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  • Resoconto teleriunione  14 aprile 2015

Saggi di putrefazione

La teleconferenza di martedì, presenti 14 compagni da più località, è iniziata commentando l'intervista ad un ragazzo italiano tornato dal fronte di Kobane. In un mondo capitalistico ultramaturo la partigianeria è il modo di fare la guerra e quindi regolarmente salta fuori la tendenza a parteggiare per questa o quella parte. Nello specifico i sinistri si dichiarano contro lo Stato Islamico e per il "confederalismo democratico", ritrovandosi loro malgrado schierati con gli odiatissimi yankee.

A proposito di guerra è stato citato un articolo del sito filo-Mossad Debka file che attribuisce al governo siriano e all'IS un accordo per massacrare i palestinesi di Yarmuk. Follie della disinformazione o realtà ormai folle? Nei giorni scorsi l'Autorità palestinese aveva comunicato che con Damasco c'era un'intesa per combattere unitamente lo Stato Islamico; poi è arrivata la smentita dall'Agenzia ufficiale palestinese, la quale comunica che le 14 frazioni combatteranno l'IS da sole. Hamas ha già inviato qualche dozzina di combattenti. Sembra che l'infiltrazione dell'IS sia avvenuta da sud perché lì l'esercito siriano non riuscirebbe a controllare il territorio. Infatti 1.500 miliziani jihadisti avrebbero rotto l'accerchiamento siriano e 700 di loro sarebbero entrati a Yarmuk. C'è da chiedersi cosa ci facessero 1.500 jihadisti tra il Golan e Damasco, zona pullulante di soldati siriani, ONU e, dietro la frontiera contestata, israeliani.

Si è passati poi a commentare la dura presa di posizione del Papa sul massacro degli armeni, ovviamente in chiave anti-turca. In occasione del Giubileo la chiesa si mobilita, con tutta la sua organizzazione economico-religiosa, sul terreno della guerra in corso in Medioriente con una chiara posizione anti-islamica e a favore delle comunità cristiane. Il direttore di Civiltà cattolica, la rivista dei gesuiti, aveva annunciato che non si poteva stare a guardare e di fatto la chiesa entra in campo con l'artiglieria pesante, con una posizione diversa rispetto alle borghesie nazionali. Oltre a denunciare i turchi per il genocidio degli armeni li si accusa di non aver fatto nulla per permettere l'esodo dei cristiani dai territori conquistati dallo Stato Islamico. Il governo turco toccato sul vivo (su curdi e armeni non vuole sentire ragioni) ha risposto con altrettanta durezza. Lo scenario generale è quello di schieramenti tra alleati che si tradiscono alla prima occasione, una schizofrenia dove si muovono pedine di nascosto in contraddizione rispetto alle mosse ufficiali.

Sempre nell'ottica delle prese di posizione ecclesiastiche un compagno ha letto un passaggio da un articolo di Curzio Maltese pubblicato su Il Venerdì di Repubblica, Bergoglio come Piketty: la prossima guerra sarà tra ricchi e poveri:

"L'entusiasmo che circonda questo Papa non ha nulla a che vedere con le sue posizioni teologiche, piuttosto irrilevanti, ma con la sua predicazione sociale. Il Papa dice, così sembra, cose "di sinistra". Parla di povertà, disoccupazione, sfruttamento, guerra. Francesco, gesuita colto e intelligente, ha di sicuro letto gli studi di Thomas Piketty sulla trasformazione della società in oligarchia, dove l'uno per cento della popolazione, attraverso crisi periodiche e ormai strutturali, si arricchisce sistematicamente rispetto al restante 99 per cento".

La Chiesa ha una struttura millenaria di gestione delle informazioni in input e output dalla società, che gli permette di anticipare, come dice il giornalista, scenari catastrofici. In più occasioni ha lanciato segnali d'allarme circa la delicatissima situazione sociale, come nell'ultimo summit delle Americhe. Papa Francesco chiama alla ridistribuzione della ricchezza perché un mondo che precipita nella miseria il 99% non ha grandi possibilità di sopravvivere.

A sostenere la stessa preoccupazione della Chiesa è stato Scalfari nel suo editoriale Senza appoggio popolare la sinistra diventa un inutile club, dove oltre ad evidenziare le crepe profonde del governo Renzi afferma che: "Chi vive il presente e non vede il tempo lungo, chi ama il potere per il potere e non guarda al bene dei figli e dei nipoti, rischia di annaspare in una palude di acque morte. È quello il rischio, è quello il pericolo che ci sovrasta e neppure Francesco riuscirà ad evitarlo". I difensori del presente partecipano, inutilmente, alla terapia per rianimare il capitalismo, le forze in sintonia con il futuro spingono, invece, per ammazzare l'osceno zombie e lasciar nascere una società nuova. Marx chiamò "comunismo" il movimento concreto di demolizione dei vecchi rapporti di produzione e delle vecchie ideologie, e chiamò "comunisti" coloro che avrebbero dovuto rappresentare il futuro del processo.

A proposito di zombie e di capitalismo ultra maturo quanto avverrà all'Expo non è un semplice ritorno alla schiavitù. Nell'articolo di Repubblica Expo, l'esercito dei volontari in 17mila pronti a lavorare gratis "Ma non chiamateci schiavi" uno degli organizzatori precisa che non si tratta di schiavitù ma di un investimento sul capitale volontariato: nella "busta paga" ci sono colazione, pranzo e cena, spostamenti sui mezzi pubblici, aiuto nel trovare un alloggio e il tablet utilizzato per accogliere i visitatori (di proprietà del volontario alla fine della prestazione). In realtà la condizione è quella del vero schiavo perché non essendoci differenza tra tempo di lavoro necessario e tempo di pluslavoro, tutto il tempo di lavoro viene devoluto all'Expo. Siamo al nocciolo della natura dell'operaio, si tratta di un esperimento sociale importantissimo per utilizzare forza lavoro ridondante. Siamo ad un capitalismo marcio che non riesce ad estrarre nè la quota di pluslavoro nè a garantire la quota di lavoro necessaria alla sopravvivenza di tutti i disoccupati.

La superficie del fenomeno è data da 17 mila volontari che lavorano gratis e contenti di farlo per fare curriculum, esperienza e partecipare all'evento-show, mentre in profondità il "modello Expo" somiglia agli scenari delineati dal Rapporto da Iron Mountain, dove si auspicava l'avvento della schiavitù per risolvere i conflitti all'interno della società: una volta eliminato il lavoratore salariato lo scontro tra salariati e padroni non esisterebbe più. Non sarà più sufficiente: la società borghese è già arrivata al punto di non potersi nutrire con il lavoro dei propri schiavi ma deve nutrirli (Marx, Il Manifesto). Con questo ricorso alle risorse umane esterne (outsourcing), con questo divenire del salariato completamente libero ma, nello stesso tempo, senza la possibilità di produrre altro per sè, che fine fa il capitalismo? Assistiamo ad interessanti squarci di futuro: all'uomo che lavora nel tempo di vita non serve altro che il sostentamento e la possibilità di riprodursi in quanto essere umano. Sempre più saggi di putrefazione ci fanno vedere come il cambiamento sia diventato necessario.

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Rivista n°53, giugno 2023

copertina n° 53

Editoriale: La guerra rispecchia la società

Articoli: Sul libero arbitrio

Rassegna: Effetto domino - Crollo generale"

Terra di confine: Magazzini organici - Apprendisti stregoni - La forma ed il contenuto

Recensione: Doom

Doppia direzione: Riscontri d'oltreoceano

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