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  • Resoconto teleriunione  18 luglio 2023

La fragilità delle catene logistiche

La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 18 compagni, è iniziata parlando degli scioperi negli Stati Uniti.

A fine luglio scade il contratto dei teamsters della UPS. Le trattive per il rinnovo si sono rotte e c'è la possibilità che dal primo agosto incrocino le braccia i 340mila lavoratori del gigante della logistica. Lo sciopero verrebbe organizzato dall'International Brotherhood of Teamsters (IBT), lo storico sindacato dei camionisti che, pur avendo avuto in passato dirigenze colluse con la mafia (Jimmy Hoffa), ha espresso in più occasioni una base militante pronta allo scontro con i datori di lavoro ("I sedici giorni più belli"). Il 97% degli iscritti all'IBT ha votato a favore dello "strike" qualora le loro richieste non vengano accettate (aumenti salariali, sicurezza, ecc.), e ciò potrebbe portare a una interruzione della catena di approvvigionamento con un effetto domino sull'intera economia del paese. Come nota USA Today, l'ultima volta che i lavoratori della UPS hanno scioperato, nel 1997, meno dell'1% delle vendite totali del commercio al dettaglio proveniva dagli acquisti online. Si stima che negli USA siano più di un milione i lavoratori impiegati nel settore della logistica, più del doppio rispetto ad allora.

Siamo entrati nell'economia "zero stock", che consiste nel ridurre al minimo il numero di scorte in magazzino. Come abbiamo scritto nell'articolo "Contributo per una teoria comunista dello Stato", andando indietro fino al neolitico notiamo una simmetria: comunismo avanzato/comunismo originario, zero scorte, zero magazzino, ogni prodotto reso "intelligente" interagisce con tutta la struttura a sua volta diventata intelligente. Nel capitalismo, se il flusso della merce si interrompe, insorgono immediatamente dei problemi. Con la produzione just in time la continuità delle operazioni produttive/distributive è fondamentale. Secondo Forbes, 24 milioni è il numero di pacchi che UPS consegna ogni giorno.

L'establishment ha i fari puntati su questa vertenza perché le azioni di UPS sono in mano ad aziende quotate in borsa (Vanguard Group, BlackRock), perciò gli esiti del braccio di ferro riguardano direttamente Wall Street. Capitale anonimo e governo americano sono i principali referenti di questa vertenza. Secondo un report della società di consulenza Anderson Economic Group, uno sciopero alla UPS di dieci giorni sarebbe il più costoso da almeno un secolo, e porterebbe alla perdita di circa sette miliardi di dollari.

Anche Occupy Wall Street è scesa in campo chiamando all'azione per il prossimo 1° agosto e spingendo per unire la lotta UPS con lo sciopero dei lavoratori di Hollywood, uno dei più grandi del settore. Sulle pagine Facebook e Twitter di OWS c'è anche un riferimento al sindacato degli scrittori WGA e a quello degli attori SAG-AFTRA (che ne rappresenta più di 160.000). Vi è un chiaro processo di proletarizzazione di comparti che una volta erano garantiti. C'è fermento anche nell'industria automobilistica: "le tre principali case automobilistiche (General Motors, Ford e Stellantis) hanno iniziato difficili trattative contrattuali con il sindacato degli operai (United Auto Workers) prima della scadenza degli attuali accordi sindacali quadriennali, prevista per metà settembre." (VNY)

Dallo scoppio della pandemia in poi sono successe molte cose negli USA: a New York è nato il primo sindacato dei lavoratori di Amazon, migliaia di lavoratori di Starbucks sono scesi in sciopero, c'è stato il fenomeno delle "grandi dimissioni" e la concomitante crescita della pagina r/antiwork. Nel paese si stanno modificando rapporti profondi tra capitale e lavoro, e ciò incide sulle dinamiche salariali. Gli economisti fanno notare che c'è una richiesta di manodopera specializzata, soprattutto nell'industria, e questo potrebbe portare ad una crescita dei salari, causando un aumento dell'inflazione (che la FED vuole evitare).

Anni fa, in un volantino abbiamo scritto che la lotta dei lavoratori ultra-precari della UPS nel 1997 è stata un ottimo esempio, seguito da altri lavoratori in tutto il mondo. Essi per primi hanno dimostrato che la congiunzione tra coordinamento territoriale, strumenti moderni (cellulari, internet, navigatori Gps, ecc.) per i picchetti volanti e tanta solidarietà organizzata possono battere i più blindati padroni e persino gli Stati. Oggi i mezzi a disposizione dei lavoratori sono molto più potenti, a cominciare dai social network.

Tra guerra, scioperi, rivolte e crisi economiche, si sta configurando quanto abbiamo scritto sulla rivista: la società si sta dirigendo verso la singolarità storica. Il movimento di protesta israeliano contro il progetto di riforma giudiziaria non accenna a fermarsi, e sta anzi assumendo dimensioni di massa. Il fronte interno traballa un po' ovunque, gli apparati statali hanno un evidente problema con la tenuta sociale. Nello Stato d'Israele, polizia, militari, giuristi e ambasciate mostrano segni di insofferenza verso il governo in carica. Ordolandia (la zona del mondo in cui le potenze economiche hanno il pieno controllo del proprio territorio), per usare il termine coniato da Limes, si sta dissolvendo. Dinamiche incontrollabili si sono messe in moto e nessuno le può fermare. Lo Stato si regge sulla forza ma anche sul consenso, e se questo viene meno non lo si può ricreare volontaristicamente. La formula del 99% contro l'1% è valida per inquadrare quello che sta succedendo: la maggioranza della società vive una situazione di disagio crescente. La polarizzazione economica è il portato dei processi di accumulazione capitalistica.

Nella presentazione video dell'ultimo numero di Limes ("Russia o non Russia", n. 6/23), il direttore Lucio Caracciolo afferma che la marcia della Wagner verso Mosca ha dimostrato, dopo decenni, che in Russia il potere è contendibile. Questa situazione si sta generalizzando al mondo intero. Durante le transizioni di fase, il ruolo dei militari può fare la differenza.

Siamo alla vendetta della legge del valore: i meccanismi di accumulazione capitalistica si inceppano a causa dello sviluppo impetuoso delle forze produttive. Dopo il lancio di ChatGPT da parte di OpenAI è arrivato Bard di Google: c'è una guerra tra le big tech per non perdere fette di mercato, e questo le porta ad investire nell'intelligenza artificiale (la quale sostituisce in massa lavoro umano).

L'andamento è dunque catastrofico, e sulla rivista abbiamo fatto delle previsioni: con i parametri attuali, il sistema collasserà intorno al 2030 o anche prima. Come scritto nell'articolo "Un modello dinamico di crisi", intorno a quella data vi è un incrocio di curve: quella della produzione e del consumo salgono, quelle della valorizzazione del capitale e della disponibilità di risorse scendono. Il sistema capitalistico è altamente complesso, è basato su catene di feedback sovrapposte; quindi, determinate variabili potrebbero anticiparne o ritardarne il crollo. La decisione di Mosca di non rinnovare l'accordo sul grano, per esempio, potrebbe avere un impatto diretto sull'alimentazione di numerosi paesi, soprattutto africani. Detto questo, per la corrente a cui facciamo riferimento la fine dell'attuale modo di produzione è una certezza, anche perché esso non riesce a formare un governo unico mondiale, l'unico organismo in grado di gestire il livello di integrazione economico-sociale raggiunto ("Nel vortice della mercantile anarchia").

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