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  • Resoconto teleriunione  21 giugno 2022

Economia di guerra o guerra economica?

La teleriunione di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata con il commento di alcune notizie riguardanti gli scioperi in corso in varie parti del pianeta.

Solo nell'ultima settimana ci sono stati: uno sciopero nazionale in Ecuador indetto dalle comunità indigene; uno sciopero generale in Tunisia che ha visto la partecipazione di tre milioni di lavoratori; uno sciopero a Bruxelles che ha portato in piazza 70 mila manifestanti; il più importante sciopero negli ultimi trent'anni delle ferrovie in Gran Bretagna. Inoltre, è in fibrillazione tutto il settore della logistica, dai portuali tedeschi agli autotrasportatori sudcoreani.

Il filo rosso che lega queste mobilitazioni passa per l'aumento dei prezzi, il carovita, l'inflazione galoppante. Le odierne eruzioni sociali non sono propriamente dei movimenti e non possono riflettere altro che il motivo contingente che spinge in piazza le persone. Ma in un contesto di miseria assoluta crescente, vediamo crescere un senso di disagio profondo che mobilita sia coloro che hanno paura di perdere qualcosa, sia coloro che non hanno più nulla da perdere ("Rivolta contro la legge del valore").

Questo processo provoca contraccolpi sulla sovrastruttura politica borghese e rappresenta una chiave di lettura. Riguardo alle vicende politiche italiane, possiamo utilizzarlo per comprendere la dissoluzione del Movimento 5 Stelle.

La completa integrazione nel sistema del M5S ha snaturato i motivi per cui esso è nato, producendo uno scollamento dalla propria base di riferimento. Recentemente, a tale situazione si sono aggiunte le tensioni interne legate allo scontro in corso tra NATO e Russia, che ovviamente passa anche per la penisola italiana e coinvolge tutti i partiti politici. Il contrasto che ha portato alla rottura tra il ministro degli esteri Luigi Di Maio e il suo (ex) partito d'appartenenza riguarda infatti l'invio di armi in Ucraina. Abbiamo accennato più volte al ruolo svolto dagli agenti d'influenza ("Informazione e potere"): la guerra si combatte anche quando tacciono i cannoni, attraverso quella "attività condotta da soggetti, statuali o non, al fine di orientare a proprio vantaggio le opinioni di un individuo o di un gruppo" (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza). Negli articoli dei servizi segreti italiani è scritto che accanto agli agenti di professione, addestrati per compiere operazioni di infiltrazione, spionaggio e controinformazione, ci sono anche quelli quiescenti che conducono una vita normale nei luoghi di lavoro, nei partiti e nell'associazionismo, per poi attivarsi quando ce n'è bisogno. A queste due tipologie ne vogliamo aggiungere un'altra, gli agenti controrivoluzionari del terzo tipo, ossia i partigiani che per soldi o per ideologia, poco importa, svolgono un lavoro di influenza funzionale agli interessi della borghesia o di una parte di essa.

Nell'articolo della rivista "Super-imperialismo?", abbiamo scritto che se esistesse un unico grande trust che controlla tutta la produzione e la distribuzione del valore, a quel punto non ci sarebbe più capitalismo. Mentre il lavoro si socializza sempre più, collegandosi a livello internazionale attraverso la logistica e preparando l'avvento di una nuova forma sociale, resiste invece l'involucro capitalistico, composto da imprese e Stati che fanno i propri interessi a scapito degli altri. Gli USA da una parte ricoprono il ruolo di gendarme mondiale (cercando di fare ordine), ma dall'altra difendono i propri interessi nazionali (provocando disordine). L'imperialismo d'oggi ha una struttura cibernetica: l'organizzazione capitalistica invade totalmente il tessuto sociale, e sindacati, partiti, e mass media operano come dispositivi per la sua regolazione omeostatica ("Rivoluzione e cibernetica"). Ogni forza politica è dunque soggetta a diversi livelli di influenza e, se non dispone di un programma all'altezza della situazione, viene fagocitata dal sistema che la utilizza per fini propri. Questo è uno dei motivi che ci ha spinto ad approfondire il tema del wargame con due articoli sulla rivista. E' vero, stiamo navigando in un mare aperto, ma non siamo sprovvisti di punti di riferimento, perché abbiamo in dotazione la bussola lasciataci in eredità dalla Sinistra Comunista "italiana", una corrente che ha prodotto un corpo di tesi fondamentale per sapersi orientare anche in situazioni storiche sfavorevoli ("Considerazioni sull'organica attività del partito...").

La situazione sociale mondiale è talmente cangiante e caotica che anche un movimento di piccole dimensioni può trovarsi a svolgere un ruolo decisivo. In tale situazione, se esso non ha le idee chiare sul "che fare", può provocare danni di non poco conto (Nuit Debout, per esempio, invece di voltare le spalle al parlamento ne voleva costituire decine nelle piazze). In ogni grande rivolta o mobilitazione è praticamente certo che saranno presenti agenti di influenza della borghesia, consapevoli o meno di esserlo.

L'economia di guerra, di cui oggi molto si parla e il più delle volte a sproposito, non è un qualcosa di separato dal corso generale del capitalismo, che noi rappresentiamo con la "parabola del plusvalore". La curva descrive l'andamento storico della produzione di plusvalore, dallo zero delle società primitive che non accumulano, allo zero teorico di una ipotetica società robotizzata senza operai ("Non è una crisi congiunturale"). Le macchine odierne aumentano così tanto la produttività del lavoro che pochi operai sfruttati al massimo producono praticamente tutto il necessario. Il capitale automatizzato si configura come dominio del lavoro morto su quello vivo, con il passaggio dalla sussunzione formale e quella reale del lavoro al capitale. Ormai in molti ambiti i robot compiono operazioni produttive senza l'ausilio di esseri umani. In Corea del Sud, dove c'è la più alta densità di robot in rapporto ai lavoratori, gli automi sono presenti anche nelle scuole materne per abituare i bambini a interagire con l'intelligenza artificiale. La "dottrina dell'automatismo nella produzione si riduce a tutta la nostra deduzione della necessità del comunismo, fondata sui fenomeni del capitalismo" ("Traiettoria e catastrofe..."), il quale ha ormai raggiunto il proprio limite e non può più andare avanti, se non continuando a negare sé stesso ad un livello sempre più alto. E a nulla serviranno i tentativi di scovare soluzioni ai problemi di valorizzazione nei mondi virtuali (Metaverso) o su altri pianeti (progetti di colonizzazione di Marte), perché la sua sorte è segnata.

La guerra in Ucraina, così come la pandemia, non ha messo in discussione la dottrina "marxista" della crisi. Essa ha accelerato i processi di crisi già in atto. Ciò che conta è lo scontro tra modi di produzione, poiché è esso a determinare guerre, lotte di classe e rivoluzioni, non certo il contrario.

L'economia di guerra e la guerra economica sono due facce della stessa medaglia: al tempo d'oggi la guerra guerreggiata e quella economica si saldano in un tutto unico. Come la crisi è strutturale, senza soluzione di continuità, così lo è la guerra. Non a caso si parla sovente di guerra infinita, totale, ibrida. In ambito terzinternazionalista si afferma che la guerra imperialista è condotta dalla classe dominate allo scopo di distruggere forze produttive in eccesso, così da permettere l'avvio di nuovi cicli di accumulazione. In realtà, la guerra è un prodotto automatico dell'attuale modo di produzione, e la continua ricerca di simmetria tra i belligeranti è fonte di accelerazione per lo sviluppo tecnologico, incentivando la sperimentazione di nuovi armi. Internet è nato per scopi militari (ARPANET) e solo in seguito si è sviluppato per usi civili.

I luogocomunisti sostengono che la borghesia è all'offensiva contro il proletariato, assettata di sangue operaio, affetta da sadismo. Naturalmente non è così. La classe dominante cerca in tutti i modi di ammansire il proletariato, di tenerselo buono, in modo che non si ribelli. Il welfare non è un'invenzione degli ultimi anni, è un prodotto del fascismo (la Grande Socializzazione affonda le radici agli inizi degli anni '20 del secolo scorso). Il capitalismo droga sempre più il suo sistema attraverso interventi statali di varia natura (contributi, sussidi e trasferimenti di denaro). Lo stato, capitalista collettivo, sperpera una quantità immane di energia per tenersi in piedi ma, ad un certo punto, non riesce più a reggere il suo peso e collassa.

Quando si supera la soglia della trasformazione della quantità in qualità, avvengono bruschi passaggi di fase, singolarità, e la società attuale marcia sempre più spedita verso questo tipo di evento.

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Rivista n°57, luglio 2025

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Editoriale: Illusioni capitalistiche / Articoli: Ideologie di un capitalismo che nega sé stesso - Insiemi, modelli, previsione / Rassegna: Crisi americana, crisi globale - Leone XIV / Recensione: La catastrofe ed il rattoppo / Doppia direzione: Collegamenti a non finire / In memoria di Jacques Camatte

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