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  • Sabato, 12 Luglio 2014

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  • Resoconto teleriunione  8 luglio 2014

Verso il superamento dei dualismi

La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 14 compagni, è cominciata discutendo delle possibili riconversioni dell'industria automobilistica. E' assai probabile che l'ormai superato picco del petrolio porti l'estrazione del combustibile fossile a costi insostenibili, e questo, insieme alla crisi del settore dell'auto afflitto da sovrapproduzione cronica, sta spingendo i grandi gruppi industriali, energetici e finanziari, ad investire massicciamente in un nuovo mercato: quello della propulsione elettrica.

Il vetusto motore a scoppio è caratterizzato da una bassissima resa termodinamica e in buona sostanza dissipa il 70% dell'energia contenuta nella benzina o nel gasolio. Il motivo per cui ancora è utilizzato è dovuto solo al fatto che, nonostante sia un mostro dissipativo colpevole per il 13% delle emissioni di gas derivate dall'attività umana, fa parte di un ciclo produttivo così enorme e così compenetrato nella società del Capitale che oppone una inerzia tremenda al cambiamento. Oltretutto per la maggior parte del tempo le automobili stanno ferme come se fossero ferraglia buttata in mezzo alle strade. Le forme di produzione e accumulo di energia per i motori elettrici sono sostanzialmente due. La prima utilizza l'idrogeno per il processo elettrochimico generante energia nelle cosiddette fuel cell; l'altra appositi pacchi di batterie di vario tipo che accumulano l'energia elettrica immessa dalle comuni prese di corrente o da apposite colonnine di rifornimento. Le batterie più comuni sono quelle a ioni di litio, ma si stanno studiando dei modelli ad altissima capacità di accumulazione e velocità di ricarica a base di nanostrutture di carbonio.

Ma produrre automezzi a "emissioni zero", termine di gran moda oggi, non risolverebbe il problema visto che l'energia necessaria a farli muovere proverrebbe da centrali termoelettriche; semplicemente lo si sposterebbe dai tubi di scappamento alle ciminiere. Il vero nodo della "questione" è un altro. Se non si risolve alla radice l'abnorme concentrazione di esseri umani stipati in metropoli, attratti là dove il Capitale si concentra, nelle fabbriche, nelle banche, negli uffici, non si potrà nemmeno porre un freno al caotico traffico cittadino ed extraurbano.

Solo una forma sociale che superi la divisione città-campagna potrà ridurre drasticamente l'insensato traffico odierno e risolvere il problema dell'inquinamento e della dissipazione energetica. Già negli anni '50 il programma della nostra corrente puntava all'arresto "delle costruzioni di case e luoghi di lavoro intorno alle città grandi e piccole, come avvio alla distribuzione uniforme della popolazione sul territorio. Riduzione della velocità e del volume del traffico" (cfr. punto "g" del Programma rivoluzionario immediato, Riunione di Forlì del 1952). In questa società le nuove tecnologie per la mobilità rimangono in ogni caso fonte di profitto; nella società futura esse saranno utilizzate e perfezionate ulteriormente per il benessere complessivo della nostra specie una volta dissolta la legge del valore. Sarà allora possibile rendere complementari la produzione di energia da fonti rinnovabili e il bisogno dell'umanità di muoversi. E lo stesso vale per ogni altro "progresso" tecnico che ci lascerà in eredità l'ormai senile modo di produzione capitalista.

La teleriunione è proseguita commentando il materiale circolato in questi giorni nella nostra rete di lavoro riguardante il fenomeno dell'entanglement, in particolare relativamente ai suoi risvolti teorici e pratici. E' un tema affascinante della fisica quantistica e rappresentò un rompicapo per lo stesso Einstein, che pure può essere considerato il padre di tale disciplina, grazie ai suoi studi sulle proprietà corpuscolari della luce (fotoni), che gli valsero il premio Nobel. Quando due particelle sono entangled, intrecciate, presentano correlazioni tra alcune quantità fisiche osservabili, indipendentemente dalla loro distanza.

A livello quantistico, per poter determinare la proprietà di una particella, occorre necessariamente interferire con essa: da qui il famoso paradosso del gatto di Schrödinger, che non si sa se sia vivo o morto prima che venga aperta la scatola che lo contiene. La questione ora è questa (ed è una questione che ha portato Einstein a diventare nel tempo critico severo della meccanica quantistica, in contrapposizione alla scuola di Copenaghen): prima che il gatto (ovvero la particella) venga visionato, esso è in una condizione ben precisa (vivo o morto) o, come direbbero alcuni, è vivo e morto allo stesso tempo? Secondo l'interpretazione di Copenaghen, infatti, è solo l'atto di osservare la particella che la costringe ad assumere una data proprietà o, come dicono i fisici, che comporta il collasso della funzione d'onda, vale a dire la "scelta" di uno dei probabili valori fra quelli che la proprietà può assumere. Secondo Einstein, supportato nel 1935 da Rosen e Podolsky, quest'ultima ipotesi conduce, proprio nel caso di particelle entangled, ad un assurdo: l'introduzione di "raccapriccianti azioni a distanza". Solo in questo modo si spiegherebbe il fatto che il collasso della funzione d'onda di una particella determini istantaneamente il collasso della funzione d'onda anche di quella ad essa "intrecciata", a qualsiasi distanza quest'ultima sia. La questione fu studiata nel secondo dopoguerra da Bell, che la formalizzò matematicamente, e successivamente da Aspect e Zeilinger, i quali condussero una serie di esperimenti con particelle distanziate diversi chilometri, che portarono a verificare gli effetti dovuti all'entanglement. I risultati ottenuti sono dirompenti, sia per le conseguenze che hanno in ambito teorico, sia per quello che potrebbero comportare nel campo delle applicazioni. Come spiega Odifreddi in una sua conferenza pubblica, due sono le conseguenze da un punto di vista teorico: o cade il principio di realtà, ovvero si afferma che nell'infinitamente piccolo le proprietà sono determinate solo dall'atto dell'osservare (non manca chi trae conclusioni alla Berkeley in questo caso - "esse est percipi"); oppure cade il principio di località, ovvero tutto è intrecciato, tutto si tocca, secondo una concezione continua ed olistica del mondo. Sarà chi vivrà nella futura forma sociale forse a sciogliere questi nodi: l'attuale modo di produzione, come ben sappiamo, porta alla frammentazione del sapere della specie e riflette la sua ideologia nei campi più impensabili. Nell'attesa di capire qualcosa in più, i ricercatori lavorano alle applicazioni partendo dalla constatazione che, "sottigliezze teoriche a parte", la meccanica quantistica funziona. Se veramente si è in grado di trasferire informazione in modo istantaneo, cosa vieta di immaginare un computer dalla velocità di calcolo infinita? Per ora i primi calcolatori quantistici sembrano piuttosto inefficienti, in confronto a quelli a base di silicio, ma il lavoro in questi campi è frenetico. Le potenze imperialiste fanno a gara, sognando di creare la macchina in grado di violare qualsiasi password in un istante; noi antiformisti pensiamo che stanno lavorando per noi e che questi strumenti un giorno potrebbero rivelarsi di estrema utilità nell'organizzare in modo razionale la vita di specie, oggi frantumata dall'infernale ingranaggio capitalista.

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