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  • Resoconto teleriunione  22 novembre 2016

La crescente incompatibilità tra capitalismo e specie umana

La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata commentando la raccolta Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale, su cui alcuni compagni hanno cominciato a lavorare.

Riguardo ai "disastri naturali", la nostra corrente ci ha spiegato che per capire il grado di dissipazione dell'attuale forma sociale bisogna fare il confronto con quella futura (senza denaro, azienda, lavoro salariato e capitale), e studiare a fondo le grandiose realizzazioni delle società antiche. Gli Incas, ad esempio, hanno costruito con mezzi tecnici rudimentali strade e massicciate per migliaia di Km e, grazie al lavoro organizzato centralmente, sono riusciti a mantenerle funzionanti per centinaia d'anni. Ancora prima, la società Terramare dell'età del Bronzo (1.650 a.C.- 1.150 a.C) costruiva strutture abitative leggerissime, palafitte che riparavano dalle piene del Po e che in qualche caso venivano utilizzate come isole. Persino l'antica Roma, che conosceva già un elevato livello di speculazione e corruzione, considerava quasi sacra la manutenzione delle acque, affidandone la gestione ad un apposito magistrato. La rete stradale era perfettamente funzionante e resa tale dall'intervento dell'esercito e dei privati che vicino alle mansio costruivano strutture ricettive. Nelle società antiche le opere pubbliche costavano poco rispetto ad oggi, erano realizzate con un minimo di lavoro e duravano nei secoli; nel capitalismo ogni aspetto della vita umana è asservito ad interessi particolari, sparisce la concezione organica della società e si fa strada il business delle emergenze e delle grandi opere:

"Il capitale è ormai reso inadatto alla funzione sociale di trasmettere il lavoro dell'attuale generazione alle future e di utilizzare per questa il lavoro delle passate. Esso non vuole appalti di manutenzione, ma giganteschi affari di costruzione: per renderli possibili, non bastando i cataclismi della natura, il capitale crea, per ineluttabile necessità, quelli umani, e fa della ricostruzione postbellica 'l'affare del secolo'". (Piena e rotta della civiltà borghese, 1951)

Il progetto del ponte di Messina o il canale di Dubai sono il prodotto di esigenze puramente speculative, non servono a nulla. Altri esempi di dissipazione sono il TAV e il Mose a Venezia: al business della costruzione di mega impianti inutili e dannosi si assomma quello della eterna manutenzione. La borghesia ha fatto opere ben più importanti delle piramidi, afferma Marx nel Manifesto riferendosi evidentemente allo sforzo per assestare la rivoluzione industriale. Resta il fatto che la classe dominante non riesce a progettare il vivere sociale ma è preda di forze casuali.

Si è poi passati a commentare un articolo de la Stampa intitolato La prossima crisi? Arriverà dalle banche italiane, in cui si riportano le dichiarazioni di Steve Eisman, il finanziere che previde lo scoppio della crisi dei mutui subprime e dalla cui storia si è preso spunto per il film La grande scommessa. Eisman vede nero sull'Europa e punta il dito sui crediti deteriorati in pancia agli istituti italiani:

"[...] la colpa, spiega, è delle banche italiane che sono imbottite non già di Cdo, come le americane ai tempi della grande crisi, ma di crediti deteriorati, i cosiddetti Npl (Non performing loans), frutto di finanziamenti concessi dalle banche a famiglie e imprese finite male."

Significative le uscite di alcuni giornali esteri, tra cui il Financial Times, per cui un esito negativo del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre provocherebbe effetti catastrofici come la caduta del governo Renzi, l'uscita dell'Italia dall'Euro e la disintegrazione dell'Europa. Tempo fa in molti temevano che con la Brexit o, più recentemente, con la vittoria elettorale di Trump il mondo saltasse, invece non è successo nulla del genere. C'è una sorta di assuefazione a tutto e questo rende inerti sia gli organismi sovranazionali che gli stati, incapaci di prendere decisioni. Eppure i parametri economici sono spaventosi e non si vedono segnali di ripresa.

Negli Stati Uniti la società è sempre più polarizzata: per il prossimo 29 novembre il movimento #Fightfor15, composto dai lavoratori dei fast food, degli aeroporti e dell'assistenza sanitaria, ha lanciato una giornata di sciopero in tutto il paese. 340 città e 20 aeroporti vedranno iniziative di blocco. I tre slogan della manifestazione sono: stop agli omicidi da parte della polizia, stop alla deportazione degli immigrati, paga oraria di 15 dollari e libertà di organizzazione sindacale. Milioni di lavoratori negli Usa non ce la fanno a sopravvivere e sono costretti a ricorrere ai buoni pasto elargiti dallo stato.

Anche nella vecchia Europa assistiamo a una crescente schiavizzazione. Un'inchiesta dell'Espresso sulle condizioni in cui versa "la classe operaia on line" (Amazon, Zalando, Esselunga, H&M, Foodora, ecc.) mostra quanto insopportabile sia il lavoro oggi. Costretti a sgobbare per pochi euro all'ora, migliaia di proletari lavorano a cottimo spremuti come dei limoni. E la tecnologia, invece di aiutarli, aumenta lo sfruttamento. In questa situazione la difesa delle condizioni di vita porrà sempre più i salariati contro la forma sociale vigente, non per la ri-forma, ma per l'anti-forma.

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    La teleconferenza di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata con alcune considerazioni riguardo le recenti manifestazioni degli agricoltori, in Germania e altrove, che con i loro trattori stanno bloccando il traffico su diverse arterie stradali.

    Quando masse di uomini scendono in strada non si può rimanere indifferenti, non bisogna però analizzare il fenomeno limitandosi alle parole d'ordine, alle bandiere o agli slogan, bensì tentare di individuare le cause materiali che hanno prodotto il movimento. Nell'articolo "L'uomo e il lavoro del sole" abbiamo scritto che nei paesi di vecchia industrializzazione il settore agricolo, dal Secondo Dopoguerra in poi, è praticamente sovvenzionato dallo Stato dato che, se fosse stato lasciato alle leggi del mercato, le popolazioni rischierebbero di patire la fame:

    "Il bilancio di uno Stato moderno rivela l'insostituibile funzione della ripartizione del plusvalore all'interno della società al fine di stabilizzare il 'corso forzoso' dell'agricoltura in questa fase di massimo sviluppo capitalistico. Più il peso specifico dell'agricoltura si fa insignificante nel complesso dell'economia reale, cioè nella produzione di valore, più i sussidi statali a suo sostegno si accrescono. Il tasso di crescita delle sovvenzioni è infatti assai più elevato dell'incremento dello sviluppo agricolo, ma, nonostante ciò, l'agricoltura non potrà mai più essere abbandonata all'investimento del singolo capitale e meno che mai al mercato."

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    La teleriunione di martedì sera, presenti 17 compagni, è iniziata con una breve presentazione del saggio Riot. Sciopero. Riot. Una nuova epoca di rivolte, scritto nel 2019 da Joshua Clover.

    Secondo lo scrittore e professore di inglese e letteratura comparata all'Università della California "Davis", a partire dal Medioevo si può ravvisare una dinamica storica che vede prima la rivolta, poi lo sciopero ed infine di nuovo la rivolta, ma in forma diversa rispetto alla fase iniziale.

    Nel testo si descrive come, fino al XIX secolo, lo scontro avviene principalmente nell'ambito della circolazione, dato che lì si trovano i beni necessari alla riproduzione. Successivamente, soprattutto con l'entrata in scena del proletariato, si rafforzano le forme di lotta più organizzate, le rivolte combaciano con gli scioperi, e il conflitto si manifesta per la maggior parte con l'interruzione organizzata del lavoro. A partire dalla fine degli anni 60' del secolo scorso, le forme di scontro si fanno sempre più incontrollabili (vedi riot negli USA): finita l'epoca di crescita industriale del capitalismo, l'accumulazione avverrebbe nella sfera della finanza, almeno nei paesi a capitalismo avanzato, dando così inizio ad una fase di espulsione della forza lavoro dalla produzione. Con lo scoppio della crisi industriale, gli afroamericani sono i primi a trovarsi alle prese con seri problemi di sopravvivenza e le rivolte, che assumono apparentemente una connotazione razziale, riguardano in realtà le condizioni di milioni di proletari. La seconda fase della rivolta, o rivolta prime, come la chiama Clover, si pone quindi direttamente in conflitto con lo Stato, poiché esso dispone di strumenti di repressione e controllo che le società precedenti non avevano, raggiungendo livelli di sofisticazione mai visti prima. Gli scioperi moderni toccano la circolazione di uomini e soprattutto di merci, dal trasporto aereo ai treni, dalla logistica ai petroliferi. I gilet jaunes, ad esempio, a partire dal 2018 hanno occupato le principali vie di comunicazione bloccando autostrade e rotatorie. La logistica connette il tessuto produttivo ed è fondamentale nell'epoca del just in time e della produzione senza magazzino.

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    Nei video che circolano in Rete si nota l'utilizzo da parte delle forze dell'ordine di mezzi e tecniche di guerra, ad esempio i droni. Ma strumenti del genere sono stati usati dagli stessi manifestanti che hanno usato aeromobili a pilotaggio remoto per controllare i movimenti dell'avversario (come successo a Varsavia al tempo delle manifestazioni di Occupy). La polizia francese, oltre a lacrimogeni, spray urticanti e proiettili di gomma, fa ampio uso di granate esplosive che sono classificate come armi da guerra. Durante le recenti manifestazioni ecologiste contro il bacino idrico di Sainte-Soline, due persone sono finite in coma e centinaia sono rimaste ferite.

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