Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  10 novembre 2020

Una catastrofe annunciata

La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 25 compagni, è iniziata commentando gli sviluppi sanitari, economici e politici legati alla pandemia di Covid-19.

Nonostante gli effetti di una pandemia fossero conosciuti e gli strumenti per contrastarla noti, e nonostante l'OMS abbia diffuso ad inizio anno chiare linee guida, i governi, ed in particolare quelli occidentali, hanno agito in maniera del tutto irrazionale, perdendo via via il controllo della situazione. Riesplodono infatti in tutta Europa i contagi negli ospizi dove si contano migliaia di morti, e si riaccendono i focolai tra il personale sanitario che dovrebbe invece essere tutelato al massimo. Il virologo Giorgio Palù ha ammesso che anestesisti e rianimatori sono già costretti a scegliere chi intubare e chi no. Vengono presi provvedimenti contrastanti, su base regionale, localistica, e a Milano, Torino, Napoli, la situazione degli ospedali, anche dal punto di vista dei malati non Covid-19, è prossima al collasso, migliaia di interventi chirurgici vengono rimandati ed i malati cronici faticano ad essere curati.

L'Ordine dei medici chiede da giorni il lockdown nazionale per cercare di salvare il salvabile, ma il governo italiano prende tempo e si muove in maniera contradditoria seminando confusione. Siamo al si salvi chi può, a cominciare dalle categorie economiche che tentano di difendere i propri privilegi a scapito di altri, per passare alle regioni che manipolano i dati per non entrare in zona rossa, fino agli stati che aspettano le mosse dei vicini per prendere decisioni, in quanto un lockdown generale vorrebbe dire frenare l'economia nazionale e perdere quote di mercato. Di fronte ad una pandemia di queste dimensioni, che ha portato ad oltre 1,25 milione di morti e 52 milioni casi di contagio in tutto il mondo, la classe dominante si mostra in balia degli eventi, in preda al vortice della mercantile anarchia.

Per Richard Horton, direttore della rivista scientifica The Lancet, quella in corso non sarebbe una pandemia bensì una "sindemia" (definizione che implica una relazione tra malattie e condizioni socioeconomiche), perché il virus colpisce con maggiore durezza le fasce di popolazione già malmesse, ammalate e impoverite. Nel suo editoriale afferma che "a meno che i governi non riconoscano questi problemi ed elaborino politiche e programmi per invertire le profonde disparità, le nostre società non saranno mai veramente al sicuro da Covid-19."

Ad una situazione sanitaria già complicata si aggiunge la notizia della pericolosa presenza del Coronavirus negli allevamenti di visoni di sei paesi, Danimarca, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Italia e Stati Uniti. Questi animali, afferma l'OMS, possono agire come un serbatoio di Sars-CoV-2, trasmettendo il virus all'interno della loro specie "e possono rappresentare un rischio di propagazione del virus dal visone all'uomo. Le persone possono poi trasmettere questo virus all'interno della popolazione umana. Può inoltre verificarsi un ritorno, una trasmissione da uomo a visone. Rimane motivo di preoccupazione quando un virus animale si diffonde nella popolazione umana o quando una popolazione animale potrebbe contribuire ad amplificare e diffondere un virus che colpisce l'uomo. Quando infatti i virus si spostano tra le popolazioni umane e animali, possono verificarsi modificazioni genetiche nel patogeno."

Una mutazione del virus causerebbe una catastrofe nella catastrofe, e ciò conferma che le "Prove di estinzione", titolo di un articolo pubblicato sul numero 47 della nostra rivista, sono ancora in corso.

Ignorando la realtà e illudendo le popolazioni, i giornali e le televisioni lanciano euforici annunci circa la distribuzione a breve tempo di un vaccino ad opera dei gruppi Pfizer-BioNTech, le cui azioni sono schizzate in alto in Borsa. Ma all'interno del mondo medico qualche voce si alza contro questi facili entusiasmi: "Siamo tutti in attesa del vaccino. Ma prima di fare festa servono dati e risposte precise se vogliamo conquistare la fiducia della popolazione", ha dichiarato a Repubblica Silvio Garattini, presidente e fondatore dell'Istituto Mario Negri. "Partiamo da un presupposto: in questo momento c'è una gara tra le industrie farmaceutiche. Una corsa a chi arriva primo sotto gli occhi di tutti". Ma, sostiene Garattini, "se non abbiamo risposte certe e concrete, si rischia di creare una falsa impressione nella popolazione, rafforzata dai negazionisti, ossia che si stia accelerando troppo e che questi risultati non siano degni di fiducia, cosa che dobbiamo conquistare o si rischia che i vaccini non vengano accettati."

Ad essere sottoposta a rischi non è soltanto la salute della popolazione, ma anche la tenuta degli stati. L'imperialismo d'oggi, un capitalismo di transizione, come afferma Lenin, vede accanto ad una efficace tendenza alla centralizzazione e al progetto (in ambito industriale), una disastrosa incapacità di governo effettivo non solo nell'interesse della specie umana ma persino nell'interesse dello stesso Capitale. Per salvare la produzione e la distribuzione delle merci gli stati sono costretti ad intervenire, sfornando decreti di sostegno come il reddito di cittadinanza, i bonus e i ristori, fermandosi però a misure tampone, incapaci di andare fino in fondo nel tentativo di trovare soluzione alla pandemia. E cioè istituire lockdown continentali (il virus non conosce le frontiere!) finché le curve non si appiattiscono, accompagnati dal salario ai disoccupati. Manca una visione a lungo termine, d'insieme, si ragiona in termini di settimane o al massimo di mesi, e questo ingigantisce i problemi invece di risolverli.

Nello sfascio generale la struttura materiale della produzione, che è transnazionale, è arrivata a costituire sistemi potenzialmente adatti ad esercitare una funzione di regolazione e coordinamento internazionale (FAO, OMS, il FMI, ecc.). La contraddizione tra produzione sociale e appropriazione privata risalta nell'azione di queste organizzazioni, che potrebbero essere organi di un partito di specie e invece non riescono a svolgere il proprio compito perché al servizio dei singoli paesi, soprattutto di quelli più potenti, in primis degli Stati Uniti. L'incapacità dimostrata dalla borghesia in occasione dell'attuale pandemia ci dimostra dunque come il confronto con un una forma sociale futura non sia un esercizio sterile: la nostra specie ha già mezzi e strutture più che sufficienti per affrontare efficacemente eventi di tipo catastrofico, ha soprattutto la possibilità tecnica e la conoscenza scientifica per eliminarli in anticipo, con buona probabilità di riuscita, ma l'attuale modo di produzione annichilisce tutto.

Si è poi passati a commentare i risultati delle elezioni presidenziali negli Usa. Con una grossa affluenza alle urne (67%), che ha sancito la vittoria dei democratici ma ha anche scatenato una serie di ricorsi da parte del presidente uscente, questa tornata elettorale è il prodotto di una crescente polarizzazione sociale. In tutti gli stati americani, anche quelli a netta tendenza repubblicana, si nota una spaccatura tra le metropoli, che si sono orientate verso il voto a Biden, e quella che viene definita l'America profonda, che ha votato per Trump. La classe operaia bianca degli stati del nord est è rimasta legata al leader repubblicano, percepito come anti-establishment, al contrario del rivale visto come l'espressione di Wall Street. Lo schema europeo destra/sinistra non funziona negli Usa, i paradigmi politici sono diversi. Per esempio, il fenomeno delle milizie armate, del tutto assente nel Vecchio Continente, si va estendendo sull'intero territorio tanto che l'FBI ha lanciato l'allarme. Decine di migliaia di persone, armate fino ai denti, organizzate militarmente e preparate per uno scontro di ampie dimensioni, sono difficili da controllare.

Il Covid-19 e la situazione economica saranno i temi principali dell'agenda politica della nuova amministrazione americana. E dato che indietro non si torna, lo stato continuerà a drogare l'economia con massicce iniezioni monetarie e con nuovo debito pubblico. Come dire: si passerà dalla padella (repubblicana) alla brace (democratica).

Articoli correlati (da tag)

  • Rottura di equilibri

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi della guerra in corso.

    Il bombardamento ad opera di Israele di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco ha provocato una decina di morti, tra cui un importante generale iraniano e altri sei membri dei pasdaran, le Guardie rivoluzionarie dell'Iran. Colpire un'ambasciata equivale ad un attacco diretto al paese che essa rappresenta. Per adesso le potenze imperialiste non si combattono direttamente, ma per procura. Nel caso del conflitto israelo-palestinese, l'Iran utilizza Hamas e il Jihad islamico palestinese, ma anche Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen. L'attacco di Israele a Damasco ha alzato la tensione, accrescendo la possibilità del passaggio da una proxy war allo scontro diretto. L'Iran ha annunciato che risponderà nei tempi e nei modi che riterrà opportuni per vendicare l'uccisione dei propri militari.

    In Medioriente, la situazione sta evolvendo in una direzione opposta a quella dell'ordine. Israele deve gestire anche il fronte interno: oltre 100mila persone sono scese per le strade del paese dando luogo a quelle che sono state definite le più grandi manifestazioni antigovernative dal 7 ottobre. Le mobilitazioni più partecipate sono state a Tel Aviv, Haifa, e a Gerusalemme davanti alla sede del parlamento israeliano.

  • La guerra e le sue conseguenze

    La teleriunione di martedì sera è iniziata commentando le ultime news sulla guerra.

    A Mosca un gruppo di miliziani, presumibilmente appartenenti a ISIS Khorasan (c'è una rivendicazione), ha preso d'assalto il teatro Crocus City Hall, causando oltre centotrenta vittime e centinaia di feriti. Quattro persone di nazionalità tagika sono state arrestate dai servizi di sicurezza russi mentre si dirigevano verso il confine ucraino.

    Con le informazioni a disposizione è difficile capire quali forze ci siano dietro all'attacco. I Russi affermano che è opera di "islamisti radicali", ma hanno denunciato anche il coinvolgimento di Ucraini, Americani e Inglesi. Negli ultimi anni la Russia ha visto sul suo territorio diversi attentati di matrice islamica (vedi teatro Dubrovka o scuola Beslan); quest'ultimo, però, si inserisce in un contesto particolare e cioè quello della guerra in corso in Ucraina, dove da una parte si sta consumando un conflitto classico combattuto tra eserciti nazionali, e dall'altra c'è l'impiego da ambo i fronti di partigianerie, mercenari e miliziani. I servizi segreti occidentali avevano avvertito per tempo della possibilità di un attentato in Russia e l'attacco al Crocus può essere considerato come un episodio della guerra mondiale a pezzi, simile alla strage del Bataclan di Parigi avvenuta nel 2015 e compiuta da gruppi legati a Daesh, che causò centrotrenta vittime. Qualche mese fa l'ISIS K ha rivendicato l'attentato a Kerman, in Iran, vicino alla tomba del generale Qassem Soleimani; l'attacco ha provocato oltre ottanta morti e centinaia di feriti.

  • Crisi dell'egemonia americana, guerra e marasma sociale

    La teleconferenza di martedì sera, presenti 19 compagni, è iniziata dal commento di una video-intervista a Fabio Mini, generale dell'esercito italiano in pensione, incentrata sull'escalation in Medio Oriente e sul ruolo degli Stati Uniti. Secondo Mini, la dottrina militare americana prevede al massimo due fronti di guerra: in questo momento gli Americani sono impegnati in Ucraina (da quasi due anni) e in Medioriente, ma in futuro potrebbe aprirsi un altro fronte nell'Indopacifico.

    Il caos scoppiato in Medioriente ha avuto delle ripercussioni in Ucraina, che non è più al centro dell'attenzione mediatica come prima del 7 ottobre. Adesso l'iniziativa è in mano russa (vedi l'accerchiamento di Avdiivka), mentre alle forze ucraine mancano proiettili, armi e uomini. Inoltre, il sostegno da parte del blocco NATO non è più certo, anche perché potrebbe esserci bisogno di armi e munizioni in altri contesti.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email