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  • Resoconto teleriunione  1 agosto 2017

Il circolo vizioso che segna la fine di un'epoca

La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è iniziata commentando l'espansionismo cinese in ambito internazionale.

Dopo essere penetrata economicamente in Africa Pechino punta sul settore della logistica, investendo solo negli ultimi due anni oltre 3,1 miliardi di euro in otto porti strategici: Haifa, Ashdod, Ambarli, Pireo, Rotterdam, Vado Ligure, Bilbao e Valencia. Per quanto riguarda l'Italia, a essere interessati sono gli scali di Genova-Savona e Trieste. Più che investire nella vecchia industria si cerca il controllo degli hub logistici, diventati parte di una gigantesca rete che integra le catene della produzione e del consumo. Scrive Simone Fana nell'articolo "Logistica, le nuove catene dello sfruttamento":

"Dai grandi mari internazionali sino alle infrastrutture via terra, la circolazione delle merci, il loro stoccaggio e la distribuzione delle stesse si articola sull'organizzazione di una catena logistica mondiale. In questa centralità si riconoscono i temi di fondo che interrogano la forma e i processi di globalizzazione, dalla disarticolazione e ricomposizione dei luoghi della sovranità politico-statuale sino alla natura dei flussi migratori nella divisione internazionale del lavoro".

 

Evidentemente un corridoio lungo qualche migliaio di km come quello rappresentato dalla Nuova via della seta avrebbe delle ripercussioni sulle sovranità nazionali. Sempre nel settore logistico stanno avvenendo grandi trasformazioni paradigmatiche di quanto accade nel mondo del lavoro. Che si tratti di facchini, trasportatori o riders, è sparita per sempre ogni possibilità di contrattazione sindacale, così come è sparito il rapporto tra lavoratore e padrone in carne ed ossa, ormai sostituito da una piattaforma o da un app. Le piattaforme vengono utilizzate dai capitalisti ma anche dai lavoratori per coordinarsi e scioperare, come avvenuto negli USA nel dicembre del 2012, quando attivisti di Occupy Wall Street avevano bloccato l'entrata del porto di Newark (New Jersey) per ostacolare la consegna delle merci provenienti da una fabbrica di indumenti del Bangladesh, dove 112 operai erano morti intrappolati tra le fiamme.

Secondo alcuni studi entro il 2020 il 40% della forza lavoro sarà impiegato con le formule utilizzate nella gig economy: lavori saltuari, salari non ben definiti, il nuovo precario lavora secondo lo schema on-demand cioè quando serve, gestito da applicazioni e piattaforme digitali sviluppate appositamente. Da una parte la totale frammentazione dei proletari ridotti a merce posta su uno scaffale, dall'altra un potenziale di ricomposizione di classe mai visto prima, dato proprio dalla Rete e dai dispositivi per accedervi. Si rifà vivo, più forte che mai, il motto di Marx del Manifesto: i proletari non hanno nulla da perdere, fuorché le loro catene.

Nei Grundrisse Marx afferma che ad un certo grado di sviluppo non è più tanto il lavoro a porsi come fattore del processo di produzione, quanto l'appropriazione della sua produttività generale, "in una parola, è lo sviluppo dell'individuo sociale che si presenta come il grande pilone di sostegno della produzione e della ricchezza". Descrivendo come la grande industria metta in discussione lo stesso sistema economico afferma:

"Non appena il lavoro in forma immediata ha cessato di essere la grande fonte della ricchezza, il tempo di lavoro cessa e deve cessare di essere la sua misura, e quindi il valore di scambio deve cessare di essere la misura del valore d'uso. Il pluslavoro della massa ha cessato di essere la condizione dello sviluppo della ricchezza generale, così come il non-lavoro dei pochi ha cessato di essere condizione dello sviluppo delle forze generali della mente umana. Con ciò la produzione basata sul valore di scambio crolla, e il processo di produzione materiale immediato viene a perdere anche la forma della miseria e dell'antagonismo".

La società borghese, basata sullo scambio di valore, genera rapporti di produzione e circolazione che rappresentano altrettante mine per farla esplodere. Noi evidenziamo il concetto moderno di cooperazione: la potenzialità dell'integrazione di tutte le forze produttive sparse per il mondo intero a realizzare fisicamente l'unità della produzione di specie in un unico insieme organico globale. Esaltiamo questi risultati della vita di specie, mentre il borghese esalta il mercato, la concorrenza, il cieco agire delle forze di natura, cioè l'aspetto primitivo anzi animale dei rapporti umani, quello che contraddistingue la lotta per l'esistenza. In parallelo con le forme di sfruttamento esasperato vediamo l'emergere di un'economia condivisa, che va dal peer to peer alle più svariate forme di sharing. Il couchsurfing è una piattaforma condivisiva per ospitare ed essere ospitati da membri della stessa community. Il car pooling riguarda invece la condivisione delle auto per spostarsi, ma esistono anche innumerevoli banche del tempo dove vengono messe a disposizione le capacità in cambio di altri servizi erogati dai membri della community. Anche il co-housing, che vede manifestazioni molto avanzate soprattutto negli Usa e nel Nord Europa, sta ora sbarcando in Italia.

In chiusura si è ripreso l'argomento "Cina", alla luce del nostro articolo "Accumulazione e serie storica". Il gigante asiatico potrebbe diventare nei prossimi anni una potenza pari a quella degli Stati Uniti. Tuttavia è definitivamente cambiata la struttura del rapporto che, a cominciare da Venezia, aveva visto i paesi capitalistici dominanti investire nei paesi emergenti, controllando il capitale. L'Inghilterra ne è stato un esempio classico: si è mossa per lo sviluppo degli Usa (vedi "Commercio britannico") con investimenti diretti e indiretti, ma il Capitale originario è sempre restato a Londra, come anche la borsa, le transazioni e i commerci delle principali materie prime, compresi i minerali. La Cina vende merci a tutto il mondo e incassa denaro che rimane come riserva o surplus, parte di questo finisce nel circuito del capitale finanziario e parte viene riciclato nella produzione come capitale industriale. Se ci soffermiamo sul rapporto fra USA e Cina vediamo come il flusso di capitali ha invertito significativamente la sua direzione: non va più dalla potenza in declino verso il paese emergente, ma è quest'ultimo a finanziare il primo attraverso l'acquisto di buoni del tesoro.

Colossi come Wal Mart trattano direttamente con i governi cinese e americano, perché un aumento del costo delle materie prime o della forza lavoro in Cina significa un aumento dell'inflazione negli Stati Uniti. L'attivismo di Pechino porta ad avere più basi militari sparse per il pianeta, quella di Gibuti dove ci sono già soldati francesi e americani sembra una provocazione, ma non a caso è situata in uno stretto strategico, come quello di Hormutz, dove prima o poi i cinesi si accorderanno con gli iraniani.

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    Nell'articolo "Proletari, schiavi, piccolo-borghesi o... mutanti?", pubblicato sulla rivista n. 4 (2001), descrivevamo una serie di trasformazioni che all'epoca si potevano solo intravedere; allora, infatti, non c'erano i rider, non c'erano i clickworkers e di intelligenza artificiale si parlava poco:

    "La struttura mondiale del lavoro sociale, la socializzazione crescente della forza produttiva umana, non possono non avere effetti materiali sulle forme in cui si manifesta lo sfruttamento. Se la miseria e il sottosviluppo odierni sono fenomeni modernissimi dovuti alla distruzione irreversibile dei rapporti antichi, l'estendersi enorme di rapporti di lavoro atipici nelle aree metropolitane non devono essere considerati fenomeni di regresso: saranno anch'essi a tutti gli effetti il risultato di progresso, quindi, per definizione, riflessi del futuro sul presente in via di liquidazione continua."

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