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  • Resoconto teleriunione  8 settembre 2015

Eccesso di risparmio

La teleconferenza di martedì, presenti nove compagni, si è focalizzata sulla situazione economica mondiale e sugli effetti che essa produce sulle sovrastrutture politiche.

Siamo partiti da un significativo articolo di Paul Krugman apparso sul New York Times, Quella sovrabbondanza infinita che destabilizza l'economia globale, in cui si fa il punto sullo stato della crisi e si mette in evidenza come nei mercati finanziari troppo denaro sia alla caccia di troppe poche opportunità di investimento:

"Da sette anni (e chissà per quanti altri ancora) stiamo vivendo in un'economia globale che procede barcollando da una crisi all'altra: ogni qualvolta una regione del mondo sembra finalmente rimettersi in sesto, ecco che subito un'altra inizia a traballare. E l'America non può certo isolarsi del tutto da queste calamità globali. Ma perché l'economia continua a incespicare?"

 

Si fanno sempre più numerosi i portavoce del Capitale - di destra o di sinistra, della scuola di Keynes oppure di quella di Friedman - che capitolano ideologicamente di fronte al "marxismo", arrivando ad affermare che quella in corso è una crisi strutturale del capitalismo. "Le cose andranno di male in peggio", dice Krugman.

A fargli eco l'Economist, che titola l'ultimo numero Washington, we have a problem.... Davanti al giganteggiare del debito pubblico e privato, lo Stato è costretto ad intervenire per rattoppare le falle dell'economia, adottando così un modus operandi irreversibile. Ultimamente negli Stati Uniti alcuni opinionisti, sulla scia della campagna elettorale del candidato repubblicano alle presidenziali Donald Trump, accusano il governo di socialismo ovvero dell'eccessiva ingerenza dello stato nei fatti economici. Ma anche se, per magia, gli Usa risolvessero i loro problemi e riuscissero a far ripartire artificialmente l'economia, la crescita del Pil americano metterebbe l'intero mondo capitalistico a rischio collasso per eccesso di produzione.

In Europa Mario Draghi dopo la paura per il default della Grecia e la "terra incognita" cui andava incontro il capitalismo, ammette che l'operazione di quantitative easing di oltre mille miliardi di euro non ha stimolato l'economia reale, non ha fatto crescere l'inflazione, non è insomma servita a nulla. Servono altri incentivi. Il cadavere ancora cammina... ma è un cadavere!

Sullo sfondo i problemi della Cina: secondo alcuni analisti occidentali il gigante asiatico non crescerebbe del 6-7% l'anno come annunciato dal partito-stato, la crescita reale si attesterebbe intorno al 3%. Anche la "fabbrica del mondo" arranca. Troppa produzione, troppo capitale, troppa appropriazione privata di fronte all'esplodere della produzione sociale.

Le migliaia di profughi che premono sui confini occidentali sono ovviamente una conseguenza dello stato dell'economia mondiale. Ultimamente, nel giro di pochi giorni, i toni sul problema dei migranti sono cambiati. La Germania ha dichiarato che è pronta ad accoglierne 500 mila l'anno, mentre la Casa Bianca sta valutando di fornire aiuti all'Unione europea per fronteggiare l'emergenza. Americani ed europei intuiscono che la questione immigrazione potrebbe avere effetti catastrofici sul medio e lungo periodo, e cercano di coordinarsi per evitare il caos.

Il finto umanitarismo dei governanti potrebbe preludere ad un'azione di guerra contro la Siria. Inghilterra, Francia e Stati Uniti si sono già detti pronti a intervenire; Hollande ha annunciato voli di ricognizione in Siria ed eventuali raid contro lo Stato Islamico. Nel contempo Iran e Russia continuano a supportare Damasco contro la "minaccia terroristica", mettendo i bastoni tra le ruote agli americani. Se la coalizione occidentale decidesse di sbarazzarsi di Assad, si troverebbe col problema di mantenere in piedi una parvenza di stato in un'area dove i maggiori interlocutori sono gli jihadisti dell'IS, assestati in buona parte del paese e in Iraq. L'espansione dello Stato islamico e le possibili risposte da parte degli attori in campo possono portare a scenari di guerra generalizzata nel terremotato Medioriente. Si pensi alla situazione interna della Turchia: Ankara attacca sia l'IS che i curdi, in prima linea contro il Califfato.

In chiusura di teleconferenza si è accennato alle manifestazioni di massa in Moldavia in seguito allo scandalo di corruzione che ha coinvolto le banche principali del paese. I manifestanti hanno piantato le tende nella capitale Chisinau, dichiarando che non se ne andranno fino a quando l'attuale governo non sarà sciolto. Anche se la rabbia si traduce nella richiesta di dimissioni dei corrotti, sappiamo che dietro questi movimenti c'è un disagio crescente causato dal peggioramento delle condizioni di vita. La modalità Occupy si ripresenta puntualmente. E' un'onda sismica la cui energia sotterranea è la stessa per tutti i differenti fenomeni di superficie: dove qua crolla un muro, là si apre una voragine e altrove cade una frana.

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    Il Corriere della Sera ha pubblicato una serie di dati sulla Cina da cui risulta che le amministrazioni locali delle province del paese hanno accumulato debiti per finanziarie il settore immobiliare e la costruzione di nuove infrastrutture ("Cina, il debito 'nascosto' che minaccia l'economia: le province esposte per 8.000 miliardi", Francesco Bertolino). Se alla cifra raggiunta dall'indebitamento pubblico (che ammonta a circa il 300% del PIL, circa 4700 miliardi di euro), si aggiunge quella relativa al governo delle province, vengono superati gli 8000 miliardi di euro. Ad essere in difficoltà non sono solo le amministrazioni locali e le famiglie, ma anche le banche, dato che sono state proprio queste a finanziarie il boom del mattone. Alcuni esperti fanno notare che il sistema finanziario cinese è chiuso e perciò ritengono che le conseguenze dello scoppio di una bolla immobiliare rimarrebbero circoscritte all'interno dei confini nazionali. Sappiamo, invece, che i legami e le interconnessioni economiche e finanziarie della Cina hanno un respiro globale. I conglomerati immobiliari cinesi sono indebitati con Wall Street, e la Cina, dopo il Giappone, è il maggior acquirente di titoli di stato USA; una crisi finanziaria cinese avrebbe ripercussioni sul debito americano e su tutti i suoi rapporti commerciali (ad esempio quelli con la Germania che esporta molto verso il gigante asiatico). Come dice l'economista Larry Summers, il "superciclo del debito", che ha colpito gli Stati Uniti nel 2008 e qualche anno dopo l'Europa, sta ora sferrando un duro colpo alla Cina.

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