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  • Resoconto teleriunione  4 febbraio 2020

Droga economica ed esistenza drogata

La teleconferenza di martedì sera, connessi 13 compagni, è iniziata con la segnalazione di un articolo del Corriere della Sera in cui si afferma che, sin dal dicembre del 2019, alcuni medici di Wuhan segnalarono alle autorità la presenza di un virus anomalo. Il governo cinese decise, però, di tenere nascosta la notizia e mandò la polizia ad ammonire i "propagatori di voci", oscurando la loro chat online. La guerra commerciale (e non) tra le borghesie concorrenti si combatte sempre, e passa anche attraverso il monopolio dell'informazione. Ed è una guerra, nell'epoca di Internet, che viene combattuta con la disinformazione, con le fake news, il terrorismo psicologico o la minimizzazione di fenomeni pericolosi.

Un altro argomento discusso durante la teleconferenza è stato quello dell'uso massiccio di droghe. Il fentanyl è un potente antidolorifico oppioide sintetico molto utilizzato negli Usa, il cui abuso provoca decine di migliaia di morti ogni anno (nel 2017 trentamila americani sono morti per un'overdose causata da oppiacei). La vita senza senso viene affrontata con cospicue dosi di sostanze stupefacenti e psicofarmaci, anche sul posto di lavoro. L'Istat ha stimato che in Italia sono 6,2 milioni gli utilizzatori di cannabis, oltre un milione quelli che usano cocaina, circa 300 mila gli eroinomani e 600 mila i drogati "chimici" di ecstasy, Lsd e anfetamine. Al pari degli animali negli allevamenti intensivi, gli uomini si drogano per riuscire a sopportare condizioni di vita stressanti; cercano di sfuggire alla schiavitù generale aggiungendone una specifica. E non si tratta solo di dipendenza da cocaina, eroina, ecc., ma anche da droghe legali, come alcool, fumo, gioco d'azzardo e cibo-spazzatura. Come scritto nella newsletter numero 95 (14 luglio 2006), già Engels individuava nell'abuso proletario di alcool e oppio il modo peggiore per "darsi animo"; oggi la tendenza a rendersi alieni alla realtà è ingigantita dalle crescenti contraddizioni intrinseche del modo di produzione capitalistico, e l'esasperata dipendenza dalla merce/droga è una naturale evoluzione di questa forma sociale. All'uomo d'oggi è perciò negato l'uso sociale dell'oggetto del bisogno, la vita tutta non può che essere in qualche modo drogata. Più la società è alienata e più produce merci specifiche per far in modo che sia sopportabile la vita.

L'uomo si è sempre "drogato", e in tanti hanno cercato di capire come mai abbia bisogno di utilizzare determinate sostanze psicotrope. Le società comunistiche sudamericane, per esempio, ricorrevano al peyote e alla mescalina per i riti sciamanici. Oggi le droghe vengono assunte per rispondere a stati patologici: ci sono quelle deprimenti (oppiacei, barbiturici, tranquillanti), stimolanti (cocaina, anfetamina e derivati, caffeina, antidepressivi), allucinogene (canapa indiana e derivati, Lsd, mescalina, ketamina). Insomma, la società fa uso di droghe per resistere a sé stessa, patologicamente segnata in modo grave. Nella misura in cui le macchine prendono il sopravvento, l'uomo tende a competere con queste, trovandosi spiazzato. Drogarsi non è una "scelta individuale" ma un fatto sociale, e oggi lo si fa prendendo qualsiasi sostanza pur di fuggire da una realtà che viene percepita come ostile. Non ci sono solo i neonati in crisi di astinenza a causa della tossicodipendenza delle madri, ma anche i fiumi delle grandi metropoli che diventano testimoni delle enormi quantità di droghe utilizzate dai loro abitanti.

Anche l'economia capitalistica è drogata. Il keynesismo non è stato uno stimolo alla crescita esponenziale dell'economia, ma un sonnifero per rallentare la corsa sfrenata del capitalismo. Il moderno Quantitative Easing non è uno stimolante che mette in moto un circolo economico virtuoso, ma un salvavita che permette a questo modo di produzione di sopravvivere a sé stesso, come uno zombie. L'omeostatizzazione del sistema (mediante detector e attuatori sparsi nella società) avviene proprio quando ci sarebbe bisogno di curve ascendenti, di crescita del Pil, e di ben altre prestazioni.

Abbiamo commentato l'articolo "Il 'Quantitative Easing', che sembra diventato permanente, ha trasformato le Banche Centrali in pseudogoverni" di Business Insider Italia. L'iniezione di capitali da parte delle banche centrali non è una misura di natura congiunturale, dato che è a partire dal 2008 che viene attuata costantemente al fine tenere a galla le rispettive economie. Attualmente la FED ha in piedi un programma di acquisto di asset per 60 miliardi di dollari al mese; BCE, Banca del Giappone e Banca d'Inghilterra seguono a ruota. Questo tipo di iniziative si stanno sincronizzando: il capitalismo è un mercato unico globale, perciò quello che fa un paese influisce sulle "decisioni" che prenderanno gli altri.

I bilanci delle banche centrali sono lievitati a livello esponenziale e, naturalmente, tale liquidità viene adoperata per acquistare titoli di istituti di credito e imprese, ingigantendo la bolla speculativa. Nonostante la massiccia immissione di moneta in circolazione, la crescita mondiale del 2018 è ancora al di sotto del 2008, e addirittura inferiore a quello del 2000. Il sistema è talmente assuefatto da questa droga che non può più farne a meno, ma corre il rischio, superata una certa soglia, di andare in overdose. Il nuovo presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha recentemente affermato:

"Abbiamo intenzione di continuare a reinvestire interamente i pagamenti di quote capitale relativi ai titoli acquistati in base [al programma di Qe] una volta che questi giungano a maturazione [...] per tutto il tempo necessario a mantenere condizioni favorevoli di liquidità e un ampio grado di agevolazione monetaria."

Le banche centrali rispondono agli andamenti economici globali, ballano al ritmo del Capitale autonomizzato. Da questo punto di vista, è chiaro che le elezioni sono una farsa perché chiunque vada al governo prenderà ordini dall'alto, dal sacrosanto mercato. E' un meccanismo impersonale a "decidere" le politiche economiche nazionali, prime su tutte le leggi di bilancio. Detto questo, dal punto di vista del funzionamento del capitalismo, della legge del valore, lo stimolo economico non può continuare all'infinito perché ciò che alimenta l'attuale modo di produzione è l'estorsione di plusvalore. E non si può estrarre da pochi operai sfruttati al massimo lo stesso plusvalore che si estrae da molti operai sfruttati meno. Guai a quella società, dice Marx, che invece di sfruttare i propri schiavi è costretta a mantenerli.

Il prossimo settembre si terrà in Australia il ventesimo congresso della rete mondiale per il reddito di base (BIEN). Il tema principale di questa edizione è "Reddito di base, crisi ecologica e una nuova era dell'automazione", e all'incontro parteciperanno professori, sociologi e politici da tutto il mondo. La richiesta che parte dall'interno del sistema capitalistico è quella di dare un reddito di base a tutti. Il surplus sociale è così alto che la società stessa si incarica di sfornare teorie intorno al modo di utilizzarlo, quanto meno per sostenere i consumi. La società della costrizione al lavoro matura teorie sul reddito di base incondizionato: il futuro agisce sul presente e gli avversari di classe sono costretti sempre più a capitolare ideologicamente di fronte al marxismo. Già Theodor Hertzka, un economista austriaco di fine Ottocento, nel suo Le leggi del progresso sociale calcolava che, organizzando razionalmente la produzione dell'impero germanico, bastavano meno di due ore di lavoro al giorno per individuo a produrre tutto il necessario. Se oggi il tempo di lavoro eliminato è sinonimo di disperazione e incertezza che costringono l'operaio al macabro rituale della supplica per una cosa che non c'è più, domani l'operaio stesso parteciperà all'eliminazione di una cosa che c'è ancora, vale a dire del tempo di lavoro che non è ancora trasformato in tempo di vita. Nella forma capitalistica per l'operaio vendere forza-lavoro non è solo un modo per vivere, ma il modo; se gradualmente risulta impossibile perpetuarlo, se finisce l'era delle rivendicazioni, è inevitabile l'esplosione dello scontro di classe al livello più alto ("L'outsourcing globale", rivista n. 28).

In chiusura di teleconferenza, si è accennato al marasma sociale in corso. L'Inghilterra è ufficialmente uscita dall'Unione Europea, senza che vi fosse mai entrata. In Algeria, dopo mesi di manifestazioni antigovernative per chiedere l'azzeramento dei vertici politici e militari, le proteste stanno assumendo un carattere di classe. In Francia siamo al 64esimo sabato di manifestazioni dei gilet gialli e gli scioperi stanno compromettendo la già delicata situazione economica. In Iraq le mobilitazioni non accennano a spegnersi, come dimostrano gli ultimi scioperi e blocchi a Baghdad, Najaf, Diwaniyah, Hillah e Bassora, dove sono state occupate strade, scuole e università. Nei cortei in Libano e in Cile si inneggia alla "rivoluzione", nel senso che la società presente viene vissuta come insopportabile e la si vuole superare. Data la violenza della polizia, nelle foto e nei video delle manifestazioni si vedono sempre meno persone con le mani alzate in segno di pace.

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    Il libro è forse il primo in cui nella parte conclusiva non si fa cenno a miracoli per salvare la società capitalistica da sé stessa. Già questo è un tratto interessante. Infatti, l'autore propone solo due scenari a cui deterministicamente faremo fronte: uno "distopico" e uno "utopico". Ancora una volta l'economia politica si dimostra incapace, attraverso i suoi modelli e strumenti interpretativi, di compiere un salto, a noi già noto, "dall'utopia alla scienza". Se non si riconosce il comunismo come " movimento reale che abolisce lo stato di cose presente", non si possono che raffigurare distopie e utopie rinascimentali (altro spartiacque storico). I due termini sono raffrontati senza far riferimento a un qualsiasi parametro di specie: Utopia rispetto a cosa? Distopia dovuta a? Roubini ci spiega solo che siamo in una tempesta "perfetta", perché le megaminacce ormai incombenti sono date come "strutturali"; diremo noi, connaturate all'attuale modo di produzione. Sono strutturali ma non si dà una spiegazione di questo aggettivo. Si dice, correttamente, che la complessità delle megaminacce sta nella loro sincronia e nell'interagire tra loro, difficilmente prevedibile e computabile. L'ideologia dominante comincia a proporre la sua visione cieca: è molto più facile pensare la fine del mondo che la fine del capitalismo.

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    SVB, la sedicesima banca degli Stati Uniti, non sapendo che farsene della liquidità raccolta negli ultimi anni, ha investito principalmente in titoli di Stato americani, arrivando a fine 2022 a detenere quasi 100 miliardi di bond governativi. Con il rialzo dei tassi d'interesse, le startup che prima riuscivano ad ottenere denaro pressoché gratuito dai fondi, sono andate in affanno e hanno dovuto prelevare dai depositi della banca californiana una grande quantità di denaro. Per far fronte ai prelievi, SVB ha dovuto vendere ad un prezzo inferiore i titoli accumulati, perdendo circa due miliardi di dollari, e facendo scattare prima la corsa agli sportelli e poi l'intervento di FED e governo. Biden si è affrettato a dichiarare al mondo che il "sistema bancario è solido. Nessuna perdita sarà a carico dei contribuenti."

    Assicurazioni sulla solidità del castello di carta della finanza sono state elargite anche quando è scoppiata la crisi dei mutui subprime nel 2008, eppure da allora il mondo non si è più ripreso. Nell'articolo "Non è una crisi congiunturale", pubblicato quell'anno (rivista n. 23), scrivevamo che ogni proiezione prevedeva il ripresentarsi di una crisi catastrofica entro un paio di decenni. Se aggiungiamo gli eventi che si sono verificati in seguito, come la Primavera araba, la crisi degli Stati, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, ne deduciamo che il sistema si sta sgretolando.

  • Cicli che si chiudono

    Alla teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 20 compagni, abbiamo parlato di robot e automazione partendo da un articolo dell'Economist intitolato "Don't fear an AI-induced jobs apocalypse just yet".

    Lo scorso primo marzo, all'Investor Day 2023 di Tesla, Elon Musk ha presentato Optimus, un robot umanoide da utilizzare a casa e in fabbrica del costo previsto di 20.000 dollari. Durante il meeting è stato proiettato il video di un automa intento a costruirne un altro simile: a breve, ha dichiarato l'imprenditore sudafricano, il rapporto 1:1 tra robot e umani potrebbe essere superato.

    Se effettivamente si arrivasse a produrre un esercito di otto miliardi di robot, i problemi derivanti da tassi di disoccupazione elevatissimi non potrebbero essere tollerati dall'attuale modo di produzione, basato sul sistema del lavoro salariato. Osserva infatti Musk: "Non è nemmeno chiaro cosa sia un'economia a quel punto".

    Già oggi vi sono produzioni altamente automatizzate: lo scorso dicembre ABB, multinazionale elettrotecnica svizzero-svedese, ha aperto una mega-fabbrica di 67.000 metri quadrati a Shanghai, dove i robot producono altri robot. Ocado, il più grande rivenditore di generi alimentari online al mondo, si affida agli automi per consegnare cibo fresco a migliaia di persone nel Regno Unito; i suoi magazzini sono progettati come organismi viventi, dotati di un sistema nervoso centrale (software), un sistema cardiovascolare (nastri trasportatori) e di globuli rossi (casse). Il confine tra il mondo del nato e quello del prodotto è sempre più incerto.

Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

Rassegna: L'ennesima conferenza sul clima - Polarizzazione crescente - Pericolose tempeste"

Recensione: Gaia, le macchine autoreplicanti e l'intelligenza collettiva

Doppia direzione: Più "avanzato" Lenin o Bogdanov? - Cooperazione e sostegno

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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