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  • Venerdì, 21 Ottobre 2016

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  • Resoconto teleriunione  18 ottobre 2016

L'esercito dei senza riserve in un mondo al collasso

La teleconferenza di martedì scorso, presenti 15 compagni, è iniziata commentando le news dall'Iraq in guerra.

L'assedio di Mosul è la dimostrazione pratica che Daesh è in forte difficoltà, ma che anche le forze anti-Califfato non se la passano bene. All'operazione militare stanno partecipando i peshmerga curdi, quel che resta dell'esercito iracheno, diverse milizie sciite controllate dall'Iran, 1500 combattenti iracheni addestrati dalla Turchia, e le forze antiterrorismo irachene addestrate dagli americani. Ammesso che Mosul venga liberata, le conseguenze sarebbero disastrose dal punto di vista dei morti e degli sfollati (la metropoli ha una popolazione che varia dai 2 ai 3 milioni di abitanti) per non parlare di cosa potrebbe succedere dopo.

Come detto in più occasioni, il mondo borghese è fuori controllo, il Capitale si è autonomizzato, gli stati nazionali stanno collassando e all'orizzonte si profila una guerra generalizzata di tutti contro tutti. Nella guerra moderna non si affrontano più grandi eserciti e la situazione che si sta prospettando a Mosul fa pensare a quella di Aleppo, ovvero macerie e distruzione. Nessuno degli attori in campo dispone della forza necessaria per imporre un ordine, ed Usa e Russia si guardano bene dal mandare soldati in Medioriente. L'ultima volta che gli americani hanno messo piede in Iraq hanno speso, secondo Joseph Stiglitz, circa 3 mila miliardi di dollari e non hanno risolto nulla.

Si è poi passati a commentare notizie di economia partendo dalla brusca frenata dell'export della Cina. Il crollo delle esportazioni cinesi è del 10% rispetto allo scorso anno e ormai il paese asiatico è passato dalla crescita a doppia cifra alla manifestazione di tutti i sintomi del capitalismo senile.

Anche in Italia vediamo le conseguenze dell'invecchiamento dell'attuale modo di produzione: continua a crescere il numero dei proletari pagati con i voucher, l'Inps segnala che nel periodo gennaio-agosto 2016 ne sono stati venduti 96,6 milioni con un incremento, rispetto ai primi otto mesi del 2015, pari al 35,9%. E mentre i sindacati confederali ignorano il problema, quelli di base non trovano niente di meglio da fare che chiamare i loro iscritti a lottare per la difesa della Costituzione. La totale cancellazione delle "garanzie" libera irreversibilmente i proletari dai vecchi schemi sindacali obbligandoli a riscoprire l'organizzazione di lotta territoriale.

In Lavoro salariato e Capitale e Salario, prezzo e profitto si mette bene in chiaro il nesso inscindibile tra salari e prezzi, per cui se si abbassa il salario medio si abbassa anche il costo della vita. Questa dinamica porta alla deflazione, la bestia nera degli economisti. Come se non bastasse, in Occidente la popolazione invecchia e i giovani hanno sempre meno possibilità di trovare lavoro. Il salario diviene sempre più incerto e più precaria la condizione di vita. Nel Rapporto 2016 sulla povertà e l'esclusione sociale (Caritas) si parla di 4,5 milioni di poveri sul territorio nazionale, dato che conferma quanto scritto dalla nostra corrente in Lotta di classe e "offensive padronali":

"La situazione di tutti i senza-riserva, ridotti a tale stato perché sono dialetticamente essi stessi una riserva, è stata dalla esperienza di guerra spaventosamente aggravata. La natura ereditaria dell'appartenenza alle classi economiche fa sì che essere senza riserva è cosa più grave che essere senza vita. Dopo il passaggio delle fiamme di guerra, dopo i bombardamenti a tappeto, i componenti della classe lavoratrice, non meno che dopo ogni altro disastro, non solo perdono con la massima probabilità la contingente occupazione, ma si vedono distrutta anche quella minima riserva di proprietà mobile che in ogni abitazione è data da suppellettili rudimentali".

La citazione ci fa venire in mente le masse di disperati (senza-riserva) che attraversano i mari e i deserti, in fuga dalla fame e dalla guerra.

Lo scontro di classe si farà sempre più netto, 99% contro 1%. Il movimento Occupy Wall Street era composto da giovani e meno giovani indebitati, senza assistenza sanitaria, senza garanzie, senza nulla da perdere (vedere il sito "We are 99%", dove sono pubblicati a migliaia gli scorci di vita di aderenti al movimento). Proprio dove massima è l'alienazione, nella società americana, è nato un movimento autorganizzato in grado di costituire decine di community collegate in rete. Dopo la Rivoluzione d'ottobre del 1917, OWS è stato l'unico movimento a muoversi sul terreno dell'antiforma.

Si è quindi ricordato l'articolo Un modello dinamico di crisi: a partire dagli anni '70 gli stessi studi della borghesia sui limiti dello sviluppo hanno portato a realizzare modelli che indicano il "superamento dei limiti" e perciò il collasso del sistema-mondo. I ricercatori del Club di Roma consigliavano ai governi di mettere in atto misure economico-politiche volte a raddrizzare le curve, ma nulla si è fatto per invertire la tendenza alla catastrofe.

Quello che stiamo vivendo non è ritorno alla schiavitù, come afferma il comico Crozza parlando della competitività voluta da Matteo Renzi. La schiavizzazione crescente è una manifestazione del "capitalismo di transizione" e non di una barbarie di ritorno. Non la barbarie è il fondo sociale del capitalismo ma la civiltà: e la civiltà è questa. Si pensi ai fattorini della startup Foodora, in questi giorni al centro delle cronache: paghe bassissime, precarietà assoluta, nessun tipo di garanzia. Nel loro caso e in altri simili, il tempo di lavoro tende a coincidere col tempo di vita. E se non basta un lavoro per vivere, un numero sempre maggiore di lavoratori è costretto a farne due o più.

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