Informazioni aggiuntive

  • Resoconto teleriunione  13 settembre 2016

"Agli albori di una nuova era"

La teleconferenza di martedì sera, presenti 11 compagni, è iniziata commentando la notizia dell'accordo tra Russia e Stati Uniti per un cessate il fuoco in Siria.

Nella guerra moderna l'armistizio serve ai diversi schieramenti a rafforzare le posizioni, ed è, a tutti gli effetti, un proseguimento del conflitto. I bombardamenti in territorio siriano hanno causato migliaia di morti e raso al suolo intere città, compresi ospedali e scuole; se a prima vista sembra che le potenze in campo vogliano distruggere Daesh, in realtà in Siria è in corso una guerra di tutti contro tutti.

In Libia, proprio mentre sembrava conquistata la roccaforte islamica di Sirte, la situazione si è ulteriormente aggrovigliata. Il generale Haftar, che guida le milizie che sostengono il governo di Tobruk, ha lanciato un'offensiva per conquistare i pozzi petroliferi di Ras Lanuf e Sidra, controllati da milizie armate fedeli al governo di Tripoli riconosciuto dall'Onu.

Se alla fine della seconda guerra mondiale i maggiori paesi capitalistici riuscivano a controllare la situazione sociale interna e a centralizzare il fatto economico, oggi questa possibilità viene meno.

Nel secondo dopoguerra gli Usa producevano circa il 50% del Pil mondiale. In quegli anni gli Stati Uniti erano il maggior creditore mondiale, e il Piano Marshall e la politica del nation building erano necessari per dare sfogo all'immane quantità di capitali e merci. Oggi sono scesi al 20% e da paese creditore si sono trasformati in paese debitore del mondo. Non solo non si possono permettere le guerre, ma le evitano accuratamente.

La successione dei paesi imperialisti alla guida del mondo (Venezia, Spagna, Portogallo, Olanda, Francia, Inghilterra e Stati Uniti) si è inceppata. Oggi non c'è possibilità di un ulteriore passaggio di testimone. La Cina, che ha bruciato velocemente le tappe dello sviluppo capitalista e potrebbe, teoricamente, aspirare al comando, ha visto invertirsi il flusso di capitali: se nella serie storica ingenti somme di denaro si spostavano dalla potenza in declino al paese emergente, oggi la situazione è rovesciata ed è quest'ultimo a finanziare il primo.

Quando parliamo di imperialismo bisogna tenere presente che non si tratta di una particolare politica degli stati, ma della fase ultima del capitalismo. In questa fase, anche i borghesi si accorgono che qualcosa sta cambiando nel profondo della società, soprattutto nella produzione. Significativo, a tal proposito, l'articolo del Sole 24 Ore L'economia automatizzata e le sue conseguenze: "[...] secondo dati recenti dell'Ifr, la Federazione Internazionale di Robotica, lo stock di robot industriali è salito alla cifra record di 1,5 milioni di pezzi, con un trend di crescita annuale del 30%. Posto in questi termini il problema non è più decidere se i robot vanno fermati, ma piuttosto rendersi conto che siamo agli albori di una nuova era." La trasformazione in corso nell'industria va inserita in un contesto più ampio di cambiamento sociale; questo aspetto è ormai talmente evidente che anche alcuni osservatori borghesi hanno cominciato a leggere la liberazione di lavoro ad opera delle macchine come una spinta a riprogettare la vita sociale.

Oltre al collasso dei rapporti sociali, economici e politici, è possibile riscontrare, nella società così com'è, delle anticipazioni di futuro. Abbiamo citato più volte il Venus Project, che si accorge che già oggi ci sarebbero tutti i mezzi per passare dal regno della necessità a quello della libertà. Molto meglio il visionario Jacques Fresco che i tanti ecologisti che vogliono ritornare ad una società pre-industriale. E' vero che la sopravvivenza del capitalismo rovina la buccia organica del Pianeta e comporta seri problemi per la nostra specie, ma l'attività dell'uomo è parte integrante della biosfera e non può essere considerata contro-natura. Nell'articolo sulla questione energetica abbiamo preso in esame gli effetti che ha sul pianeta il consumo di energia da parte dell'uomo capitalistico, ma ci siamo tenuti lontani dall'ecologismo e dalle ideologie prodotte da questa società decadente.

In chiusura di teleconferenza si è accennato alle origini comunistiche della nostra specie. Abbiamo vissuto per milioni di anni in comunità organiche e alcuni gruppi umani ancora oggi vivono così (per esempio gli Yanomami in Amazzonia). Negli spazi ristrettissimi delle moderne metropoli è difficilissimo convivere serenamente con i propri vicini e il fenomeno che abbiamo definito "vita senza senso" ha raggiunto livelli mai visti prima. Ci sono però degli esperimenti interessanti che sono nati proprio come risposta all'atomizzazione sociale. Pensiamo al cohousing oppure alle intentional communities: già dieci anni fa, negli Stati Uniti, 47 milioni di persone vivevano in 230.000 "Common Interest Development" ovvero in ambienti progettati come comunità intenzionali.

Articoli correlati (da tag)

  • Un equilibrio precario

    La teleconferenza di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni riguardo i rapporti economico-politici tra USA e Cina.

    L'incontro tra Donald Trump e Xi Jinping all'aeroporto di Busan, in Sud Corea, ha portato a siglare una serie di patti su questioni strategiche. La Cina rinvierà di un anno l'entrata in vigore dei controlli sull'esportazione di terre rare, mentre gli USA sospenderanno l'incremento dei dazi. Pechino si impegna anche a riprendere l'acquisto di prodotti agricoli statunitensi. Secondo il segretario del tesoro americano, Scott Bessent, "è stato raggiunto un accordo che — ceteris paribus — ci permette di ottenere un equilibrio entro il quale entrambe le parti possono operare nei prossimi 12 mesi".

    In ballo c'è anche la questione del fentanyl, un oppioide sintetico che sta devastando gli USA e per la cui produzione illegale vengono utilizzati precursori chimici provenienti dalla Cina; e quella di TikTok, il social cinese tra i più scaricati al mondo al centro delle tensioni per la gestione dei dati di oltre 170 milioni di americani. Il dazio imposto tra febbraio e marzo 2025 per la crisi del fentanyl verrà dimezzato al 10%, mentre TikTok USA sarà venduto per la maggior parte ad un consorzio di investitori statunitensi e l'algoritmo originale concesso in licenza. Questi accordi in realtà non mettono fine alla rivalità tra USA e Cina, ma sono una momentanea tregua del braccio di ferro tra i due paesi. Il doppio vincolo tra Washington e Pechino è impossibile da sciogliere perché le due potenze dipendono l'una dall'altra pur continuando a pestarsi i piedi a vicenda. Una contraddizione simile al problema degli insiemi che contengono sè stessi, da affrontare quindi con una sintesi di tipo matematico.

  • Guerra, debito e bolla finanziaria

    La teleriunione di martedì sera è iniziata con alcune considerazioni sulla guerra in Medio Oriente e in Ucraina.

    Nonostante la tregua, continuano i bombardamenti nella Striscia di Gaza con decine di vittime e feriti. Israele si trova a gestire una situazione particolarmente complessa, con molteplici fronti potenzialmente attivi che rimangono costantemente a rischio di escalation, come nel caso di Libano o Iran. In seguito al 7 ottobre 2023, Tel Aviv ha cambiato la propria dottrina militare, in passato concentrata sulla difesa del territorio tramite attacchi rapidi e incisivi, e si è impantanata in una serie di conflitti, in corso ormai da due anni, contro attori non facilmente neutralizzabili (Hamas, le milizie in Cisgiordania, gli Houthi ed Hezbollah). Pur essendo uno Stato super armato e tecnologicamente all'avanguardia, Israele è stato colpito nel profondo da Hamas, che ha messo in campo una combinazione di incursioni sul terreno e di blitzkrieg a basso contenuto tecnologico. La Repubblica Islamica dell'Iran, ritenuta dagli Israeliani il centro dell'Asse della Resistenza, non è facilmente rovesciabile, come ha dimostrato la guerra dei 12 giorni nella quale sono dovuti intervenire militarmente e diplomaticamente gli USA, proprio come avvenuto recentemente nella Striscia. A tutto ciò si aggiunge la crescente influenza della Turchia nella regione, in particolare in Siria, ma anche in altri paesi limitrofi come la Libia.

    Tutti cantano vittoria, ma tutti affrontano crescenti difficoltà, sia interne che esterne. L'unica che sembra farlo con una qualche ragione è la Russia, impegnata nella guerra in Ucraina. Gli obiettivi dichiarati inizialmente sono stati raggiunti, a tutto svantaggio degli Europei, mentre l'Ucraina si ritrova a fare i conti con i morti, i milioni di profughi e una struttura statale che non esiste più. Non è semplice fare un wargame che inquadri la situazione geopolitica mondiale, perché ci si trova di fronte ad enormi paradossi logici e, tra questi, il fatto che per costruire i moderni sistemi d'arma occidentali servono le terre rare, monopolio della Cina.

  • Guerra, debito, polarizzazioni

    La teleriunione di martedì è iniziata riprendendo l'articolo "Wargame. Parte seconda", pubblicato sul numero 51 della rivista.

    In quel lavoro abbiamo contrapposto il Partito Azzurro, rappresentante della conservazione, al Partito Arancione, espressione dei manifestanti, in un "gioco" dinamico riguardante un'ipotetica manifestazione dai confini sfumati. Per inibire i comportamenti emergenti dalla piazza, il Partito Azzurro è costretto ad intervenire aggiornando il proprio programma, ma le configurazioni previste sono obsolete, in quanto dettate da una consuetudine che non contempla soluzioni antiforma. Al contrario, il Partito Arancione, opportunamente diretto, può cambiare le regole del gioco.

    Le difficoltà rispetto alla lettura della complessità di questo mondo possono essere superate solo da quelle che abbiamo definito macchine per conoscere, ovvero teorie, modelli e schemi.

    Il tema del wargame è utile per comprendere le dinamiche e gli sbocchi della guerra guerreggiata. C'è chi esulta per la tregua tra Israele ed Hamas, mediata dagli USA (e che ha già prodotto decine di morti tra i Palestinesi), ma all'orizzonte si prospetta la riapertura del fronte con l'Iran. Il conflitto in Ucraina è tutt'altro che risolto. Il conflitto mondiale in corso non si può combattere con le armi e le dottrine a disposizione, ma le nuove non sono ancora pronte; è impossibile mettere in forma questo tipo di guerra, tanto che i vari think tank che si occupano di analisi geopolitica non riescono a tracciare una dinamica, faticando a comprendere come potrebbe evolvere la situazione mondiale.

Rivista n°57, luglio 2025

copertina n° 57

Editoriale: Illusioni capitalistiche / Articoli: Ideologie di un capitalismo che nega sé stesso - Insiemi, modelli, previsione / Rassegna: Crisi americana, crisi globale - Leone XIV / Recensione: La catastrofe ed il rattoppo / Doppia direzione: Collegamenti a non finire / In memoria di Jacques Camatte

Raccolta della rivista n+1

Newsletter 245, 19 gennaio 2022

f6Libertà

Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.

Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter

Abbonati alla rivista

Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a : mail2

Iscriviti alla newsletter

Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.

Invia una mail a indirizzo email