Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  31 maggio 2016

Escalation sociale in Francia

La teleconferenza di martedì sera, collegati 17 compagni, è iniziata con alcuni considerazioni sulla tattica adottata dalle forze dell'ordine francesi nelle recenti manifestazioni contro la Loi Travail.

In un filmato diffuso da Taranis News, si possono osservare le tecniche di alleggerimento utilizzate dalla polizia per contenere i manifestanti. I poliziotti, quando rischiano di essere accerchiati, arretrano e si dividono in piccole schiere composte da una decina di elementi; nel momento in cui sembrano essere sopraffatti dalla folla, agenti in borghese intervengono, la formazione si ricompatta e contrattacca.

Le forze dell'ordine si adattano al comportamento dei casseur che si muovono in piccoli gruppi, colpiscono e si dileguano. Tutti sono costretti ad alzare il livello dello scontro e ciò significa escalation sociale.

Dopo gli scioperi nelle centrali nucleari e i blocchi delle raffinerie, questa settimana entrano in mobilitazione i lavoratori del trasporto pubblico. Dall'inizio di aprile il crescendo di manifestazioni, scioperi e picchetti ha portato al muro contro muro tra governo e sindacati. Nelle strade di Parigi gruppi di giovanissimi ingaggiano scontri durissimi con la polizia e sono ormai centinaia i feriti dovuti a granate, flash-ball e gas lacrimogeni. Arrivato a questo punto, il governo non può cedere ritirando la contestata legge sul lavoro, ma allo stesso tempo deve evitare la cronicizzazione dello scontro: la Francia ospiterà a breve i campionati europei di calcio, un grosso problema per lor signori. Se da una parte il Medef (associazione degli industriali francesi) tramite il presidente Pierre Gattaz dichiara che i sindacalisti della Cgt si comportano da "delinquenti" e "terroristi", dall'altra Hollande e Valls cercano di abbassare i toni e il ministro del Lavoro, Myriam El Khomri, chiede alla Cgt di avanzare proposte concrete.

Per ora le banlieue sono ferme, anche se ci sono stati dei tentativi di collegamento tra alcune associazioni di Saint Denis e NuitDebout. I banlieusard non hanno garanzie e perciò ben poco da perdere, se dovessero prendere parte allo scontro in atto la situazione assumerebbe un'altra piega. Probabilmente si comincerebbero a vedere i carri armati girare per le strade.

Perché in Francia le contestazioni alla Loi Travail hanno bloccato il Paese mentre in Italia contro il Jobs Act non ci sono state proteste?

In Italia le garanzie sono già saltate. I processi di precarizzazione del lavoro sono in corso da tempo – si pensi ad esempio all'abolizione del meccanismo della scala mobile con il protocollo del '93 - e vengono presi come riferimento da altri paesi. L'Italia è un laboratorio politico nel quale maturano esperimenti che poi il mondo porta alle massime conseguenze: il fascismo ne è la dimostrazione più eclatante.

La Francia è la patria dello stato sociale e i lavoratori francesi si agitano di più perché hanno qualcosa da perdere. Nel Belpaese pochi lavorano e tanti vivono di reddito altrui, rispetto agli altri paesi europei ci sono meno occupati rispetto alla popolazione. E, dice Marx, un paese è tanto più moderno quanto più libera forza lavoro, non quanto più ne impiega.

In Italia siamo alla legge della giungla. Esempio paradigmatico: l'azienda Consulmarketing ha dichiarato lo stato di crisi, ha licenziato 465 dipendenti assunti con contratti a tempo indeterminato e ha proposto agli stessi la riassunzione con contratti di lavoro autonomo, a salari più bassi, senza ferie, malattie e Tfr. Il tutto è in linea con le idee di Giuseppe Gherzi, direttore dell'Unione industriale di Torino: estendere l'abolizione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori "anche ai dipendenti che sono stati assunti prima del 7 marzo 2015".

Inoltre il massiccio utilizzo dei voucher (buoni lavoro) catapulta il mondo del lavoro in una dimensione in cui tutele e garanzie non esistono più. In assenza di scioperi e manifestazioni, questi processi di spogliazione dei "diritti" vanno avanti fino alle estreme conseguenze, preparando il momento in cui i proletari scenderanno in piazza non per rivendicare qualcosa di particolare ma per ribellarsi contro il capitalismo tout court.

In chiusura di teleconferenza si è accennato alla situazione militare in Iraq e Siria. Alcuni organi d'informazione affermano che Daesh sta per perdere l'importante centro di Falluja e sarebbe in procinto di sfaldarsi del tutto. Ma secondo il sito di intelligence Debkafile, lo Stato Islamico ha ancora capacità militari e potrebbe lanciare una nuova ondata di attentati in Europa e in Medioriente. In Iraq si intravedono vendette interreligiose: se gli sciiti entreranno a Falluja sono probabili pesanti ritorsioni contro i sunniti. Niente di cui stupirsi, la guerra di tutti contro tutti è diventata sistema.

Articoli correlati (da tag)

  • I civili obiettivo principale della guerra moderna

    Durante la teleriunione di martedì sera, presenti 17 compagni, abbiamo fatto il punto sulla guerra israelo-palestinese e, più generale, sui problemi che attanagliano il presente modo di produzione.

    Il 1° dicembre scorso sono ricominciate le azioni militari dell'esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Dopo il cessate il fuoco, che ha reso possibile lo scambio di prigionieri, il conflitto è ripreso: se nella prima fase l'offensiva di terra si era concentrata sulla parte nord della Striscia, adesso le operazioni si stanno spostando verso sud, anticipate da intensi bombardamenti. Centinaia di migliaia di civili palestinesi, sfollati dal nord, sono in trappola: non possono tornare nelle loro case e i valichi verso Egitto e Israele sono chiusi. Ed ora i raid dell'aviazione israeliana sono diretti proprio nelle zone precedentemente indicate come sicure.

    Un carro armato Merkava pesa all'incirca 60 tonnellate e fatica a muoversi in un contesto urbano; per questo motivo, le IDF hanno raso al suolo interi quartieri e praticato lo sgombero forzato di parte della popolazione della Striscia. Le truppe israeliane entrano in un territorio senza civili, vuoto, perlustrando isolato per isolato, zona per zona, per stanare i "terroristi".

    Fabio Mini, generale in pensione, in un'intervista su YouTube sostiene che nella Striscia di Gaza Israele sta applicando la "dottrina Dahiya", sperimentata per la prima volta nella guerra del Libano del 2006 durante il conflitto con Hezbollah. Tale dottrina prevede l'impiego di una forza sproporzionata rispetto all'attacco subito, in modo da ristabilire la deterrenza. Attualmente la situazione è ibrida perché il non-stato Hamas attacca lo stato Israele e viceversa. Lo stesso avvenne in Libano, quando l'esercito israeliano si scontrò con il non-stato Hezbollah, che non è solo un movimento islamico e una forza politico-militare, ma anche una rete di welfare per la popolazione, che di conseguenza diventò obiettivo del conflitto perché considerata "radicalizzata".

  • Un sistema che non conosce sé stesso

    La teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 17 compagni, è iniziata con il commento delle notizie riguardanti OpenAI, uno dei più avanzati laboratori di ricerca nel campo dell'Intelligenza Artificiale (IA).

    La startup che ha elaborato ChatGPT ("Chat Generative Pre-trained Transformer"), un sistema linguistico LLM ("Large Language Model") basato sull'apprendimento automatico profondo, recentemente è salita all'onore delle cronache per il licenziamento di uno dei suoi fondatori e CEO, Sam Altman. Da quanto si può leggere sui giornali, sembra che l'allontanamento di Altman ad opera del consiglio di amministrazione rientri nello scontro in atto tra i sostenitori di due diversi approcci nello sviluppo dell'intelligenza artificiale, ed in particolare riguardo allo sviluppo di un nuovo progetto denominato Q*. ChatGPT produce risultati in base ad un calcolo probabilistico, legato alla statistica del linguaggio; Q*, invece, sarebbe un sistema autonomo in grado di "superare gli esseri umani nei compiti con il maggiore impatto a livello economico" (Wired).

    Secondo la Reuters, lo scontro verterebbe sulle precauzioni da adottare verso lo sviluppo del progetto: mentre la maggioranza del consiglio di amministrazione richiedeva una maggiore cautela, sembra che Altman spingesse per la sua commercializzazione. Nei giorni successivi al licenziamento, Microsoft, il maggior finanziatore della società, si è fatta avanti per assumere Altman, e più di 700 dipendenti hanno minacciato di andarsene per seguire il loro ex-capo. OpenAI nasce nel 2015 come organizzazione di ricerca senza scopo di lucro; qualche anno più tardi, nel 2019, viene affiancata da un braccio commerciale che si occupa di attrarre gli investimenti e gestire i profitti. All'interno della startup è presente la corrente dell'altruismo efficace, un movimento filosofico che si propone di applicare la ricerca scientifica e la tecnologia per migliorare il mondo, e di mettere in pratica la massimizzazione dei profitti per incentivare le donazioni economiche a favore dei problemi sociali.

  • Il problema del fronte interno

    Durante la teleriunione di martedì sera, connessi 21 compagni, abbiamo fatto il punto sulla guerra in Ucraina e in Medioriente.

    L'Occidente è in grande difficoltà: non può sostenere a lungo gli Ucraini e deve fare i conti con la polveriera mediorientale. I giornalisti faticano ad ammettere che la Russia ha vinto la guerra e che l'Ucraina rischia il collasso. La blitzkrieg di Mosca (febbraio 2022) non era diretta alla conquista di Kiev ma era volta all'occupazione di una fascia di territori che gli Ucraini effettivamente ormai hanno perso. La controffensiva ucraina di primavera è andata male ed ora il governo Zelensky non sa più che fare, trovandosi alle prese con un'economia sorretta dagli aiuti occidentali, con una carenza di soldati e munizioni, e con uno scontro interno tra politici e militari. Nel frattempo le forze russe continuano a bombardare porti, infrastrutture, basi e centrali elettriche nemiche, e già si vocifera di trattative per cedere un 1/5 dell'Ucraina alla Russia, e accettare lo stato di neutralità del paese.

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email