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  • Resoconto teleriunione  20 ottobre 2015

Nel vortice della rivoluzione

La teleconferenza di martedì, a cui hanno partecipato 16 compagni, è iniziata prendendo spunto dalle dichiarazioni rilasciate recentemente al Wall Street Journal da Henry Kissinger.

Nell'articolo pubblicato dal quotidiano newyorkese l'ex segretario di Stato invita gli Stati Uniti a darsi una mossa: "devono decidere in che ruolo giocheranno nel XXI secolo. Il Medioriente sarà il test più immediato e forse più difficile. In gioco non c'è la forza dell'America, ma la sua risolutezza a capire e padroneggiare il nuovo mondo". In particolare Kissinger esprime preoccupazione per l'intervento russo in Siria e il piano sul nucleare dell'Iran, operazioni entrambe lesive degli interessi americani nella regione.

Sappiamo che le determinazioni materiali che stanno alla base della politica americana non dipendono affatto da accordi fra trust o dalla volontà del governo, bensì dalla necessità del Capitale di uno sbirro globale, gli USA, che impedisca lo sconvolgimento dell'intero assetto capitalistico mondiale. L'imperialismo non è una "politica" di qualcuno, è il modo di essere del capitalismo raggiunto un certo grado di sviluppo delle forze produttive.

Indubbiamente gli Stati Uniti stanno attraversando una fase di declino e faticano a controllare il mondo. Quando erano un potenza rampante, intervenivano ai quattro angoli del pianeta e facevano vedere i sorci verdi a tutti; ora non riescono a sostenere come si deve una guerra patriottica a causa della delicata situazione interna (e non solo). Le manifestazioni contro la guerra degli anni scorsi hanno visto in prima linea proprio chi le guerre le ha viste e le ha fatte, i celebratissimi veterani, che tra l'altro sono ben altra cosa rispetto alla solfa demo-pacifista di stampo europeo. Gli ultimi sussulti di partecipato entusiasmo per le imprese militari del Paese risalgono al post-11 settembre, con i conflitti in Afghanistan e Iraq. Quest'ultimo fu disastroso sia dal punto di vista tattico che strategico, e con esso fallì anche il tentativo di dare ordine alla complessa situazione mediorientale.

Tuttavia, gli Usa restano l'unica potenza in grado di muovere portaerei e lanciare operazioni militari in grande stile. I russi, al contrario di quanto afferma Kissinger, sfruttano la debolezza altrui e cercano di arginare il caos in Medioriente per difendere, ovviamente, i loro interessi. La Turchia, che aveva tutte le potenzialità storiche ed economiche per ricavarsi uno spazio di manovra nell'area, sta implodendo e nemmeno l'esercito – elemento centrale della società turca – riesce a prendere in mano le redini del paese. L'Europa è alle prese con una massiccia ondata migratoria, che nessuno riesce a gestire e, anzi, muri e campi di concentramento non fanno che aumentare. L'economia capitalistica ha un encefalogramma piatto e i rapporti tra paesi imperialistici sono improntati all'irrazionalità totale. Per forza di cose l'apparato capitalistico crollerà, lasciando il posto a una nuova forma sociale che già preme per emergere. La crisi in corso è una situazione tipica di accumulo continuo di contraddizioni che trova infine sbocco in una soluzione discontinua, così come l'accumulo graduale di potenziale elettrico nell'aria ad un certo punto fa sì che l'aria stessa da isolante diventi conduttiva, con conseguente scarica elettrica violenta.

Negli anni 50' la Sinistra Comunista "italiana" individuava nei suoi lavori sul corso del capitalismo l'esistenza di due curve: quella della produzione di materiale biologico (olio, granaglie ecc.) e quella della produzione di tipo minerale (acciaio, plastica, ecc.), la quale raggiungeva livelli, in termine di valore, di molto superiori alla prima. Dagli anni 70' in poi la rendita prende il sopravvento sulla cosiddetta economia reale, dando il via ad un drenaggio di valore a livello mondiale, che porta il capitalismo a finanziarizzarsi. Oggi siamo alla "mineralizzazione" della biosfera, al trionfo del lavoro morto sul lavoro vivo, e tutti devono sottostare alle condizioni del mostro autonomizzato. Sono lontani i tempi in cui il keynesismo funzionava e gli Stati Uniti erano la "locomotiva mondiale". I tecnici del Capitale vivono nel panico e ad ogni spasmo dello zombie tirano fuori teorie strampalate. Come quella di far ripartire l'economia aumentando artificialmente l'inflazione: Mario Draghi non è che il rappresentante di una classe che non sa più che pesci pigliare.

In Italia si assiste allo stesso fare scombinato. Il ritorno al keynesismo sbandierato dal governo dopo l'approvazione del Jobs Act non è riuscito (e com'era possibile visto che è morto e sepolto?), mentre le promesse di Renzi alla Leopolda sul rilancio dei consumi sono andate a farsi benedire. Il sindacato, invece di incalzare l'esecutivo, resta immobile in completo stato confusionale. Ma è da altre parti della società (che trovano spazio soprattutto su blog e social network) che provengono voci interessanti. Ad esempio l'articolo I robot ci ruberanno il lavoro? Era ora! è uno dei tanti in linea con quanto da anni andiamo dicendo, ovvero che nell'epoca della massima introduzione degli automi e dell'informatica è una pura idiozia piangere sul "diritto al lavoro".

Il tema dell'automazione e dell'Intelligenza Artificiale rientra a pieno titolo nel cambio di paradigma in corso: essendo il capitalismo basato sul valore estratto dalla forza-lavoro umana, quando questa viene sostituita dalle macchine, sono intaccati i meccanismi di funzionamento della società capitalistica. Anche il Movimento 5 Stelle, riunitosi qualche giorno fa ad Imola, sostiene che bisogna smetterla di identificare la nostra vita con il lavoro e spingere invece per un reddito di cittadinanza sin dalla nascita. Dal palco l'ex comico genovese ha affermato, in un discorso sull'industria dell'automobile, che non è possibile una crescita infinita in un mondo finito; è d'accordo Serge Latouche, il filosofo della decrescita che in un articolo pubblicato proprio sul blog di Beppe Grillo dice che stiamo vivendo una sommatoria di più crisi per cui "o cambiamo strada o sarà la fine dell'umanità."

Questi elementi del tutto interni al Sistema lanciano messaggi chiari sul crollo della civiltà borghese. Grillo è un rappresentante della piccola borghesia, la non classe che ha più da perdere nello scontro tra borghesia e proletariato, quella che per prima è costretta a muoversi.

Comincia a farsi strada una convergenza verso determinati temi: lotta contro la schiavitù salariata, reddito di sopravvivenza, tentativo di unificazione delle conoscenze, cambio di paradigma. E' la società futura che fa da attrattore e trascina tutti, chi prima e chi poi, nel vortice della rivoluzione.

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