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  • Resoconto teleriunione  27 settembre 2022

Non si torna indietro

La teleriunione di martedì sera, presenti 19 compagni, è iniziata con il commento del risultato delle recenti elezioni politiche in Italia.

In Europa, ma anche oltreoceano, stanno riscuotendo successo i raggruppamenti populisti riconducibili alla galassia di destra. Ciò dipende dal crescente livello di instabilità sociale dovuta a crisi, miseria, pandemia e guerra. L'Italia, al solito, fa da laboratorio per il resto del mondo. Analizzando la tornata elettorale, il dato su cui soffermarsi è quello che riguarda la rinuncia al voto: quasi il 40% degli aventi diritto non si è recato alle urne, mentre il 26% dei votanti ha dato fiducia ad una forza che stando all'opposizione ha cavalcato il malessere sociale. In un articolo di domenica 25 settembre l'Avvenire riporta un grafico significativo sulla disaffezione dei cittadini verso la politica a partire dal secondo dopoguerra, che mostra una progressione sempre più marcata dell'astensionismo. Le vecchie strutture politiche, i partiti e persino i sindacati perdono iscritti. La volatilità del voto, che tende a premiare i partiti populisti, con le fiammate prima della Lega, poi del Movimento 5 Stelle, e adesso di Fratelli d'Italia, è la logica conseguenza del mancato radicamento dei partiti nella società e della fluidità della situazione.

In mancanza di briciole da distribuire, in pochi continuano a credere alle promesse dei partiti. Il riformismo storico va dissolvendosi, come dimostra la parabola percorsa dal Partito Democratico. Chiunque andrà al governo dovrà fare i conti con una crisi di natura non congiunturale, e sappiamo che nessuna forza politica è in grado di far tornare indietro la ruota della storia. Nella lettera ai compagni "Il 18 brumaio del partito che non c'è" (1992) abbiamo messo in evidenza, parlando della situazione italiana, alcuni temi generali che la Sinistra Comunista ha elaborato a proposito del capitalismo giunto alla sua fase suprema, e quindi senile. In uno di questi si afferma che la sovrastruttura politica più adatta sarebbe quella di una democrazia "snella", cioè un esecutivo non troppo intralciato da chiacchiere parlamentari e "disfunzioni" varie. Recentemente The Economist è uscito con un articolo ("How afraid should Europe be of Giorgia Meloni?") in cui si chiede se l'Europa dovrebbe preoccuparsi per la vittoria di Giorgia Meloni: il problema, per il settimanale inglese, non è l'avvento dei nuovi fascisti, ma la loro incompetenza.

L'ondata di indignazione dei sinistri per i risultati elettorali e l'allarme lanciato per il pericolo fascista sono fuori luogo, anche perché il fascismo è il modo di governare il fatto economico e sociale almeno dagli anni '20 del secolo scorso ("La socializzazione fascista e il comunismo"). Questa forma di governo non ci ha mai abbandonato, ed è quindi ancora valido quanto affermava la nostra corrente ovvero che il più disgraziato e pernicioso prodotto del fascismo è l'antifascismo ("Marxismo contro fascismo e antifascismo").

Diverse testate giornalistiche prefigurano un vertiginoso aumento del costo delle bollette di gas ed energia elettrica (tra il 60 e il 100%) nei prossimi mesi. Se è vero che il fronte interno russo comincia ad avere qualche problema di compattezza, anche il fronte interno dei paesi occidentali inizia a scricchiolare. In Inghilterra c'è stata un'ondata di scioperi che non si vedeva da decenni, e la questione del caro energia sta facendo infiammare le piazze di mezzo mondo, a cominciare da Iran, Tunisia e Libano. Non è da escludere che fenomeni del genere maturino a breve anche in Europa.

FdI si è più volte dichiarato per l'abolizione del reddito di cittadinanza, ma qualora questa misura venisse cancellata, rimarrebbe il fatto che milioni di proletari faticano a mettere insieme il pranzo con la cena, nel Sud Italia, e nelle città del Nord (fra tutte Torino).

Leggendo i programmi delle varie forze politiche non si trovano ricette idonee a risolvere i problemi che attanagliano il sistema. C'è chi pensa che attraverso delle manovre politiche si possa invertire la direzione di sviluppo del capitalismo ma, in realtà, nessun governo lo può ringiovanire. Nel suo programma, FdI propone misure di sostegno alle aziende ad alta intensità occupazionale e un rafforzamento delle politiche attive per il lavoro, per fare in modo che i giovani usciti dalla scuola vengano instradati verso un'occupazione. Ma il lavoro non lo si crea, e l'epoca delle grandi opere di rooseveltiana o mussoliniana memoria è finito. Da qualsiasi punto guardiamo la cosiddetta questione sociale, che sia la disoccupazione o il caro energia, che sia l'impatto della pandemia o della guerra, l'andamento è di tipo catastrofico. La Cina, ad esempio, crescerà meno del resto dell'Asia per la prima volta in trent'anni, e questo avrà delle conseguenze.

Negli USA l'ondata di scioperi è in corso da mesi, portata avanti da ferrovieri, insegnanti, infermieri e metalmeccanici. Anche lì, al pari della Gran Bretagna, i sindacati cominciano a muoversi sollecitati dalla base. Fino a quando non scoppiano movimenti di massa, i bonzi cercano di tenere a bada i lavoratori, ma è inevitabile che siano costretti a fare qualcosa quando la temperatura sociale aumenta. Oltre alla bancarotta politica dei riformisti, assistiamo anche a quella degli attivisti. Per decenni si sono susseguite assemblee, riunioni e scioperi organizzati da sindacatini e movimenti vari per stimolare la "ripresa della lotta di classe", e non si è ottenuto nulla. Al contrario, con l'inceppamento dei meccanismi di accumulazione e la conseguente destabilizzazione degli equilibri interimperialistici, in breve tempo si è determinata una situazione da "tempesta perfetta". Evidentemente, non sono i sindacalisti o i leader movimentisti a produrre nuove situazioni, ma sono queste a spingere le masse in piazza. In questi casi, chi sa cosa fare e ha le idee chiare sul futuro può guidare i processi sociali, il resto viene travolto. Quando la storia si polarizza, anche sparute minoranze possono fare la differenza.

Un compagno ha chiesto quanto a lungo può resistere il sistema a fronte di un debito pubblico globale così grande. Il mondo capitalistico ha generato un debito immenso che nessuno è in grado di ripagare. Si può andare avanti in leasing all'infinito se c'è un'entrata solida, ma nessuno sa cosa potrebbe succedere a questa massa di carta, o meglio, di bit il giorno in cui l'entrata viene meno. È vero che l'inflazione a due cifre smorza il debito, ma fa scendere anche i redditi.

Essendo passato in primo piano l'effetto inflazionistico delle sanzioni alla Russia, della guerra in Ucraina se ne parla poco, nonostante possa essere potenzialmente devastante per l'assetto geopolitico dell'Europa e del mondo (scontro diretto Mosca-Washington). Basti pensare alle dichiarazioni dei vari leader mondiali su di un possibile utilizzo delle armi nucleari. Putin e Medvedev ne parlano apertamente e la NATO ha paventato una risposta diretta in caso di utilizzo di tale arma da parte di Mosca. La Quarta Guerra Mondiale non è poi così lontana: si sta preparando nelle industrie belliche e negli stati maggiori dei principali paesi. Non è la prima volta che l'umanità si lancia in una guerra di sterminio reciproco, in certi frangenti scattano automatismi che nessuno più controlla.

Alcune condutture dei gasdotti Nord Stream sono state danneggiate nel Mar Baltico. "Le vaste perdite dal tratto dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 vicino all'isola danese di Bornholm, nel Mar Baltico, sono dovute ad 'atti deliberati' e non a un incidente", ha affermato la premier danese, Mette Frederiksen, in conferenza stampa. Complicato, almeno per adesso, capire cosa sia successo; siamo costretti a lavorare con i dati che ci forniscono i media ufficiali, che sono conditi con propaganda e disinformazione.

L'inverno è alle porte: i Russi sono attrezzati, l'Europa no. Anche se ci fosse una mal partita per la Russia, è difficile immaginare che essa possa accettare una sconfitta senza colpo ferire. D'altra parte, è difficile immaginare anche che gli Americani continuino a restare defilati come hanno fatto fino ad ora. Dal punto di vista della teoria dei giochi, l'escalation è già in atto. La guerra tende all'assoluto, e ciò vuol dire, almeno fin dal tempo di Von Clausewitz, che si punta a sopraffare l'avversario. Una via d'uscita potrebbe essere il volgersi della Russia verso est, quell'area che aveva costituito lo Heartland, e non ad ovest, dove non ha sbocchi. Nel frattempo, il Cremlino ha mobilitato 300mila riservisti, molti dei quali sono scappati rifugiandosi nei paesi vicini. Nella regione russa del Daghestan migliaia di manifestanti sono scesi in piazza contro la mobilitazione parziale annunciata da Putin e si sono scontrati con la polizia. Il marasma sociale e la guerra si stanno generalizzando a livello mondiale, non riguardano più solo l'Ucraina. Il wargame è globale e coinvolge tutti.

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