non si ritorna indietro. Ha ragione Bauwens: siamo di fronte a qualcosa di epocale. Se da una parte è disarmante constatare che nel "movimento" ancora resistono le vecchie incrostazioni demo-riformiste, dall'altro vediamo che quando questi movimenti generalizzati prendono piede tutto viene trascinato come da un'onda anomala. Al contrario di una crescita graduale secondo cui tutti arrivano mano a mano a prendere coscienza, si verifica una dinamica per cui la rivolta si diffonde velocemente e assimila tutto; dopodiché emergono organismi bio-cibernetici, tipo il turco Taksim Solidarity, costretti a muoversi in base agli input che provengono dalla società e non rispetto a quello che pensano i suoi diversi componenti.

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