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  • Resoconto teleriunione  27 ottobre 2015

La serie storica del capitalismo mostra un limite

La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, si è aperta con la segnalazione di un video sul flusso di migranti che arrivano in Slovenia.

Alimentato dal marasma sociale, prosegue inesorabile l'esodo dei senza riserve che si ammassano alle porte delle metropoli occidentali in cerca di cibo e riparo. Gli stati coinvolti, già in crisi per conto loro, corrono ai ripari come possono, allestendo campi di concentramento e muri improvvisati o puntando, come la Turchia, a inserire milioni di immigrati-schiavi nel mercato del lavoro.

Sul fronte dei rapporti tra paesi imperialisti è scattato, in concomitanza con il Plenum del Partito-Stato cinese, il pattugliamento delle isole artificiali Spratly da parte della marina militare statunitense. Il contenzioso all'origine di queste operazioni riguarda formalmente la sovranità sull'arcipelago, rivendicata dalla Cina; ma appare del tutto evidente il tentativo degli americani di limitare l'espansionismo cinese. Forti della loro tradizione militare aereo-navale, gli Usa non vogliono perdere la loro supremazia, anche perché nella guerra di tutti contro tutti il controllo degli oceani è fondamentale (si veda ad esempio dove è posizionata la Base militare americana Diego Garcia).

A complicare la situazione ci pensano i russi, compiendo operazioni navali intorno a Guantanamo. Mentre al tempo della guerra di Corea e Vietnam gli Usa potevano intervenire risolvendo un problema alla volta, oggi questo non è più possibile, sia per la condizione materiale in cui versa il mondo capitalistico sia perché sono obsoleti gli schemi geopolitici prodotti nel secolo scorso. Ora bisogna intervenire contemporaneamente in più scenari di crisi. L'Imperialismo di fine '800 puntava al dominio dell'Heartland e dava parecchia importanza all'asse Berlino-Baghdad, che invece oggi non ha più alcun significato. Resta valido il dominio sui mari, ma da Washington e Tampa (il centro operativo delle manovre militari americane) si fatica a governare le 800 basi sparse per il pianeta: non si tratta solo di un problema di gestione, ma di una mutazione militare in corso difficile da amministrare.

In ordine cronologico, la storia delle successioni alla guida del capitalismo mondiale è questa: Venezia, Spagna, Portogallo, Olanda, Francia, Inghilterra, e per ultimi gli Stati Uniti d'America. E dopo? Attualmente nessuno può prendere il posto degli Usa, il passaggio di consegne è impossibile: il meccanismo di accumulazione mondiale è stato stravolto e la serie storica mostra chiaramente un limite. La Cina, da tutti indicata come il prossimo centro imperialistico, è un gigante produttivo ma un nano politico, che dovrebbe perciò inventarsi una geopolitica ad hoc proiettata sul Pacifico. Altri ancora vedono nell'India un possibile "successore". Ma non è possibile, il capitalismo è giunto alla sua fase ultima e la transizione non è da venire, è in corso. D'altronde Il pianeta è piccolo, come affermava la nostra corrente in un "filo del tempo" del 1950.

Alcune fonti giornalistiche annunciano l'invio di truppe speciali americane in Siria e in Iraq per debellare lo Stato Islamico. Nel generale sconquasso mondiale vediamo che la cartina geografica del Medio Oriente "disegnata" alla fine della prima guerra mondiale è completamente saltata con il conseguente sgretolamento di quasi tutti gli stati: Iraq, Siria, Libia, Yemen non esistono più, e nel Sahel o in Africa non se la passano meglio. Di fronte ad un tale scenario i sinistri vanno in tilt e non sanno più con chi schierarsi: è preferibile che vincano gli Usa o che l'Is infligga agli odiatissimi yankee pesanti sconfitte? Analizzare la situazione da un punto di vista militare valutando le forze in campo e il cambiamento degli equilibri geopolitici aiuta a non farsi partigiani - a non diventare strumento - di una o dell'altra parte in guerra.

Un compagno ha brevemente accennato al recente monito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Per i vegetariani arriva finalmente una buona notizia: si è stabilito che la carne rossa è cancerogena. Visto che nella sua produzione si consumano risorse incredibili, ai piani alti si sono resi conti che non tutto il mondo può continuare a mangiare la carne e suoi derivati e l'OMS lancia una apposita campagna mondiale. L'intensità del dibattito che ne è scaturito suggerisce perlomeno una certa spinta da parte dei governi. L'umanità può fare tranquillamente a meno della carne, o perlomeno può ridurne drasticamente la produzione magari lasciando crescere animali allo stato brado, come avviene con l'antilope asiatica, che viene cacciata ma si riproduce benissimo, o il bisonte in Canada.

In chiusura di teleconferenza si è accennato ad alcuni temi trattati durante l'ultimo incontro redazionale, in particolare alla memetica. Alcuni memi, per esempio quelli legati alla religione, si riproducono nel cervello e si rendono autonomi. Il meme "Dio", osserva Dawkins, ha un'origine sconosciuta e molto antica; è nato per esigenze materiali e ha trovato un ambiente favorevole alla sua replica. Perché ha un così forte valore di sopravvivenza? Nessuno lo sa, ma è certo che l'insieme del cervello sociale da cui è stato generato ne ha avuto bisogno, tanto che il meme stesso si è reso autonomo fino a trasformarsi in una realtà che produce a profusione effetti concreti e grandiosi, come templi, arte, pellegrinaggi, comunità e soprattutto politica, più o meno esplicita, praticata da miliardi di uomini. In Russia dopo 70 anni di politica ateistica sono ritornati i preti, con la ricostruzione di chiese che la rivoluzione aveva abbattuto.

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Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

Rassegna: L'ennesima conferenza sul clima - Polarizzazione crescente - Pericolose tempeste"

Recensione: Gaia, le macchine autoreplicanti e l'intelligenza collettiva

Doppia direzione: Più "avanzato" Lenin o Bogdanov? - Cooperazione e sostegno

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Newsletter 245, 19 gennaio 2022

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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