Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  9 giugno 2015

La sequenza decennale dei collassi sistemici

La teleconferenza di martedì, a cui si sono collegati 14 compagni, si è aperta con alcune considerazioni sulle vicende romane legate a "Mafia Capitale", ed in particolare alla manifestazione davanti al Campidoglio.

Più che di manifestazione si è trattato di un assedio: lavoratori della cooperativa Multiservizi, militanti di varie formazioni di destra e soprattutto aderenti al Movimento 5 Stelle hanno cercato di entrare nella sala dove era in corso il consiglio comunale, ma sono stati respinti dalle forze dell'ordine. Mentre a Roma andava in scena l'assedio, sul Web l'hashtag #OccupyCampidoglio, lanciato da Grillo, diventava virale. Al di là delle dichiarazioni dei vari protagonisti e degli obiettivi specifici dei gruppi coinvolti nella vicenda, rimane che tutta una serie di lotte ha trovato spontaneamente convergenza nell'assedio di un palazzo istituzionale, mentre in rete il fatto è stato sostenuto con un chiaro richiamo alla galassia Occupy. Qualunque siano le strumentalizzazioni messe in atto dal M5S o da altri, il messaggio è forte e chiaro: occupate il Campidoglio. E perché no, la prossima volta, il Parlamento?

Pur di contenere il fermento sociale, diverse forze politiche riformiste sono costrette ad accelerare il passo, aprendo a rivendicazioni che fino a qualche tempo fa godevano di scarsa risonanza. E' il caso della Coalizione Sociale che, insieme ai 5 Stelle, si è schierata a favore del reddito di cittadinanza.

All'assemblea di presentazione del movimento un dirigente Fiom ha affermato che sono due i temi importanti su cui lavorare: il reddito di cittadinanza e la riduzione della giornata lavorativa, prendendo come riferimento la situazione dei lavoratori di Pomigliano d'Arco.

A proposito di precarizzazione, dal 2008 al 2015 è cresciuto moltissimo l'utilizzo dei voucher per retribuire i rapporti di lavoro. I contratti che prevedono questo tipo di pagamento sono passati da 25 mila a 1 milione. Lo avevamo già notato quando Biagi li aveva introdotti nella legge del 2003, oggi il fatto si fa più marcato: la diffusione dei buoni lavoro ricorda quanto scrive Marx nella Critica al programma di Gotha. Ogni lavoratore "riceverà dalla società uno scontrino da cui risulta che egli ha prestato una quantità di lavoro (dopo la detrazione di un'altra quantità del suo lavoro per i fondi comuni) e con questo scontrino egli ritirerà dal fondo sociale tanti mezzi di consumo quanto costa il lavoro corrispondente. La stessa quantità di lavoro che egli ha dato alla società in una forma, la riceve in un'altra". È del tutto evidente allora che basta eliminare la forma sociale capitalistica per avere, in questo caso, un meccanismo elementare di produzione-distribuzione già comunistico.

Per cercare di capire come sarà la transizione alla società futura, non bisogna fare l'errore di prevedere una situazione simile a quella dell'ultima rivoluzione, quella borghese. Nel passaggio dal feudalesimo al capitalismo, la classe emergente borghese ha affiancato per lungo tempo la classe dominante, quella feudale, postponendo la propria rivoluzione politica a quella economica, quando già da molto tempo drenava plusvalore nella società senza detenere il potere politico.

Oggi la situazione è rovesciata. Il proletariato è una classe in contrasto universale con tutte le premesse del sistema capitalistico, mentre la borghesia è ridotta a classe zombie il cui potere politico non corrisponde a quello economico, oramai allo sfascio. Marx in Per la critica della filosofia del diritto di Hegel del 1844, riferendosi alla specifica situazione tedesca che possiamo estendere al mondo interno, è lapidario: nella rivoluzione comunista il proletariato abolisce se stesso e con ciò tutte le differenze e tutti gli antagonismi di classe.

Il capitalismo ultra-maturo non può che produrre marasma sociale e guerra. Se ne accorge la Chiesa che, attraverso Papa Francesco, lancia preoccupati segnali d'allarme circa un mondo out of control:

"Anche nel nostro tempo l'aspirazione alla pace e l'impegno per costruirla si scontrano col fatto che nel mondo sono in atto numerosi conflitti armati. È una sorta di Terza Guerra Mondiale combattuta 'a pezzi'; e, nel contesto della comunicazione globale, si percepisce un clima di guerra".

In Siria continua l'avanzata dell'IS verso le maggiori città e in particolare verso la capitale Damasco. L'espansione jihadista prosegue anche in Libia, dove i miliziani hanno preso il controllo della città di Sirte, compresa la centrale elettrica che rifornisce le zone centro-occidentali del paese. L'avvicinarsi delle forze del Califfato intimorisce seriamente il governo islamico moderato di Tripoli, che ha proposto al governo riconosciuto di Tobruk (appoggiato dagli egiziani) di formare una coalizione anti-IS.

Se gli americani tornassero in Iraq avrebbero grandi difficoltà a risolvere il conflitto a proprio vantaggio. Oggi le guerre sono gestite in outsourcing e seguono le esigenze dei vari committenti privati. Un articolo pubblicato recentemente sull'Economist sottolinea come l'intreccio di interessi formatosi nei territori mediorientali non permetta agli americani di intervenire in forze, impasse che concede agli avversari tempo prezioso per consolidarsi. Il governo statunitense dovrebbe insomma darsi una mossa affinché quell'area non si sfasci del tutto con inevitabili ripercussioni sul mondo intero.

Gli effetti del capitalismo non si traducono soltanto in guerra guerreggiata. Nuovi scossoni potrebbero venire dal settore economico. La HSBC, una fra le più importanti banche finanziarie al mondo, ha annunciato la chiusura di tutte le filiali occidentali, il licenziamento di circa 50mila dipendenti e il trasferimento ad Hong Kong dei suoi uffici.

Dal punto di vista empirico, si può rintracciare una sequenza più o meno decennale dei collassi sistemici. Nel '67 ci furono i primi problemi legati alla fine della ricostruzione post-bellica; nel '77 è la volta della grande crisi petrolifera, a cui segue nel 1987 il grandissimo crack delle borse; nel '97 la crisi asiatica fa fuggire i capitali in Occidente, dove questi provocano la bolla dei mutui subprime del 2007. Insomma, il 2017 è vicino, e il movimento della banca più grande d'Europa che trasferisce "fondi e bagagli" in Asia potrebbe rappresentare la prima avvisaglia dello scoppio di una nuova bolla. Che questa volta si verificherebbe in un contesto ben diverso, e cioè già profondamente segnato da una crisi cronica a forma di "L" da cui nessuno prevede l'uscita.

Articoli correlati (da tag)

  • Un mondo inospitale

    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 18 compagni, è iniziata con il commento di alcune note di un compagno sul libro di Nouriel Roubini La grande catastrofe: dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere.

    Il libro è forse il primo in cui nella parte conclusiva non si fa cenno a miracoli per salvare la società capitalistica da sé stessa. Già questo è un tratto interessante. Infatti, l'autore propone solo due scenari a cui deterministicamente faremo fronte: uno "distopico" e uno "utopico". Ancora una volta l'economia politica si dimostra incapace, attraverso i suoi modelli e strumenti interpretativi, di compiere un salto, a noi già noto, "dall'utopia alla scienza". Se non si riconosce il comunismo come " movimento reale che abolisce lo stato di cose presente", non si possono che raffigurare distopie e utopie rinascimentali (altro spartiacque storico). I due termini sono raffrontati senza far riferimento a un qualsiasi parametro di specie: Utopia rispetto a cosa? Distopia dovuta a? Roubini ci spiega solo che siamo in una tempesta "perfetta", perché le megaminacce ormai incombenti sono date come "strutturali"; diremo noi, connaturate all'attuale modo di produzione. Sono strutturali ma non si dà una spiegazione di questo aggettivo. Si dice, correttamente, che la complessità delle megaminacce sta nella loro sincronia e nell'interagire tra loro, difficilmente prevedibile e computabile. L'ideologia dominante comincia a proporre la sua visione cieca: è molto più facile pensare la fine del mondo che la fine del capitalismo.

    Per l'economista statunitense è sicuro che una bolla finanziaria scoppierà, l'incognita riguardo solo il quando e quanto in termini di danni provocati. Dice inoltre che bisogna tenere d'occhio l'eurozona e i suoi anelli più deboli, come Italia e Grecia, i primi che a causa di una crisi del debito potrebbero saltare, provocando un effetto domino.

  • La grande catastrofe

    La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata commentando lo stato del sistema bancario alla luce del crollo dei mercati seguito al fallimento della Silicon Valley Bank (SVB), un istituto californiano fondato a Santa Clara nel 1983 e divenuto rapidamente la banca di fiducia di aziende tecnologiche e startup.

    SVB, la sedicesima banca degli Stati Uniti, non sapendo che farsene della liquidità raccolta negli ultimi anni, ha investito principalmente in titoli di Stato americani, arrivando a fine 2022 a detenere quasi 100 miliardi di bond governativi. Con il rialzo dei tassi d'interesse, le startup che prima riuscivano ad ottenere denaro pressoché gratuito dai fondi, sono andate in affanno e hanno dovuto prelevare dai depositi della banca californiana una grande quantità di denaro. Per far fronte ai prelievi, SVB ha dovuto vendere ad un prezzo inferiore i titoli accumulati, perdendo circa due miliardi di dollari, e facendo scattare prima la corsa agli sportelli e poi l'intervento di FED e governo. Biden si è affrettato a dichiarare al mondo che il "sistema bancario è solido. Nessuna perdita sarà a carico dei contribuenti."

    Assicurazioni sulla solidità del castello di carta della finanza sono state elargite anche quando è scoppiata la crisi dei mutui subprime nel 2008, eppure da allora il mondo non si è più ripreso. Nell'articolo "Non è una crisi congiunturale", pubblicato quell'anno (rivista n. 23), scrivevamo che ogni proiezione prevedeva il ripresentarsi di una crisi catastrofica entro un paio di decenni. Se aggiungiamo gli eventi che si sono verificati in seguito, come la Primavera araba, la crisi degli Stati, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, ne deduciamo che il sistema si sta sgretolando.

  • Cicli che si chiudono

    Alla teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 20 compagni, abbiamo parlato di robot e automazione partendo da un articolo dell'Economist intitolato "Don't fear an AI-induced jobs apocalypse just yet".

    Lo scorso primo marzo, all'Investor Day 2023 di Tesla, Elon Musk ha presentato Optimus, un robot umanoide da utilizzare a casa e in fabbrica del costo previsto di 20.000 dollari. Durante il meeting è stato proiettato il video di un automa intento a costruirne un altro simile: a breve, ha dichiarato l'imprenditore sudafricano, il rapporto 1:1 tra robot e umani potrebbe essere superato.

    Se effettivamente si arrivasse a produrre un esercito di otto miliardi di robot, i problemi derivanti da tassi di disoccupazione elevatissimi non potrebbero essere tollerati dall'attuale modo di produzione, basato sul sistema del lavoro salariato. Osserva infatti Musk: "Non è nemmeno chiaro cosa sia un'economia a quel punto".

    Già oggi vi sono produzioni altamente automatizzate: lo scorso dicembre ABB, multinazionale elettrotecnica svizzero-svedese, ha aperto una mega-fabbrica di 67.000 metri quadrati a Shanghai, dove i robot producono altri robot. Ocado, il più grande rivenditore di generi alimentari online al mondo, si affida agli automi per consegnare cibo fresco a migliaia di persone nel Regno Unito; i suoi magazzini sono progettati come organismi viventi, dotati di un sistema nervoso centrale (software), un sistema cardiovascolare (nastri trasportatori) e di globuli rossi (casse). Il confine tra il mondo del nato e quello del prodotto è sempre più incerto.

Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

Rassegna: L'ennesima conferenza sul clima - Polarizzazione crescente - Pericolose tempeste"

Recensione: Gaia, le macchine autoreplicanti e l'intelligenza collettiva

Doppia direzione: Più "avanzato" Lenin o Bogdanov? - Cooperazione e sostegno

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email