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  • Resoconto teleriunione  8 maggio 2018

Guerra diffusa, entropia e marasma sociale

Durante la teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, si è ricordato il Rapporto segreto da Iron Mountain sulla possibilità e desiderabilità della pace. Quando uscì, nel 1967, il testo suscitò un certo scalpore ed alcuni si spinsero ad identificarne l'autore nell'economista John Kenneth Galbraith. Il libro fu curato dal giornalista Leonard Lewin e nella prefazione venne presentato come un documento segreto commissionato dal governo americano con lo scopo di valutare la possibilità o meno di arrivare ad una pace globale, studiandone rischi e benefici. Il Gruppo che lo redasse, composto da studiosi e ricercatori, consegnò all'esecutivo il Rapporto che fu detto da Iron Mountain per il nome della località in cui si trovava il rifugio segreto, presso lo stato di New York, in cui si sarebbero riuniti gli scienziati.

Le conclusioni riportate nel documento colpirono l'opinione pubblica. Eccone alcuni passaggi:

"per la stessa sopravvivenza delle forme statali, per la loro conservazione e rafforzamento, per l'economia mondiale, la pace non è desiderabile ed è, al contrario, necessaria una situazione di conflitto costante, in mancanza del quale è necessario ricorrere ad una serie di surrogati della guerra."

"la guerra è la principale delle forme strutturanti della società, [essa] rappresenta nella macchina dell'economia una specie di volano che, con la sua inerzia, controbilancia i progressi della produzione"

"l'autorità di base di uno stato sui cittadini risiede nel suo potere militare".

Due sono i testi essenziali per capire l'evoluzione della guerra dall'antichità ai giorni nostri: L'arte della guerra, di Sun Tzu, e Della guerra, di Von Clausewitz. Il primo (IV-V secolo a.c.) rappresenta la guerra come una partita a scacchi e spiega come raggiungere certi risultati sfruttando le debolezze dell'avversario. Il secondo, invece, descrive il conflitto nel periodo napoleonico: spietato, duraturo e assoluto. Nella nostra epoca, quando gli Stati riescono a far combattere le popolazioni al posto degli eserciti (proxy war), si realizza uno degli insegnamenti più noti di Sun Tzu: "sconfiggere il nemico senza combattere è la massima abilità". Finita l'era dei fronti imperialistici netti, come quelli visti durante la Seconda Guerra Mondiale e nella successiva Guerra Fredda, e scomparse le trincee, la guerra corre su un fronte globale, come d'altronde si addice ad un capitalismo giunto alla sua fase "suprema" ("Dall'equilibrio del terrore al terrore dell'equilibrio"). La guerra moderna è sia fisica che virtuale, e vive dell'informazione recepita ed elaborata in tempo reale e dell'uso delle partigianerie. La nostra corrente, nell'articolo "L'imperialismo delle portaerei" del 1957, affermò che la proiezione di potenza degli Usa riguardava soprattutto i mari e gli oceani, oggi possiamo aggiungere che diventa essenziale il controllo della rete Internet. Alcuni studiosi borghesi sostengono, almeno dall'attacco dell'11 settembre 2001 alle Torri Gemelle, che si deve parlare di guerra civile planetaria (Diario di guerra, Marc Augé), e da ultimo si è aggiunto Papa Francesco con la formula della "terza guerra mondiale combattuta a pezzi".

Tuttavia, in ambito "marxista" determinati paradigmi sono duri a morire. Secondo alcuni terzinternazionalisti si starebbe infatti preparando l'esplosione della Terza Guerra Mondiale, quando invece è palese che la guerra è già in corso, generalizzata e devastante. Se si guardano i video e le foto fatte con i droni su città come Mosul, Aleppo o Raqqa, si capisce bene che esse non sono state distrutte da bombardamenti aerei, ma erose da milioni di proiettili che hanno sbriciolato le strutture abitative e le vie di comunicazione. La nostra corrente ha sostenuto in più occasioni che: 1) il prossimo conflitto mondiale sarebbe stato la somma di piccole guerre locali generalizzate; 2) se passa la guerra non passa la rivoluzione (non c'è più nessun contatto possibile tra i soldati e quindi nessuna possibile fraternizzazione, il fantaccino terrestre si muove nei moderni teatri di guerra telecomandato da centri che si trovano dall'altra parte del pianeta); 3) il Sistema crollerà dall'interno e solo da questo crollo potrà nascere una nuova forma sociale, ogni tipo di gradualismo è quindi puro riformismo.

Perché salti in aria l'intero assetto imperialistico deve succedere qualcosa di gigantesco a livello sociale (non bastano il collasso della Siria, della Libia, dello Yemen, il semi-collasso dell'Iran e dell'Egitto e la situazione out of control di alcune aree dell'Africa subsahariana e del Sud America). Le rivoluzioni non avvengono per eccesso di malessere, gli uomini hanno dimostrato di essere in grado di patire sofferenze terribili senza ribellarsi. Perché la situazione attuale si ribalti, devono manifestarsi condizioni economico-sociali multiple e sincronizzate. Non a caso Engels descrive la rivoluzione come un fatto fisico (Terremoto? Vulcano? Tsunami?) e solo secondariamente come uno scontro tra ideologie politiche.

Si può ipotizzare una serie di rotture nella catena di relazioni di comando capitalistiche, a causa della quale tutto il mondo andrebbe fuori controllo portando allo sviluppo di una opposizione generalizzata non tanto a questo o quel governo, ma alla forma sociale esistente. Un'opposizione che spinga verso nuovi rapporti tra gli uomini. Gli sconvolgimenti sociali si producono quando la sovrastruttura incatena la struttura, come afferma Marx nella Prefazione a Per la critica dell'economia politica (1859), e allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Nel 2011 Occupy Wall Street, con il suo bisogno di comunità alternativa, ha rappresentato un saggio di futuro e un movimento del genere potrebbe nuovamente presentarsi sulla scena globale ("Occupy the World together"), abbandonando definitivamente i vecchi paradigmi, rifiutando tutte le categorie politiche esistenti, e assumendo un profilo antiforma. In quest'ottica, il contenuto comunistico della Rete, la sua organicità, la diffusione globale del peer to peer, e persino la liberazione di forza lavoro (che oggi significa disoccupazione e miseria), ci appaiono ancor di più come riflessi della società futura su quella presente: "D'altra parte", - dice Marx nei Grundrisse – "se noi non potessimo già scorgere nascoste in questa società - così com'è - le condizioni materiali di produzione e di relazioni fra gli uomini, corrispondenti ad una società senza classi, ogni sforzo per farla saltare sarebbe donchisciottesco".

La teleconferenza è quindi proseguita con alcune notizie provenienti dall'ambito sindacale ed in particolare quelle riguardanti gli scioperi dei ferrovieri, del personale aeroportuale e dei netturbini in Francia. La protesta, per quanto prolungata e duratura, non potrà portare a nessuno sbocco finché resterà invischiata nella logica politico-rivendicativa. Se non c'è un partito comunista non può esserci una situazione rivoluzionaria, e il tentativo di rimediare, fondandone uno oppure organizzando alleanze con fazioni borghesi che sembrano anticapitaliste ma non lo sono, conduce inevitabilmente alla rovina, come accaduto in tutte quelle situazioni in cui i partigiani sono stati prima utilizzati e poi fatti fuori (ad esempio in Italia nel 1939-'44 o in Spagna nel 1936-'39). In "Attivismo", un articolo di Battaglia comunista del 1952, la nostra corrente scriveva che "non esiste automatismo nel campo dei rapporti tra economia capitalistica e partito proletario rivoluzionario." Non è detto quindi che al crollo dei rapporti economici e politici faccia seguito meccanicamente una situazione rivoluzionaria. Non basta "rimboccarsi le maniche": come scritto nelle Tesi di Roma (1922), il partito organico "si forma e si sviluppa nella misura in cui esiste, per la maturità di evoluzione della situazione sociale, la possibilità di una coscienza e di una azione collettiva unitaria nel senso dell'interesse generale e ultimo della classe operaia."

In chiusura di riunione, si è accennato alle manovre politico-istituzionali in corso per la formazione del governo in Italia. Falliti i tentativi di costituire un governo politico, il presidente della Repubblica Mattarella sembra intenzionato a dare il via a un governo tecnico che resti in carica almeno fino a dicembre e porti a termine la legge finanziaria e la riforma della legge elettorale. Gli altri scenari ipotizzati prevedono nuove elezioni (a luglio o in autunno), oppure un accordo in extremis tra centro-destra e grillini. Sullo sfondo di questi giochi di palazzo, si nota chiaramente la difficoltà della borghesia a ricomporre gli interessi generali, ulteriore dimostrazione di perdita di energia (entropia) del Sistema.

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Rivista n°52, dicembre 2022

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Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

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