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  • Resoconto teleriunione  20 settembre 2016

Black-out

La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata commentando alcune notizie provenienti dagli Usa, in particolare riguardo agli attentati a New York e in New Jersey.

Gli States, nonostante vedano traballare il loro dominio planetario, restano dei vampirizzatori del valore altrui obbligando il resto del mondo a mantenerli in vita. La cosiddetta globalizzazione (che noi preferiamo chiamare imperialismo) ha integrato il capitale mondiale rendendolo sempre più autonomo rispetto alle decisioni dei governi, ridotti a semplici esecutori di decisioni prese altrove.

In Siria, mentre gli Usa colpiscono le postazioni del governo e i russi bombardano i convogli "umanitari", assistiamo ad una "interazione continua, a fatti che accadono 'in funzione di' sullo scenario del mondo intero, dove nessuno Stato o gruppo d'interessi può immaginare di essere al di fuori della mischia". Le forze statali in campo non sono però paragonabili a quelle della Seconda guerra mondiale; in questo scenario complesso lo scontro simmetrico prevede il lancio di missili teleguidati da Tampa e come risposta un'esplosione nel bel mezzo della folla a Nizza. Che sia un attentato compiuto da un "pazzo" o da cellule dormienti ben addestrate, si tratta comunque di fenomeni assolutamente incontrollabili e che tendono a generalizzarsi al mondo intero.

Roberto Vacca, nel libro Medioevo prossimo venturo, afferma che la cosiddetta guerra contro il terrorismo non fa che generare terrorismo, così come il tentativo di controllo computerizzato del traffico può generare un ingorgo, e quello di una rete elettrica momenti critici sui quali s'innesca il meccanismo a cascata dei black-out. Ed è facile immaginare cosa potrebbe scatenare un black-out nelle moderne metropoli globali.

In Italia, dopo l'uccisione di un lavoratore della logistica durante un picchetto di fronte a un magazzino della Gls di Piacenza, sono scattati numerosi scioperi in solidarietà in tutta Italia. Lo sviluppo a rete delle lotte e un coordinamento territoriale potrebbero mettere in moto qualcosa di difficilissimo da controllare. Nel mondo del just in time, la logistica rappresenta il sistema nervoso e sanguigno della produzione. I facchini delle cooperative, organizzati, sarebbero in grado di fermare questo sistema, il flusso continuo che va dall'industria al consumatore e da industria a industria (B2B). Nel settore della logistica tutto è estremamente connesso, tanto da raggiungere un livello altissimo di fragilità per cui il blocco della circolazione è solo questione di tempo.

A proposito di black-out nei sistemi logistici altamente integrati, abbiamo discusso del fallimento del colosso del trasporto marittimo Hanjin Shipping. La compagnia trasportava oltre 100 milioni di tonnellate di merci all'anno, con una flotta di oltre 200 navi e 11 terminal dedicati, situati in località strategiche come Long Beach, Tokyo, Kaohsiung, Busan, Shanghai, Qingdao, Rotterdam e Port Kelang. Nell'articolo La bancarotta delle navi Hanjin è lo specchio della crisi globale si afferma che il fallimento di una compagnia di tali dimensioni potrebbe avere delle ripercussioni anche in ambito finanziario. Stati, fondi pensione e banche (soprattutto quelle tedesche) sono altamente esposti:

"Gli operatori più seri addebitano molto alla finanza speculativa: negli anni duemila investire in container dava ritorni folli e ha alimentato un sottobosco di finanzieri e di trader. Le banche erano disposte a concedere credito a un costo vicino allo zero. Un commentatore del South China Morning Post riassume: 'Ci sono un sacco di compagnie zombie là fuori'."

Più il capitalismo s'è ingigantito e potenziato, meno è risultato capace di correggere i propri difetti, anzi, li ha aggravati portandoli a sconvolgimenti generalizzati. Nel commercio via mare molte grandi compagnie sono a rischio, ne parla Sergio Bologna nell'articolo La perfezione nei disastri:

"Perché è successo, perché doveva succedere? Perché da anni le compagnie marittime viaggiano in perdita, hanno messo in servizio troppe navi, hanno continuato a ordinarle ai cantieri sempre più grandi, i cantieri si sono fatti concorrenza spietata e le hanno costruite, malgrado siano dei gioielli tecnologici, a prezzi stracciati, i noli sono andati a picco, i volumi crescevano ma il guadagno per unità di carico trasportata diminuiva. Poi la Cina ha rallentato l'export ed è arrivato il perfect storm."

In chiusura di teleconferenza si è accennato ai temi che verranno trattati durante il 63mo incontro redazionale di n+1.

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    SVB, la sedicesima banca degli Stati Uniti, non sapendo che farsene della liquidità raccolta negli ultimi anni, ha investito principalmente in titoli di Stato americani, arrivando a fine 2022 a detenere quasi 100 miliardi di bond governativi. Con il rialzo dei tassi d'interesse, le startup che prima riuscivano ad ottenere denaro pressoché gratuito dai fondi, sono andate in affanno e hanno dovuto prelevare dai depositi della banca californiana una grande quantità di denaro. Per far fronte ai prelievi, SVB ha dovuto vendere ad un prezzo inferiore i titoli accumulati, perdendo circa due miliardi di dollari, e facendo scattare prima la corsa agli sportelli e poi l'intervento di FED e governo. Biden si è affrettato a dichiarare al mondo che il "sistema bancario è solido. Nessuna perdita sarà a carico dei contribuenti."

    Assicurazioni sulla solidità del castello di carta della finanza sono state elargite anche quando è scoppiata la crisi dei mutui subprime nel 2008, eppure da allora il mondo non si è più ripreso. Nell'articolo "Non è una crisi congiunturale", pubblicato quell'anno (rivista n. 23), scrivevamo che ogni proiezione prevedeva il ripresentarsi di una crisi catastrofica entro un paio di decenni. Se aggiungiamo gli eventi che si sono verificati in seguito, come la Primavera araba, la crisi degli Stati, la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, ne deduciamo che il sistema si sta sgretolando.

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    Ad un anno dall'inizio della guerra, le maggiori potenze hanno svuotato gli arsenali (NATO e Russia denunciano la carenza di scorte di armi e munizioni) e si trovano a doverne fabbricare di diversa qualità, visto che nel frattempo si sta verificando un cambiamento dei mezzi e dei fini della guerra. Uno dei problemi maggiori di questo conflitto riguarda i costi: un drone Bayraktar Tb2 turco costa da uno a 5 milioni di dollari, e un carro armato moderno come il Leopard 2 costa tra i 4 e i 6 milioni di euro. La produzione di Leopard e il trasferimento dei modelli più vecchi che giacevano nei magazzini rappresentano una scommessa soprattutto per la NATO, che deve decidere se in futuro avrà ancora senso continuare a produrne. Il drone, nato per recepire informazioni dal campo tramite filmati e foto dall'alto, si è trasformato in un vero e proprio aereo da guerra. La Russia ha ordinato alle proprie industrie la produzione di migliaia di missili ipersonici Zircon, ma resta da capire come saranno utilizzati dato che viaggiano a circa 10mila km l'ora e possono colpire un bersaglio a una distanza di mille chilometri.

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    In L'Europa in guerra si dice che lo svuotamento degli obsoleti arsenali occidentali, dovuto alle forniture di armi a Kiev, rende necessario il rinnovo degli armamenti e apre le porte all'adozione di nuove risorse tecnologicamente più avanzate ed efficienti. Tali equipaggiamenti, afferma Mini, sono prevalentemente americani e legano sempre più l'Europa agli Stati Uniti, paese che maggiormente investe nella preparazione e nell'impiego di forze militari. Gli alleati NATO dell'Est Europa sono le punte di lancia dell'America nel Vecchio Continente.

    Per il generale, l'Ucraina sta combattendo contro l'Europa per e con gli Stati Uniti. E l'obiettivo di quest'ultimi è mantenere l'egemonia sull'Europa e interrompere qualsiasi legame politico ed economico tra Berlino e Mosca, costringendo gli alleati a importare da loro risorse energetiche a costi più alti. In ballo c'è il controllo di un mondo che non accetta più supinamente il dominio del dollaro. Come nota l'Economist ("What Ukraine means for the world"), solo un terzo della popolazione mondiale vive in paesi che hanno condannato la Russia per l'invasione dell'Ucraina e le hanno imposto sanzioni.

Rivista n°52, dicembre 2022

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Editoriale: Niente di nuovo sul fronte orientale

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