Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  12 febbraio 2013

Fusioni

Al di là della poco probabile motivazione ufficiale, la rinuncia al pontificato da parte di Benedetto XVI sembra il risvolto inusuale, almeno da 700 anni a questa parte quando Celestino V abdicò, di un periodo certamente non facile per la Chiesa di Roma. La lotta tra i vari porporati e soprattutto le vicende legate alla fuga di notizie (Vatileaks) sono segnali della presenza di scontri interni sempre più difficilmente gestibili.
Un Papa che lasci la poltrona pontificia per ritirarsi a pregare in un monastero è di per sè un fatto epocale. Che esso avvenga in un periodo di comatosa difficoltà economico-politica ci dice che proprio in momenti come questi le lotte interne diventano esasperate, e le divisioni nel corpo ecclesiale rischiano di minare la stabilità dell'organismo millenario.

Sarà interessante seguire il prossimo Conclave, prima e dopo del quale solitamente i vaticanisti tirano fuori teorie sostanziose. La nostra corrente ha sempre tenuto d'occhio quanto accadeva in Vaticano e alcuni documenti prodotti dalla Chiesa sono stati trasformati in spunti per riunioni e lavori di partito.

Interessante la notizia che arriva dagli Stati Uniti riguardo la nascita della prima biblioteca al mondo completamente digitale: "A San Antonio, nella contea di Bexar, ci credono a tal punto da aver messo sul piatto 1,5 milioni di dollari per costruire il primo spazio pubblico interamente dedicato alla lettura di ultima generazione. La BiblioTech, questo il calzante nome del progetto, debutterà la prossima estate con 10mila titoli e 100 e-reader." Il passo successivo potrebbe essere il collegamento tra tutte le biblioteche digitali del pianeta, per dar vita così ad un'unica enorme biblioteca che riunirebbe tutto il sapere dell'umanità, una sorta di Biblioteca di Alessandria 2.0. Una società organizzata in maniera più efficace e funzionale di quella attuale dovrà solo liberare tutte queste potenzialità per ora bloccate dalle catene della legge del valore. Marx ed Engels affermarono che Bismarck sarebbe stato costretto suo malgrado a lavorare per il comunismo, noi possiamo tranquillamente asserire che in mancanza della rivoluzione i capitalisti sono costretti comunque a spianarci la strada.

Sempre dagli Usa, segnaliamo uno degli ultimi post pubblicati sul sito Occupywallst.org in cui viene affrontato il tema del consenso. Nelle ultime righe si afferma senza mezzi termini che se un movimento è anticapitalista, non c'è molto da discutere perché l'organizzazione viene di conseguenza ("We have global unfettered capitalism to defeat, and that is going to be much harder to fight, if we are fighting over the model with which to organize.").
Da tempo la nostra corrente afferma che la rivoluzione non è una questione di forme organizzative ma di forza. Gli occupiers, nel tentativo di migliorare la democrazia, la stanno negando nei fatti: non voteranno la linea politica del movimento in apposite urne. Saranno quindi costretti ad organizzarsi diversamente. Nel Vecchio continente è inconcepibile una discussione del genere perché il problema di superare la democrazia rappresentativa è per adesso appannaggio di sparute minoranze.

Arrivano invece dalla nostrana sinistra sindacale e da ambienti anarchici entusiastiche segnalazioni riguardo una fabbrica greca dove gli operai hanno fatto ripartire la produzione. La vecchia posizione operaistica dell'autogestione aziendale, ovvero delle maestranze che riaccendono le macchine e fanno andare avanti la produzione senza padrone, trova numerosi sostenitori. Addirittura presunti internazionalisti affermano che è meglio l'auto-sfruttamento piuttosto che lavorare sotto il comando di un capitalista.

Sarà... ma fino a quando si producono merci, esse devono essere immesse sul mercato e sottostare alla legge del valore. Controllo operaio e nazionalizzazione, i due filoni che maggiormente "tirano" nel milieu, non sfuggono di certo al meccanismo capitalista, tantomeno lo rovesciano. "Un sistema di scambio mercantile tra aziende libere autonome al loro interno, come può essere propugnato da cooperativisti, sindacalisti, libertari, non ha alcuna possibilità storica e non ha alcun carattere socialista. Esso è retrogrado anche rispetto a molti settori già organizzati alla scala generale in tempo borghese, come richiedono il procedere della tecnica e la complessità della vita sociale. Socialismo, o comunismo, vuol dire che la intera società è l'unica associazione di produttori e consumatori. Ogni sistema aziendale conserva il dispotismo interno di fabbrica e l'anarchia dell'adempimento al consumo dello sforzo di lavoro, oggi almeno decuplo del necessario." (Raddrizzare le gambe ai cani).

La proposta di nazionalizzazione ha fatto capolino anche nell'affaire MPS poichè solo essa "può garantire i piccoli risparmiatori." La richiesta di maggiori diritti continua ad essere il cavallo di battaglia dei residuati bellici dello stalinismo, i quali lanciano proclami sempre più stridenti col carattere globale della lotta di classe. La stessa impostazione vale rispetto alla Primavera araba, di cui molti sostengono il carattere democratico. Per questi paladini dei diritti non si tratta di lotta di classe quanto sta accadendo nei paesi del Nordafrica, ma di una serie di proteste in cui le masse sono scese nelle strade per difendere la democrazia contro i dittatori. La cappa di piombo ideologica in difesa del capitalismo è difficile da scalfire.

Alcune considerazioni in merito alla produzione agricola mostrano numeri significativi circa la popolazione impiegata dall'inizio del Novecento ad oggi. Già negli anni cinquanta, si assiste alla mineralizzazione del pianeta, cioè alla sopraffazione del mondo biologico da parte della produzione minerale. Il settore dell'agricoltura è uscito completamente dal ciclo economico capitalista e difatti non c'è più rapporto di mercato diretto tra la merce-cibo e la sua produzione. A dimostrazione che non si tratta di oscillazioni periodiche interne ad un paese ma di un processo irreversibile, nel 1999 ognuno dei nove milioni di produttori agricoli europei ha ricevuto in media 38 milioni di lire all'anno in sussidi, che si sono aggiunti ovviamente al suo reddito "normale". Ciò significa che vi è stato un trasferimento di reddito da tutte le altre classi verso il contadiname, e che ogni famiglia dell'Unione ha "versato" 2,75 milioni di lire in sovrapprezzo alimentare, così come ha pagato le tasse per altri tipi di servizi. Per il 65% si è trattato di versamento diretto tramite lo Stato, per il 35% di versamento indiretto tramite la manipolazione dei prezzi. Anche gli altri paesi capitalistici non scherzano: la media ricevuta da ogni contadino titolare d'azienda dell'area OCSE non EU è di 25 milioni e mezzo di lire, con punte di 75 milioni in Norvegia e Svizzera, seguite dal Giappone con 59, dagli Stati Uniti con 46, dal Canada con 21, fino alla Nuova Zelanda con 2.

Anomala la notizia che viene dal mondo economico sul finanziamento di Microsoft a Dell, leader mondiale nella fornitura di hardware: "Alla guida del gruppo resterà il fondatore Michael Dell che detiene il 16% del capitale. La decisione di lasciare la Borsa riflette quindi le difficoltà del momento: lo scorso anno le vendite di Pc sono calate del 3,5% schiacciate dalla pressione di tablet e smartphone. Un calo che ha messo in difficoltà anche Microsoft, di cui Dell era uno dei principali clienti, con la riduzione delle vendite del suo sistema operativo Windows. Ora la società di software di Redmond spera di rilanciarne le vendite intervenendo direttamente sulla parte hardware." Quella in atto non è una fusione ma piuttosto il tentativo di Dell di ridiventare proprietaria di se stessa. Non avendo denaro a sufficienza, l'azienda texana prima ha interrotto il suo percorso di quotazione in borsa e rastrellato capitali dalle banche, poi ha chiesto aiuto a Microsoft che non è intervenuta acquistando la società ma investendo alcuni miliardi di dollari. Esattamente il contrario di quanto avviene da un po' di anni a questa a parte, una vera e propria controtendenza.

Sembra che Microsoft e Dell vogliano salvare il computer "intelligente": la prima fornendo software professionali, la seconda hardware potenti. E il tutto verrà integrato con la Nuvola. Sembra una mossa per riportare il mondo informatico ad una certa serietà ribellandosi alla tendenza strutturale che impone computer specifici, ovvero stupidi come direbbe Cory Doctorow, e alla saturazione di gadget tecnologicamente inutili.

L'operazione messa in piedi da Dell è inusuale perché mentre tutti comprano derivati per speculazioni finanziarie, questa fa rientrare capitale in casa attuando un politica industriale che comporta spese e fatica. In passato i soci di Dell hanno spinto verso i prodotti finanziari, ma fortunatamente l'azienda ha conservato il settore "industriale" in cui l'azienda è diventata primo produttore mondiale. Quanto accade tra Microsoft e Dell avrà sicuramente ripercussioni su tutte le altre grandi aziende del settore informatico, come HP, IBM, Lenovo e Apple.

Detto questo, rimane che, in ambito informatico, il dato più interessante è la smaterializzazione della merce. Questo processo può diventare, nel programma rivoluzionario immediato, una precisa e consapevole strategia di abbassamento degli investimenti, per sollevare l'umanità dalla prassi capitalistica della produzione per la produzione. Quindi un fattore di liberazione dell'umanità dalla necessità del lavoro coatto. Le potenzialità della cibernetica, della robotica, della telematica, delle nuove tecnologie dei materiali, ecc. sono appena esplorate in questa società che bada solo al profitto. In una società che abbia superato questo scoglio storico, l'automazione diventa liberazione dall'assillo del lavoro come pena, in quanto mercificato; l'eliminazione del tempo di lavoro non sarà più dannazione di disoccupato o di supersfruttato ma godimento del tempo di vita finalmente conquistato.

Articoli correlati (da tag)

  • Approccio analitico o approccio sistemico

    La teleconferenza di martedì sera, connessi 16 compagni, è iniziata riprendendo il tema dell'Intelligenza Artificiale (IA).

    OpenAI ha annunciato un aggiornamento nelle applicazioni mobili di ChatGPT per iOs e Android, che renderà la chatbot capace di adattare la traduzione alla tipologia di utente finale (bambino, adulto, ecc.), e di rispondere alle domande anche tramite una funzione di sintesi vocale. La nuova versione del programma sarà potenziata anche nel campo visivo, con la possibilità di riconoscere immagini e trarre informazioni da un dato contesto (Wired, "Abbiamo provato il nuovo ChatGPT che ascolta, vede e parla"). Insomma, si sta sviluppando un sistema multimodale che assomiglia sempre più al modo che abbiamo di interfacciarci alla realtà.

    Nell'articolo "ChatGPT mania may be cooling, but a serious new industry is taking shape", The Economist afferma che dopo la prima ondata di entusiasmo per ChatGPT ora l'attenzione è un po' scesa, ma in questi ultimi mesi non sono mancate novità e avanzamenti tecnologici. I big tech (OpenAI, Google, Apple, ecc.) investono massicciamente nel settore dato che i loro modelli devono aumentare la potenza di calcolo per reggere la sfida. Cresce dunque la quantità di dati elaborata, e gli esperti stimano che le fonti presenti su Internet sono prossime all'esaurimento; perciò le grandi aziende si stanno rivolgendo ad agenzie stampa e fotografiche per trovare dati nuovi da dare in pasto ai modelli di IA. Si sta addirittura pensando allo sviluppo di dati sintetici, ovvero testi, video e foto sviluppati da altri sistemi di IA, secondo un sistema in cui le macchine addestrano le macchine.

  • Polarizzazione sociale in Francia

    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 18 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo le rivolte scoppiate in Francia in seguito all'uccisione del giovane Nahel per mano della polizia a Nanterre.

    Quanto accade in Francia ci ha dato modo di riprendere l'articolo "La banlieue è il mondo", scritto dopo la sommossa del 2005. In questi giorni, così come nel passato, nel paese si è innescata una potente polarizzazione che ha schierato da una parte i difensori dell'esistente, e dall'altra chi non ha nulla da perdere se non le proprie catene: senza riserve che non hanno rivendicazioni da fare all'interno del sistema, di cui non si sentono parte e che non riconoscono. Successivamente alla rivolta del 2005, iniziò la lotta contro il CPE, il contratto di primo impiego; oggi, la rivolta scoppia poco dopo la fine del movimento contro la legge sulle pensioni. In entrambi i casi le mobilitazioni dei sindacati non si sono incontrate con le proteste del proletariato delle periferie, "estremo, disoccupato, escluso anche per fattori etnici". Le lotte sindacali sono rivendicative e hanno come obiettivo la critica a leggi promulgate dal governo, i giovani banliuesard, invece, attaccano tutto quanto ha attinenza con lo Stato e saccheggiano la proprietà. Sono le loro condizioni materiali, non l'ideologia, a spingerli a comportarsi in un determinato modo. Fonti governative affermano che l'età media dei rivoltosi è di 17 anni.

    Dal 2005 in Francia è in corso un'escalation sociale. Secondo il ministero dell'Interno francese, il livello di violenza attuale (poliziotti feriti, edifici pubblici distrutti, ecc.) è superiore alla precedente ondata di rivolta. Marsiglia, seconda città francese per numero di abitanti dopo Parigi, è stata teatro di scontri durissimi tra giovani e forze dell'ordine, ed una persona è rimasta uccisa da una "flash ball" sparata dalla polizia, lo stesso tipo di arma (proiettile di gomma) che durante le proteste dei Gilets jaunes aveva causato decine di feriti gravi.

  • L'unica soluzione

    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 15 compagni, ha avuto come tema principale la guerra in Ucraina scoppiata circa un anno fa.

    Abbiamo iniziato la discussione analizzando le prese di posizione di alcuni militari italiani, (Leonardo Tricarico e Marco Bertolini) contrari all'invio dei carri armati prodotti in Germania. Si è quindi passati a commentare quanto scrive il generale Fabio Mini nel suo ultimo libro L'Europa in guerra (ed. PaperFIRST, 2023). Una prima considerazione da fare, leggendo i capitoli iniziali del testo, riguarda il fatto che le campagne di denuncia di leniniana memoria sono ormai sostenute dagli stessi generali dell'esercito, motivo per cui i comunisti non si possono fermare a tale livello e devono per forza andare oltre.

    In L'Europa in guerra si dice che lo svuotamento degli obsoleti arsenali occidentali, dovuto alle forniture di armi a Kiev, rende necessario il rinnovo degli armamenti e apre le porte all'adozione di nuove risorse tecnologicamente più avanzate ed efficienti. Tali equipaggiamenti, afferma Mini, sono prevalentemente americani e legano sempre più l'Europa agli Stati Uniti, paese che maggiormente investe nella preparazione e nell'impiego di forze militari. Gli alleati NATO dell'Est Europa sono le punte di lancia dell'America nel Vecchio Continente.

    Per il generale, l'Ucraina sta combattendo contro l'Europa per e con gli Stati Uniti. E l'obiettivo di quest'ultimi è mantenere l'egemonia sull'Europa e interrompere qualsiasi legame politico ed economico tra Berlino e Mosca, costringendo gli alleati a importare da loro risorse energetiche a costi più alti. In ballo c'è il controllo di un mondo che non accetta più supinamente il dominio del dollaro. Come nota l'Economist ("What Ukraine means for the world"), solo un terzo della popolazione mondiale vive in paesi che hanno condannato la Russia per l'invasione dell'Ucraina e le hanno imposto sanzioni.

Rivista n°53, giugno 2023

copertina n° 53

Editoriale: La guerra rispecchia la società

Articoli: Sul libero arbitrio

Rassegna: Effetto domino - Crollo generale"

Terra di confine: Magazzini organici - Apprendisti stregoni - La forma ed il contenuto

Recensione: Doom

Doppia direzione: Riscontri d'oltreoceano

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email