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La teleriunone di martedì è cominciata dalla segnalazione di un saggio di Peter J. Katzenstein e Lucia A. Seybert (Cambridge University), intitolato Protean Power. Exploring the Uncertain and Unexpected in World Politics.
Il potere proteiforme, sostengono gli autori, si manifesta in condizioni di incertezza e si caratterizza per fluidità e adattabilità, improvvisazione piuttosto che pianificazione, emergenza attraverso reti e assemblaggi sociali (piuttosto che istituzioni predefinite). Nonostante le relazioni internazionali tradizionali continuino a basarsi sull'idea di un rischio calcolabile, il mondo è ormai alle prese con cambiamenti inaspettati. In questo contesto, gli attori che hanno maggiore agilità nell'adattarsi a situazioni di incertezza sono quelli che sopravvivono.
Si pensi ad esempio ad una forza relativamente piccola come gli Houthi, che ha dimostrato una notevole capacità di adattamento (attacchi con droni e missili alle navi cargo nello stretto di Bab el-Mandeb), diventando a tutti gli effetti un soggetto geopolitico che tratta con le grandi potenze.
La teleriunione di martedì sera è iniziata riprendendo i temi trattati durante lo scorso incontro redazionale, a partire dall'irrisolvibile problema del debito americano.
Nella video-intervista "USA: ricorrere alla forza per sostenere l'economia non funziona più", Alessandro Volpi, docente di Storia contemporanea, spiega che le spese degli Stati Uniti per gli interessi sul debito hanno superato quelle per la difesa. Si tratta di un deficit colossale, condito da una situazione finanziaria in continuo peggioramento. Secondo lo storico, la tenuta del dollaro è a rischio poichè lo strumento militare non solo è inefficace, ma è ormai diventato fattore di ulteriore instabilità interna. Quando abbiamo scritto l'articolo "Teoria e prassi della nuova politiguerra americana" (2003), certe analisi non erano così diffuse; oggi, di fronte ai profondi cambiamenti in atto, alcuni ambienti borghesi giungono alle medesime conclusioni. Gli USA hanno problemi di deterrenza e, di conseguenza, registrano problemi finanziari, ovvero nella gestione dei flussi di valore internazionali.
Secondo Volpi, la divergenza esiste anche all'interno del potere finanziario americano: da un lato vi è chi è più concentrato sugli interessi nazionali, e dall'altro chi, come nel caso delle Big Three capaci di muovere migliaia di miliardi di dollari (BlackRock, State Street, Vanguard), comincia a puntare su altre monete, sul riarmo europeo, sulle criptovalute, diversificando maggiormente gli investimenti per non trovarsi impantanato in caso di crisi acuta del dollaro.
Il recente attacco condotto dagli USA all'Iran è stato l'argomento principale della teleriunione di martedì sera.
Il bombardamento ad opera delle forze militari statunitensi, condotto con aerei B-2, aveva come obiettivo la neutralizzazione dei siti iraniani per l'arricchimento dell'uranio. Concluse le operazioni militari, gli USA hanno imposto a Iran e Israele il cessate il fuoco. Il timore che Israele, in guerra da quasi due anni e con una popolazione relativamente esigua per sostenere conflitti prolungati, potesse rimanere impantanato in un nuovo fronte, ha spinto gli Americani ad intervenire.
Se l'economia politica è nel caos, la guerra riproduce e amplifica tale situazione. Esistono più livelli di "spiegazione" di quanto accade nel mondo, a partire da quello economico e cioè dal fatto che i meccanismi di accumulazione del capitale si sono inceppati. Lo scontro tra Israele e Iran rivela delle somiglianze con quello tra Ucraina e Russia: in entrambi i casi si cerca il coinvolgimento diretto degli USA nel conflitto (Ucraina e Israele).
L'intervento degli Stati Uniti, con tanto di probabile preavviso al nemico, è stato seguito dall'attacco iraniano alle basi americane in Qatar (anche questo preannunciato, tramite i canali diplomatici). Tutti dichiarano vittoria: gli Israeliani sostengono di aver azzerato il programma nucleare iraniano e di aver dato una lezione agli ayatollah; gli Americani affermano di aver polverizzato le capacità iraniane in tema di nucleare e di aver riportato la pace; gli Iraniani esultano per essere riusciti a colpire, più volte, il territorio israeliano. Evidentemente nessuno ha una strategia di lungo termine, tutti devono fare i conti con interessi interni ed esterni confliggenti. Sullo sfondo, va in fumo la deterrenza americana, ovvero la capacità di terrorizzare i nemici.
Editoriale: Illusioni capitalistiche / Articoli: Ideologie di un capitalismo che nega sé stesso - Insiemi, modelli, previsione / Rassegna: Crisi americana, crisi globale - Leone XIV / Recensione: La catastrofe ed il rattoppo / Doppia direzione: Collegamenti a non finire / In memoria di Jacques Camatte
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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
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