Appunti su "Lezioni di futuro" di Nòva24 (prima parte)

Il robot Pippo e l'altra Italia di Roberto Napoletano, 26 novembre 2015

"Per raccontarvi il sogno italiano di Pippo ci siamo affidati al nostro Piero Angela, che è Luca De Biase, e a un team straordinario qual è quello di Nòva24, e vi vogliamo guidare da oggi per quindici giovedì consecutivi in un viaggio nel futuro che è già dentro le vostre case e i vostri pensieri, al lavoro e in famiglia, ma senza che ce ne rendiamo fino in fondo conto e, soprattutto, senza percepire quanto potrà ancora di più incidere questo pezzo di futuro, con le sue invenzioni e le sue macchine più o meno intelligenti, nella nostra vita quotidiana."

Marcati sintomi di società futura ("n+1" Numero 34)

L'esempio dei flussi materiali all'interno dell'industria è il più interessante e potente dal punto di vista della nostra teoria (Operaio parziale e piano di produzione, "n+1" n. 1), ma se si dimostra che il comunismo è presente anche a livelli meno profondi, che ha ormai alterato l'essenza del capitalismo, ovvero il dominio totalizzante della proprietà privata che tutto trasforma in merce, allora si dimostra non solo la necessità storica del comunismo, ma anche la sua presenza fisica anticipata.

Conviene partire con un paio di citazioni dai maestri:

"La società borghese, basata sullo scambio di valore, genera rapporti di produzione e circolazione che rappresentano altrettante mine per farla esplodere. Esse sono una massa di forme che si oppongono alla unità sociale, il cui carattere antagonistico non potrà mai essere eliminato attraverso una pacifica metamorfosi. D'altra parte, se noi non potessimo già scorgere nascoste in questa società - così com'è - le condizioni materiali di produzione e di relazioni fra gli uomini, corrispondenti ad una società senza classi, ogni sforzo per farla saltare sarebbe donchisciottesco" (Karl Marx, Grundrisse).

"L'urgenza di superare antiche forme di produzione non si presenta solo come rivendicazione ideale, ma come concreta evidenza che condanna le forme antiche e mostra il rendimento infinitamente superiore delle nuove, anche prima della rivoluzione politica. Il feudalesimo vacilla perché, a suo tempo, le scoperte tecniche e meccaniche mostrano come si abbiano prodotti con sforzo minore dalle prime manifatture e aziende agrarie con lavoratori liberi che nei mestieri artigiani e nelle campagne feudali. Quindi in pieno regime feudale già vi è una parte sempre maggiore della produzione che è impiantata capitalisticamente. Deve dunque essere possibile riscontrare nel capitalismo avanzato i saggi di organizzazione futura comunistica". (PCInt., Proprietà e Capitale, cap. XV.)

Ora, quand'è che una forma sociale può definirsi superata? Quando non regge più il confronto oggettivo, materiale, con una forma nuova. Quando quest'ultima si manifesta "come concreta evidenza che condanna le forme antiche e mostra il rendimento infinitamente superiore delle nuove, anche prima della rivoluzione politica". Quando ad esempio i capitalisti, diventati rentier azionari, non servono più a niente, sostituiti come sono da funzionari stipendiati.

Il motivo del nostro interesse per l'emergere dei caratteri tipici della società futura è evidente: non si tratta di speculazioni teoriche di stampo utopistico ma di descrizioni di una realtà in atto.

"Nella attività organizzata presente esistono attività e servizi la cui struttura fa capire che il comunismo non solo è attuabile, ma è necessario e storicamente imminente." (Proprietà e Capitale cit.).

La sharing economy

Partiamo con l'editoriale del numero 4 di "Lezioni di futuro" di Luca De Biase intitolato "Acceleratori di collaborazione". Si parla di solidarietà, scambio di doni e condivisione di risorse:

"Esistono beni senza prezzo che hanno enorme valore: la qualità delle relazioni tra le persone, la pulizia dell'ambiente, la profondità dell'esperienza culturale. La scienza economica si è aperta da tempo alla ricerca intorno a questi valori che sfuggono allo scambio monetario creando un vero e proprio filone d'indagine chiamato 'economia della felicità'. L'amicizia, per esempio, evidentemente, non si compra con il denaro, ma per le persone è una sorgente meravigliosa di felicità. E quando nel linguaggio comune ci si riferisce a quelle dimensioni della vita che gli economisti chiamano beni relazionali, beni culturali e beni ambientali, proprio per sottolinearne il valore, si dice che ‘non hanno prezzo'."

"Commons" collaborativo (riflessioni del relatore)

Beni che non hanno prezzo! L'articolo appena citato tira in ballo i "commons": la questione è stata sollevata a più riprese da Occupy Wall Street e da Papa Francesco nell'enciclica Laudato si'.

Secondo il Sole24Ore l'innovazione sociale passa attraverso questa nuova dimensione della dinamica sociale? Per Jeremy Rifkin sembra di sì: il suo ultimo libro si intitola La società a costo marginale zero. L'internet delle cose, l'ascesa del "commons" collaborativo e l'eclissi del capitalismo.

In La società a costo marginale zero, Jeremy Rifkin sostiene che si sta affermando sulla scena mondiale un nuovo sistema economico. L'emergere dell'Internet delle cose sta dando vita al "Commons collaborativo", il primo nuovo paradigma economico a prendere piede dall'avvento del capitalismo e del socialismo nel XIX secolo. Il Commons collaborativo sta trasformando il nostro modo di organizzare la vita economica. Motore di questa rivoluzione è l'Internet delle cose, un'infrastruttura intelligente (una "rete neuronale globale") formata dall'intreccio di Internet delle comunicazioni, dell'energia e della logistica, che avrà l'effetto di spingere la produttività fino al punto in cui il costo marginale di numerosi beni e servizi sarà quasi azzerato, rendendo gli uni e gli altri praticamente gratuiti, abbondanti e non più soggetti alle forze del mercato.

Evidentemente Rifkin sta esplorando la terra di confine tra capitalismo in coma e società futura.

CHE COS'E' LA SHARING ECONOMY (Numero 4 di "Lezioni di futuro")
Il fenomeno emergente della società: l'economia collaborativa

Condivisione al plurale (Economia on demand, piattaforme sociali, servizi per aziende: la sharing economy si diversifica in tanti modelli diversi, che convivono e si contaminano tra loro)

Spallata dopo spallata, le piattaforme della sharing economy rompono schemi consolidati e trasformano le nostre città. Che siano no profit o for profit, grandi o piccoli, i servizi collaborativi possiedono un tratto comune.

Se l'economia collaborativa non ha una definizione condivisa perché il suo significato comprende esperienze diverse fra loro, i suoi servizi digitali funzionano tutti nello stesso modo. Non erogano più servizi o prodotti dall'alto verso il basso ma abilitano le persone (peer-to-peer, da pari a pari) a scambiare, affittare, condividere, prestare, collegando semplicemente, attraverso un'app o un sito internet, domanda e offerta.

Ognuno di noi da mero consumatore di prodotti o servizi si trasforma così in un prosumer (produttore e consumatore insieme) a seconda che offra o cerchi qualcosa, divenendo al contempo cuoco o cliente affittuario o viaggiatore, progettista o finanziatore, autista o passeggero e così via.

Wikipedia, l'enciclopedia in rete, è uno degli esempi più conosciuti di attività peer to peer.

CHE COSA CI FACCIAMO (Numero 4 di "Lezioni di futuro")
Come il modello sharing ha rivoluzionato l'economia

Scambiamoci tutto. Case per vacanze, finanziamento delle idee, corsi universitari, lavori domestici, cene e ricette: ecco dove la sharing economy ha cambiato la nostra vita

Il fatturato della sharing economy raggiungerà 335 miliardi di dollari al 2025 dai 15 miliardi del 2013.

Quello che impressiona non è tanto il valore economico quanto la velocità e la qualità del fenomeno. Uno studio di Credit Suisse (società leader a livello mondiale nell'ambito dei servizi finanziari) mette in luce quanto il fenomeno sia tutt'altro che ciclico, bensì profondo e strutturale. La propensione alla condivisione, infatti, riguarda il 68% degli adulti nei paesi sviluppati e nei paesi emergenti. E va ben oltre la generazione dei Millennials (18-34 anni): gli ultra35enni sono il 52% del totale. Si condividono oggetti di elettronica, lezioni o servizi in genere, ma a seguire anche biciclette, abiti, oggetti, ecc.

Non a caso l'economia collaborativa si manifesta, come fenomeno diffuso, negli anni della crisi – tra il 2007 e il 2009 – quando si cercavano risposte nuove, basate su logiche nuove rispetto a quelle tradizionali.

Pensiamo a una delle prime piattaforme: CouchSurfing, nata addirittura nel 2003, che mette in contatto viaggiatori in tutto il mondo con persone che offrono un divano per ospitarle gratuitamente. Tutto è partito con la casa. Oggi AirBnb ha un milione e mezzo di alloggi registrati in 190 paesi, vale ormai 20 miliardi di dollari, ben più di imprese affermate come Amazon o Ferrari. La condivisione di spazi per sostare durante un viaggio e scambiare informazioni è diventata normale.

I servizi collaborativi aggregano i clienti che, condividendo una promessa (o uno stile di vita), non sono più tali ma diventano membri di una community (quanto più la comunità è ampia tanto più la piattaforma cresce ed è necessario costruire forti legami di fiducia reciproca tra gli utenti).

La piattaforma Timerepublik è una banca del tempo globale nella quale l'unica moneta è il tempo in cui gli utenti possono offrire competenze. Su Timerepublik si possono trovare dagli insegnanti agli elettricisti agli appassionati di cucina. Per entrare a far parte della community (una banca del tempo on line) bisogna creare un profilo e indicare il proprio talento o cosa si mette a disposizione degli altri.

Poi ci sono piattaforme come Barattofacile per liberarsi di un oggetto che non ci interessa più e concordare come effettuare il baratto.

Spazi in condivisione sono sempre più richiesti anche per piccole imprese, negozi temporanei o lanci commerciali. Da qui la nascita di piattaforme come Brether, LiquidSpace, StoreFront o ApperHere.

Poi c'è il crowdfunding (dall'inglese crowd, folla e funding, finanziamento) o finanziamento collettivo in italiano: un processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere un'idea.

Piattaforme di mobilità.

I trasporti sono l'altra colonna portante della sharing economy globale, con decine di imprese.

Arrivate dopo l'immobiliare, ma già più ricche di 11 miliardi di finanziamenti, le piattaforme della mobilità hanno un elefante nella stanza: Uber, che malgrado le resistenze incontrate in varie parti del mondo ha già raggiunto un valore stimato di 50 miliardi di dollari, attirando oltre 3,7 miliardi di finanziamenti. Uber ha annunciato che l'anno prossimo si quoterà in borsa.

Il caso Uber è finito nelle aule della Commissione europea che sta studiando il tema e ha già annunciato una legislazione ad hoc per l'anno prossimo. Le associazioni di categoria, dai tassisti agli albergatori, accusano gli operatori dei servizi on demand (servizi su richiesta) di concorrenza sleale: è nato un acceso dibattito sulla regolamentazione di questo fenomeno.

Il mondo dei trasporti può affiancare ai propri servizi le pratiche P2P. Ci provano Dhl e Amazon che stanno sperimentando la consegna a domicilio tra privati.

Il settore della mobilità è comunque ricco di piattaforme come la francese BlaBlaCar, la tedesca Carpooling o l'americana NuRide.

Uber, Airbnb, Amazon. I nullatenenti di successo (Non possiedono beni, solo algoritmi e software. Ma valgono in Borsa ben più dei concorrenti fisici Hertz, Hilton, Walmart) di Maria Teresa Cometto, Corriere della Sera, 26 gennaio 2016.

Modelli a comando centrale o intelligenza diffusa? (Numero 34 di "n+1")

Qualche anno fa scrivemmo un breve commento sull'automatizzazione dei flussi produttivi e distributivi della FIAT (Cfr. Immaginate una fabbrica). Con il solito sistema di sensori e attuatori, la fabbrica e la sua rete di concessionari conosceva sé stessa in tempo reale, adattando automaticamente la produzione alla richiesta del mercato in modo da realizzare produzioni decentrate ma collegate, in modalità just-in-time, senza magazzino. Per quanto aberrante in contesto capitalistico, pensando soprattutto a quel mostro che è il sistema dell'automobile, ci troviamo di fronte a un modello cibernetico rispondente agli stimoli bisogno-produzione-distribuzione-consumo.

Togliamo il capitalismo e avremo un modello razionale di soddisfacimento della "domanda sociale", un modello che è già oltre la società del bisogno, applicabile quindi alla fase superiore del comunismo.

Walmart è una multinazionale che, soprattutto negli Stati Uniti, gestisce un grande numero di centri commerciali. A qualche anno di distanza rispetto alla Fiat, questa azienda monstre ha raggiunto un livello di ottimizzazione più alto, dovendo rispondere a esigenze più complesse. Colosso della distribuzione senza pari, deve gestire migliaia di negozi, 2,2 milioni di dipendenti (super sfruttati), una rete logistica che fa il giro del mondo.

I sensori del sistema Walmart acquisiscono informazioni ad ogni livello, dal comportamento dei consumatori nei negozi alle giacenze sugli scaffali, dal percorso lungo la rete logistica a quello che porta a casa del consumatore. Ogni prodotto ha una etichetta tracciabile e appena uscito dai campi o dalla fabbrica diventa un terminale della immensa rete. In questo modo sono sotto controllo 600 milioni di confezioni dei prodotti più diversi ogni settimana per 20 milioni di transazioni alle casse ogni giorno.

La potenza di calcolo necessaria al controllo dell'intero sistema è seconda solo a quella del Pentagono.

L'INTERNET DELLE COSE (Numero 8 di "Lezioni di futuro")
La rete globale degli oggetti di Gianni Rusconi

Vivremo presto in un'epoca in cui tutto, persone comprese, sarà interconnesso tramite sensori, reti ad altissima velocità e algoritmi in grado di raccogliere, elaborare e interpretare i dati.

I numeri del fenomeno sono questi: nel 2020 gli oggetti connessi saranno decine di miliardi, impatteranno sui processi di ogni settore economico.

Sensori ovunque e sempre collegati a Internet

Mems (acronimo di Micro-electro-mechanical systems), sensori microscopici. La peculiarità dei sistemi Mems è quella di rafforzare il matrimonio fra nanotecnologie e informatica, valorizzando l'integrazione fra sensori e chip al silicio, con i primi deputati a captare le informazioni e i secondi a elaborarle per inviare gli input per attuare le azioni opportune. I Mems li troveremo in esercizio ovunque: dentro casa, nell'auto, in strada e nei palazzi. Sempre connessi e comunicanti tra loro, capaci di prendere decisioni in autonomia anche senza dover ricorrere a un'intelligenza centrale.

Leggiamo quanto abbiamo scritto nel 1999 prima che uscisse "n+1" (Appunti per una meditazione iperuranica informale):

"Il sistema di macchine si è evoluto ma può essere assimilato a quello di Marx. La rete di comunicazioni e trasporti anche. Le macchine si costruiscono con macchine come allora. Aerei, navi e telecomunicazioni svolgono la stessa funzione di quel tempo, se pur più velocemente. Allora, dove sta la differenza? Sta in questo: le macchine non si costruiscono solo con macchine sempre più ciclopiche, esse si sono rimpicciolite e costruiscono sé stesse eliminando gli uomini dal processo, diretto o indiretto che sia. L'automa globale non è più fatto di materia, alberi di trasmissione, cinghie, catene, ma di bit immateriali. Anche il software si costruisce col software, ma non c'è più acciaio, capannoni, ciminiere, ferrovie a fargli da contorno. Si tratta di un cambiamento qualitativo."

Il mondo "interconnesso"

Oggetti e sistemi che possono comunicare tra loro senza alcuna necessità di intervento umano.

Apple, Microsoft, Google, Intel e Cisco stanno investendo miliardi di dollari sull'Internet delle cose.

Un colosso come Samsung ha annunciato che entro il 2020 tutti i suoi prodotti, dai telefonini ai frigoriferi, saranno interconnessi. Google, dopo aver acquistato per 3,2 miliardi di dollari Nets Labs, la startup che produce termostati intelligenti, sta lavorando a Brillo, un sistema operativo pensato per essere una piattaforma universale per dispositivi Iot. Anche Facebook sta investendo sulla propria piattaforma software, Parse, che permette lo sviluppo di applicazioni per la domotica e l'Internet delle cose.

L'Internet delle cose va visto come una massiccia rete di piccoli moduli intelligenti, onnipresente e altamente distribuita, collegata a strumenti di apprendimento automatico basati su Internet che analizzano grandi quantità di dati in tempo reale, formulando conclusioni utili.

L'INTELLIGENZA COLLETTIVA (Numero 14 di "Lezioni di futuro")
Interconnessi senza limiti di Roberto Manzocco

Cervello globale. Ecco che si fa strada allora un concetto piuttosto accattivante, quello di "Global Brain", una metafora che indica l'Ict network globale che interconnette tutti gli esseri umani e i dispositivi tecnologici di cui essi fanno uso. Una rete di relazioni che collettivamente accumula e processa quantità crescenti di informazioni e si fa carico (in pratica automatizzandole sempre di più) delle funzioni di organizzazione e di coordinamento espletate fino ad ora dalle classiche organizzazioni costituite solo da esseri umani – finendo così per assomigliare al "cervello" del pianeta Terra, o meglio, al "sistema nervoso" collettivo del consesso umano. L'intelligenza di questo Global Brain non è localizzata in uno specifico individuo o computer, ma è distribuita; il sistema nervoso del mondo è inoltre un sistema adattativo, cioè si auto-organizza ed "emerge", ossia sviluppa proprietà che non sono riducibili alle proprietà delle singole parti. Questo cervello globale si coagula ovviamente attorno al World Wide Web, in cui i diversi siti e pagine web, connessi l'un con l'altro da iper-link, formano una struttura analoga a quella delle reti nervose naturali, un'analogia che si fa ancora più stringente con la nascita del Web 2.0, fatto di social media, social network e contenuti dinamici e interattivi.

L'approccio cibernetico mira in pratica a sviluppare modelli matematici e simulazioni dei processi di auto-organizzazione attraverso cui tale intelligenza collettiva emerge.

Prospettive filosofiche e culturali che confluiscono in questo progetto:

  • Organicismo: l'idea che le società umane possano essere viste come veri e propri organismi composti da parti interagenti in modo appunto "organico". Nell'Ottocento fu il sociologo Herbert Spencer a proporre questa immagine.

  • Negli anni Trenta del Novecento l'entomologo Willian Wheller cercò di interpretare le colonie di formiche come organismi distribuiti nello spazio, e coniò il termine "super-organismo" per definire tali entità distribuite.

  • Attualmente i principali rappresentanti di questa concezione sono Gregory Stock, noto scienziato e imprenditore biotech Usa, e il francese Joel de Rosnay, biologo molecolare e studioso di Teoria della Complessità.

  • Un posto di rilievo spetta al paleontologo gesuita Pierre Teilhard de Chardin che, in opere come "il fenomeno umano" (uscito postumo nel 1995) parlò – in chiave cristiana, si intende - della "planetarizzazione" dell'Umanità. A suo dire, l'evoluzione era un processo irreversibile e inarrestabile che, a partire dalle forme di vita più minuscole, portava allo sviluppo di creature sempre più complesse, e alla formazione di interconnessioni sempre più ampie, fino alla nascita di una vera e propria "mente globale", la "Noosfera" – da intendersi in modo molto più radicale del "Global Brain".

  • Un'altra prospettiva che ha influito sul Global Brain e sull'intelligenza collettiva è l'"enciclopedismo", l'aspirazione – più volte perseguita nel corso della storia umana – a raccogliere il sapere universale in un unico sistema integrato – come nel caso dell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert.

  • Kevin Kelly, combinando cibernetica e biologia evolutiva, nel libro "Out of control" conia la nozione di "mente-alveare".

Previsioni: pianeta wireless al 2020

L'intelligenza collettiva del futuro sarà senza fili e molto più potente. L'indicazione arriva dall'ultimo report di Cisco che predice un'esplosione delle connessioni mobili e wireless a banda ultralarga entro il 2020. Secondo gli analisti dell'azienda statunitense saranno 5,5 miliardi le persone connesse alla rete nell'arco del prossimo quinquennio con circa il 70% della popolazione mondiale online grazie a uno smartphone.

Smart mob. (letteralmente "folla intelligente") è un gruppo più o meno folto di persone che si comporta in modo intelligente ed efficiente grazie a strumenti di comunicazione high-tech (smartphone, P2P networks, computazione diffusa) che consentono la formazione di connessioni e il coordinamento in tempi rapidissimi e con un preavviso brevissimo – in sostanza un esempio pratico di intelligenza collettiva. L'essenza delle smart mob è costituita dalla mancanza di un controllo centralizzato e dall'influenza reciproca. Queste aggregazioni possono anche essere organizzate in modo distribuito, cioè nel medesimo momento ma in molteplici località.

Storicamente un primo esempio di "smart mob" sono le "tribù del pollice", gruppi di teenager che, a Tokyo e ad Helsinki, usavano sms per organizzare all'ultimo minuto rave party. Altri esempi di smart mob sono le proteste organizzate in più occasioni da svariati movimenti no-global, oppure le insurrezioni parigine delle banlieue nel 2005, fortemente basate su sms, blog ed e-mail.

Folksnomy. Una delle caratteristiche centrali del Web 2.0 è la cosiddetta "folksonomy" – da "folk" e "taxonomy" – una definizione inventata dall'informatico americano Thomas Vander Wal. Tutto parte dai servizi di social bookmarking, ossia siti che consentono di creare, organizzare, personalizzare e condividere bookmark (segnalibro che rende più veloce la visualizzazione del sito) di ogni genere – foto e, più in generale, informazioni -, associandoli ad annotazioni di nostra scelta – in genere singole parole, o meglio "tag". Si pensi a Del.icio.us, lanciato nel 2003, a Flickr e Digg, nel 2004, e Reddit, nel 2005; e poi ancora Instagram, WordPress, Pinterest e quant'altro. In sostanza, con i loro tag e le loro valutazioni, gli utenti aggiungono ai contenuti una quantità crescente di meta-dati, che consentono alla comunità di classificare gli elementi in questione - in pratica di creare una tassonomia – in modo sempre più articolato.

Conclusioni del relatore

La maggior parte degli uomini non si è ancora resa conto di cosa comporti il fatto che la Rete sia diventata talmente pervasiva da assorbire il 100% delle transazioni fra industrie e servizi, quasi il 100% delle comunicazioni telefoniche e quasi il 100% delle attività produttive e logistiche. L'omologazione imperante non permette l'assimilazione generalizzata di un tale concetto di partito, ma è la maturità stessa dell'attuale forma economico-sociale che lo impone.

Scriveva Herbert George Wells:

"Una chiarificante organizzazione universale della conoscenza e delle idee, ossia l'emergere di ciò che ho chiamato Cervello mondiale, rimpiazzerà la nostra molteplicità di gangli scoordinati… in quella e in quella soltanto, è certo, vi è l'unica chiara speranza di trovare un Amministratore Competente per le questioni mondiali. Non vogliamo dittature, oligarchie o domini di classe, vogliamo un'intelligenza diffusa a livello mondiale e autocosciente" (Il Cervello Mondiale, 1938).

Oltre all'eclatante fenomeno storico delle "capitolazioni borghesi di fronte al marxismo" possiamo osservare degli "effetti collaterali" minori, come ad esempio l'adozione da parte di alcuni non-comunisti (e persino borghesi) di termini e nozioni che fanno parte del nostro bagaglio teorico. È un dato di fatto e lo registriamo con giusta soddisfazione nel linguaggio quotidiano dicendo che i nostri avversari sono costretti a scendere sul "nostro" terreno. In realtà è la rivoluzione in corso che obbliga sia noi che i nostri avversari a scendere sul "suo" terreno. E questa realtà spiega non solo la convergenza di linguaggio sui temi del cambiamento sociale ma l'origine stessa del lavoro di "n+1".

 

(Traccia svolta durante il 61° incontro redazionale)

 

- Leggi la seconda parte di Appunti su "Lezioni di futuro" di Nòva24

 

 

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