Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  21 marzo 2017

Lavorare su dati del futuro

La teleconferenza di martedì sera, connessi 13 compagni, è iniziata commentando alcuni dati sulla crisi del settore edilizio in Italia.

Nel 2002 abbiamo scritto Le case che salvarono il mondo (quando il plusvalore si tramuta in rendita), prendendo spunto da un articolo dell'Economist in cui si annotava che un mucchio di capitali in cerca di valorizzazione si era riversato sul mattone evitando il crash. Il settimanale britannico mostrava tutto il suo entusiasmo poiché il mercato immobiliare aveva effettivamente "salvato" il capitalismo. Il crash arrivò qualche anno più tardi, con la crisi dei mutui subprime.

In Italia circa l'85 per cento delle famiglie possiede una casa di proprietà. Non pagare l'affitto, come dice Engels in La questione delle abitazioni, va ad incidere sulla quantità di beni utili per la riproduzione della forza lavoro tenendo basso il costo della stessa. Ora, sempre secondo l'Economist, saremmo in un periodo di ripresa. Strano, perché ne basterebbe anche solo l'avvisaglia per vedere un'enorme quantità di capitali riversarsi nella cosiddetta economia reale provocando disastri. Comunque, questo significa che oggi le case non possono più salvare il capitalismo e nemmeno si riescono ad individuare altri settori che lo possano fare.

Le crisi storiche del valore avvengono sempre quando si verifica un salto nello sviluppo delle forze produttive. Dall'odierna composizione organica del capitale non si può tornare indietro: l'automazione e la digitalizzazione sono gli elementi caratterizzanti della produzione d'oggi, tanto che i capitalisti riportano le fabbriche in patria perché con la robotizzazione non conviene più delocalizzare. Il passaggio dal sistema di macchine alle reti informatiche comporta un cambiamento di natura strutturale: se nella fabbrica potevamo scorgere dei saggi di comunismo (Operaio parziale e piano di produzione), il sistema elettronico è già intrinsecamente comunista (Informazione e potere). Da ciò se ne ricava che il capitalismo è un involucro che non corrisponde più al suo contenuto (Lenin, L'imperialismo).

A proposito di nuove produzioni, dal 20 al 24 marzo ad Hannover 3 mila aziende provenienti da 70 paesi si confronteranno sui temi della robotica e del "machine learning" per trovare nuovi modi per fare business. Tra gli ospiti più attesi ci sono Ray Kurzweil, teorico della singolarità tecnologica, ed Edward Snowden, l'ex tecnico della CIA che ha rivelato al mondo i programmi segreti di sorveglianza di Usa e Regno Unito. Ancora una volta il tema sarà quello della sfida rappresentata dall'avvento dell'era dei robot.

Sempre più analisti lanciano l'allarme "lavoro" mettendo in guardia i governi dagli effetti collaterali causati dai rapidi progressi compiuti nel campo dell'intelligenza artificiale e della robotica. In molti parlano di un futuro di disoccupazione di massa per l'umanità arrivando ad indicare con precisione, con date vere e proprie, quando verranno superati punti di non ritorno. Ora, siccome per la nostra corrente "ognuno che forma e possiede piani, lavora su dati del futuro", non è forse l'insieme della società che, tra mille difficoltà, sta arrivando alla conclusione che così non si può andare avanti e che bisogna cambiare?

Il cambio di paradigma avverrà, il comunismo è la "conoscenza di un piano di vita per la specie" (Proprietà e Capitale, cap. XVII).

Quando nel 2008 abbiamo scritto Non è una crisi congiunturale, in tanti ci chiedevano se si trattasse di una situazione passeggera oppure se fossimo di fronte all'inizio della Grande Crisi. Senza mezze misure abbiamo risposto che, se la crisi è "storica", ciò significa che ha una freccia nel tempo e, come accade per tutte le cose dell'universo, anche il capitalismo è soggetto al secondo principio della termodinamica poiché dissipa più energia di quanta riesca a produrne. La grande legge generale biologica dell'auxologia si può estendere allo studio della società umana e dimostra il decremento della crescita nel tempo.

La sovrastruttura politica è tutto sommato coerente con la struttura economica capitalistica: la perdita di energia riguarda molteplici aspetti sociali ed economici. Se la crisi non è più in grado, come nel secolo scorso, di riattivare grandi cicli di valorizzazione, se non è più una malattia acuta che parte da un settore o da un'area per diffondersi come un'epidemia (la centralizzazione ha integrato i diversi settori), se diventa una malattia cronica che interessa il globo intero (la finanza internazionale sincronizza tutto), non si può fare altro che prendere atto che un ciclo si è chiuso.

Al suo esordio il capitalismo aveva alti tassi di crescita e ciò corrispondeva a una fase fiorente della borghesia (repubbliche marinare e comuni in Italia); ad essa ne è seguita una di stabilizzazione rappresentata dai fascismi e dalla ricostruzione postbellica (Piano Marshall). Dopodiché è iniziato un periodo di crisi in cui il sistema ha cominciato a perdere sempre più energia (Bordiga nel 1953 parlava del capitalismo come di un cadavere che ancora cammina), mentre le anticipazioni della società futura si sono fatte sempre più visibili (Marcati sintomi di società futura).

Articoli correlati (da tag)

  • Un mondo inospitale

    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 18 compagni, è iniziata con il commento di alcune note di un compagno sul libro di Nouriel Roubini La grande catastrofe: dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere.

    Il libro è forse il primo in cui nella parte conclusiva non si fa cenno a miracoli per salvare la società capitalistica da sé stessa. Già questo è un tratto interessante. Infatti, l'autore propone solo due scenari a cui deterministicamente faremo fronte: uno "distopico" e uno "utopico". Ancora una volta l'economia politica si dimostra incapace, attraverso i suoi modelli e strumenti interpretativi, di compiere un salto, a noi già noto, "dall'utopia alla scienza". Se non si riconosce il comunismo come " movimento reale che abolisce lo stato di cose presente", non si possono che raffigurare distopie e utopie rinascimentali (altro spartiacque storico). I due termini sono raffrontati senza far riferimento a un qualsiasi parametro di specie: Utopia rispetto a cosa? Distopia dovuta a? Roubini ci spiega solo che siamo in una tempesta "perfetta", perché le megaminacce ormai incombenti sono date come "strutturali"; diremo noi, connaturate all'attuale modo di produzione. Sono strutturali ma non si dà una spiegazione di questo aggettivo. Si dice, correttamente, che la complessità delle megaminacce sta nella loro sincronia e nell'interagire tra loro, difficilmente prevedibile e computabile. L'ideologia dominante comincia a proporre la sua visione cieca: è molto più facile pensare la fine del mondo che la fine del capitalismo.

    Per l'economista statunitense è sicuro che una bolla finanziaria scoppierà, l'incognita riguardo solo il quando e quanto in termini di danni provocati. Dice inoltre che bisogna tenere d'occhio l'eurozona e i suoi anelli più deboli, come Italia e Grecia, i primi che a causa di una crisi del debito potrebbero saltare, provocando un effetto domino.

  • Cicli che si chiudono

    Alla teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 20 compagni, abbiamo parlato di robot e automazione partendo da un articolo dell'Economist intitolato "Don't fear an AI-induced jobs apocalypse just yet".

    Lo scorso primo marzo, all'Investor Day 2023 di Tesla, Elon Musk ha presentato Optimus, un robot umanoide da utilizzare a casa e in fabbrica del costo previsto di 20.000 dollari. Durante il meeting è stato proiettato il video di un automa intento a costruirne un altro simile: a breve, ha dichiarato l'imprenditore sudafricano, il rapporto 1:1 tra robot e umani potrebbe essere superato.

    Se effettivamente si arrivasse a produrre un esercito di otto miliardi di robot, i problemi derivanti da tassi di disoccupazione elevatissimi non potrebbero essere tollerati dall'attuale modo di produzione, basato sul sistema del lavoro salariato. Osserva infatti Musk: "Non è nemmeno chiaro cosa sia un'economia a quel punto".

    Già oggi vi sono produzioni altamente automatizzate: lo scorso dicembre ABB, multinazionale elettrotecnica svizzero-svedese, ha aperto una mega-fabbrica di 67.000 metri quadrati a Shanghai, dove i robot producono altri robot. Ocado, il più grande rivenditore di generi alimentari online al mondo, si affida agli automi per consegnare cibo fresco a migliaia di persone nel Regno Unito; i suoi magazzini sono progettati come organismi viventi, dotati di un sistema nervoso centrale (software), un sistema cardiovascolare (nastri trasportatori) e di globuli rossi (casse). Il confine tra il mondo del nato e quello del prodotto è sempre più incerto.

  • L'unica soluzione

    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 15 compagni, ha avuto come tema principale la guerra in Ucraina scoppiata circa un anno fa.

    Abbiamo iniziato la discussione analizzando le prese di posizione di alcuni militari italiani, (Leonardo Tricarico e Marco Bertolini) contrari all'invio dei carri armati prodotti in Germania. Si è quindi passati a commentare quanto scrive il generale Fabio Mini nel suo ultimo libro L'Europa in guerra (ed. PaperFIRST, 2023). Una prima considerazione da fare, leggendo i capitoli iniziali del testo, riguarda il fatto che le campagne di denuncia di leniniana memoria sono ormai sostenute dagli stessi generali dell'esercito, motivo per cui i comunisti non si possono fermare a tale livello e devono per forza andare oltre.

    In L'Europa in guerra si dice che lo svuotamento degli obsoleti arsenali occidentali, dovuto alle forniture di armi a Kiev, rende necessario il rinnovo degli armamenti e apre le porte all'adozione di nuove risorse tecnologicamente più avanzate ed efficienti. Tali equipaggiamenti, afferma Mini, sono prevalentemente americani e legano sempre più l'Europa agli Stati Uniti, paese che maggiormente investe nella preparazione e nell'impiego di forze militari. Gli alleati NATO dell'Est Europa sono le punte di lancia dell'America nel Vecchio Continente.

    Per il generale, l'Ucraina sta combattendo contro l'Europa per e con gli Stati Uniti. E l'obiettivo di quest'ultimi è mantenere l'egemonia sull'Europa e interrompere qualsiasi legame politico ed economico tra Berlino e Mosca, costringendo gli alleati a importare da loro risorse energetiche a costi più alti. In ballo c'è il controllo di un mondo che non accetta più supinamente il dominio del dollaro. Come nota l'Economist ("What Ukraine means for the world"), solo un terzo della popolazione mondiale vive in paesi che hanno condannato la Russia per l'invasione dell'Ucraina e le hanno imposto sanzioni.

Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

Rassegna: L'ennesima conferenza sul clima - Polarizzazione crescente - Pericolose tempeste"

Recensione: Gaia, le macchine autoreplicanti e l'intelligenza collettiva

Doppia direzione: Più "avanzato" Lenin o Bogdanov? - Cooperazione e sostegno

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email