Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  15 settembre 2015

Movimenti migratori e concorrenza

La teleconferenza di martedì sera, connessi 18 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sul tema immigrazione e sulle relative campagne populiste e interclassiste della borghesia.

Di fronte al numero sempre più elevato di migranti ai confini europei, sono state organizzate in molte città manifestazioni in sostegno (#RefugeesWelcome) alle migliaia di uomini in fuga da fame e guerra. Fa riflettere che tali espressioni di solidarietà avvengano solo quando il "problema" comincia a toccare da vicino l'Europa, mentre solitamente nessuno scende in piazza per i milioni che muoiono in Africa e altrove nel silenzio dei media. A muovere i "solidali", in Austria come in Italia, non è stata la bontà d'animo del bravo cittadino ma il disagio crescente: nella società lo scontro avviene prima tra popolazioni che tra classi, e ha origine dalla concorrenza capitalistica. Si tratta insomma dei primi segnali di ciò che comunemente viene chiamata guerra tra poveri.

La storia ha sempre visto periodi di emigrazione, ma con il capitalismo essi assumono un carattere particolare. Per non cadere nell'approccio giornalistico occorre prestare attenzione alle determinazioni materiali, leggendo in questi eventi la difficoltà del Capitale alle prese con una sovrappopolazione assoluta che non è più in grado di mantenere. E' possibile fare un collegamento tra i movimenti migratori, il profondo malessere emerso durante la Primavera araba e la modalità organizzativa di Occupy Wall Street. A tal proposito un compagno ha segnalato l'articolo Smartphone, Viber, WhatsApp e Facebook. La tecnologia influenza le crisi dei rifugiati.

Le vicende delle ultime settimane hanno mostrato la grande fragilità dell'Unione Europea, con gli stati membri in balìa degli eventi e incapaci di rovesciare la prassi. Ad esempio la potente Germania, che prima si dichiara disposta ad accogliere 500 mila profughi l'anno e poi chiude le frontiere sospendendo temporaneamente il Trattato di Schengen.

L'esplosione di una vera e generalizzata guerra sociale provocata dal movimento di milioni di uomini disperati sarebbe più favorevole alla rivoluzione che non il mistificante omaggio a una solidarietà pelosa. In una lettera ad Engels, Marx auspica un precipitare della crisi, le cui avvisaglie sono un "magnifico" aumento della violenza, delle aggressioni, dei furti, ecc. La manifestazione di piazza è lo scenario in cui le classi, in un primo tempo mescolate, prendono le misure l'una dell'altra per separarsi e prepararsi allo scontro. L'elemento catalizzatore che permette il processo è essenziale e può essere chiunque o qualunque cosa, da una nave colma di profughi che affonda ad una processione guidata da un pope di nome Gapon.

Dopo una prima fase di caos, i senza riserve scopriranno di essere aizzati gli uni contro gli altri dal Capitale. Ma è difficile che ciò accada senza che il proletariato si dia una guida politica all'altezza dello scontro. Per ora si sta muovendo, disordinatamente e senza polarizzazione (schieramento), non una classe specifica ma "gente" che chiede allo Stato protezione e sicurezza contro l'invasione barbarica. E lo fa con manifestazioni politically correct, che in fondo è come rivendicare di chiamare "operatori ecologici" gli spazzini purché rimangano spazzini. Pure se si muovesse il solo proletariato contro tutte le altre classi, spinto dalla sacrosanta opposizione al capitalista che lo sfrutta e quindi cosciente della propria condizione, ci troveremmo di fronte a uno scenario indispensabile ma non sufficiente. Il lavoratore sarà milite della rivoluzione

"quando, in un campo non ristretto, riceverà dal partito e nel partito la visione che un grande corso che milioni di persone attraversano e che conduce tutti i paesi dei vasti continenti allo sbocco nel socialismo. Non bastano a una tale coscienza i dati del duetto fra due soli personaggi in una sola rivoluzione. Così è in tutto il campo in cui la rivoluzione si muove e che oggi ancora comprende – sarebbe insensato ignorarlo – le immense popolazioni di Oriente" (Russia e rivoluzione, II.42).

Le manifestazioni artistiche sono essenziali per comprendere la portata dello sconvolgimento sociale. Nella Russia d'inizio '900 forme artistiche come il suprematismo e il costruttivismo furono fattore e prodotto di rivoluzione, rappresentando le istanze sociali di cambiamento. Oggi, con i mezzi tecnici messi a disposizione dal Capitale e con la conseguente forte partecipazione alla vita sociale, la diffusione delle capacità tecniche e artistiche è globale e già s'intravede all'orizzonte il superamento della capitalistica divisione sociale del lavoro:

"Non appena il lavoro comincia ad essere diviso, ciascuno ha una sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale non può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere; laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell'altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, così come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico" (K. Marx-F. Engels, L'ideologia tedesca).

La grande opera d'arte che l'umanità deve realizzare è il passaggio dal regno della necessità a quello della libertà.

La teleconferenza si è conclusa con un accenno alla situazione mediorientale e con una notizia di carattere scientifico.

La Turchia ha posto sotto assedio, sul suo territorio, intere province a maggioranza curda; i guerriglieri del PKK non hanno tardato a reagire all'offensiva. Risultato: decine di morti soprattutto tra i civili curdi e assedio di città tra cui Cizre. Sempre più insistenti le notizie di un intervento occidentale in Siria. Mentre la popolazione curda è vittima degli scontri imperialistici, i sinistri nostrani inneggiano all'autodeterminazione del Rojava e si fanno partigiani del fronte anti-IS supportando oggettivamente la coalizione a stelle e strisce. Un bel saggio di coerenza anticapitalista!

Risale a qualche giorno fa la notizia del ritrovamento di un resto di ominide in Sudafrica risalente a circa 2,5 milioni di anni fa, l'Homo di Naledi, che aveva gambe sviluppate come le nostre e mani adatte all'utilizzo di utensili, mentre le spalle somigliavano a quelle delle grandi scimmie. I paleoantropologi si sono stupiti nello scoprire che già a quell'epoca i morti venivano seppelliti: a quando perciò retrodatare la nascita della cosiddetta coscienza?

Bella domanda, ma prima intendiamoci sul significato della parola. La coscienza è una questione di memoria e di capacità computazionale. L'uomo è diventato ciò che è grazie alla sua attività materiale, la sua potenza cerebrale è cresciuta solo perché prima c'è stata l'evoluzione dei piedi e delle mani che gli hanno permesso di liberare la testa (Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola). Non può esserci sviluppo del cervello senza sviluppo del linguaggio, del modo di trasmettere informazione e quindi dell'industria come condizione fondamentale di esistenza dell'uomo, sua vera "natura antropologica".

Articoli correlati (da tag)

  • La guerra riflette la società, le armi riflettono la sua industria

    La teleriunione di martedì 13 marzo, presenti 15 compagni, è iniziata commentando alcune news sulla guerra globale.

    Papa Francesco, che già da qualche mese ha lanciato l'allarme riguardo il passaggio dalla terza guerra mondiale combattuta a pezzi ad un vero e proprio conflitto mondiale, ha invitato il governo ucraino ad una riflessione seria sul da farsi, affermando "che è più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. E oggi si può negoziare con l'aiuto delle potenze internazionali. Ci sono. Quella parola negoziare è una parola coraggiosa."

    La dichiarazione ha avuto una certa risonanza sui media perché il Papa, sostanzialmente, ha esortato il governo ucraino ad arrendersi, sostenendo che oramai l'Ucraina non ha più le forze per continuare a reggere lo scontro con la Russia. Il Vaticano è uno stato particolare, ha ramificazioni in tutto il mondo, e in quanto centro della cattolicità controlla un miliardo di fedeli ed ha una rete di influenza internazionale: disponendo di propri agenti anche in Ucraina, possiede informazioni dettagliate, comprese quelle sulla tenuta del fronte interno. Forte di una tradizione bimillenaria, la Chiesa fiuta gli scenari futuri.

  • Il capitalismo è praticamente morto

    La teleriunione di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata commentando un articolo di Maurizio Novelli, "Perché il sistema capitalistico è praticamente morto", pubblicato sul quotidiano economico Milano Finanza. Si tratta di un'analisi di ormai quattro anni fa, ma i problemi che l'autore solleva sono ancora presenti, anche se nascosti accuratamente sotto il tappeto.

    Nel pezzo si parla della necessità capitalistica di fare sempre più debito per sostenere l'economia (il debito ha superato il 330% del PIL globale), del problema della valorizzazione del capitale, e in generale del dominio del capitale azionario su quello industriale:

    "Il sistema capitalistico, degenerato a causa di questo modo di operare, è praticamente morto e la finanza, così come funziona oggi, lo ha ucciso. Gli Stati Uniti, dal 2001 in poi, hanno messo l'economia reale a sostegno della finanza, ribaltando la funzione che la finanza era a sostegno dell'economia reale. Oggi il settore finanziario 'fa leva' 4/5 volte sull'economia reale per ottenere rendimenti che l'economia reale non riesce più a produrre, così come le banche nel 2008 facevano leva 40 volte sul capitale per ottenere rendimenti che l'attività caratteristica non poteva dare."

    La finanziarizzazione del capitale, riflesso della sua autonomizzazione, è la parte conclusiva della parabola storica del plusvalore. Il fenomeno è descritto nel nostro articolo "L'autonomizzazione del capitale e le sue conseguenze pratiche", che si basa sul Frammento del testo originario di "Per la critica dell'economia politica" del 1858. Oggi tale processo è ben visibile, basti pensare alla recente impennata del Bitcoin che vale più di Visa e MasterCard messe insieme. I crolli di borsa, le crisi finanziarie del 1987, del 1997, delle Dot-com e del 2008 testimoniano la difficoltà del sistema a riprodursi in quanto tale. La finanziarizzazione dell'economia non è altro che una risposta alla crisi di valorizzazione, dovuta all'aumentata produttività del lavoro. Non c'è mai pletora di capitali senza pletora di merci: per questo motivo "rilanciare la produzione" o "ritornare all'economia reale" sono slogan privi di senso.

  • O passa la guerra, o passa la rivoluzione

    La teleriunione di martedì sera, connessi 16 compagni, è iniziata con il commento di alcuni articoli inerenti il nuovo modo di condurre la guerra.

    Da segnalare l'importanza acquisita dai droni nel teatro bellico ucraino, ma non solo. Nell'articolo "Legioni di 'droni intelligenti' all'orizzonte", pubblicato sul sito di Analisi Difesa, si afferma: "Non è utopico immaginare un futuro in cui legioni di droni, guidati da un unico comandante, si confrontino sul campo di battaglia. Droni da ricognizione, d'attacco, kamikaze e da supporto impiegati contemporaneamente per svolgere compiti diversi, come del resto sta già accadendo sui campi di battaglia in Ucraina."

    Recentemente, l'intelligence americana ha fatto circolare la notizia, pubblicata dalla CNN e ripresa da La Stampa, di una nuova arma russa (electro magnetic pulse, impulso elettromagnetico nucleare) "in grado di distruggere i satelliti creando un'enorme ondata di energia paralizzando potenzialmente una vasta fascia di satelliti commerciali e governativi.". Il dispositivo rappresenterebbe un'importante minaccia per la sicurezza del paese.

    Si sta dunque configurando un nuovo modo di fare guerra. Gli USA sono riusciti a vincere la Seconda guerra mondiale perché hanno esternalizzato a livello globale la loro catena di montaggio industrial-militare ("Guerra di macchine. La battaglia delle Midway"); la guerra moderna è, invece, un conflitto tra sistemi cibernetici, incentrato sull'elettronica e su reti di sensori. Il progetto Replicator del Pentagono, ad esempio, dà l'idea di uno scontro tra sciami di veicoli autonomi guidati dall'intelligenza artificiale. Il sistema israeliano Gospel, sempre attraverso l'utilizzo dell'IA, riesce a orientare il fuoco verso le postazioni di lancio di Hamas. Il gruppo italiano Leonardo sta sviluppando un progetto che "intende definire un'architettura spaziale in grado di fornire agli enti governativi e alle Forze Armate nazionali una capacità di calcolo e memorizzazione ad alte prestazioni direttamente nello spazio" ("Leonardo: al via il progetto per il primo sistema di Space Cloud per la difesa").

Rivista n°54, dicembre 2023

copertina n° 54

Editoriale: Reset

Articoli: La rivoluzione anti-entropica
La guerra è già mondiale

Rassegna: Polarizzazione sociale in Francia
Il picco dell'immobiliare cinese

Terra di confine: Macchine che addestrano sè stesse

Recensione: Tendenza #antiwork

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email