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  • Resoconto teleriunione  19 dicembre 2017

Corporativismo a tutti i livelli

La teleconferenza di martedì, presenti 15 compagni, è iniziata commentando quanto accade in Argentina.

Nei giorni scorsi ci sono state grosse manifestazioni e scontri con la polizia a Buenos Aires, in seguito all'annunciata riforma delle pensioni. Secondo l'Osservatorio sul debito sociale dell'Università Cattolica di Buenos Aires i poveri sono il 31,4% della popolazione e il 48,4% dei minori di 14 anni vive in famiglie povere. Praticamente un terzo della popolazione argentina si trova in condizione di povertà strutturale e l'ennesima misura di austerity non farà altro che peggiorarne la situazione. In questo clima la riforma delle pensioni rappresenta la classica goccia che fa traboccare il vaso, diventa l'innesco di situazioni esplosive pre-esistenti.

A proposito di miseria crescente è stato citato un articolo pubblicato su il manifesto, "La lotta di classe vinta dall'1%" dove si riportano i risultati di uno studio realizzato da un centinaio di economisti di tutto il mondo, coordinati nel World Wealth and Income Database (WID, world). La giornalista Anna Maria Merlo ne ricava un quadro indicativo:

"Una lotta di classe planetaria ha avuto luogo negli ultimi 35-40 anni, con l'esplosione della mondializzazione. L'ha vinta l'1% della popolazione, come già hanno individuato i movimenti nati con l'ultima grande crisi, adottando lo slogan semplice e efficace "siamo il 99%". Dall'inizio degli anni '80 a oggi, l'1% ha messo le mani sul 27% della crescita, cioè più del doppio (12%) di quanto abbia fatto, complessivamente, il 50% più povero".

Il rapporto, commissionato da istituti borghesi, arriva alla classica conclusione che bisogna tassare gli investimenti e i patrimoni dell'1% e alla fine invoca una redistribuzione più equa della ricchezza. Peccato che lo Stato già interviene pesantemente nella "redistribuzione" e che quella della miseria crescente sia una legge strutturale del capitalismo.

Nell'articolo "La socializzazione fascista e il comunismo" abbiamo accennato alla celebre frase: "la crisi la paghino i ricchi", pronunciata da Mussolini durante l'occupazione della Franchi Gregorini di Dalmine, nel 1919. Questa demagogia demo-fascista, ancora esistente, rientra perfettamente nel quadro delle compatibilità del sistema. Persistono infatti il corporativismo, la cooptazione dei proletari all'interno di strutture e istituzioni borghesi, la sopravvivenza di determinate parole d'ordine quali il giusto salario per i lavoratori, nonché slogan senza alcun contenuto empirico. Basti guardare il video in cui il rappresentante nazionale del Sicobas (considerato dai sinistri un sindacato di classe), teorizza la difesa corporativa dei soli iscritti a quel sindacato. Il fenomeno, inquadrato a livello storico, non è assolutamente contingente e va al di là della singola sigla sindacale.

Il contratto con la firma del delegato sindacale, il riconoscimento da parte dello Stato del sindacato e viceversa, gli scioperi come mezzo per giungere al tavolo delle trattative, tutto è parte di un assetto che domina incontrastato. Il sindacalismo è una bestia multiforme, si adatta alla situazione: nell'autunno caldo post '68 c'era bisogno di guidare la classe operaia, di dividere qualche fetta di torta residua e siccome la Cgil non ha assolto a quel compito, ci ha pensato la Cisl, diventando il punto di riferimento di tutti i sinistri.

Il movimento corporativo fascista originario che parte da una supervalutazione del lavoro controllato e tutelato dallo Stato con tanto di espropriazione dei capitalisti assenteisti, era il portato di una storia che produceva effetti piuttosto grandiosi, pensiamo a Ugo Spirito, Bombacci e i grandi gerarchi fascisti che arrivavano dal sindacalismo rivoluzionario. Questi personaggi erano espressione di un movimento sociale potente, incaricato di recuperare il terreno del comunismo e farsi realizzatore delle istanze riformistiche. Oggi resta la cornice corporativa senza il contenuto corporativo, non ci sono più carote da distribuire. Per la Sinistra i passaggi successivi sono democrazia, fascismo e comunismo e tutti coloro che vogliano essere "progressivi" devono almeno essere fascisti.

La costruzione scientifica di Marx è potente se si ha ben chiara la società futura in azione, lo scontro tra modi di produzione che dispone le due classi principali e il programma della rivoluzione che seleziona le forze necessarie. In "Lezioni delle controrivoluzioni" troviamo scritto che:

"Il marxismo non è la dottrina delle rivoluzioni, ma quella delle controrivoluzioni: tutti sanno dirigersi quando si afferma la vittoria, ma pochi sanno farlo quando giunge, si complica e persiste la disfatta."

Come è importante riconoscere il comunismo così è quantomeno necessario riconoscere la controrivoluzione per come si manifesta nei suoi vari adattamenti. In fondo tutto il senso della battaglia della Sinistra rispetto alla "degenerazione" che avveniva in Russia sta nella difesa di un patrimonio storico. Altre correnti avevano criticato la degenerazione stalinista, fornendo però soluzioni soggettivistiche come i consiliaristi e Trotsky, i quali in alcuni casi criticavano la stessa forma partito, ritornando alla democrazia o proponendo fronti unici con la socialdemocrazia.

La vera tragedia è quando invece di riconoscere il comunismo, si considera comunismo il massimo della controrivoluzione.

Dopotutto il capitalismo si difende come può, alla "rivoluzione conservatrice" è già arrivato negli anni '30, non può certo sopravvivere con la classe avversa schierata e l'impossibilità di accumulazione. Se il Capitale domina sullo stato facendolo ballare alla propria musica, il fascismo tende a ripristinare il controllo dello Stato sul Capitale, ed effettivamente tra le due guerre ci è riuscito. Pensiamo alla Germania che è uscita sì sconfitta dalla Seconda Guerra Mondiale, ma da oltre 20 anni ha varato politiche per un ritorno alla bassa composizione organica del capitale e per un controllo serrato della società. Tuttavia non tutti possono prendere provvedimenti simili e difatti non è strano che paesi come l'Argentina ripiombino in una situazione catastrofica. Il bisogno della borghesia di essere nazionale si scontra con quello del Capitale di muoversi a livello internazionale, questo scontro produce effetti contrastanti ma abbastanza chiari.

In chiusura si è accennato a quanto accade in campo energetico e tecnologico. Il colosso cinese Baic ha annunciato che a partire dal 2025 non venderà più auto a motore tradizionale sul territorio cinese, per darsi alla produzione di sole auto elettriche. L'unica differenza sta nel fatto che il combustibile deve essere prodotto nelle centrali. L'incognita è quella delle batterie e del litio necessario che si trova maggiormente sulle Ande boliviane e cilene e in Argentina, batterie che bisogna fabbricare e poi riciclare. Secondo le proiezioni entro il 2025 ci sarà bisogno di 785 mila tonnellate di litio. La crescita esponenziale nell'estrazione, nel prezzo e nel valore in borsa delle maggiori aziende che si occupano di estrarlo, lascia presagire il raggiungimento di una certa soglia in tempi brevissimi ed effetti macroscopici dovuti alla battaglia per accaparrarsi questo minerale.

Che il mondo sia completamente impazzito lo vediamo con la crescita delle monete virtuali che assommano già qualcosa come 600 miliardi di dollari. Gli esperti dicono che non c'è abbastanza massa per una bolla finanziaria, ma intanto si tratta di numeri in crescita esponenziale: in fondo basterebbe un pò di panico generalizzato. Qualcuno ricorda ancora che è un problema sistemico?

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    "Il bilancio di uno Stato moderno rivela l'insostituibile funzione della ripartizione del plusvalore all'interno della società al fine di stabilizzare il 'corso forzoso' dell'agricoltura in questa fase di massimo sviluppo capitalistico. Più il peso specifico dell'agricoltura si fa insignificante nel complesso dell'economia reale, cioè nella produzione di valore, più i sussidi statali a suo sostegno si accrescono. Il tasso di crescita delle sovvenzioni è infatti assai più elevato dell'incremento dello sviluppo agricolo, ma, nonostante ciò, l'agricoltura non potrà mai più essere abbandonata all'investimento del singolo capitale e meno che mai al mercato."

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