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  • Resoconto teleriunione  11 febbraio 2014

Strutture emergenti

La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 13 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sulle proteste in Bosnia-Erzegovina. La scintilla è partita da Tuzla il 5 febbraio scorso quando, alla notizia della privatizzazione di alcune industrie e del conseguente licenziamento degli operai, si è formato un raduno di lavoratori, disoccupati e studenti subito sciolto in modo violento dalle forze dell'ordine. In tutta risposta circa 3.000 persone sono scese in piazza occupando le principali strade della città. L'intervento della polizia antisommossa ha alimentato la protesta che, nei giorni successivi, è dilagata su tutto il territorio bosniaco toccando oltre venti città, tra cui la capitale Sarajevo dove sono stati dati alle fiamme gli uffici governativi e sono avvenuti scontri durissimi con la polizia. Il gruppo Facebook 50.000 za bolje sutra ("50.000 persone per un domani migliore") è diventato un centro di coordinamento, e sembra che la "rabbia popolare" abbia permesso di superare gli steccati ideologici e confessionali che affliggono l'area.

La piazza vuole che i politici se ne vadano perché corrotti e incapaci di risolvere i problemi dell'economia. Il manifesto degli operai e dei cittadini del cantone di Tuzla chiede ai dimostranti di non abbandonare le strade ma di mantenere l'ordine pubblico (a Tuzla in alcuni casi le forze dell'ordine si sono schierate con i dimostranti), e al governo di annullare i contratti di privatizzazione delle industrie e "restituire le fabbriche ai lavoratori riavviando la produzione dove possibile". Al di là delle rivendicazioni interclassiste che di volta in volta caratterizzano le proteste, è tutta l'area slava ad essere in subbuglio: nel 2012 è nato Occupy Slovenia/Lubiana e scontri con la polizia si sono verificati in Croazia, Romania e continuano tuttora in Bulgaria. Alcuni giornali hanno posto l'accento sulle cause materiali che hanno provocato la rivolta in Bosnia, altri su quelle politiche. Un articolo de La Stampa, di cui riportiamo un passo, coglie un'invarianza di fondo tra quanto succede in Egitto, Brasile, Turchia e Bosnia:

"La Bosnia, uno dei paesi più poveri d'Europa, con la disoccupazione al 44%, un abitante su 5 al di sotto della soglia di povertà e i salari medi che si aggirano sui 300/400 euro, aggiunge la sua voce al coro multilingue del malcontento sociale che da tre anni rimbalza dal mondo arabo alle piazze occidentali di Madrid, New York, Tel Aviv, Atene, dalla Turchia all'Ucraina, dalla Russia alla Thailandia. Le ragioni sono tante, diverse. Ma comune è la sensazione che la politica, tanto quella esercitata democraticamente quanto il pugno di ferro delle dittature militari e religiose, si sia allontanata troppo e fatalmente dai bisogni delle persone reali. Come se prima ancora che piazza tra Tahrir, Taksim, Maidan, Puerta del Sol, Syntagma, ci fosse un filo rosso a legare l'arroganza dei governanti antistoricamente convinti di essere indiscutibili, siano essi gli ingiustificabili satrapi mediorientali (ma anche asiatici) o i nerboruti uomini di Putin, i santoni della finanza o i tecnocrati europei."

Dal mondo arabo alle piazze occidentali le ragioni del malessere sono tante, ma il comune denominatore rimane un sistema economico che affama e impoverisce sempre più. E' chiaro che la rabbia, gli slogan e le maschere di Anonymous sono le stesse ovunque. All'inizio gli indignados si facevano manganellare gridando "No violencia!", oggi in Bosnia incendiano e assaltano i palazzi del potere. Evidentemente, un'escalation è in corso.

Basti pensare a quanto avvenuto circa un mese fa con i fatti di Gamonal, il quartiere di Burgos in Spagna teatro di una contestazione contro la costruzione di un parcheggio sotterraneo. La protesta è presto degenerata in scontri con la polizia, coinvolgendo nell'agitazione altre città e altre componenti sociali, tra cui i vigili del fuoco di Madrid e Barcellona. Sul sito di Occupy Wall Street è stato pubblicato un comunicato di solidarietà e altre iniziative di sostegno sono state organizzate in altri paesi. Una protesta locale ha prodotto un effetto globale, l'#EfectoGamonal. Un recente documento di ¡Democracia real YA! cerca di fare il punto della situazione: il movimento degli indignados è nato, come testimonia lo slogan "un altro mondo è possibile", su obiettivi generali, nel corso di qualche anno si è legato alle istanze provenienti dal mondo del lavoro ed è poi arrivato alla conclusione che bisogna organizzare uno sciopero totale. Anche sul sito dell'Assemblea Generale di New York si fa un bilancio dello stato dei lavori: il movimento ha posto all'ordine del giorno il problema della diseguaglianza economica. Il meme Occupy è diventato virale e molti attivisti, si dice nel documento, sono impegnati nelle lotte operaie, nella formazione di associazioni sindacali, nell'organizzazione dei precari. Assistiamo quindi a un doppio fenomeno: in alcuni casi le proteste nascono per motivi particolari e alla fine portano in piazza i lavoratori con scioperi generali, in altri è il "movimento" che si riversa nei luoghi di lavoro supportando lotte come quelle nei Fast food americani oppure alla Walmart.

Nel testo Teoria e azione nella dottrina marxista (1951) e negli schemi allegati, si descrivono le spinte fisiologiche elementari che portano alla polarizzazione sociale e, attraverso l'organismo di classe, al "rovesciamento della prassi". Abbiamo letto una corrispondenza pubblicata sul numero 26 della rivista in cui si scrive della necessità di superare le concezioni inorganiche del partito tuttora in voga. Negli anni '20 "e anche nel secondo dopoguerra da parte del nuovo PCInt vi furono difficoltà enormi a digerire l'approccio bio-cibernetico, e ciò fu forse una delle cause principali del suo collasso finale. Quel partito possedeva le necessarie cariche 'analogiche' e 'digitali' ma in modo troppo sbilanciato a favore di queste ultime. Come un bambino nato vecchio, a dispetto di alcuni suoi elementi di punta, privilegiava una razionalizzazione già fatta e lasciava in un angolo possenti intuizioni e moti istintivi che avevano preso a volte l'aspetto di opere semilavorate, altre volte di vere e proprie opere letterarie. Il paradigma organico vale a tutti i livelli dei sistemi complessi. Non per niente la teoria generale dei sistemi, i cui sviluppi recenti sono molto utili per capire la complessità sociale, è dovuta a un biologo."

Il duplice approccio, "analogico" e "digitale", nella formazione e nell'azione del partito lo troviamo in maniera abbastanza esplicita nelle Tesi di Roma del PCd'I (1922), e il titolo della nostra rubrica Doppia direzione è ispirato al funzionamento organico-cibernetico ricordato nelle Tesi di Milano (1966). L'approccio "organico" alla teoria di partito è specifico della nostra corrente fin dal 1921, e nel dopoguerra il discorso viene ripreso con molta più precisione, con esempi non solo di tipo biologico ma di tipo "cibernetico", che poi sono la stessa cosa, perché qualsiasi organismo ha meccanismi autoregolatori nei confronti dell'ambiente. Purtroppo non abbiamo ricevuto in eredità un "Trattato sul centralismo organico", ma possiamo tranquillamente utilizzare il materiale disseminato nei vari testi per affrontare l'argomento. Leggiamo nelle Tesi di Milano:

"La organicità del partito non esige affatto che ogni compagno veda la personificazione della forma partito in un altro compagno specificamente designato a trasmettere disposizioni che vengono dall'alto. Questa trasmissione tra le molecole che compongono l'organo partito ha sempre contemporaneamente la doppia direzione; e la dinamica di ogni unità si integra nella dinamica storica del tutto. Abusare dei formalismi di organizzazione senza una ragione vitale è stato e sarà sempre un difetto ed un pericolo sospetto e stupido."

Nonostante queste potenti affermazioni, nel PCInt serpeggiava un approccio dualistico e perciò si ponevano ciclicamente le "questioni" (nazionale, sindacale, ecc.), dimenticando le infinite relazioni che legano ogni tema al tutto e il procedere nel lavoro "per argomenti concatenati".

I movimenti anticapitalisti contemporanei operano e si organizzano su piattaforme globali: dal gioco molecolare delle spinte iniziali si determina una doppia direzione tra il particolare e il generale. Saggi scientifici come Ubiquità, Nexus e L'Atomo sociale di Mark Buchanan, assumono oggi una certa importanza per il nostro lavoro. Significativi alcuni passaggi in cui l'autore sostiene che l'unico modo per capire l'improvvisa esplosione di una sommossa oppure il crollo dei mercati finanziari consiste nel pensare alle strutture e non alle persone. Da L'Atomo sociale:

"Stando a una vecchia impostazione mentale il mondo sociale è complesso perché la gente è complessa. Per questo, ritengono molti, non siamo mai riusciti a comprendere il mondo umano tramite teorie affidabili come quelle della fisica o della chimica. Gli atomi sono semplici, le persone no; fine della storia. Spero di riuscire a spiegare perché questo modo di pensare sia sbagliato [...] Le strutture rivelano regolarità che mostrano come ciò che in apparenza è complicato, in realtà non lo è. E spesso le leggi naturali sottese a tali strutture permettono, in seguito, di avanzare previsioni."

Sul superamento del dualismo uomo-natura: "... se riguardo al mondo umano siamo confusi non sia perché l'uomo è separato dalla natura, ma, in gran parte, perché continuiamo erroneamente a pensarlo."

E infine: "Gran parte del mondo non è in equilibrio anzi, è in genere molto lontano dall'esserlo: lo svilupparsi per feedback di nuove strutture che sostituiscono le vecchie, solo per essere a loro volta sostituite in futuro, lo mantiene in perenne evoluzione".

Riprendiamo ora un passo da Teoria e azione nella dottrina marxista: "Il rapporto dialettico sta nel fatto che in tanto il partito rivoluzionario è un fattore cosciente e volontario degli eventi, in quanto è anche un risultato di essi e del conflitto che essi contengono fra antiche forme di produzione e nuove forze produttive. Tale funzione teorica ed attiva del partito cadrebbe però se si troncassero i suoi legami materiali con l'apporto dell'ambiente sociale, della primordiale, materiale e fisica lotta di classe."

Insomma, c'è un analogia forte tra gli argomenti sviluppati da Buchanan e quelli trattati dalla nostra corrente. La Sinistra ha anticipato di gran lunga le conclusioni a cui oggi arrivano i ricercatori che studiano la complessità, il caos e la "fisica sociale". Da testi come Partito e classe, Partito e azione di classe, Teoria e azione nella dottrina marxista, emerge una concezione unitaria della conoscenza, il contrario della concezione discreta del partito per cui oggi tutte le condizioni sono rivoluzionarie ma manca una direzione rivoluzionaria.

Siamo di fronte ad una crisi generale delle strutture di controllo sociale: partiti, sindacati, scuola, ecc., sono un involucro che non corrisponde più al contenuto. Il paese laboratorio dove si cerca di recuperare la situazione è l'Italia: mentre altrove i parlamenti si bruciano, il Movimento 5 Stelle ha ricondotto la rabbia all'interno delle istituzioni. Dopo la seconda guerra mondiale, di fronte al binomio mortifero DC-PCI, Guglielmo Giannini fondò il Fronte dell'Uomo Qualunque; oggi, a sei anni dall'inizio della crisi, ci sono state solo timide reazioni: invece di esprimere per lo meno leader politici intelligenti, gli indignados italiani si accontentano di personaggi come Grillo e Casaleggio, nemmeno lontanamente all'altezza del populista campano. Un movimento che ha preso il 25% delle preferenze elettorali potrebbe muoversi diversamente e, con un minimo di acume, quanto imparato dall'utilizzo delle reti e dei social media potrebbe tornare utile, magari per lanciare, vista la situazione, campagne sulla riduzione dell'orario di lavoro e il salario ai disoccupati. Ma i grillini, tristemente, preferiscono accusare i politici di essere poco rispettosi della Costituzione e proclamarsi difensori della sacralità del Parlamento.

Ciononostante, la vecchia talpa continua a scavare in Italia e nel mondo. Le prime avvisaglie di "ripresa della lotta di classe" si sono avute negli Stati Uniti con il movimento Occupy Wall Street, che durante le passate elezioni, in un paese in delirio per Barack Obama, ha dichiarato senza timori che gli occupiers non c'entrano nulla con la politica ufficiale, che sono invece di un altro universo: una voce aliena che dal futuro chiama all'appello contro il capitalismo.

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Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

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