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  • Resoconto teleriunione  5 maggio 2015

Fisica della storia

La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata discutendo delle manifestazioni per il Primo Maggio nel mondo.

I danneggiamenti verificatesi a Milano durante il corteo No Expo hanno suscitato un gran clamore, soprattutto da parte dei media. Per quanto ci riguarda, la contrapposizione violenza/non-violenza è un prodotto del tutto ideologico della società presente, in natura tale dicotomia non esiste.

Non ci interessano molto i giudizi di giornalisti e sinistri sugli scontri. La nostra teoria sociale parte dal generale, va al particolare e poi astrae di nuovo. E' quindi importante inquadrare i fatti all'interno di una solida cornice teorica, in modo da non rimanere intrappolati nell'immediatismo. A tal proposito, abbiamo ricordato i lavori di Mark Buchanan sulla fisica della storia: se intendiamo la specie umana come un insieme di atomi sociali in relazione tra di loro anziché come individui coscienti, allora possiamo scovare delle leggi di movimento che vanno al di là della somma delle opinioni. In un sistema di tipo fisico composto di atomi sociali, all'aumento della temperatura corrisponde un'agitazione caotica.

La società umana si agita quando viene immessa eccessiva energia (crisi di sovrapproduzione), cioè più si dissipa e più va in fibrillazione il tessuto sociale proprio mentre dal punto di vista biologico calano i consumi, aumentano i disoccupati, la fame, i suicidi soprattutto tra i giovani e i massacri in famiglia.

Su Twitter l'hashtag #MayDay ha messo in relazione le notizie che arrivavano dalle piazze globali durante la giornata internazionale dei lavoratori. Negli ultimi giorni negli Usa, in seguito ai fatti di Baltimora, le manifestazioni dei lavoratori si sono unite spontaneamente a quelle di #BlackLivesMatter. La parola chiave è stata ripresa a Tel Aviv dai Falashas, gli ebrei etiopi, che si sono scontrati con le forze di polizia israeliane al grido "Il nostro sangue è buono solo per le guerre".

Che il Primo Maggio venga festeggiato internazionalmente è normale, ma quest'anno è stato un pò diverso rispetto agli ultimi anni. Grandi mobilitazioni si sono avute in paesi dove la repressione statale è da sempre durissima. Come a Teheran dove la manifestazione è stata molto partecipata, o a Istanbul dove sono stati schierati 20mila agenti con decine di camion per impedire ai manifestanti di entrare a Piazza Taksim. Oppure in Corea del Sud, dove migliaia di persone sono scese in piazza a Seul per protestare contro le politiche del lavoro intraprese dal governo, hanno occupato il centro e dato vita a scontri con la polizia. Altre manifestazioni si sono avute in paesi di cui da tempo non si sentiva parlare a proposito di Primo Maggio: Iraq, Birmania, Indonesia, Cambogia, Filippine, Myanmar. Il proletariato, non l'operaio in tuta blu tanto caro agli operaisti ma il moderno senza-riserve di cui parla Marx, sta aumentando numericamente nel mondo e non cessa di lottare.

In un articolo di Maurizio Ricci intitolato L'Età dell'Abbondanza, si parla dell'esplosiva contraddizione che attanaglia la società: di fronte all'enorme produzione di merci e capitali aumenta la miseria, l'economia ristagna e i ricchi risparmiano anziché investire. Una situazione che impedisce qualsiasi tipo di ripresa, anche perché "la globalizzazione ha inserito nel mercato mondiale due miliardi di nuovi lavoratori, mentre il boom dell'informatica faceva esplodere la produttività. Il risultato è una caduta verticale della forza contrattuale dei lavoratori, tradotta in una diminuzione dei salari e del potere d'acquisto. Meno salari, meno consumi. E' questa la benzina che manca all'economia mondiale."

Luciano Gallino nell'articolo La Troika e i diritti umani nota come i governi, per colmare i buchi di bilancio, siano intervenuti (su sollecitazione di organismi come la BCE o il FMI) pesantemente sul Welfare, tagliando pensioni, scuola e sanità e mettendo in discussione i diritti sanciti dalle rispettive costituzioni: "milioni di vittime della crisi apertasi nel 2008 sono state chiamate, tramite le politiche di austerità, a pagare i danni della crisi da quelli stessi che l'hanno provocata, a cominciare dai loro governanti nazionali e internazionali."

I parametri della struttura capitalistica sono da tempo fuori controllo, siamo alla mancanza assoluta di indirizzo economico-politico in un mondo che va alla deriva. La proletarizzazione selvaggia e la creazione di un esercito mondiale di senza-riserve è la molla che farà saltare il baraccone borghese. Il capitalismo ha una freccia nel tempo e questa è irreversibile: c'è stata la crescita, la maturazione e infine c'è la morte, come per qualsiasi altro organismo vivente.

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    La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 18 compagni, è iniziata con il commento di alcune note di un compagno sul libro di Nouriel Roubini La grande catastrofe: dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere.

    Il libro è forse il primo in cui nella parte conclusiva non si fa cenno a miracoli per salvare la società capitalistica da sé stessa. Già questo è un tratto interessante. Infatti, l'autore propone solo due scenari a cui deterministicamente faremo fronte: uno "distopico" e uno "utopico". Ancora una volta l'economia politica si dimostra incapace, attraverso i suoi modelli e strumenti interpretativi, di compiere un salto, a noi già noto, "dall'utopia alla scienza". Se non si riconosce il comunismo come " movimento reale che abolisce lo stato di cose presente", non si possono che raffigurare distopie e utopie rinascimentali (altro spartiacque storico). I due termini sono raffrontati senza far riferimento a un qualsiasi parametro di specie: Utopia rispetto a cosa? Distopia dovuta a? Roubini ci spiega solo che siamo in una tempesta "perfetta", perché le megaminacce ormai incombenti sono date come "strutturali"; diremo noi, connaturate all'attuale modo di produzione. Sono strutturali ma non si dà una spiegazione di questo aggettivo. Si dice, correttamente, che la complessità delle megaminacce sta nella loro sincronia e nell'interagire tra loro, difficilmente prevedibile e computabile. L'ideologia dominante comincia a proporre la sua visione cieca: è molto più facile pensare la fine del mondo che la fine del capitalismo.

    Per l'economista statunitense è sicuro che una bolla finanziaria scoppierà, l'incognita riguardo solo il quando e quanto in termini di danni provocati. Dice inoltre che bisogna tenere d'occhio l'eurozona e i suoi anelli più deboli, come Italia e Grecia, i primi che a causa di una crisi del debito potrebbero saltare, provocando un effetto domino.

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    Assicurazioni sulla solidità del castello di carta della finanza sono state elargite anche quando è scoppiata la crisi dei mutui subprime nel 2008, eppure da allora il mondo non si è più ripreso. Nell'articolo "Non è una crisi congiunturale", pubblicato quell'anno (rivista n. 23), scrivevamo che ogni proiezione prevedeva il ripresentarsi di una crisi catastrofica entro un paio di decenni. Se aggiungiamo gli eventi che si sono verificati in seguito, come la Primavera araba, la crisi degli Stati, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, ne deduciamo che il sistema si sta sgretolando.

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    Alla teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 20 compagni, abbiamo parlato di robot e automazione partendo da un articolo dell'Economist intitolato "Don't fear an AI-induced jobs apocalypse just yet".

    Lo scorso primo marzo, all'Investor Day 2023 di Tesla, Elon Musk ha presentato Optimus, un robot umanoide da utilizzare a casa e in fabbrica del costo previsto di 20.000 dollari. Durante il meeting è stato proiettato il video di un automa intento a costruirne un altro simile: a breve, ha dichiarato l'imprenditore sudafricano, il rapporto 1:1 tra robot e umani potrebbe essere superato.

    Se effettivamente si arrivasse a produrre un esercito di otto miliardi di robot, i problemi derivanti da tassi di disoccupazione elevatissimi non potrebbero essere tollerati dall'attuale modo di produzione, basato sul sistema del lavoro salariato. Osserva infatti Musk: "Non è nemmeno chiaro cosa sia un'economia a quel punto".

    Già oggi vi sono produzioni altamente automatizzate: lo scorso dicembre ABB, multinazionale elettrotecnica svizzero-svedese, ha aperto una mega-fabbrica di 67.000 metri quadrati a Shanghai, dove i robot producono altri robot. Ocado, il più grande rivenditore di generi alimentari online al mondo, si affida agli automi per consegnare cibo fresco a migliaia di persone nel Regno Unito; i suoi magazzini sono progettati come organismi viventi, dotati di un sistema nervoso centrale (software), un sistema cardiovascolare (nastri trasportatori) e di globuli rossi (casse). Il confine tra il mondo del nato e quello del prodotto è sempre più incerto.

Rivista n°52, dicembre 2022

copertina n°52

Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

Articoli: La malattia non esiste, parte prima - Un sistema che ingegnerizza sé stesso? - La riduzione dell'orario di lavoro non è più un tabù

Rassegna: L'ennesima conferenza sul clima - Polarizzazione crescente - Pericolose tempeste"

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Doppia direzione: Più "avanzato" Lenin o Bogdanov? - Cooperazione e sostegno

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Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

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