Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  3 agosto 2021

Dinamica dei sistemi fisico-sociali

La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 16 compagni, ha preso le mosse dalla lettura di un passaggio dall'articolo "Nel 1972 è stato previsto il collasso della società nel 2040", pubblicato sul sito italiano della rivista Vice:

"Nel 1972, un gruppo di scienziati del MIT ha studiato i rischi relativi all'eventuale collasso della civiltà. Il loro modello di dinamica dei sistemi, pubblicato dal Club di Roma, ha identificato i 'limiti dello sviluppo' che porterebbero la nostra civiltà industriale sulla strada verso il collasso proprio nel ventunesimo secolo, a causa dello sfruttamento incontrollato delle risorse planetarie".

Il collasso sistemico è in atto e le prove sono sotto gli occhi di tutti. Lo scorso 31 luglio l'Economist ha pubblicato una rassegna di tutte le manifestazioni e i tumulti scoppiati sul pianeta negli ultimi due anni ("The pandemic has exacerbated existing political discontent"). Già prima della pandemia, a partire almeno dal 2011, gli episodi di rivolta si contavano nell'ordine delle migliaia (vedi i nostri articoli "Marasma sociale e guerra" e "Occupy the World togheter"). Secondo l'Institute for Economics and Peace (IEP), un think tank di Sydney, tra il 2011 e il 2019 i grandi movimenti di protesta sono cresciuti di 2,5 volte; nel 2020 i disordini civili sono aumentati del 10% e le manifestazioni generalizzate hanno coinvolto 158 paesi. Le epidemie hanno conseguenze sociali, sottolinea nell'articolo il settimanale inglese citando il FMI: dal momento in cui erompono allo sviluppo di disordini sociali di massa passano solitamente 12-14 mesi. L'ultimo caso in ordine di tempo è quello di Cuba, paese che nel tempo ha sviluppato un'ampia rete di intelligence in grado di schiacciare possibili rivolte e movimenti anti-governativi, ma che ora, in seguito al malessere e al disagio causati dal peggioramento della condizione sanitaria ed economica, si ritrova incapace di arginare quanto accade nella società (l'11 luglio scorso migliaia di persone hanno marciato in più di 50 località al grido di "libertà").

Le motivazioni ufficiali delle proteste sono le più disparate ma, così come afferra il FMI, la causa prima è la difficoltà economica. Nel saggio L'atomo sociale Mark Buchanan analizza il comportamento sociale attraverso le leggi della fisica ovvero con gli strumenti della scienza quantitativa, e giunge alla conclusione secondo la quale le strutture sociali, al pari di quelle fisiche, si formano e si disfano in continuazione e non per la volontà di qualcuno (anche lo studioso statunitense rientra nel fenomeno delle capitolazioni ideologiche della borghesia di fronte al marxismo). La dinamica in corso è manifesta: esiste una freccia nel tempo che sta conducendo ad una biforcazione politica; che l'ora X sia il 2030 o il 2040 al momento non è dato sapere, ma una cosa è certa: un ciclo storico si sta chiudendo. Marx e la corrente a cui facciamo riferimento hanno scritto a chiare lettere che il capitalismo è già morto. Tale affermazione è fondamentale perché ci allontana da quei "comunisti" che immaginano un capitalismo vivo e vegeto, da abbattere grazie a massicce dosi di attivismo.

La pandemia, responsabile di aver accelerato la catastrofe sistemica, spesso viene considerata quale elemento esterno, autonomo, dal capitalismo. Non è vero, essa è un prodotto del modo di produzione vigente. Una delle curve prese in esame dai ricercatori del MIT nello studio sui limiti dello sviluppo tratta proprio l'impronta ecologica. Quest'anno l'Overshoot Day, la data in cui la domanda di risorse supera ciò che la Terra può rigenerare in un anno, è arrivato il 29 luglio, anticipando di circa un mese quello dell'anno precedente, scattato il 22 di agosto. Innegabilmente, il consumo di risorse ad opera della specie umana avanza sempre più velocemente. E come se stessimo segando l'albero su cui siamo seduti: agglomerati di 20 o 30 milioni di abitanti, allevamenti-grattacielo di suini, distruzione sistematica dell'habitat naturale, e via dicendo. Di certo così non si può andare avanti, e lo ammettono gli stessi centri di studio della borghesia quando mettono da parte per un attimo l'ideologia e adoperano strumenti scientifici di analisi.

Sul versante dell'andamento della pandemia, è di questi giorni la notizia della ripresa del contagio in Cina dove sono state adottate nuove drastiche misure di lockdown a Wuhan, la città in cui è stato identificato per la prima volta il virus SARS-CoV-2. Per poche decine di casi (gli stessi registrati in Sardegna in un solo giorno) 11 milioni di abitanti verranno sottoposti a tampone e un'intera area urbana sarà chiusa. La situazione di allarme potrebbe avere delle ripercussioni anche sull'approvvigionamento mondiale di merci dato che il 100% dei container è prodotto in Cina. Dal blocco del canale di Suez in poi, vi sono state decine di colli di bottiglia nei trasporti che dimostrano quanto fragile sia questo tipo di globalizzazione.

Nel subbuglio generale gioca un ruolo importante l'informazione che circola in Rete, dove regna la guerra di tutti contro tutti. Il primo agosto la regione Lazio è stata colpita da un attacco di tipo ransomware che ha causato il blocco della piattaforma per la prenotazione dei vaccini, ma anche del sistema centrale che gestisce i dati sanitari, le pratiche edilizie e molte prestazioni al cittadino. Nel processo di smaterializzazione di merci e servizi tutto si è trasferito su Internet, dai giochi al business to business, dalla moda alla finanza. Il mondo è stato completamente rivoluzionato da tecniche digitali sempre più difficili da controllare, soprattutto se affrontate con strumentazioni e pratiche obsolete. Il solo fatto che Internet veicoli la quasi totalità delle transazioni tra capitalisti, stati, uffici, trasporti, ecc., è estremamente appetibile per chiunque voglia appropriarsi di dati.

Gli stati non riescono a difendersi da questo tipo di attacchi informatici. Solo negli ultimi mesi diversi ransomware hanno danneggiato grosse aziende, oleodotti, ospedali, amministrazioni, dimostrando l'inadeguatezza di tutte le misure di difesa. Sembra che il virus che ha colpito il sistema sanitario del Lazio sia riuscito ad arrivare anche alle copie di backup dei dati, rendendo così ancor più difficile l'operazione di recupero. Questi programmi, una volta penetrati in un computer tramite una vulnerabilità, il download di un file o via mail, cominciano a criptare i file presenti sul sistema, rendendoli inaccessibili all'utente al quale viene richiesto il pagamento di un riscatto (ransom) per ricevere la chiave di decriptazione. Nel maggio del 2017 il ransomware WannaCry colpì oltre 230 mila computer in 150 paesi diversi sfruttando un bug del sistema operativo Microsoft Windows: una volta installato su una macchina, il virus si replicò su altri sistemi presenti nella stessa rete e su quelli vulnerabili esposti a Internet, che furono infettati senza alcun intervento da parte dell'utente.

Quella in corso sul Web è una guerra combattuta in modo anonimo, difficile da definire, condotta da gruppi che possono essere autonomi o legati a determinati stati in maniera più o meno diretta. La guerra cibernetica è ibrida dato che il confine tra stati, partigianerie e criminalità organizzata è sfumato: "Una guerra ibrida è una strategia militare che impiega una guerra politica e mescola una guerra convenzionale, una guerra irregolare e una guerra cibernetica con altri metodi di influenza, come fake news, diplomazia, guerre legali e interventi elettorali stranieri". (Wikipedia)

Ormai i software producono sé stessi, e in pochi considerano a fondo l'importanza di questo aspetto. Kevin Kelly intitolava un suo libro Out of control trattando la nuova biologia delle macchine, dei sistemi sociali e del mondo dell'economia. Dalla caccia di gruppo siamo arrivati, in relativamente poco tempo, alla costruzione di macchine molto più potenti di noi. Ciò non può non avere effetti sulla società, sui rapporti tra uomini. Il rischio informatico è più che triplicato dal 2002. Si capisce che questo modo di produzione, diviso per stati nazionali, per aziende, per gruppi sociali, non è al passo con il cervello sociale globale e quindi è strutturalmente incapace di gestire sé stesso.

Abbiamo cominciato a comunicare con i gesti, che richiedono l'esistenza di neuroni specchio. Con l'alfabeto siamo riusciti a trasmettere molta più informazione con pochi segni. E ora Internet, questa manifestazione del general intellect, rende possibile un salto di specie (Raymond Kurzweil parla di singolarità tecnologica). Il fatto che i lavoratori usino strumenti di lavoro come le apparecchiature satellitari per coordinare i picchetti e gli scioperi oggi non fa notizia (il primo fu lo sciopero dell'UPS nel 1997), ed è diventato la consuetudine, ma ciò apre nuovi scenari di lotta e scombussola i vecchi schemi sindacali.

In un periodo caotico come quello che stiamo vivendo, sembra che all'orizzonte non ci possa essere altro che barbarie. Eppure la rivoluzione, intesa come movimento reale che abolisce lo stato di cose presente, lavora sempre. In quanto comunisti abbiamo il grande compito di tramandare alle nuove generazioni le lezioni delle controrivoluzioni. Le campagne di denuncia di leniniana memoria sulle malefatte del capitalismo ormai le fanno gli stessi borghesi, perciò i rivoluzionari devono fare altro, cercare di dimostrare scientificamente la dissoluzione di n e l'affermazione di n+1.

Dobbiamo essere grati al grande geografo anarchico Elisée Reclus per averci dato per primo, nell'800, una perfetta metafora del pensiero: l'uomo è un espediente della natura per darsi memoria e conoscenza. Se ciò è valido per l'uomo-industria, allora lo è anche per il partito storico della rivoluzione. Il comunismo non è un'ideologia o una teoria politica tra le tante, ma un programma di specie, l'alternativa all'estinzione: è "la soluzione dell'enigma della storia, ed è consapevole di essere questa soluzione" (Marx, Manoscritti del '44). Fin quando ci saranno le classi, la proprietà e il denaro, l'umanità vivrà un rapporto problematico con sé stessa.

Almeno dalle Tesi sulla tattica (Roma, 1922), la nostra concezione del partito è di tipo organico, in netta contrapposizione a quella democratica. Nelle Tesi di Napoli (1965) è detto che il partito comunista dev'essere inteso non solo come un'organizzazione in lotta contro altre organizzazioni ma, in prospettiva, come un organismo "che svolge la difesa della specie umana contro i pericoli della natura fisica e dei suoi processi evolutivi e probabilmente anche catastrofici".

Natura, uomo, industria, partito, non sono elementi scollegati tra di loro, fanno parte di un'unica dinamica evolutiva. La nostra specie è portata ad esplorare nuovi livelli di organizzazione, privilegiando quelli che si dimostrano vantaggiosi, che hanno, cioè, un più alto rendimento energetico.

Articoli correlati (da tag)

  • La guerra e il suo contesto

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi del recente attacco dell'Iran ad Israele.

    Secondo un portavoce dell'esercito israeliano, nell'azione compiuta nella notte tra il 13 e il 14 aprile l'Iran ha impiegato 170 droni, 30 missili da crociera e 120 missili balistici, che sono stati quasi tutti abbattuti. L'attacco è stato simbolico, le nazioni arabe erano state avvertite e probabilmente anche gli Americani; dopo il bombardamento di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco il primo aprile scorso, Teheran non poteva non rispondere. Gli USA hanno chiesto ad Israele di evitare una reazione a caldo e di pazientare, onde evitare un'escalation; gli Iraniani hanno dichiarato che se Israele lancerà un nuovo attacco essi colpiranno più duro: "Con questa operazione è stata stabilita una nuova equazione: se il regime sionista attacca, sarà contrattaccato dall'Iran."

    Teheran è all'avanguardia nella produzione di droni, ha sviluppato un'industria bellica specializzata e vende queste tecnologie alla Russia ma anche ad Algeria, Bolivia, Tagikistan, Venezuela ed Etiopia.

    Ciò che sta accadendo in Medioriente conferma l'importanza del lavoro sul wargame, a cui abbiamo dedicato due numeri della rivista (nn. 50 - 51). I giochi di guerra servono a delineare scenari futuri, e le macchine amplificano le capacità dell'uomo aiutandolo a immaginare come potrebbero svilupparsi i conflitti in corso. Gli eserciti e gli analisti militari che lavorano con i wargame sono in grado di accumulare grandi quantità di informazioni, ma sono però costretti a vagliarne solo una parte. È un dato oggettivo: i big data vanno ordinati e l'ordine risente dell'influenza di chi applica il setaccio.

  • Rottura di equilibri

    La teleriunione di martedì sera è iniziata dall'analisi della guerra in corso.

    Il bombardamento ad opera di Israele di un edificio annesso all'ambasciata iraniana a Damasco ha provocato una decina di morti, tra cui un importante generale iraniano e altri sei membri dei pasdaran, le Guardie rivoluzionarie dell'Iran. Colpire un'ambasciata equivale ad un attacco diretto al paese che essa rappresenta. Per adesso le potenze imperialiste non si combattono direttamente, ma per procura. Nel caso del conflitto israelo-palestinese, l'Iran utilizza Hamas e il Jihad islamico palestinese, ma anche Hezbollah in Libano e gli Houthi nello Yemen. L'attacco di Israele a Damasco ha alzato la tensione, accrescendo la possibilità del passaggio da una proxy war allo scontro diretto. L'Iran ha annunciato che risponderà nei tempi e nei modi che riterrà opportuni per vendicare l'uccisione dei propri militari.

    In Medioriente, la situazione sta evolvendo in una direzione opposta a quella dell'ordine. Israele deve gestire anche il fronte interno: oltre 100mila persone sono scese per le strade del paese dando luogo a quelle che sono state definite le più grandi manifestazioni antigovernative dal 7 ottobre. Le mobilitazioni più partecipate sono state a Tel Aviv, Haifa, e a Gerusalemme davanti alla sede del parlamento israeliano.

  • Il capitalismo è praticamente morto

    La teleriunione di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata commentando un articolo di Maurizio Novelli, "Perché il sistema capitalistico è praticamente morto", pubblicato sul quotidiano economico Milano Finanza. Si tratta di un'analisi di ormai quattro anni fa, ma i problemi che l'autore solleva sono ancora presenti, anche se nascosti accuratamente sotto il tappeto.

    Nel pezzo si parla della necessità capitalistica di fare sempre più debito per sostenere l'economia (il debito ha superato il 330% del PIL globale), del problema della valorizzazione del capitale, e in generale del dominio del capitale azionario su quello industriale:

    "Il sistema capitalistico, degenerato a causa di questo modo di operare, è praticamente morto e la finanza, così come funziona oggi, lo ha ucciso. Gli Stati Uniti, dal 2001 in poi, hanno messo l'economia reale a sostegno della finanza, ribaltando la funzione che la finanza era a sostegno dell'economia reale. Oggi il settore finanziario 'fa leva' 4/5 volte sull'economia reale per ottenere rendimenti che l'economia reale non riesce più a produrre, così come le banche nel 2008 facevano leva 40 volte sul capitale per ottenere rendimenti che l'attività caratteristica non poteva dare."

    La finanziarizzazione del capitale, riflesso della sua autonomizzazione, è la parte conclusiva della parabola storica del plusvalore. Il fenomeno è descritto nel nostro articolo "L'autonomizzazione del capitale e le sue conseguenze pratiche", che si basa sul Frammento del testo originario di "Per la critica dell'economia politica" del 1858. Oggi tale processo è ben visibile, basti pensare alla recente impennata del Bitcoin che vale più di Visa e MasterCard messe insieme. I crolli di borsa, le crisi finanziarie del 1987, del 1997, delle Dot-com e del 2008 testimoniano la difficoltà del sistema a riprodursi in quanto tale. La finanziarizzazione dell'economia non è altro che una risposta alla crisi di valorizzazione, dovuta all'aumentata produttività del lavoro. Non c'è mai pletora di capitali senza pletora di merci: per questo motivo "rilanciare la produzione" o "ritornare all'economia reale" sono slogan privi di senso.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email