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  • Resoconto teleriunione  9 aprile 2013

Enorme liquidità, organizzazione territoriale e coordinamento via Web

Alla teleconferenza di martedì sera hanno partecipato 14 compagni.

Si è iniziato discutendo delle lotte immediate dei proletari e delle nuove forme di organizzazione che questi si stanno dando. Flash mob, organizzazione territoriale e coordinamento via Internet, rendono il mondo sempre più piccolo mentre le singole vertenze assumono un carattere glocale. In questi giorni c'è stato lo sciopero dei dipendenti dei fast food di New York e sul sito Chicago86 è stato pubblicato un articolo a tal riguardo. Il sindacato che ha promosso lo sciopero è il Fast Food Forward, attivo nel settore della ristorazione, ma dietro l'ampia organizzazione delle mobilitazioni c'è il sostegno attivo di 99 Pickets Line ("99 Pickets, a working group from Occupy Wall Street, seeks to build a mass worker's movement in New York City and beyond. We are workers, immigrants, artists, the unemployed, students and retirees: the 99%"). E' fondamentale il coordinamento dei lavoratori attraverso la Rete: tramite i social network e la galassia di siti e blog, nati in questi anni sull'onda del movimento Occupy, sta prendendo piede a livello mondiale un movimento sempre più interconnesso.


Allo sciopero newyorkese indetto per chiedere forti aumenti salariali, hanno partecipato 400-500 lavoratori del settore della ristorazione veloce. Già lo scorso novembre, al primo sciopero dei fast food, ci furono le avvisaglie di un allargamento della lotta; si mobilitarono infatti anche i dipendenti degli alberghi, i portieri e le donne delle pulizie. A New York il settore del terziario ha soppiantato quasi del tutto quello industriale ed i precari cominciano a ribellarsi contro i "salari da fame".

Anche in Spagna assistiamo a processi di auto-organizzazione riproducibili altrove. In questo caso si tratta della formazione di un movimento di inquilini, precari e disoccupati che non riuscendo più a pagare il mutuo della casa vengono sfrattati in malo modo dalle forze dell'ordine. Verso la metà di marzo è nata una campagna contro gli sfratti (#stopdesahucios): i manifestanti inseguono i politici nei bar, nei ristoranti, ai loro comizi, fuori dalle loro case chiedendo loro di approvare una Legge di Iniziativa Popolare che ha raccolto ormai quasi un milione e mezzo di firme e che mira a limitare lo strapotere delle banche in tema di sfratti e mutui. Vengono inseguiti soprattutto i politici del partito popolare (di maggioranza) e si formano velocemente flash mob, sit-in e picchetti volanti che cominciano a destare parecchia preoccupazione ai piani alti. I politici infatti, temendo aggressioni, hanno tentato di far passare una legge per arrestare gli attivisti che li importunano, ma è stata la stessa polizia a farli desistere visto il clima sociale già teso. Oramai la pratica dell'organizzazione territoriale si è diffusa a livello mondiale e basta collegarsi alla galassia di siti degli indignados o a quella di Occupy per farsi un'idea di cosa bolle in pentola. Tutto questo è perfettamente in linea con quanto diceva la nostra corrente circa il bisogno di superare la barriera artificiosa tra occupati e disoccupati, di uscire dal posto di lavoro e incontrarsi nelle piazze. Nella famosa intervista di Zavoli a Bordiga si critica l'atteggiamento ordinovista dei gramsciani nel voler occupare le fabbriche, mentre per la Sinistra Comunista "italiana" era l'occupazione delle prefetture il passo necessario per rompere con lo status quo. L'occupazione delle fabbriche nel 1920, voluta a Torino da Gramsci, fu un gesto non marxista ma idealista: Giolitti non assecondò gli industriali che ne chiedevano lo sgombero, ma lasciò gli operai dove si trovavano.

Alcuni compagni hanno partecipato alla manifestazione "Contro la crisi, no ai licenziamenti" indetta dalla FIOM a Torino. Il corteo era composto da qualche migliaio di lavoratori che, arrivati davanti al palazzo della Regione, sono diventati poche centinaia. E' stata una mobilitazione per informare la cittadinanza che le aziende chiudono, la situazione si fa difficile da controllare e bisogna trovare in breve tempo delle soluzioni per la cassa integrazione in scadenza. Dai super-burocrati della CGIL alla cosiddetta sinistra sindacale, è tutto un coro di voci che invoca la creazione di nuovi posti di lavoro. Come in ambito parlamentare non c'è più differenza tra destra e sinistra, così nel sindacato sta svanendo il confine tra burocrazia e opposizione sindacale. Basti segnalare la parola d'ordine del Comitato No debito riunito per l'occasione a Grottaminarda: "Riapriamo le fabbriche". L'autogestione, la nazionalizzazione di banche e imprese e il riavvio della produzione sono le proposte delle varie componenti sindacali e non che si stanno organizzando a livello nazionale.

Un compagno ha letto una citazione da Marx per dimostrare come la difesa del posto di lavoro sia in realtà la difesa del lavoro salariato (ovvero dello sfruttamento capitalistico della forza lavoro):

"Lo schiavo lavora unicamente sotto il pungolo della paura esterna, non per la propria esistenza, che non gli appartiene ma gli è garantita; laddove il lavoratore salariato è spinto e pungolato dai suoi bisogni. La coscienza (o meglio l'idea) di essere liberamente autodeterminato, di essere libero, e la sensazione (coscienza) di responsabilità che vi si accompagna fanno dell’uno un lavoratore molto migliore dell’altro. La continuità del rapporto tra schiavo e schiavista era assicurata dalla costrizione diretta di cui lo schiavo era vittima. Il lavoratore libero è invece costretto ad assicurarla egli stesso, perché l’esistenza sua e della sua famiglia dipende dal continuo ripetersi della vendita ai capitalisti della propria capacità lavorativa." (Marx, VI Capitolo inedito del Capitale).

La dialettica storica della negazione del lavoro (salariato) attraverso la sua massima enfatizzazione produce fenomeni sociali assolutamente contraddittori: di fronte all'emorragia di posti di lavoro, invece che lottare per il salario garantito a occupati e disoccupati, si pregano i capitalisti per farsi sfruttare ancora di più. Comunque, gli operai non fanno la rivoluzione perché prendono coscienza delle leggi di funzionamento del capitalismo, ma per conservare quello che avevano conquistato e ora gli viene tolto. Proprio perché non riescono a vendere la loro forza lavoro, sono costretti a rivoluzionare i rapporti sociali esistenti. Insomma, i milioni di nuovi disoccupati non potranno andare avanti in eterno con la richiesta di lavoro, tanto più che proprio al corteo della FIOM a Torino il Comitato per il salario garantito ha distribuito volantini dove si invitavano gli operai a lottare insieme a precari e disoccupati ("...è ora che si metta in primo piano la lotta per la garanzia del reddito: salario garantito per tutti i lavoratori"). Anche forze di sinistra cominciano a muoversi per una non meglio precisata distribuzione della ricchezza, e lo stesso Grillo affronta il tema del reddito di cittadinanza e della diminuzione dell'orario di lavoro.

Da una parte i sindacati difendono l'esistente proprio mentre il capitalismo nega sè stesso, dall'altra saranno costretti ad anticipare elementi di futuro, visto che pure esponenti di spicco della borghesia reputano necessario un salario universale per vivere (Jean Claude Juncker cita Marx davanti al parlamento Ue: contro la crisi "salario minimo garantito in tutta Europa"). La società capitalista è arrivata al capolinea e pur di sopravvivere è costretta a metter in moto elementi organizzativi che anticipano la società futura. Come le società protostoriche hanno perfezionato gli strumenti di organizzazione che diventeranno Stato nelle società classiste, così l'ultima società classista porta alle estreme conseguenze lo Stato stesso, condizione oltre la quale potrà esserci soltanto un contro-Stato che porterà sé stesso all'estinzione (Marx, Critica al programma di Gotha: l'uomo, prima al servizio dello Stato, sarà in grado di porre lo Stato al proprio servizio, dopo di che lo Stato avrà esaurito ogni sua ragione di esistere).

In Italia i grillini hanno occupato simbolicamente il parlamento lanciando su Twitter l'hashtag #occupyparlamento. Rispettosi della democrazia, leggono la Costituzione fino alle dieci di sera per non disturbare i commessi e poi vanno a casa. Certo, non ci aspettiamo dai grillini un'occupazione in pianta stabile delle istituzioni ma il fatto che lancino questi messaggi è significativo (il tag occupy è collegabile al movimento anticapitalista #OWS), tanto più che Grillo sul suo blog denuncia un golpe in atto. Secondo il comico genovese da metà dicembre il parlamento è entrato definitivamente in coma, avrebbe ormai un encefalogramma piatto. Inoltre la situazione si sarebbe aggravata dopo la "non sfiducia" a Monti che si è"non dimesso".

Se in America il movimento OWS è anti-parlamentare e rifiuta i meccanismi di cooptazione democratici, in Italia si assiste a scenari farseschi e si fa "l'Aventino al contrario": si occupa il parlamento accusando gli altri di essere poco democratici. Anche Grillo inizia a dare segni evidenti di follia. Se fino a poco tempo fa il M5S poneva sul tavolo temi dirompenti (reddito di cittadinanza, taglio delle spese all'apparato, ecc.), adesso si sta velocemente allineando all'andazzo generale. Aveva ragione la nostra corrente: chiunque entri in parlamento, pur animato dalle migliori intenzioni, viene risucchiato dallo stesso e diventa innocuo. I grillini entreranno presto in contraddizione con il loro programma ed il caos potenziale diventerà cinetico.

Nel frattempo Pd e Pdl cercano un accordo per scegliere il prossimo Presidente della Repubblica. Un governissimo è difficile da immaginare e il M5S ha la possibilità di fare da amplificatore al caos esistente. Di fronte agli 8 milioni e 700 mila voti dati a Grillo, il Quirinale ha fatto un piccolo golpe nominando i cosiddetti saggi nel tentativo di sminuire il M5S. Il quale da un lato sembra muoversi come rappresentante dei lavoratori e da un altro come difensore della piccola borghesia in crisi. Grillo come Proudhon?

"Proudhon non critica i sentimentalismi socialisti o le cose che ritiene tali. Egli scomunica come un santo, come un papa, i poveri peccatori e canta inni di gloria alla piccola borghesia e alle miserabili illusioni amorose, patriarcali del focolare domestico. E questo non è un caso. Proudhon è dalla testa ai piedi filosofo, economista della piccola borghesia. In una società progredita e costrettovi dalla propria situazione, il piccolo borghese diventa da un lato socialista, dall'altro economista, cioè egli è accecato dallo splendore della grande borghesia ed ha compassione per le sofferenze del popolo. Egli è borghese e popolo al tempo stesso. Nell'intimo della sua coscienza si lusinga di essere imparziale, di aver trovato l'equilibrio giusto, e avanza la pretesa di essere qualcosa di diverso dal giusto mezzo. Un piccolo borghese del genere divinizza la contraddizione, perché la contraddizione è il nucleo del suo essere. Egli non è altro che la contraddizione sociale messa in azione" (Da una lettera di Marx ad Annenkov, 28 dicembre 1846)

Le mezze classi non hanno un programma storico, sono le prime a fibrillare triturate dalla crisi, mentre quando si muoverà il proletariato la sua impronta classista, antisistema, influenzerà l'intero movimento.

In Giappone lo stato compra il debito delle banche stampando 1400 miliardi di dollari da lanciare sui mercati; ma ben presto questi miliardi si trasformeranno in una montagna di carta straccia. La banca centrale di Tokyo sta cercando di svegliare dal torpore un'economia depressa da vent'anni di stagnazione e per riuscirci ricorre ad una strategia spregiudicata, un esperimento di iperattivismo monetario, con l'obiettivo apertamente dichiarato di fabbricare inflazione. I tecnici della borghesia hanno perso la bussola: è la valorizzazione del Capitale a soffrire, non è una "questione" monetaria. Non essendo il processo produttivo rivitalizzabile con la "droga" monetaria, l'iniezione di denaro finirà nel circuito finanziario ingigantendo la massa di capitale fittizio.

Dall'inizio della crisi sono stati iniettati nel sistema 54 mila miliardi di dollari i quali hanno contribuito a muovere capitale attraverso mera circolazione e non attraverso il fondamentale processo produttivo. Molti economisti sono preoccupati per il rischio di una iperinflazione e lanciano segnali d'allarme: i problemi veri potrebbero arrivare quando le banche centrali dovranno ritirare tutta questa liquidità in eccesso. Senza "droga" monetaria, insomma, i mercati finanziari ormai assuefatti potrebbero invertire rotta. Trascinando nuovamente con sé la cosiddetta economia reale.

Il sistema sta in piedi perché il capitale fittizio è congelato, tesaurizzato, tutto sembra funzionare ma la valorizzazione langue:

"Il denaro in quanto valore autonomo si ritrova immobilizzato nell'ambito chiuso della circolazione. Si agita freneticamente, ma vi rimane senza trovare ossigeno nella produzione. Sembra dinamico, ma è peggio del vecchio tesoro tenuto sotto il materasso che già di per sé era improduttivo, pietrificato (il termine è di Marx), ma che poteva almeno essere tenuto in serbo per investimenti produttivi futuri. Per il capitale moderno da speculazione, l'investimento è già l'essere finito nell'ambito chiuso della circolazione, imprigionato nei cosiddetti mercati, luoghi a-spaziali che funzionano esattamente come la roulette. Se la tesaurizzazione fu uno dei motori del primo capitalismo quando ancora non erano rivoluzionati i rapporti feudali, oggi, nella dinamica del Capitale moderno, un ritorno indietro è impensabile. Perciò, se anche la tesaurizzazione antica sarebbe stata sterile con il denaro fissato in un forziere senza uscirne mai, oggi deve succedere qualcosa di più e di diverso rispetto al passato." ("n+1",L'autonomizzarsi del Capitale e le sue conseguenze pratiche)

Dunque: quanto potrà continuare questa situazione? Facendo un salto filotempista nell'Antica Roma possiamo fare un parallelo tra l'oggi e le riforme fatte da Diocleziano del III secolo d.C. A quel tempo si manifestarono diverse situazioni problematiche contemporaneamente: la pressione dei barbari sui confini, la difficile situazione economica e soprattutto l'instabile condizione politica dell'Impero. Per far fronte ad una crisi sistemicasi cercò di aggirare il problema modificando il valore delle monete, diminuendo cioè la quantità di metallo pregiato presente nelle stesse. L'esercito, una volta andato a catafascio il sistema di pagamento (i soldati erano pagati in denaro), cominciò a requisire direttamente, a prendersi con la forza le risorse necessarie. Ciò a dimostrazione che quando i problemi sono di natura economica, i tentativi politici di restaurazione del vecchio ordine non vanno mai in porto ed in quel contesto le misure di "sistema" non fecero che spostare i problemi nel futuro.

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