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  • Resoconto teleriunione  31 marzo 2015

"Tempesta decisiva"

Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 13 compagni, si è discusso principalmente di Medio Oriente e guerra.

L'ondata mondiale di manifestazioni e rivolte del 2011 ha coinvolto anche lo stato dello Yemen. I moti di piazza e l'acuirsi delle contestazioni costringono alle dimissioni, l'anno successivo, l'allora presidente Ali Abdullah Saleh al potere dal 1978. Nuove elezioni pongono a capo del governo il sunnita Abd Rabbih Mansour Hadi, sostenuto dall'Arabia Saudita. Il paese è in piena crisi economica e flagellato da una forte siccità. Il neo-presidente fatica a tenere insieme le varie componenti religiose, politiche e sociali e i contrasti tra le diverse fazioni si fanno sempre più pesanti. Lo scorso gennaio la minoranza sciita degli Houthi, sostenuta da parte dell'esercito e dall'Iran, conquista con un colpo di stato la capitale Sana'a e si impadronisce di tv, aeroporto e centri nevralgici. Dopodiché i ribelli lanciano l'assalto ad Aden, importantissimo hub sul golfo omonimo.

Il sommovimento a sud della penisola arabica mette in allarme l'Arabia Saudita che, per rispondere all'avanzata sciita, mobilita l'esercito con l'operazione Decisive Storm. La missione dovrebbe durare sei mesi e prevede lo schieramento di truppe di terra: 150.000 i soldati allertati, centinaia gli aerei da combattimento pronti all'uso. Alla coalizione anti-Houthi aderiscono Marocco, Egitto, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrein, Kuwait, Giordania e Pakistan. Sembra che anche gli Stati Uniti partecipino, dando appoggio logistico alle manovre militari coordinate dai sauditi.

In Medio Oriente la situazione è sempre più caotica. Quelli che sono nemici in un campo di battaglia, diventano alleati in un altro. L'Egitto partecipa a Decisive Storm con l'Arabia Saudita, paese che sovvenziona i gruppi jihadisti (tra cui lo Stato Islamico) con formazioni "terroristiche" in Sinai contro cui l'esercito del Cairo combatte. Gli iraniani sponsorizzano i ribelli sciiti in Yemen e minacciano l'intervento diretto, profilando lo scontro con i sauditi: entrerebbero quindi in conflitto paesi entrambi alleati degli Stati Uniti.

Inoltre, qualora iniziasse il combattimento via terra, ci sarebbe, per la prima volta nella storia recente, un confronto tra un esercito irregolare, quello dei ribelli sciiti, ed uno formato da puri mercenari, i soldati a cui lo stato dei ricchi principi sauditi ha affidato l'operazione. Comunque è difficile che si arrivi al conflitto armato a tutto campo, è più probabile invece che lo Yemen si trasformi nell'ennesima Libia con tanto di scontri generalizzati tra fazioni e tribù.

Sullo sfondo intanto continua l'offensiva su Tikrit, oramai conquistata dall'esercito iracheno e dai gruppi sciiti guidati da Teheran; mentre il negoziato sul nucleare tra Iran e gruppo dei 5+1 avvicina Arabia Saudita e Israele contro il comune nemico.

Al contrario della concezione terzinternazionalista della guerra, in cui i fronti imperialistici sono netti e gli schieramenti evidenti, oggi siamo alla guerra di tutti contro tutti. L'abbiamo chiamata "Quarta Guerra Mondiale": endemica, globale e insaziabile per numero di morti.

Anche in Turchia la situazione è in movimento. Dopo il blitz condotto dai militanti del gruppo armato Dhkp-C nel tribunale di Istanbul, la risposta dello Stato non si farà attendere. Vi saranno sicuramente ulteriori "giri di vite" in termini di libertà civili. Ma il vero pericolo per la Turchia, e per tutti gli altri stati, non proviene certo da attacchi isolati più o meno spettacolari, ma dall'emergere anonimo e tremendo di movimenti sociali di massa come Occupy Gezi Park.

Un compagno ha fatto il punto su uno studio in corso sulla meccanica quantistica. E' un argomento che da circa un secolo divide il mondo dei fisici e, in alcuni casi, provoca delle derive mistiche e non solo. Fa parte della più generale teoria della conoscenza e quindi andrà approfondito.

In chiusura di teleconferenza, si è accennato al nuovo numero della rivista: il 37 sarà incentrato per la maggior parte sul tema dell'informazione, argomento trattato durante la scorsa riunione redazionale e già affrontato in altri articoli quali Uno spettro si aggira per la rete, Immaginate una fabbrica e quello sul Venus Project e Red Plenty.

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    SVB, la sedicesima banca degli Stati Uniti, non sapendo che farsene della liquidità raccolta negli ultimi anni, ha investito principalmente in titoli di Stato americani, arrivando a fine 2022 a detenere quasi 100 miliardi di bond governativi. Con il rialzo dei tassi d'interesse, le startup che prima riuscivano ad ottenere denaro pressoché gratuito dai fondi, sono andate in affanno e hanno dovuto prelevare dai depositi della banca californiana una grande quantità di denaro. Per far fronte ai prelievi, SVB ha dovuto vendere ad un prezzo inferiore i titoli accumulati, perdendo circa due miliardi di dollari, e facendo scattare prima la corsa agli sportelli e poi l'intervento di FED e governo. Biden si è affrettato a dichiarare al mondo che il "sistema bancario è solido. Nessuna perdita sarà a carico dei contribuenti."

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    In L'Europa in guerra si dice che lo svuotamento degli obsoleti arsenali occidentali, dovuto alle forniture di armi a Kiev, rende necessario il rinnovo degli armamenti e apre le porte all'adozione di nuove risorse tecnologicamente più avanzate ed efficienti. Tali equipaggiamenti, afferma Mini, sono prevalentemente americani e legano sempre più l'Europa agli Stati Uniti, paese che maggiormente investe nella preparazione e nell'impiego di forze militari. Gli alleati NATO dell'Est Europa sono le punte di lancia dell'America nel Vecchio Continente.

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Rivista n°52, dicembre 2022

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Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

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